Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Kurokami    27/06/2012    4 recensioni
"2134, Giappone, Distretto 24."
Questa è la mia unica premessa per la mia prima fanfiction AU e di genere fantascientifico. Il resto lo trovate tra gli avvertimenti e nella storia. Grazie per la vostra attenzione. ^^
(Ah, ho due avvertimenti da fare: il primo è che questa fiction è a rating giallo, ma potrebbe cambiare. Il secondo è che le altre due fiction che ho in corso, "The truth- revisioned and corrected" e "Black Holes" sono momentaneamente sospese)
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

KUGUSTU-E_




FAILURE_





2134, Giappone, Distretto 24.

L’uomo in completo nero osservava da dietro una vetrata una stanza enorme, situata poco al di sotto del suo punto di vista, grigia e completamente vuota.
Al fianco dell’individuo, tecnici di vario genere creavano un via vai intorno a degli strani macchinari dalla tecnologia sofisticatissima, confabulando tra di loro sommessamente, come se volessero cercare di preservare il più possibile il silenzio angosciante e teso di quel luogo altrettanto opprimente.
Sugli schermi dalla luce azzurrata dei macchinari comparivano calcoli e diagrammi di ogni genere: l’occhio di una persona inesperta non avrebbe saputo ricavarne nemmeno una singola informazione, ma l’uomo in nero sapeva benissimo a cosa si riferivano. Il suo progetto più grande, quello che l’avrebbe portato all’apice della sua carriera già perfetta, quello per cui aveva lottato con i denti e con le unghie pur di portarlo a termine. L’uomo sospirò, scacciando via i suoi sogni di gloria futura, e concentrandosi su quello che accadeva intorno a lui: non era il momenti di distrarsi, poteva succedere di tutto da un momento all’altro, e lui doveva essere pronto ad affrontare qualsiasi emergenza.

Un ometto tarchiato in camice bianco, dagli occhiali a fondo di bicchiere e il viso grondante di sudore per l’agitazione, si avvicinò all’uomo dal completo nero, mentre lanciava occhiate nervose ai suoi colleghi dietro.

-Signor Uchiha, ormai ci siamo. Quando volete, potete dare l’ordine di avvio- mormorò l’ometto, facendo uno sforzo immane per non balbettare e asciugandosi il sudore dalla fronte.

L’uomo si girò verso l’interlocutore e quest’ultimo sbiancò ulteriormente, spalancando i suoi piccoli occhietti da topo.
Moltissimi avevano quella reazione quando guardavano in faccia l’uomo vestito di nero, alias Madara Uchiha: perché non ce l’aveva. O meglio, era coperta da una maschera di colore rossastro tendente all’arancione, avente un unico buco per l’occhio destro: nessuno sapeva con certezza perché la indossasse, ma la versione ufficiale era quella dell’incidente che gli aveva irrimediabilmente sfigurato la faccia. Ma anche se si fosse trattato di quello, non ci si spiegava il perché della maschera, dato che la medicina era talmente avanzata negli ultimi secoli, che ormai era impossibile distinguere il lavoro di un chirurgo plastico da un viso normale.

Madara ormai aveva fatto l’abitudine a quel campionario di espressioni, che spaziavano dallo stupore alla costernazione, e ignorò la reazione dell’ometto. Si schiarì la voce.

-Bene… date avvio all’esperimento- ordinò, rompendo definitivamente il silenzio.


Qualche metro più in basso, al di là della vetrata, si aprì un pannello, prima non visibile perché uguale al resto del muro. Da lì, entrarono tre individui: due indossavano delle tute bianche che ricoprivano interamente i loro corpi, il terzo invece era vestito con una tuta grigia abbastanza malconcia, aveva braccia e gambe ammanettate e si guardava intorno con aria terrorizzata. I due in tenuta bianca lo trascinarono fino a degli anelli fissati al pavimento, a cui attaccarono le estremità delle catene che lo legavano. Il prigioniero sembrò sul punto di crollare a terra, tanto che gli tremavano le gambe, ma i due lo costrinsero a stare in piedi, e sembrarono dirgli qualcosa, non udibili al di là della vetrata: poi se ne andarono, lasciando solo quel povero disgraziato che a stento si reggeva in piedi, e il pannello si richiuse dietro di loro.

