Il paladino Fedele
Sprofondamento
sperimentale
spropositato nella lettura in solo
italiano antico
1°: Annar e il
lago
Sguercia a causa di quel vespertino nimbo repentino
zampillatogli innanzi la finestra, tenuta serrata a lungo.
Inatteso
in vero, quell'auspicio goliardico mattinale, luminescente quanto lo
sprizzo provenienti dalla rabdomanzia delle fate di cui si narra
nelle fabulazioni tramandate da padre in figlio.
Il manto: privo
di disgrazia e fondo come calanco di montagna è giulebbato e
caleffato dall'apollineo febo aureo.
Il tubare dei piccioni, lo
spittinare dei pettirossi ed il vernare dei volanti tutti: insolita
coregia accreditatrice di vis dinamogena e lampo menante, per un
levare tanto presto.
Il flusso scorsoio di un fluente nella
capezzagna: carrucola di arenosi ircocervi e vagabonde ennoie
d'abbaccone, torniata nei muscoli dell'eminenza palmare.
La
malintelligenza vatiniana: essa, impeperona innanzi l'arredo aonio di
cui è testimonio lo pneumatico hidalgo lamierato.
S'alzò
dalla striscia, quello la, quel croato quasi clinomane, tanto
tardigrado quando lo sblocco per i cultori.
Callomaniaco e
cheromanico: così si accorpava tutti i giorni, innanzi il
miraglio adusto nel perduto retrogabinetto dell'oppido distante il
che signore, ossequiato, era da vegliare.
Un figmento
confidente in un gliommero lungorammaricante.
L'individua
fregola autoctona, antivitale come l'esuvia ogni giorno affagottata,
si rese illuminello nella roggia da tutti detta Hope, per quanto la
speranza, in vero, fosse solo fortuna per pochi.
La labbia come
rincagnita dal capestro, aborrevole come patente estrema
atretostomia: un ammazzatredici, per qualcuno uso al tartarinismo
moderato, fatto, poi, palliativo.
Eccolo il lui, il misologo e il
fengofobico e il monopatobico, patente analgesico cosa se non
l'encefalastenia e doglie, doglie tali alla dimenorrea tanto temuta
dalle die ochesche, suo plazer largitore di tante beltà quando
sanno di lui embaterio e aitante, le volte ch'è fattosi
com'eonico aedo.
Invenire di vivere un alienazione
antilogica affine all'aponia nonostante l'appentenza all'assioma
dell'apatia, dell'astrattismo e dell'ecceità? Sbalestro anelo
ancor più nella verbigerazione marzolina...
Questo,
il fumo cogitoso contrapposto all'ancastasia sempiterna, sua
tribolazione dal giorno in cui iniziò a soggiacere l'ombrifero
fistolo clastomaniaco.
La dolcificata ampeloterapia giornaliera e
altre zeppe a cui s'era volitivamente immuseruolato, pur di
pertingere sin l'alloro del risanamento della propria condizione,
giammai tondevanolo dell'adinamia intrinseca.
Sentato fluente,
mentre persegue nel farsi repluere dalla bore, scorge una gioia -
pare gioia, ma potrebbe essere mera nullità - sul fondale
umido.
Tutto miscredente pone a terra la guastada ermeticamente
allucchettata e uncica coll'indicativo di savio l'picciolo marocco
albasio: smerigliato, sdrucciolevole, lubrico, spianato, tondato,
carestoso, allombato, stagno, acarpo,
Tanta quintessenza
minerogena può solo levarsi da ritta immateriale e
taumaturgica o da un volere panico.
Forse, è indeiscente
grazioso gratuito di Snotra fluente, oppure è carente
esperimento d'alchimia, il cui bello è solo l'aspetto, persosi
dalle mani di chicchessia
Non un diamante, zaffiro,
rubino, ametista, diaspro, crisocolla, agata, madreperla, smeraldo,
tormalina, ma tuguro vaiato di rancura.
Un sasso inusuale.
Originale, com'è originale il mondo, ma di mera apparenza
gradevole.
Guina anguicrinata
Siluetta
sghimbescia
Loscheggio manco
Oh, tu spennazio invarito
Questo,
l'ainnilos ne cantafavola o cantar o dit, commiato icastico sul suo
lume abraso dal tempo, anemico come il riflesso del sasso e
contemporaneamente acromo come la planizia rupestre, tanto incensa da
parre eufotica ghiaccia.
Una poco distesa dedica
frolla, macchietta al 'dirla, per un avvenente tapino iniquo tal al
pinto artificiato d'un pintore in feriato.
Si rende gettatore
e permette alla pietra di barberare sull'oligotrofico lume
trasecolante, percependola come proprio ginnetto intento e corsiero
consigliato.
Vorrebbe scampare, in gropp'all'alfana centauresca, a
quel morello catafalco nocivo quanto la bragia nerocupa che
l'attanaglia.
