Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Koori_chan    27/06/2012    2 recensioni
Academy of the World, la scuola migliore che possa esistere per i Rappresentanti delle Nazioni.
Marina, genovese, riesce a guadagnarsi l'ammissione tramite una cospicua borsa di studio. Daphne, greca, insegna ormai da anni in una scuola che ritiene più simile a un manicomio.
Fra compiti in classe, gite e feste di fine anno come se la caveranno le nostre eroine e i loro amici in questa scuola di matti?
Ecco cosa succede a voler riunire in uno stesso luogo tutti -o quasi- i personaggi di Hetalia e mischiarli con una buona dose di OC.
Pairing per tutti i gusti, o almeno spero, in quella che si prospetta come la più grande follia a cui l'autrice si sia mai sottoposta.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Antica Grecia, Antica Roma, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A







Academy of the World__Dai due Lati della Cattedra














A volte la natura ci da dei segnali, dei suggerimenti, quasi degli ordini che faremmo meglio a seguire.
Quel giorno diluviava. Un’acqua che Dio la mandava.
Ogni creaura mentalmente sana se ne sarebbe rimasta a casa, al calduccio, sotto le coperte, ma lei no: lei doveva andare.
Aveva preso l’autobus delle sei del mattino, in modo da arrivare con almeno un’ora di anticipo, ma la pioggia scrosciante aveva pesantemente rallentato il mezzo, mandando a monte tutti i suoi piani di puntualità.
Le gocce di pioggia si sfracellavano gridando sui vetri dell’autobus, che si faceva strada a fatica attraverso il fiume che aveva ormai inglobato l’asfalto, mentre la ragazza contava mentalmente le fermate.
- Ok, la prossima è la mia… - sussurrò, premendo il pulsante di prenotazione.
Il trillo risuonò in tutto il veicolo, svegliando  una vecchietta seduta nelle ultime file, una delle poche persone presenti su quell’autobus, che arrestò la sua corsa aprendo le porte cono uno sbuffo stanco e affaticato.
Marina raggiunse il marciapiede trascinandosi dietro fra mille imprecazioni l’enorme valigione rosso che conteneva tutte le sue cose, andando a piantarsi di fronte a un imponente cancello in ferro battuto posto a guardia di un grande parco verdeggiante.
Sospirò, ormai rassegnata  al fatto di  incominciare il nuovo anno scolastico bagnata fradicia, mentre la figura della scuola alla fine del sentiero si faceva sempre più vicina.
Quattro mesi prima era riuscita ad ottenere una borsa di studio per meriti scolastici e, sommandola ai suoi risparmi degli ultimi otto anni, aveva finalmente potuto tentare l’iscrizione all’Academy of the World, la scuola più famosa, più prestigiosa, e ovviamente più costosa che esistesse sulla faccia della terra.
Certo, era stato un bel sacrificio, ma studiare in quell’istituto era sempre stato il suo più grande sogno, e sarebbe stata disposta a tutto pur di realizzarlo.
E adesso eccola lì, di fronte al gigantesco portone in quercia, pronta a varcare la soglia di quell’edificio che sarebbe stato la sua casa per gli anni a venire.
Il salone d’ingresso, illuminato dalla calda luce di due enormi e probabilmente antichi lampadari a goccia, era piuttosto affollato: zaini e valige erano abbandonati a terra, mentre ragazzi di tutte le nazionalità chiacchieravano animatamente raccontandosi il viaggio compiuto per raggiungere la scuola.
Marina, un po’ spaesata, si guardò intorno alla ricerca di qualcuno a cui chiedere informazioni.
In un angolo del grande salone, la schiena appoggiata contro il muro e le cuffie dell’iPod nelle orecchie, se ne stava un ragazzo dai mossi capelli castani e il viso gentile.
- Ciao… sai per caso cosa dobbiamo fare? – domandò timidamente.
Il giovane si tolse le cuffie, rivolgendole un ampio sorriso imbarazzato.
