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Autore: furetchen90    27/06/2012    0 recensioni
Scritto in italiano antico, difficile da comprendere, ma con un riassunto finale, un esperimento di narrativa italiana moderna.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il paladino Fedele


Sprofondamento sperimentale
spropositato nella lettura in solo
italiano antico
















1°: Annar e il lago

Sguercia a causa di quel vespertino nimbo repentino zampillatogli innanzi la finestra, tenuta serrata a lungo.
Inatteso in vero, quell'auspicio goliardico mattinale, luminescente quanto lo sprizzo provenienti dalla rabdomanzia delle fate di cui si narra nelle fabulazioni tramandate da padre in figlio.
Il manto: privo di disgrazia e fondo come calanco di montagna è giulebbato e caleffato dall'apollineo febo aureo.
Il tubare dei piccioni, lo spittinare dei pettirossi ed il vernare dei volanti tutti: insolita coregia accreditatrice di vis dinamogena e lampo menante, per un levare tanto presto.
Il flusso scorsoio di un fluente nella capezzagna: carrucola di arenosi ircocervi e vagabonde ennoie d'abbaccone, torniata nei muscoli dell'eminenza palmare.
La malintelligenza vatiniana: essa, impeperona innanzi l'arredo aonio di cui è testimonio lo pneumatico hidalgo lamierato.
S'alzò dalla striscia, quello la, quel croato quasi clinomane, tanto tardigrado quando lo sblocco per i cultori.
Callomaniaco e cheromanico: così si accorpava tutti i giorni, innanzi il miraglio adusto nel perduto retrogabinetto dell'oppido distante il che signore, ossequiato, era da vegliare.


Un figmento confidente in un gliommero lungorammaricante.

L'individua fregola autoctona, antivitale come l'esuvia ogni giorno affagottata, si rese illuminello nella roggia da tutti detta Hope, per quanto la speranza, in vero, fosse solo fortuna per pochi.
La labbia come rincagnita dal capestro, aborrevole come patente estrema atretostomia: un ammazzatredici, per qualcuno uso al tartarinismo moderato, fatto, poi, palliativo.
Eccolo il lui, il misologo e il fengofobico e il monopatobico, patente analgesico cosa se non l'encefalastenia e doglie, doglie tali alla dimenorrea tanto temuta dalle die ochesche, suo plazer largitore di tante beltà quando sanno di lui embaterio e aitante, le volte ch'è fattosi com'eonico aedo.

Invenire di vivere un alienazione antilogica affine all'aponia nonostante l'appentenza all'assioma dell'apatia, dell'astrattismo e dell'ecceità? Sbalestro anelo ancor più nella verbigerazione marzolina...

Questo, il fumo cogitoso contrapposto all'ancastasia sempiterna, sua tribolazione dal giorno in cui iniziò a soggiacere l'ombrifero fistolo clastomaniaco.
La dolcificata ampeloterapia giornaliera e altre zeppe a cui s'era volitivamente immuseruolato, pur di pertingere sin l'alloro del risanamento della propria condizione, giammai tondevanolo dell'adinamia intrinseca.
Sentato fluente, mentre persegue nel farsi repluere dalla bore, scorge una gioia - pare gioia, ma potrebbe essere mera nullità - sul fondale umido.
Tutto miscredente pone a terra la guastada ermeticamente allucchettata e uncica coll'indicativo di savio l'picciolo marocco albasio: smerigliato, sdrucciolevole, lubrico, spianato, tondato, carestoso, allombato, stagno, acarpo,

Tanta quintessenza minerogena può solo levarsi da ritta immateriale e taumaturgica o da un volere panico.
Forse, è indeiscente grazioso gratuito di Snotra fluente, oppure è carente esperimento d'alchimia, il cui bello è solo l'aspetto, persosi dalle mani di chicchessia


Non un diamante, zaffiro, rubino, ametista, diaspro, crisocolla, agata, madreperla, smeraldo, tormalina, ma tuguro vaiato di rancura.
Un sasso inusuale.
Originale, com'è originale il mondo, ma di mera apparenza gradevole.

Guina anguicrinata
Siluetta sghimbescia
Loscheggio manco
Oh, tu spennazio invarito

Questo, l'ainnilos ne cantafavola o cantar o dit, commiato icastico sul suo lume abraso dal tempo, anemico come il riflesso del sasso e contemporaneamente acromo come la planizia rupestre, tanto incensa da parre eufotica ghiaccia.

Una poco distesa dedica frolla, macchietta al 'dirla, per un avvenente tapino iniquo tal al pinto artificiato d'un pintore in feriato.
Si rende gettatore e permette alla pietra di barberare sull'oligotrofico lume trasecolante, percependola come proprio ginnetto intento e corsiero consigliato.
Vorrebbe scampare, in gropp'all'alfana centauresca, a quel morello catafalco nocivo quanto la bragia nerocupa che l'attanaglia.

