La luce della luna sfiorava i tetti della città, accarezzando ogni profilo con velata noncuranza. I grattacieli si affiancavano alle antiche costruzioni come degli ospiti ingrati. Tanit è sempre stata una città unica nel suo genere, dove antico e nuovo convivevano in una sgraziata armonia. Fin dalle prime memorie della storia, gli scuri edifici di pietra con i suoi alti colonnati, i fregi lavorati e le statue minacciose, hanno visto mutare il mondo come spettatori silenziosi. Hanno osservato come gli uomini prendessero posto in una realtà che non gli apparteneva, ma nella quale si sono imposti con prepotenza. Il perché non demolirono gli antichi edifici restò un mistero per molto tempo: c'è chi dice che si rifiutarono spontaneamente per non far sparire una testimonianza storica, altri affermarono di essere stati intimoriti dalle storie di varie maledizioni che proteggessero quelle mura, infine isolate storie parlavano di qualcuno che glielo impedì offrendogli in cambio la sopravvivenza della loro gente; fu il tempo a rivelare la verità.
Sul tetto del grattacielo a fianco della Cattedrale Buia, due
figure si
avvicinavano lentamente tra loro con passo lento ma deciso. Si
arrestarono ad
un metro e mezzo circa l'una dall'altra. -E' tutto pronto?- chiese una
voce
maschile seria e profonda.
-Sì- rispose l'altra figura con sicurezza -abbiamo avuto dei
problemi, ma
finalmente siamo pronti-
-Bene, fate in modo di essere nel posto giusto prima del...- l'uomo si
voltò di
scatto verso una sagoma che era già sparita
nell'oscurià. Si avvicinò verso il
bordo e guardò di sotto verso le strade deserte. La luce
lunare scorse degli
occhi di ghiaccio che scrutavano il buio. Qualcuno li stava spiando.
Dall'altra parte della città l'inquieto silenzio
veniva rotto da un timido
vociare che proveniva in fondo a Sunset Street. Là si
trovava l'unico locale
aperto tutta la notte, dove i nottambuli di ogni provenienza potevano
aspettare
l'alba senza troppe preoccupazioni. I clienti del bar parlavano con i
propri
interlocutori moderando intenzionalmente la voce ed evitando di
incrociare lo
sguardo con altri. A un tratto un uomo seduto al bancone
scattò in piedi,
probalilmente incentivato dai fumi dell'alcool: -Sono tutte stronzate!-
urlò
all'amico -Parli di quando sarà tutto finito, non ti rendi
conto che finirà
tutto quando saremo tutti cadaveri? Tu non sei d'accodo dolcezza?-
domandò
voltandosi verso la barista al di là del bancone che
continuò indifferente ad
asciugare un bicchiere -Fai tanto la dura pensando che il tuo buco
possa
passare inosservato in eterno, ma sai benissimo che presto o tardi ci
scoveranno e ci faranno a pezzi.-
La giovane donna continuò a fingere di non aver sentito, non
alzò lo sguardo
ma si arrestò come se contemplasse il bicchiere che stava
asciugando fino ad un
attimo prima. Intanto un giovane chino sulla sua birra stava osservando
tutta
la scena seduto in un angolo del locale.
-Mi hai sentito dolcezza?- continuò l'uomo con
arroganza.
-Ti ho sentito- rispose infine la barista -ma chiamami ancora
"dolcezza" e dovrai mangiare con la cannuccia per il resto dei tuoi
giorni-
L'uomo sghignazzando avvicinò la mano al viso della ragazza,
ma lei con un
gesto fulmineo gli afferrò il braccio le lo tirò
verso di sé, poi gli spinse la
faccia sul bancone premendogli il gomito dietro il collo mentre
stringeva
ancora il bicchiere nella mano. Si avvicinò all'orecchio
dello sventurato
facendo tuttavia in modo che anche altri sentissero ciò che
aveva da dirgli:
-Ascoltami bene: il fatto che voi siate qua dentro non è un
favore che fate a
me, ma un favore che faccio io a voi. Probabilmente questo buco
è l'unica
possibilità per voi insignificanti caproni di uscire di casa
e tornarci con le
vostre gambe. Anzi, questo buco è con tutta
probabilità il luogo più sicuro
della città, anche più sicuro di quel tugurio
senza finestre che tu chiami
casa. E' grazie a me che sei ancora vivo, e dato che la tua
insignificante vita
è nelle mie mani sono libera di togliertela quando voglio.
Ora esci da qui ne
se hai le palle.-
Dopo aver detto questo, con un gesto brusco lo lasciò andare
e continuò il suo lavoro come se niente fosse. L'uomo
palesemente scosso si
allontanò lentamente e con lo sguardo basso andò
a sedersi in un tavolo più
lontano. Il ragazzo all'angolo accennò un sorriso e
tornò a sorseggiare la sua
birra.
Arrivò l'alba ed il locale si svuotò man
mano che si faceva sempre più giorno.
La giovane barista iniziò a rivoltare le sedie sui tavoli
quando una voce la
distrasse dalle sue solite mansioni.
-Sei sempre così affabile con i tuoi clienti?- era il
giovane spettatore di
qualche ora prima, se ne stava appoggiato ad una parete con le braccia
conserte -Jillian Storm-
La ragazza scrollò la testa per tirare indietro i capelli
castani che le
arrivavano all'attaccatura del collo, poi si voltò verso il
ragazzo e si
appoggiò al tavolo imitando al posizione del vecchio amico.
-Len Forest- gli rispose Jillian con tono misto tra sorpresa e fastidio
-come
hai fatto a trovarmi?-
-Non è stato poi tanto difficile- disse Len avvicinandosi
-quando sono venuto a
sapere del famoso locale che non chiude neanche dopo il tramonto, ho
subito
pensato che solo una folle come te riuscirebbe a tenere a bada un
intero
quartiere-
-Che cosa vuoi?- tagliò corto Jillian.
-Sono venuto a convincerti a tornare- affermò Len con tono
più serio.
-Allora sprechi il tuo tempo- ribattè brusca la ragazza
-perché io non ho
intenzione di tornare-
-Avanti Jill! Non dire cazzate! Sai che abbiamo bisogno di te. Inoltre
ho fatto
una scoperta che di sicuro giocherà a nostro favore...-
-Piantala Len!- lo interruppe Jill seccata mettendosi bene in piedi
-Non mi
interessa niente! Ormai sono fuori. Sono stanca di buttarmi in missioni
suicide, e ormai dovresti esserlo anche tu-
Len si incupì: -E' per Jeff non è vero?-
Nell'udire quel nome lo sguardo di Jillian si rabbuiò:
-No...non solo-
-Allora cosa?- insistette Len.
-Non sono affari tuoi- concluse Jill -è una cosa che
riguarda me e nessun
altro. Ora ti sarei grata se te ne andassi-
Len, per nulla convito si diresse verso l'uscita. Prima di uscire le
disse con
calma: -Se cambi idea, sai dove trovarmi- poi chiuse la porta dietro di
se,
mentre Jillian fissava un punto indefinito verso il bancone immersa nei
suoi
pensieri. Fuori dal locale Len si voltò un attimo ad
osservale la piccola
insegna sopra l'entrata: "Prima Lux".
Che strano nome per un
locale notturno. Pensò.
Accennò un sorriso prima di
voltarsi poi con passo lento e le mani in tasca se ne andò.