Intanto, tutte le persone che si trovavano di sopra continuavano a indaffararsi, ognuno alla propria postazione. Una donna, con ricevitore all’orecchio e il microfono, premette un bottone.

-Liberazione del soggetto sperimentale- disse, scandendo con chiarezza le parole.

Nell’enorme sala si aprì un altro pannello, più grande del precedente.
Per un po’ non si vide nessuno uscire, né ci fu segno della presenza di qualcun altro al di là della soglia.

Era il turno di Madara. L’uomo si avvicinò a uno dei macchinari, si sedette su una sedia e avvicinò il viso a un microfono.

-Esci, S42- disse, con voce profonda e leggermente ovattata.

Le parole di Madara rimbombarono per tutta la sala e il prigioniero sussultò, guardandosi intorno con paura. Mosse la bocca, dicendo qualcosa, ma nessuno poté sentire.

-Adesso aprite i condotti sonori. Dobbiamo sentire se il soggetto dice qualcosa- disse Madara, scostandosi dal microfono. Un uomo al lato opposto della stanza annuì, e girò una manopola.

Intanto, giù nella sala, dove si era aperto il secondo pannello, apparve una figura.
Una ragazza, dall’aspetto solo apparentemente umano: la pelle era come se fosse stata fatta di gomma, di un colore incredibilmente chiaro e con delle sottili linee che stavano a marcare i punti di giunzione degli arti, i capelli erano rosa confetto e gli occhi verde smeraldo, stranamente rilucenti. Inoltre, le spuntavano sulla sommità della testa due strane orecchie bianche simili a quelle di un gatto, mentre da sopra al fondoschiena scendeva un lungo cavo che assomigliava a una coda: il suo corpo, dalle forme non troppo accentuate ma incredibilmente grazioso e piacevole alla vista, era vestito unicamente da un body verde acido; intorno al collo aveva uno strano collare di metallo. Lo sguardo della ragazza era vuoto, senza il minimo accenno di espressione, lo stesso delle bambole di porcellana, alle quali lei assomigliava così tanto.

Già, perché la ragazza era un androide. Il primo androide dalle fattezze e conformazione interna quasi del tutto umane: un Kugutsu-e, come Madara aveva definito il suo progetto.
E lei, S42, era il primo prototipo.

Madara sentì un fremito corrergli lungo il corpo quando vide finalmente la sua creatura uscire allo scoperto e muoversi: “Sembra viva” pensò Madara, quasi sull’orlo della commozione “È splendida”.
Si avvicinò di nuovo al microfono, cercando di mantenere lo stesso tono di prima.

-Mi senti S42?- chiese, come da programma. Nonostante i numerosissimi esami fatti nelle settimane precedenti, era indispensabile controllare che tutto funzionasse correttamente, al fine di evitare inconvenienti di qualsiasi genere.

La ragazza sussultò leggermente, poi si guardò in giro, segno che aveva reagito alla chiamata e stava cercando chi gliel’aveva inviata. Madara sorrise da sotto la maschera: adesso sarebbe arrivato il bello dell’esperimento.

-S42, ascoltami bene. Uccidi l’uomo che hai davanti- disse Madara, ora con una nota di lieve eccitazione nella voce.

Il prigioniero lanciò un grido strozzato, e guardò con terrore puro la ragazza che aveva davanti.
Lei non si mosse di un millimetro, ma a Madara sembrò per un attimo che sul suo volto fosse comparsa un’espressione di stupore: “Sicuramente me lo sono sognato” si disse Madara. Era più che normale che un prototipo sperimentale esitasse di fronte a un ordine del genere, dato che poteva anche aver bisogno di un po’ di tempo per assimilarlo; sarebbe bastato ripetere l’ordine un altro paio di volte.