- Nuova anche tu? Mi dispiace, ma non ne ho proprio idea. Poco fa però è venuto un tipo a dirci di aspettare qui… prima o poi qualcosa accadrà… - spiegò, dispiaciuto per non essere stato abbastanza d’aiuto.
- Comunque io mi chiamo Toris, vengo dalla Lituania, e tu? –
La ragazza arrossì leggermente, un po’ imbarazzata dalla sua provenienza.
- Io sono Marina, di Genova… -
  Toris, come da pronostico, esibì un’espressione stupita.
- Genova? E’ una città dell’Italia, giusto? Ma come hai fatto ad essere ammessa? –
Domanda più che lecita, in effetti.
Il punto di forza e la pecca più grande dell’Academy of the World era forse proprio il criterio di ammissione.
Una cosa che a Marina non era mai andata giù.
Quella era una scuola particolare, a cui potevano accedere solamente i rappresentanti delle nazioni e non persone normali; una scuola d’élite, che ammetteva i propri studenti solo dopo una severa graduatoria in base al reddito della nazione stessa.
In poche parole solo gli stati più ricchi e avanzati avrebbero potuto permettersi di entrare alla’Academy of the World, mentre le nazioni più povere, le regioni o le città come lei sarebbero state costrette a rimanere ad un livello di studi inferiore, che non gli avrebbe mai permesso un dignitoso sviluppo.
Lei era stata fortunata vincendo quella borsa di studio, ma altri paesi stavano ancora lottando duro per ottenere un posto in quella scuola.
Stava per rispondere alla domanda del ragazzo quando un’altra voce si fece sentire.
- Liet!!! Cioè, questa scuola è tipo troppo figa!!! -  un altro ragazzo biondo, vestito con una felpa rosa dal taglio stranamente femminile e un paio di jeans strappati sulle ginocchia era spuntato dal nulla con un enorme sorriso stampato sul volto. Alla vista di Marina parve leggermente indispettito, ma fu questione di un attimo, poi si voltò in sua direzione stringendole la mano vigorosamente.
- Ciao! Io sono Feliks di Polonia e questo è il mio amico Liet! Sono troppo tipo contento di essere riuscito a entrare. Cioè, ci ho messo tipo quattro anni prima di avere un reddito sufficiente! –
La ragazza inarcò un sopracciglio, un po’ colpita dallo strano modo di parlare del polacco, e si presentò a sua volta.
Feliks parve non far caso alla sua provenienza, cosa di cui gli fu molto grata, e continuò il suo agitato monologo, afferrando una mano di Toris e scrollandola con insistenza.
- Ho sentito una cosa troppo inquietante! Sembra che sul totale degli iscritti manchino dei posti letto nei dormitori, così qualcuno dovrà andare al misto! –
Dalla mancanza di “tipo” e “cioè” Marina comprese che si trattava di una cosa piuttosto seria.
- Al misto? – chiese, curiosa.
- Si, non lo sai? Qui ci sono tre dormitori, il maschile, il femminile e il misto. Pare che nel misto ci sia gente strana, io non vorrei capitarci… - spiegò Liet, mentre Feliks continuava a scuotergli la mano.
Se è un luogo per gente strana, pensò la genovese,  il tuo amico ci finirà sicuramente.
Non ebbe però il tempo di chiedere ulteriori spiegazioni, il grande portone in cima alle scale di marmo opposte all’entrata si aprì, lasciando uscire un sommesso vocìo.
Una donna alta e dall’espressione severa aveva fatto il suo ingresso nel salone, calandolo nel silenzio più religioso.
Indossava una camicia immacolata e una cravatta blu, in tinta con la gonna lunga fin sopra al ginocchio. I lunghi e mossi capelli castani erano raccolti in una coda alta, i seri occhi verdi scrutavano i ragazzi da dietro un paio di occhialetti dalla montatura argentea.
Batté le mani un paio di volte per richiamare l’attenzione, poi incominciò a parlare.
