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Autore: Hanamo    27/06/2012    2 recensioni
Ok, è da un po' che ho l'account e mi decido ora a pubblicare una fic, per iniziare con qualche cosa di breve ho scelto questa one shot su pandora hearts. Tutto il contenuto è bastato sulla domanda "e se quel giorno non ci fosse stata la cerimonia?" sotto ispirazione del ripetuto ascolto di other dimension dalla ost dell'anime.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gilbert Nightray, Oz Vessalius
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Grosse e pesanti tende in velluto grigio cascavano dalle riloghe in legno per poi accasciarsi al suolo piastrellato in cotto rosso che, simile ad un mosaico di esagoni perfettamente incastrati fra loro, qua e là perdeva colore. Si apriva tra esse, al di là dei vetri d'una grande finestra, come un palcoscenico, la veduta di tutta la residenza.

Gilbert poggiò la fronte su quei vetri sottili che parevan rompersi ad ogni singolo respiro emesso che appannava la loro superficie, i capelli neri, che si rincorrevano mossi come il mare in tempesta, si appiattirono contro la superficie trasparente.

Lo sguardo dorato del giovane si posò dapprima lungo le alte pareti ornate d'edera rampicante, le quali, costellate di grandi finestre uguali a quella della sua stanza o, per meglio dire, della stanza del suo padroncino, parevan fissarlo con imponenza. Corse poi lungo i portici, sorretti da colonne in marmo, che attorniavano il labirintico giardino e la sua fontana zampillante d'acqua cristallina, ove gli uccellini si stavano abbeverando; si fermò infine sull'alto campanile della chiesa che, quella sera, avrebbe assistito alla fatidica cerimonia e svettava alto trafiggendo il cielo mentre, dal suo grande orologio romano, pareva di sentir giungere i battiti delle lancette. Oh! Quale terribile leggenda stava portando con sé da tempi ormai passati..

Gilbert si fece sfuggire un sospiro malinconico e si lasciò cadere su di una poltroncina in legno d'ebano: braccioli e schianale eran ornati da soffici cuscini a tema floreale. Sul letto, che faceva angolo con il muro in fondo alla stanza, giaceva un bianco abito da cerimonia che gli era stato donato quella mattina.

Gilbert lo fissò intensamente ed un espressione tesa e contrariata balenò nel suo sguardo, si morse il labbro inferiore e volse lo sguardo al suolo. La luce che filtrava nella stanza si rabbuiò improvvisamente, come rispondendo al suo umore, una nuvola aveva offuscato il sole. Il rombo di un tuono ruppe l'aria facendo sussultare il ragazzo, una goccia d'acqua colpì il vetro...Due, tre, in un'attimo pioveva.

I pensieri di Gilbert si posarono sulla figura del padroncino, chissà se stava bene, se era pronto per la cerimonia, sarebbe stato al riparo dal temporale? Un senso d'ansia crescente rapì i suoi pensieri, in qualunque altra occasione sarebbero stata soltanto premura, ma, forse guidati dal maltempo, erano sfociati in angoscia. Così, con la mente ed il cuore in subbuglio, Gilbert si abbandonò al sonno e la testa gli ricadde su di una spalla. Subito sprofondò in un sonno ricco di sogni che, disturbati dai tuoni profondi e cupi, si trasformarono in un incubo velato da malinconia, ma che presto prese toni più accesi, spaventosi fin a divenir angoscia e tragica fine senza rimedio.

 

C'era un ragazzo, biondi erano i suoi capelli, a qualcuno ricordavano un campo di grano; verdi gli occhi, prati fioriti in primavera.Il ticchettio dell'orologio scandiva il tempo.

C'era un ragazzo, neri i suoi capelli mossi come le onde del mare, dorati gli occhi sinceri. Servitore del ricco padrone per cui aveva perso il cuore, a lui aveva consacrato la sua vita. La melodia dell'orologio dava inizio alle danze.

Ci fu un rintocco battuto dalle lancette di un grande orologio, una festa, la festa di un quindicesimo compleanno.

Passati erano i giorni felici e le notti turbate per quei ragazzi, istanti vuoti per il padrone ed anni d'attesa per il servitore.

Riposava nell'oscurità silenziosa la verità, si nascondeva tra la luce la menzogna.

Gli oggetti del crimine erano sconnessi, senza senso.

Stava in piedi fra luce ed ombra chi cercava una risposta, una partita persa in partenza.

Voleva nascondersi la luce, voleva protendersi l'oscurità.

Le pedine erano solo un giocattolo, delle bambole costrette a spostarsi sulla scacchiera, gioco tra luce ed ombra.

Si toglieva il cappello con un languido sorriso, in segno di riverenza, il matto.

Fissava le lancette dell'orologio il bianco servo del tempo.

Il tempo di un pedone giungeva alla fine.

Ci fu un gatto che correva per le strade di una città, quell'antica melodia venne dimenticata.

 

Quando gli occhi dorati si schiusero, mettendo a fuoco le piastrelle del pavimento ed il largo tappeto persiano che si estendeva per tutto il centro della stanza fra i due letti, l'abitazione si era rabbuiata. Era sera.

Il ticchettio della pioggia non era cessato, le gocce battevano costantemente sul vetro della stanza, ma Gilbert ora non vi badava più. Il sudore imperlava il suo pallido collo, gli occhi, concentrati su qualche cosa di invisibile, erano sbarrati dalla paura e si perdevano nel vuoto. Passi veloci lungo il corridoio rimbombarono nelle sue orecchie mischiandosi all'insistente pioggia e la porta si spalancò.

Gilbert! Hanno rimandato la cerimonia..”

Quelle parole, morte in gola di chi le aveva pronunciate, parvero destare il ragazzino dall'apparente stato comatoso, alzò lo sguardo fisso sulla figura che aveva appena varcato la soglia. Oz si era fermato dinnanzi a lui, a qualche metro di distanza, e lo fissava con due occhi verdi smeraldo sorpresi che tradivano il dubbio. I capelli biondi stillavano acqua, la quale, gocciolando lungo il collo, andava ad inumidire il colletto della bianca camicia inamidata.

Gilbert..?”

Per la seconda volta Oz lasciò morire la sua voce, soffocata dalla sorpresa. Gilberto lo aveva raggiunto con uno slancio disperato e cintogli la vita aveva affondato il capo sul suo petto. Non riuscì a vederlo in volto, ma lo sentì singhiozzare, abbassò il capo e stringendo le esili spalle del servitore che tremavano scosse dal pianto gli sussurrò all'orecchio.

Non piangere, va tutto bene..Sono tornato.”

Le mani di Gilbert strinsero tra le dita, per quanto potevano, gli indumenti del padrone.

Non andare..Oz!”

 

Un sogno aveva collegato due realtà così distanti eppur parallele, Gilbert aveva riaperto gli occhi cambiando, da quel'istante, la realtà che lo circondava. Il destino ha tante strade, le scelte e le azioni sono il nostro futuro, il mezzo col quale costruiamo il nostro destino.

  
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