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Autore: giulia_b    27/06/2012    3 recensioni
[...] -Domani pomeriggio, alle quattro in biblioteca. Puntuale. Sei la mia unica speranza di non venire bocciata, quindi vedi di non fare cazzate, chiaro? Metti in moto il mezzo neurone che ti è rimasto per far sì con la testa se hai capito- gli dissi, puntandogli il dito contro.
Annuì, per poi tornare a fissare il vuoto davanti a sé.
“Avrò bisogno di tanta pazienza. Tanta pazienza” pensai, accendendo la moto. [...]
beh, questa è la prima storia che pubblico sul sito, che pubblico in generale, per l'esattezza. spero che la leggerete e mi farete sapere cosa ne pensate.
ciaociao =)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Sta scherzando?- chiesi, sbalordita.

-Purtroppo no. Il consiglio di classe si è riunito l’altro giorno. Per rimediare al tuo comportamento dovrai preparare il tuo compagno per gli esami- rispose il preside appoggiando i gomiti alla scrivania e intrecciando le dita.

-Senta, c’è un motivo per cui non è in grado di affrontare gli esami: semplicemente non ce la può fare. Mi meraviglio che sia riuscito ad arrivare a questo punto senza essere bocciato. Lui è fatto per essere carino, simpatico e ignorante, non un asso in classe-

-Sai, è per questo tuo modo di fare poco rispettoso che rischi di ripetere l’anno con lui-

-Ho del tempo per pensarci o devo risponderle ora?- sospirai.

Diede un’occhiata all’orologio che portava al polso.

-Hai un paio di minuti ancora, poi entrerà il tuo coordinatore di classe per rendere effettiva la tua bocciatura o il tuo aiuto a Montanari-

Mi premetti le dita sulle tempie, chiudendo gli occhi. Possibile che per essere ammessa agli esami di maturità dovessi fare da baby sitter ad un ragazzino ignorante fissato con lo sport? E tutto perché qualche volta avevo risposto per le rime a professori incapaci. Forse più di qualche volta. Eccellevo in tutte le materie e rischiavo di dover ripetere l’anno solo per un’insufficienza in comportamento. Ma il comportamento non era così importante in fondo, o no? No, non era importante, era fondamentale.

Sentii la porta schiudersi.

-Ci sto- esclamai.

-Bene, mi fa piacere. Signor De Luca, ha sentito anche lei. Il ragazzo ne è già al corrente?-

-È qui fuori che attende una conferma- rispose il professore, sedendosi sulla sedia libera accanto a me.

-Bene. Viola puoi andare. Cerca di comportarti bene almeno nell’ultimo periodo- disse il preside, con un cenno della mano verso la porta.

-Ci proverò. Grazie e arrivederci- salutai, uscendo dall’ufficio.

Sorrisi al pensiero di come, dopo cinque anni di visite regolari, il preside avesse iniziato a chiamarmi per nome.

Salii nella classe ormai vuota e pulita per recuperare i libri e il casco e, uscendo dalla scuola, trovai Alessandro Montanari. Zaino semivuoto su una spalla, schiena appoggiata al muro, sguardo vacuo puntato verso il pavimento. Mi misi davanti a lui fino a quando si degnò di alzare gli occhi.

-Domani pomeriggio, alle quattro in biblioteca. Puntuale. Sei la mia unica speranza di non venire bocciata, quindi vedi di non fare cazzate, chiaro? Metti in moto il mezzo neurone che ti è rimasto per far sì con la testa se hai capito- gli dissi, puntandogli il dito contro.

Annuì, per poi tornare a fissare il vuoto davanti a sé.

“Avrò bisogno di tanta pazienza. Tanta pazienza” pensai, accendendo la moto.

 

Erano quasi le cinque e quel deficiente ancora non si era fatto vivo. Mi alzai, salutai la bibliotecaria e uscii. Ne avremmo parlato il giorno dopo a scuola e quel ragazzo avrebbe dovuto darsi una regolata, non avevo intenzione di ripetere l’anno perché lui era troppo impegnato a non fare niente. Lo vidi arrivare in lontananza, con tutta la calma del mondo. Decisi che quella conversazione non avrebbe dovuto aspettare il giorno dopo.

-Hai perso il treno- gli feci notare, quando fu a portata d’orecchio.

-Sì, scusa il ritardo, ma ho perso di vista l’orario- rispose, fermandosi accanto a me e passandosi una mano tra i capelli biondo miele.

Molte ragazze lo giudicavano carino, ma a me faceva solo pena.

-Bellino, lui! Caro- dissi, dandogli un paio di schiaffetti sul viso. –Tieniti curato che in questo paese è la chiave del successo-

Feci per infilare il casco e partire, quando mi mise una mano sul braccio.

-Senti, non sono un’idiota…- iniziò, negli occhi una determinazione che non gli avevo mai visto.

-Non azzardarti mai più a toccarmi- sibilai.

Continuai solo quando ebbe allontanato la mano.

-Bene, dato che non sei un’idiota, non farai fatica a tenerti in mente un paio di condizioni, no? Primo: arriva in orario; le ore che perdiamo perché tu sei troppo impegnato a fare non-so-cosa, ma suppongo a dormire dato che hai ancora l’impronta del cuscino sulla faccia, io le tolgo comunque dalle ore che dobbiamo fare insieme. Secondo: vedi di svegliarti, perché con me o si lavora o si muore, in senso figurato, ma neanche tanto in questo caso. Terzo: se mi bocciano perché sei andato a lamentarti, giuro su quello che vuoi che te la faccio pagare. Quarto: se osi provarci con me rischi prima di tutto la pelle, poi, se non ti fosse bastato, anche le palle. Tutto chiaro?-

-Sì, è chiaro. Ma…-

-Bene- lo interruppi di nuovo. –Domani, qui alla stessa ora. Puntuale e senza scuse-

Infilai il casco e salii in moto.

-Domani?- ripeté.

-Già, domani. Non è così difficile da ricordare. Quasi dimenticavo, quinta condizione: non farmi perdere tempo. Quindi, magari, metti la sveglia. Dovresti riuscire a fare almeno quello-

Con un’accelerata, partii.

 

-Wow. Beh, complimenti- mormorai meravigliata, riappoggiando sul tavolo i fogli con i quindici esercizi di matematica che Alessandro aveva svolto correttamente davanti ai miei occhi in meno di un’ora.

La stessa cosa era successa il giorno prima con le tre versioni di latino. E il giorno prima ancora con il test d’inglese.

-Grazie- rispose, incrociando le braccia sul petto e allungando i piedi sul tavolo della biblioteca. –Abbiamo finito? Posso andare?-

-No, non ancora-

-Deve insegnarmi altro, signorina?-

-Non prendermi per il culo- dissi, infilando i libri nella tracolla. –Si può sapere perché a scuola sei così…-

-Stupido?- m’interruppe, con un sorriso arrogante sulle labbra. –Perché no? So di essere più intelligente della maggior parte dei miei compagni di classe, quindi non ho bisogno di dimostrare niente. E poi, sono già bello e atletico, essere anche intelligente sarebbe troppo-

-E per questo vale la pena di farsi bocciare? Perché non hai voglia di studiare e non vuoi rovinare l’idea, sbagliata, che gli altri hanno di te?-

-Detta così la fai sembrare peggio di quello che è-

-Te l’ho già detto, fammi bocciare e ti faccio patire le pene dell’inferno-

Mi alzai, presi il casco e uscii dalla biblioteca senza voltarmi per salutarlo.

  
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