- Buongiorno a tutti e benvenuti all’Academy of the World!  Qui sappiamo tutti quanti sacrifici abbiate dovuto fare per essere ammessi in questa scuola e penso di parlare a nome di tutto il corpo insegnanti nel farvi i complimenti per la vostra tenacia e il vostro impegno. –
Feliks gonfiò il petto tutto orgoglioso, mentre Toris sospirava, evidentemente abituato ai comportamenti bizzarri dell’amico.
- Io sono Daphne Karpusi, la vicepreside di questa scuola nella quale, se tutto va bene, trascorrerete i prossimi anni in vista del vostro diploma. –
Il lituano sbiancò, rivolgendosi agli altri due in un sussurro.
- Quindi è lei la famosa Hellas! –
- Famosa? – Marina incominciava a vergognarsi, sapeva davvero poco su quella scuola, nonostante ne sentisse parlare da tutta la vita.
- Pare che sia la professoressa più severa dell’intero istituto. Su di lei circolano le voci più disparate, ma sembra che i suoi occhi riescano a trapassare borse, abiti e… carne… -
Gli altri due deglutirono, leggermente terrorizzati.
- Per quanto ne so non c’è modo di copiare se si finisce nella sua classe, e chi riesce ad arrivare all’Esame di Diploma nel tempo medio si può ritenere di una tempra più forte del diamante… -
Che quella donna fosse davvero infernale come dicevano? La genovese tornò ad ascoltare il suo monologo, cercando di non pensare alla probabilità di finire nella sua classe.
- Fra pochi attimi varcherete questa soglia. Vi chiedo di non fare confusione e di fare ciò che vi dirò. Sarete chiamati uno ad uno per firmare la vostra ammissione ufficiale nei registri scolastici, poi potrete prendere posto a tavola e fare colazione… Direi che per ora vi ho già bombardati abbastanza di informazioni, coraggio, entriamo! – e così dicendo aprì per la seconda volta il portone di legno alle sue spalle, conducendo il timido gruppetto di studenti all’interno di un ampio salone gremito di gente.
Quattro lunghi tavoli erano disposti per tutta la lunghezza della sala, mentre un quinto, il tavolo degli insegnanti, stava dal lato opposto all’ingresso, perpendicolare agli altri.
Hellas li condusse fin dall’altra parte della stanza, ai piedi del tavolo degli insegnanti, montato su una sorta di pedana in modo da essere rialzato rispetto agli altri.
Seduti e intenti a parlare come se nulla fosse c’erano due uomini e una donna. Ad uno sguardo più attento si poteva scorgere, in piedi accanto a loro, un ometto basso e rotondetto, dalla carnagione scura e dagli ingenui occhi ametista. In confronto agli altri, anche per la voce sottile e acuta, sembrava proprio un bambino.
Daphne raggiunse il gruppetto, sussurrando qualcosa all’orecchio dell’uomo seduto al centro.
Era certamente una persona di bell’aspetto, alta, con un bel fisico e un fascino carismatico. Si alzò in piedi rivolgendo alle matricole un ampio e caloroso sorriso.
- Benvenuti ragazzi e ragazze! E’ sempre un piacere ricevere nuovi studenti nella nostra scuola! –
A questa frase Marina storse il naso, incrociando le braccia.
- Io sono Marcus Julius Vargas, il bellissimo preside di questa scuola, ma voi potete semplicemente chiamarmi “Nonno Roma”… - terminò con voce suadente ammiccando all’indirizzo delle ragazze presenti in sala.
L’espressione da Don Giovanni fu prontamente sostituita da un “ahi” di dolore, causato dalla quadernata che Hellas, stizzita e imbarazzata, gli aveva dato in testa con violenza.
- Suvvia, Roma, mantenga un po’ di serietà… -
L’uomo si massaggiò la testa con fare teatrale, mentre l’altra professoressa guardava scandalizzata la vicepreside e gli altri due  sorridevano leggermente, come abituati a scene del genere.