Oh, se potessi!

"Annar, prode paladino e poeta, impressioni il mio risveglio con la tua afflizione"

Non ha richiesto di voltorare la propria alipidica giarga, il capillare arcade biondorossastro, dove ammenta il detentore ciacco di quel bisunto timbro distretto: Sassone, bizzocco omarino fitto, fì di cuccia sanemagogna, baldracchesco damigello accozzaticcio.
Tanto accollata percepisce la propria spalla, avendo perso la dilicatura della commozione solare e aggruzzolato in cambio l'ubiquitario tatto atroce più terribile che l'atocia, ad esso preferibile.




"Mio signore, siete sveglio di già."
"Sono mattiniero, lo sai bene anche tu. Eppure...
dai l'impressione di non essertelo aspettato, il mio arrivo”
“Di solito preferisco rimanere coricato nel sacco a pelo, dentro la tenda, ma oggi è un oggi speciale per me”
“Cogli l'occasione di ammirare il panorama, la mattina presto...con gli occhi completamente concentrati sulla bellezza del paesaggio... mentre la mente rivanga..."

Gli si siede accanto: l'uno sempre impassibile, sebbene voglia dare le reni; l'altro, un ennesima volta da implicitamente il pillotto allo zerbinotto.

"Dalle nostre parti diciamo che "una chiave d'oro apre ogni porta": quello che ti do non ti basta, per aprirti?"
"Sassone... dalle mie parti si dice "le cose buone arrivano a chi più persevera": io sto continuando a perseverare anche adesso"
"Possibile che non riesca mai a piacerti? Ti ho dato tanto, sono riuscito a renderti nuovamente il guerriero prode ch'eri un tempo, vivi la vita bella quando siamo tra le nostre mura, eppure ancora mi rifiuti?"
"Purtroppo, il mio attaccamento nei riguardi del mio signore è dovuto soltanto all'affetto e alla riconoscenza per essere riuscito a liberare il popolo oppresso dalla tirannia precedente, e non per altre motivazioni"
"Cos'è che ti turba sempre? Perché sei diventato tanto apatico nei confronti di tutti, ma soprattutto nei miei, la persona che ti è sempre più vicina?"
"Un oncia di prevenzione vale più di un quintale di cure: questo ho imparato stando appresso al suo gruppo nutrito di mercenari, quando viaggiamo lungo tutto il continente per porre fine al male.
Attualmente, non trovo più qualcuno che tenga fede a tale motto e c'è chi si lascia corrompere dalla fama ottenuta"
"Insinui che io, Sassone, sovrano giusto e fedele amico, poco a poco, assieme al mio seguito, abbia intrapreso la via del male?"
"Si"
"Per l'esserci arricchiti spropositatamente?"
"Non per quello"
"Per l'aver lasciato uccidere innocenti, in alcune occasioni, quando c'era impossibile giungere in tempo in un determinato posto?"
"Nemmeno"
"E allora perché, Annar? Perché ogni mattina, quando mi sveglio, ti vedo cupo e solingo, appartato una volta sotto n'albero, una volta vicino ad un fiume, o disteso sul campo aperto ad ammirare il cielo? Perché sei sempre lontano dai tuoi compagni ed amici?
Perché fai soffrire chi ti vuole bene?!"
"Chi vuole bene davvero non tradisce la fiducia negli altri nelle grandi cose, Sassone"






Riassunto: Annar è un nobile guerriero, un tempo decaduto, poi recuperato da una combriccola di valorosi e retti mercenari, e si sveglia di mattina presto per via di un insolito cantare d'uccelli in una giornata di primavera. Si dirige al fiume e pensa di se e la propria vita, oltre che al proprio signore che protegge. Trova per caso un sasso pregiato, ma pur sempre un sasso comune, e lo getta nel fiume, immaginandolo il suo cavallo che lo porta via dal male che sta subendo interiormente. Sassone, suo signore, lo raggiunge, si accorge della sua sofferenza, Annar pensa male di lui perché. nonostante sia più giovane di lui, da lui continuamente riceve avance - a Sassone piacciono le donne, i giovani fanciulli e gli uomini effeminati (Annar lo è, ma solo nel volto e per la mancanza di peli sul corpo; per il resto, è pieno dell'adultità ed è virile). Sassone continua a porre Annar domande riguardo il suo allontanamento spirituale e fisico dal gruppo, ogni giorno maggiore, e riceve in cambio una risposta molto vaga, che poco fa intendere. Annar non si riferisce solo alle sue continue lusinghe e ad un errore di considerazione del passato del giovane signore, ma anche a qualcosa di più implicito, sebbene se lo tenga dentro di se.

  
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