-S42, uccidi l’uomo che hai davanti- ripeté Madara, scandendo meglio le parole. “Adesso obbedirà” pensò.

Invece la ragazza non solo non obbedì, ma indietreggiò di un passo, con un’espressione che esprimeva abbastanza chiaramente il rifiuto. Il prigioniero la guardò con un misto di paura e perplessità.
Tutti i tecnici che si trovavano insieme a Madara si guardarono tra di loro, mormorando: qualcosa stava andando storto. L’Uchiha fece un respiro profondo.

-Qualcuno è in grado di spiegarmi cosa sta succedendo?- disse, mantenendo un tono perfettamente calmo, che riuscì però a sortire l’effetto di mettere ancor più in agitazione i tecnici.

-P…provate a ripetere un’altra volta l’ordine…- azzardò un uomo dall’aspetto dinoccolato e l’espressione preoccupata.

Madara sospirò di nuovo, e si avvicinò per la terza volta al microfono.

-S42, uccidi quell’uomo- disse, stavolta con un tono che tradiva una frustrazione sempre maggiore.


S42 guardò in alto, verso la vetrata, ma non vide nient’ altro che la sua immagine riflessa, dato che si trattava di speciali vetri a specchio: però capì, attraverso la sua mente semi-meccanica, che colui che le stava ripetendo quell’ordine assurdo si trovava oltre quello specchio. Aggrottò le sottili sopracciglia, guardando il vetro quasi con aria di sfida.

Madara e tutti i tecnici restarono sconcertati, e la paura si impadronì di molti di loro.

-Signor Uchiha, sta succedendo qualcosa di strano!- esclamò uno dei tecnici che si trovavano davanti ai monitor.

-Non mi dica, non me ne ero proprio accorto- ribatté Madara, con un tono apertamente sarcastico.

-Il grafico della stabilità emotiva è completamente sballato: questi qui non sono i valori che dovevamo ottenere!- continuò la stessa persona, ignorando la precedente frase di Madara.

-Come sarebbe a dire?- chiese Madara, alzandosi dal suo posto e avvicinandosi all’uomo davanti al monitor.

-Qui mi dice che il soggetto sperimentale ha raggiunto livelli di emotività pari a quelli di una normale ragazza umana- continuò il tecnico, visibilmente più agitato –sta assomigliando sempre di più a un essere umano!-


Non andava bene. Non andava per niente bene: non era quello l’obiettivo che Madara si era prefissato. Lui voleva ottenere il guerriero perfetto, metà umano e metà robot, in grado di agire senza il bisogno di dargli continuamente ordini, ma ugualmente fedele in tutto e per tutto al suo padrone, indistruttibile e implacabile.

Invece tutto stava andando storto. E Madara non poteva fare altro che sentirsi deluso.
A grandi falcate si diresse di nuovo verso il microfono.

-S42, obbedisci- ordinò, con tono duro.

L’androide strinse i pugni. Aprì la bocca.

-NO!-

L’urlo di S42 si propagò per tutta la stanza, e raggiunse il posto di osservazione oltre la vetrata: tutti si zittirono, guardando con puro terrore prima Madara, poi l’androide.
L’Uchiha rimase immobile dov’era, assaporando quell’unica parola come se si fosse trattato di una medicina amara.

-Capisco…- sibilò, con un tono che fece gelare chiunque lo sentì. –Spegnetela- ordinò.

-C…come…?- balbettò una donna che si trovava in piedi poco dietro di Madara.

-Spegnetela, ho detto- ribadì lui, con tono che tradiva profondo nervosismo: odiava ripetersi, e quel giorno la sua pazienza aveva raggiunto lo spessore di un foglio di carta.

-S…sì, subito- disse la donna, e immediatamente tutti si mossero per arrestare le funzioni vitali dell’androide.