-Ok, visto che non voglio essere ucciso  già il primo giorno di scuola dalla nostra adorata vicepreside direi che è il caso di proseguire con le faccende burocratiche… sicuramente Hellas vi avrà già spiegato la procedura… A mano a mano che la qui presente assassina – e qui si alzò una leggera risata da parte della platea, mentre la donna incrociava le braccia al petto, distogliendo lo sguardo-  chiamerà il vostro nome, voi vi avvicinerete al tavolo degli insegnanti e firmerete il nostro registro ufficiale! –
Marina ebbe abbastanza tempo per prepararsi psicologicamente, ma finì per sprecarlo tutto osservando ammirata gli stucchi del soffitto affrescato. Quando la voce limpida e autoritaria di Hellas chiamò “Marina Parodi, Genova!” fu costretta a recarsi davanti al preside con passo incerto e il volto rovente d’imbarazzo.
- E così alla fine la mia nipotina adorata ce l’ha fatta! – esclamò Roma con un sorriso a trentadue denti.
La ragazza gli rivolse un’occhiata raggelante, per nulla addolcita dalla gioia negli occhi ambrati dell’uomo.
- Così sembra… - proferì, piatta.
- Su, non ce l’avrai mica ancora con me per la faccenda del reddito! –
- No, non ti preoccupare, acqua passata. – fece sarcastica, incidendo il registro con il suo nome.
La ragazza gli lanciò un’altra occhiataccia prima di alzarsi e lasciare il posto a chi fu chiamato dopo di lei.
- Tutto bene? – sussurrò la vicepreside all’orecchio dell’uomo.
- Non ti preoccupare, solo un piccolo disguido… - replicò l’altro, accogliendo un altro studente con uno dei suoi calorosi sorrisi.
Marina si sedette a tavola con Feliks e Toris, ancora inacidita dallo scambio di battute con suo nonno.
Nonno, poi, era davvero un soprannome bizzarro visti i trentacinque anni scarsi dell’uomo. La ragazza divorò ferocemente una fetta biscottata senza proferire parola, chiedendosi come mai la sua famiglia dovesse essere così strana.
Abitualmente viveva con sua nonna Liguria, una vecchina strampalata e arzilla sempre preoccupata per la salute della nipotina. Quando l’anziana signora, aggredita da ignoti in un vicolo di Genova, era stata a lungo tempo ricoverata in ospedale, Marina, ancora piccola, era stata data in affido alla famiglia di Marcus, composta da lui e i suoi due nipoti, Veneziano e Romano. Nonostante non vi fosse alcun legame di sangue fra di loro, Marina si era affezionata molto a quei tre buffi individui, finendo per frequentarli anche dopo le dimissioni dall’ospedale di Liguria. 
- Hey, Marina, tutto bene? – chiese premurosamente Liet, notando l’espressione incupita della nuova amica.
Quella si riscosse, annuendo agitata. Non voleva che si sapesse in giro dei suoi rapporti con Roma, altrimenti tutti avrebbero pensato che le erano stati fatti favoritismi.
Proprio in quel momento il preside parlò nuovamente, mentre gli altri studenti se ne andavano verso le loro classi, pronti ad incominciare un nuovo anno scolastico.
- Gentilmente, matricole, potreste starmi a sentire un momento ? – il silenzio piombò nuovamente all’interno della sala, interrotto di tanto in tanto dal ticchettio dei cucchiai in fondo alle tazze di porridge o caffelatte.
- Purtroppo vi è stato un piccolo inconveniente nell’assegnazione delle camere, e uno di voi dovrà prendere alloggio al dormitorio misto… -
Feliks, Liet e Marina si scambiarono sguardi preoccupati: nessuno di loro voleva capitare al misto.
- Ecco, per farvi vedere che la scelta è completamente casuale estrarremo a sorte il nome dello sfig… ehm, della persona! Coraggio, Daphne, passami l’urna. –
La donna si avvicinò con un grande sospiro, porgendogli una scatoletta di cartone, evidentemente fabbricata poco prima apposta per l’occasione. Roma mescolò vigorosamente il contenuto, per poi affondarvi la mano ed estrarre un pezzetto di carta bianca come il latte.