Oh, se potessi!
"Annar,
prode paladino e poeta, impressioni il mio risveglio con la tua
afflizione"
Non ha richiesto di voltorare la propria
alipidica giarga, il capillare arcade biondorossastro, dove ammenta
il detentore ciacco di quel bisunto timbro distretto: Sassone,
bizzocco omarino fitto, fì di cuccia sanemagogna,
baldracchesco damigello accozzaticcio.
Tanto accollata percepisce
la propria spalla, avendo perso la dilicatura della commozione solare
e aggruzzolato in cambio l'ubiquitario tatto atroce più
terribile che l'atocia, ad esso preferibile.
"Mio signore, siete
sveglio di già."
"Sono mattiniero, lo sai bene
anche tu. Eppure...
dai l'impressione di non essertelo aspettato,
il mio arrivo”
“Di solito preferisco rimanere coricato
nel sacco a pelo, dentro la tenda, ma oggi è un oggi speciale
per me”
“Cogli l'occasione di ammirare il panorama,
la mattina presto...con gli occhi completamente concentrati sulla
bellezza del paesaggio... mentre la mente rivanga..."
Gli
si siede accanto: l'uno sempre impassibile, sebbene voglia dare le
reni; l'altro, un ennesima volta da implicitamente il pillotto allo
zerbinotto.
"Dalle nostre parti diciamo che "una
chiave d'oro apre ogni porta": quello che ti do non ti basta,
per aprirti?"
"Sassone... dalle mie parti si dice "le
cose buone arrivano a chi più persevera": io sto
continuando a perseverare anche adesso"
"Possibile che
non riesca mai a piacerti? Ti ho dato tanto, sono riuscito a renderti
nuovamente il guerriero prode ch'eri un tempo, vivi la vita bella
quando siamo tra le nostre mura, eppure ancora mi
rifiuti?"
"Purtroppo, il mio attaccamento nei riguardi
del mio signore è dovuto soltanto all'affetto e alla
riconoscenza per essere riuscito a liberare il popolo oppresso dalla
tirannia precedente, e non per altre motivazioni"
"Cos'è
che ti turba sempre? Perché sei diventato tanto apatico nei
confronti di tutti, ma soprattutto nei miei, la persona che ti è
sempre più vicina?"
"Un oncia di prevenzione
vale più di un quintale di cure: questo ho imparato stando
appresso al suo gruppo nutrito di mercenari, quando viaggiamo lungo
tutto il continente per porre fine al male.
Attualmente, non trovo
più qualcuno che tenga fede a tale motto e c'è chi si
lascia corrompere dalla fama ottenuta"
"Insinui che io,
Sassone, sovrano giusto e fedele amico, poco a poco, assieme al mio
seguito, abbia intrapreso la via del male?"
"Si"
"Per
l'esserci arricchiti spropositatamente?"
"Non per
quello"
"Per l'aver lasciato uccidere innocenti, in
alcune occasioni, quando c'era impossibile giungere in tempo in un
determinato posto?"
"Nemmeno"
"E allora
perché, Annar? Perché ogni mattina, quando mi sveglio,
ti vedo cupo e solingo, appartato una volta sotto n'albero, una volta
vicino ad un fiume, o disteso sul campo aperto ad ammirare il cielo?
Perché sei sempre lontano dai tuoi compagni ed amici?
Perché
fai soffrire chi ti vuole bene?!"
"Chi vuole bene
davvero non tradisce la fiducia negli altri nelle grandi cose,
Sassone"
Riassunto: Annar
è un nobile guerriero, un tempo decaduto, poi recuperato da
una combriccola di valorosi e retti mercenari, e si sveglia di
mattina presto per via di un insolito cantare d'uccelli in una
giornata di primavera. Si dirige al fiume e pensa di se e la propria
vita, oltre che al proprio signore che protegge. Trova per caso un
sasso pregiato, ma pur sempre un sasso comune, e lo getta nel fiume,
immaginandolo il suo cavallo che lo porta via dal male che sta
subendo interiormente. Sassone, suo signore, lo raggiunge, si accorge
della sua sofferenza, Annar pensa male di lui perché.
nonostante sia più giovane di lui, da lui continuamente riceve
avance - a Sassone piacciono le donne, i giovani fanciulli e gli
uomini effeminati (Annar lo è, ma solo nel volto e per la
mancanza di peli sul corpo; per il resto, è pieno
dell'adultità ed è virile). Sassone continua a porre
Annar domande riguardo il suo allontanamento spirituale e fisico dal
gruppo, ogni giorno maggiore, e riceve in cambio una risposta molto
vaga, che poco fa intendere. Annar non si riferisce solo alle sue
continue lusinghe e ad un errore di considerazione del passato del
giovane signore, ma anche a qualcosa di più implicito, sebbene
se lo tenga dentro di se.