“Una volta ritornati in laboratorio, capiremo cos’è che non va” si disse Madara, tranquillizzandosi. In fondo, non tutto poteva andare perfettamente già al primo esperimento, ed era normale fallire.


S42 sentì qualcosa di strano provenire dal collare: stava iniziando a mandare leggerissime scariche elettriche, e le faceva male. Sentiva il cervello che incominciava ad annebbiarsi, e capì che la stavano spegnendo.

“No, non adesso! Non adesso che mi sono svegliata!” urlò dentro di sé. Mise le mani sul collare, e iniziò a tirare, con l’intenzione di spezzarlo.

Non appena videro ciò che S42 stava facendo, i tecnici si agitarono ancora di più: solo Madara rimase dov’era, ad osservare il singolare comportamento dell’androide.
Gli era già capitato di vedere robot che si ribellavano, ma soltanto perché erano troppo vecchi, o perché magari c’era qualche errore nella costruzione del circuito cerebrale: invece S42 aveva deciso di propria spontanea volontà di opporsi all’ordine di uccidere un uomo.

-Signor Uchiha, bisogna fermarla!- gridò uno dei tecnici, quasi sull’orlo di una crisi isterica.

Prima che qualcuno potesse anche solo muovere un altro dito, un rumore sinistro provenne dalla sala grande. S42 aveva spezzato il collare, e guardava con un misto di rabbia e sfida verso il vetro.
L’androide gettò a terra i pezzi del collare, e corse verso il prigioniero: afferrò le catene che lo fissavano al pavimento, e ruppe anche quelle con enorme facilità. Dopodiché, senza aspettare che il poveretto si muovesse o facesse alcunché, continuò a correre verso la parte opposto della stanza: doveva aver individuato la via d’uscita. Tastò la parete e sembrò trovare qualcosa, perché indietreggiò di qualche passo: prese la rincorsa e diede una spallata al pannello, sfondandolo completamente.
Davanti all’androide si aprì un lungo corridoio, illuminato da fredde luci al neon: senza esitare, varcò di corsa la porta, sparendo dalla vista delle persone che si trovavano oltre la vetrata.

-Sta scappando! Attivate l’allarme, non deve uscire dal palazzo- gridò un altro dei tecnici.
Un suo collega si avvicinò a una leva e la abbassò. Immediatamente, il suono assordante di una sirena invase l’ambiente.

Il suono spacca timpani dell’allarme giunse alle orecchie di S42, ma l’androide non vi diede troppo peso e continuò a correre.
Finalmente arrivò alla fine del lungo corridoio, e sboccò in una sala di dimensioni gigantesche, piena zeppa di celle: dentro c’erano persone di qualsiasi razza e sesso, oltre che un vasto campionario di aborti della natura, rinchiusi lì per motivi che S42 ignorava. Mentre passava, l’androide vide che molti la fissavano chi con invidia, chi con disperazione, chi con avidità, e si ripromise che sarebbe tornata per liberarli tutti: ma in quel momento doveva vedere come ne sarebbe uscita lei da quel posto orribile.
Infatti, la ragazza vide delle persone in tute scure e armate con fucili di dimensioni quasi grottesche venirle incontro e sbarrarle la strada.

-Fermati, androide! Devi tornare indietro, altrimenti saremo costretti ad arrestarti con la forza!- le ordinò uno di loro, puntandole il fucile contro.

S42 ne aveva già abbastanza di quel tono autoritario: non cambiò espressione, né diede alcun cenno di resa.

-Provateci soltanto- sibilò.

Nessuno dei soldati che le aveva sbarrato il passaggio la vide arrivare: sentirono solo qualcosa di estremamente pesante e doloroso che si abbatteva sui loro corpi con violenza inaudita e li scaraventava via. Quando si ripresero, l’androide aveva ormai ripreso la fuga e si stava allontanando, compiendo di tanto in tanto salti giganteschi.