Quando lesse il nome scritto sul bigliettino impallidì letteralmente, alzando gli occhi sulla platea con aria colpevole.
“Fa che non sia io, fa che non sia io…” pregava Marina, le mani tutte sudate strette in una morsa.
Avrebbe dovuto prevederlo, avrebbe dovuto restarsene in casa alla vista del diluvio, non avrebbe mai dovuto varcare la soglia di quella scuola.
La voce del preside era ridotta ad un sussurro, ma il labiale fu chiarissimo da comprendere.
- Marina Parodi… Genova… -
Gli sguardi dei due si incrociarono per una frazione di secondo e Roma fu certo che se sua nipote avesse avuto la capacità di uccidere con lo sguardo sarebbe stato già bello che stecchito.
Nel salone si alzò unanime un sospiro sollevato, mentre Feliks batteva comprensive pacche sulle spalle dell’amica e Toris la guardava con un misto di sollievo e pietà.
La presa attorno al cucchiaio si fece sempre più ferrea, mentre il braccio della ragazza tremava leggermente.
- Ma che sorpresa. – fu il suo aspro commento a quanto appena accaduto.
Oh, si, suo nonno avrebbe dovuto smuovere mari e monti, quella volta, per farsi perdonare…
Dopo la colazione i ragazzi vennero smistati in due grandi gruppi e successivamente condotti nelle aule che li avrebbero ospitati per il resto della giornata.
Feliks, Toris e Marina finirono, grazie a Dio, nello stesso gruppo, assegnato alla classe della professoressa che era seduta a tavola al loro arrivo.
Era una donna di bassa statura, ma di una bellezza folgorante.
La carnagione scura, tipica dei popoli del Mediterraneo meridionale, i capelli neri e setosi lasciati sciolti lungo la schiena e un paio di magnetici occhi dalle lunghe ciglia folte.
- Per fortuna non siamo con Hellas… - sussurrò il polacco, mentre gli altri due annuivano pienamente d’accordo.
L’insegnante parve aver sentito il commento di Feliks, indirizzandogli un sorrisetto… compiaciuto? Sembrava proprio di si…
La donna si sedette sulla cattedra, accavallando le gambe e facendo scorrere lo sguardo sulla classe, integrata di qualche nuovo studente.
- Ciao a tutti! Io sono la prof Aegypt, ma potete tranquillamente chiamarmi Cleo, mi rende decisamente più giovane, non trovate? – sorrise civettuola.
- Che ne dite di presentarvi ai vostri futuri compagni di scuola? Su, incominciamo da… - scorse rapidamente su per l’elenco del suo gruppo di matricole, finché non parve soddisfatta.
- Feliks Lukasiewicz! –
Il ragazzo si alzò di scatto, andando alla cattedra con passo disinvolto. Quanto lo invidiava, Marina! Almeno lui sembrava non essere mai in imbarazzo! Era così sicuro di sé…
- Ciao! Io sono Feliks e tipo, vengo dalla Polonia… Cioè, non so molto cosa dire… però sono contento di essere qui! –
- Parlaci dei tuoi hobby, cosa ti piace fare… - lo incalzò Aegypt.
Feliks si illuminò, dando inizio al suo monologo.
- Beh, mi piace tantissimo fare delle passeggiate in campagna e poi cioè, adoro troppo i pony! Sono così carini! Sono tipo la cosa più tenera che esista sul mondo, a parte Liet! –
Al che, il giovane chiamato in causa assunse un colorito violaceo, tanto che la genovese temette di doverlo portare di corsa in infermeria.
Sempre che in quella scuola ne esistesse una.
Dai banchi alle sue spalle si alzò un risolino trattenuto, seguito da alcuni commenti davvero poco carini.
- Se i polacchi sono tutti così stiamo freschi… - fece una ragazza dai lunghi capelli scuri e gli occhi dal taglio orientale. La sua compagna di banco ridacchiò, zittendola con un gesto della mano.
