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Autore: Astrid Leda    27/06/2012    4 recensioni
"Ricordo quando passavo ore a guardare le stelle, e quando ricambiavo lo sguardo alla luna. Ho trascorso l'infanzia a fantasticare sul mio futuro scrutando quelle luci lontane che mi tenevano compagnia con la loro luce fredda ma tanto familiare. Vedevo un domani e altri domani al seguito sperando in un avvenire migliore. Ero solo una ragazzina quando capii quanto mi sbagliassi.
Ormai non guardo più le stelle da molto tempo. Non vedo un domani, ma un probabile oggi. Tuttavia, finché sarò in vita, farò del mio meglio per togliere il futuro a chi lo considera un fatto scontato. Nessuno vive per sempre...nessuno..."
Genere: Azione, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La luce della luna sfiorava i tetti della città, accarezzando ogni profilo con velata noncuranza. I grattacieli si affiancavano alle antiche costruzioni come degli ospiti ingrati. Tanit è sempre stata una città unica nel suo genere, dove antico e nuovo convivevano in una sgraziata armonia. Fin dalle prime memorie della storia, gli scuri edifici di pietra con i suoi alti colonnati, i fregi lavorati e le statue minacciose, hanno visto mutare il mondo come spettatori silenziosi. Hanno osservato come gli uomini prendessero posto in una realtà che non gli apparteneva, ma nella quale si sono imposti con prepotenza. Il perché non demolirono gli antichi edifici restò un mistero per molto tempo: c'è chi dice che si rifiutarono spontaneamente per non far sparire una testimonianza storica, altri affermarono di essere stati intimoriti dalle storie di varie maledizioni che proteggessero quelle mura, infine isolate storie parlavano di qualcuno che glielo impedì offrendogli in cambio la sopravvivenza della loro gente; fu il tempo a rivelare la verità.

Sul tetto del grattacielo a fianco della Cattedrale Buia, due figure si avvicinavano lentamente tra loro con passo lento ma deciso. Si arrestarono ad un metro e mezzo circa l'una dall'altra. -E' tutto pronto?- chiese una voce maschile seria e profonda.
-Sì- rispose l'altra figura con sicurezza -abbiamo avuto dei problemi, ma finalmente siamo pronti-
-Bene, fate in modo di essere nel posto giusto prima del...- l'uomo si voltò di scatto verso una sagoma che era già sparita nell'oscurià. Si avvicinò verso il bordo e guardò di sotto verso le strade deserte. La luce lunare scorse degli occhi di ghiaccio che scrutavano il buio. Qualcuno li stava spiando.