S42 vide centinaia di soldati arrivare da tutte le direzioni, nel tentativo di circondarla. Lei non si perse d’animo e continuò a correre, schivando i colpi di fucile che le arrivavano addosso: superò la cortina di persone armate con un unico salto, atterrando dall’altro lato con un’agilità e grazia fuori dal comune.
Madara osservava il tutto dalle telecamere di sicurezza, non sapendo se essere compiaciuto del fatto che la sua creatura funzionava alla perfezione, esattamente come lui si era immaginato, o furioso perché quelle incapaci delle guardie non riuscivano nemmeno a sfiorarla con i loro colpi.
Finalmente S42 arrivò alla porta in fondo alla stanza, ma prima che potesse aprirla (o meglio sfondarla), altre quattro o cinque guardie le arrivarono addosso. Uno di loro le afferrò il polso: lei lo guardò con rabbia, poi con l’altra mano lo afferrò e iniziò a ruotare su sé stessa con violenza, sollevando la guardia e mandandola a sbattere contro i suoi stessi compagni. Dopo due o tre giri, S42 mollò la presa e l’uomo fece un volo di alcuni metri, prima di atterrare poco più in là.
Vedendosi però sempre più alle strette, l’androide compì un balzo verso sopra, e si aggrappò a una delle balaustre che formavano i passaggi che portavano alle celle più in alto: continuò ad arrampicarsi in quel modo, salendo fino all’ ultimo piano. Sul soffitto si apriva un’enorme vetrata, da cui si intravedevano dei nuvoloni grigi che coprivano completamente il cielo: lì fuori c’era la libertà, e quel pensiero fece fremere S42.
Intanto delle guardie stavano arrivando ai lati, pronte a sparare.

-Fermati, androide!- fu l’urlo di una di loro, ma la ragazza lo ignorò.

Con un ultimo, potente balzo, sfondò il vetro del soffitto, mentre nessuno dei colpi sparati la raggiungeva.

Madara strinse i pugni, e si impose di mantenere la calma: la situazione gli stava sfuggendo di mano.

Quando S42 fu fuori, sul tetto del palazzo, si fermò per un attimo ad assaporare  l’aria freddissima che le sferzava il viso e il corpo. Il vento della libertà, pensò.
Subito dopo, sentì il rumore di una porta aperta con violenza e si accorse che altre guardie erano salite lì, nel tentativo di fermarla. Senza esitare, queste spararono all’impazzata; l’androide schivò di nuovo tutti i colpi con facilità.
Le guardie videro con orrore che si stava avvicinando pericolosamente all’orlo del tetto.

-Aspetta, non farlo. È un volo di un centinaio di metri, ti schianterai!- tentò di dissuaderla una delle guardie, tendendo una mano verso di lei.

S42 lo guardò. Sul suo volto comparì un leggero sorriso.


Madara vide attraverso gli schermi delle telecamere il corpo dell’androide che cadeva a peso morto verso il vuoto.
E dentro di lui si propagò un urlo di rabbia.






_____________________________________________________________________________________


Lo so, lo so, mi state odiando, ma non ci posso fare niente.
So che morite dalla voglia di sapere come andranno a finire le altre due fic (?????  ma anche no), ma davvero non ho saputo resistere al richiamo del SasuSaku, per cui siate clementi.
Allooora...bhe, questa è la mia prima AU, e soprattutto la mia prima storia di genere fantascientifico (ringraziate "Star Wars: La vendetta dei Sith" [perchè Anakin, PERCHEEEEEE!!  çAç]), quindi non biasimatemi se scrivo qualche cazzata (non che io di solito scriva cose intelligenti, eh. ù.ù).
Anyway, spero che apprezziate, e spero di riuscire a concludere almeno questa fanfiction.  ^^'''
Grazie per chi è arrivato fin qui, e per chi continuerà a leggere e recensire.


*****l

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Kurokami