- Ma dico, hai visto la felpa? Secondo me è di sua sorella! – infierì sistemandosi il fiocco arancione fra i capelli.
- Io dico che è gay… -
- Prova a chiederlo al suo amichetto Liet… - terminò l’altra con aria maliziosa e leggermente maligna.
Il ragazzo, seduto nella fila accanto a quella di Marina, sentiti i discorsi delle due compagne, diventò ancora più rosso. Era chiaro come il sole che avrebbe voluto essere in qualunque altro posto tranne che in quella classe.
- Belle, MeiMei, fate silenzio, su… - le rimbeccò senza particolare enfasi la prof, come se anche lei avesse condiviso ogni parola di quanto detto da loro.
Le due ragazze tacquero, mentre altri studenti si avvicendavano alla cattedra.
- Marina Parodi! –
Ecco, era il suo turno.
Si alzò, sperando di non inciampare nei suoi stessi piedi e raggiunse la cattedra già rossa per l’imbarazzo. Odiava davvero essere al centro dell’attenzione.
- Ehm… buongiorno… Io sono Marina Parodi… Vengo da Genova…- perfetto, ora poteva pure sprofondare.
MeiMei assunse un’espressione pensosa.
- Genova? Dov’è? –
Fu Belle, la sua amica bionda, a risponderle.
- In Italia, credo. Un posticino sperduto… Come hai ottenuto l’ammissione, Marina? – chiese malignamente.
L’interpellata deglutì sonoramente, salutando mentalmente il suo caro anonimato.
- Si, ecco… ho vinto una borsa di studio e… -
- Ah, davvero? Beh, ci vuole del coraggio per una provincialotta come te a iscriversi a questa scuola… si vede che ci tenevi! –
Marina rimase basita da una frase simile, ma ancora di più la colpì il fatto che Aegypt non rimproverasse minimamente la sua studentessa per un atteggiamento così scortese.
- Beh, ho sempre lavorato duro per… -
Ma la voce dell’insegnante la interruppe, facendole desiderare di non essere mai nata.
- Borsa di studio? Ah, ma quindi tu sei la nipote di Marcus! – esclamò, come se fosse stato uno scoop da prima pagina.
- Ecco che tutto si spiega… - commentò MeiMei.
- Ah! Abbiamo una raccomandata! –
- Io ho sempre faticato per raggiungere i miei obbiettivi, non mi è stato fatto alcun favoritismo per l’ammissione all’Academy of the World! – si infiammò Marina.
Belle fece per ribattere, ma un ragazzo dai tratti nordici seduto in ultima fila, che si era palesemente fatto i cavoli suoi per tutta la lezione, decise che era giunto il momento di intervenire.
- Taci, Belle, e lasciala parlare! Quali sono i tuoi hobby? –
La ragazza decise che sarebbe stata sempre debitrice a quel biondino dagli ingenui occhi azzurri.
- Mi piace leggere, è il mio passatempo preferito! – spiegò, mentre Belle e MeiMei facevano le linguacce al loro compagno.
Le ore di lezione passarono con una lentezza esasperante per Liet e Marina, mentre Feliks sembrava non essersi accorto delle frecciatine che le due ragazze della fila dietro continuavano a rivolgere a lui e ai suoi amici.
La genovese, dal canto suo, era parecchio demoralizzata. Iniziava a chiedersi se iscriversi a quella scuola fosse davvero stata una buona idea. In effetti quella Belle non aveva tutti i torti: lei, in confronto agli altri, era davvero una campagnola. Non era una nazione vera e propria, e anche se in passato lo era stata ormai non contava più niente.
Con questi pensieri ben poco allegri anche l’ora di pranzo scivolò alle spalle degli studenti, conducendoli in una stanza più grande dell’aula del mattino, dove incontrarono le altre matricole e un altro insegnante alto, dai lunghi capelli biondi e l’espressione imbronciata.