Dall'altra parte della città l'inquieto silenzio veniva rotto da un timido vociare che proveniva in fondo a Sunset Street. Là si trovava l'unico locale aperto tutta la notte, dove i nottambuli di ogni provenienza potevano aspettare l'alba senza troppe preoccupazioni. I clienti del bar parlavano con i propri interlocutori moderando intenzionalmente la voce ed evitando di incrociare lo sguardo con altri. A un tratto un uomo seduto al bancone scattò in piedi, probalilmente incentivato dai fumi dell'alcool: -Sono tutte stronzate!- urlò all'amico -Parli di quando sarà tutto finito, non ti rendi conto che finirà tutto quando saremo tutti cadaveri? Tu non sei d'accodo dolcezza?- domandò voltandosi verso la barista al di là del bancone che continuò indifferente ad asciugare un bicchiere -Fai tanto la dura pensando che il tuo buco possa passare inosservato in eterno, ma sai benissimo che presto o tardi ci scoveranno e ci faranno a pezzi.-
La giovane donna continuò a fingere di non aver sentito, non alzò lo sguardo ma si arrestò come se contemplasse il bicchiere che stava asciugando fino ad un attimo prima. Intanto un giovane chino sulla sua birra stava osservando tutta la scena seduto in un angolo del locale.
-Mi hai sentito dolcezza?- continuò l'uomo con arroganza. 
-Ti ho sentito- rispose infine la barista -ma chiamami ancora "dolcezza" e dovrai mangiare con la cannuccia per il resto dei tuoi giorni-
L'uomo sghignazzando avvicinò la mano al viso della ragazza, ma lei con un gesto fulmineo gli afferrò il braccio le lo tirò verso di sé, poi gli spinse la faccia sul bancone premendogli il gomito dietro il collo mentre stringeva ancora il bicchiere nella mano. Si avvicinò all'orecchio dello sventurato facendo tuttavia in modo che anche altri sentissero ciò che aveva da dirgli: -Ascoltami bene: il fatto che voi siate qua dentro non è un favore che fate a me, ma un favore che faccio io a voi. Probabilmente questo buco è l'unica possibilità per voi insignificanti caproni di uscire di casa e tornarci con le vostre gambe. Anzi, questo buco è con tutta probabilità il luogo più sicuro della città, anche più sicuro di quel tugurio senza finestre che tu chiami casa. E' grazie a me che sei ancora vivo, e dato che la tua insignificante vita è nelle mie mani sono libera di togliertela quando voglio. Ora esci da qui ne se hai le palle.- 
Dopo aver detto questo, con un gesto brusco lo lasciò andare e continuò il suo lavoro come se niente fosse. L'uomo palesemente scosso si allontanò lentamente e con lo sguardo basso andò a sedersi in un tavolo più lontano. Il ragazzo all'angolo accennò un sorriso e tornò a sorseggiare la sua birra.

Arrivò l'alba ed il locale si svuotò man mano che si faceva sempre più giorno. La giovane barista iniziò a rivoltare le sedie sui tavoli quando una voce la distrasse dalle sue solite mansioni.
-Sei sempre così affabile con i tuoi clienti?- era il giovane spettatore di qualche ora prima, se ne stava appoggiato ad una parete con le braccia conserte -Jillian Storm- 
La ragazza scrollò la testa per tirare indietro i capelli castani che le arrivavano all'attaccatura del collo, poi si voltò verso il ragazzo e si appoggiò al tavolo imitando al posizione del vecchio amico.
-Len Forest- gli rispose Jillian con tono misto tra sorpresa e fastidio -come hai fatto a trovarmi?-
-Non è stato poi tanto difficile- disse Len avvicinandosi -quando sono venuto a sapere del famoso locale che non chiude neanche dopo il tramonto, ho subito pensato che solo una folle come te riuscirebbe a tenere a bada un intero quartiere-
-Che cosa vuoi?- tagliò corto Jillian.
-Sono venuto a convincerti a tornare- affermò Len con tono più serio. 
-Allora sprechi il tuo tempo- ribattè brusca la ragazza -perché io non ho intenzione di tornare-
-Avanti Jill! Non dire cazzate! Sai che abbiamo bisogno di te. Inoltre ho fatto una scoperta che di sicuro giocherà a nostro favore...-
-Piantala Len!- lo interruppe Jill seccata mettendosi bene in piedi -Non mi interessa niente! Ormai sono fuori. Sono stanca di buttarmi in missioni suicide, e ormai dovresti esserlo anche tu-
Len si incupì: -E' per Jeff non è vero?-
Nell'udire quel nome lo sguardo di Jillian si rabbuiò: -No...non solo-
-Allora cosa?- insistette Len.
-Non sono affari tuoi- concluse Jill -è una cosa che riguarda me e nessun altro. Ora ti sarei grata se te ne andassi-
Len, per nulla convito si diresse verso l'uscita. Prima di uscire le disse con calma: -Se cambi idea, sai dove trovarmi- poi chiuse la porta dietro di se, mentre Jillian fissava un punto indefinito verso il bancone immersa nei suoi pensieri. Fuori dal locale Len si voltò un attimo ad osservale la piccola insegna sopra l'entrata: "Prima Lux".
Che strano nome per un locale notturno. Pensò.
Accennò un sorriso prima di voltarsi poi con passo lento e le mani in tasca se ne andò.

  
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