- Buongiorno. Sono il professor Ulrich Beilschmidt, o Germania, come preferite. Qua avete i fogli del vostro test. Avete un’ora di tempo, dopodiché sarete liberi di fare quello che volete fino alle sei e mezza, l’ora di cena. Il corpo insegnanti correggerà i vostri test in modo da collocarvi nella classe di livello più adeguato. – fece piatto, consegnando i fogli con l’accortezza di lasciare la parte scritta a faccia in giù sul banco.
Dopo un’occhiata al suo orologio da polso diede il via al test, mentre gli studenti leggevano febbrilmente le domande, facendo roteare penne e matite fra le dita.
Per Marina quella fu l’ora più piacevole della giornata. Pensava che il test d’ingresso fosse molto più difficile, mentre lei l’aveva trovato, a eccezione di un paio di domande, addirittura divertente.
Al termine della prova si guardò intorno curiosa: con l’ansia che fosse tutto perfetto il suo primo giorno a scuola non si era nemmeno fatta un’idea degli altri ammessi!
Due ragazzi chiaramente orientali se ne stavano in fondo all’aula a conversare in una lingua troppo strana per tentare di decifrarla. Un altro tipo misterioso era rimasto seduto al suo posto, con le mani fra i capelli chiarissimi e un’espressione affranta in volto. Il suo test non doveva essere andato tanto bene… Un ragazzone dalla carnagione abbronzata  stava terrorizzando un altro figuro apparentemente impassibile, nonostante il mulinare continuo dei rasta dell’altro ad ogni domanda sul test.
I due elementi più strani erano però due ragazze in piedi davanti alla cattedra. Una sembrava una fata, una principessa di quelle narrate nelle favole da tanto la sua pelle era chiara e i suoi biondi capelli fini. L’altra pareva più che altro un piccolo satiro, forse a causa del rosso acceso dei suoi capelli.
- Ma Sis’, l’hai lasciata in bianco! – esclamò la bionda, sconvolta.
- Lo so… non ne avevo voglia di scrivere… e poi la mia calligrafia fa schifo! – ridacchiò l’altra, come se non si fosse resa conto dell’esito disastroso che avrebbe avuto il suo compito.
Marina sorrise. Fra tutti erano veramente un gruppetto eterogeneo!
Stavano per andarsene tutti quanti per i fatti loro, quando Germania li richiamò svogliatamente.
- Le chiavi delle vostre stanze. Siete stati accontentati tutti per la sistemazione, quindi vi chiamerò uno per coppia e vi darò due paia di chiavi. Non perdetele, o dormirete in palestra. –
Feliks saltò al collo di Toris sprizzando gioia da tutti i pori.
- Cioè, siamo finiti insieme, Liet! Avevo tipo troppa paura che mi mettessero con quel bruttone là in fondo! – e indicò il ragazzo coi rasta, che si scoprì poi essere di Cuba.
A mano a mano che le matricole ricevevano le chiavi della loro stanza l’aula si svuotava, finché, partiti anche Feliks e Toris, rimase soltanto Marina.
- R6. A Ovest dell’Edificio Centrale, poi segui i cartelli. –
- Perché “R”? – fu la domanda che le sorse spontanea.
La risposta fu molto più deludente del previsto.
- Sta per “Random”. Non sapevamo come altro classificare le stanze del misto… -
La genovese afferrò la sua chiave con espressione insoddisfatta, ma prima che potesse dileguarsi l’uomo la afferrò per una mano e, con occhi sinceri, proferì un’unica, inquietantissima frase.
- Buona fortuna… -













Note


Eccoci qui, con il primo capitolo di una fanfiction che ha più del demenziale che altro...
L'idea per questa storia mi è venuta circa due anni fa, ma ci è voluto del tempo per riuscire a buttare giù qualcosa di lontanamente passabile.
Beh, questo capitolo è più che altro una prima introduzione ai personaggi, che dal prossimo inizieremo a conoscere un po' meglio.
spero di avervi incuriosito almeno un po'!  :)
Kisses,
Koori-chan
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Koori_chan