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Autore: My Pride    28/06/2012    6 recensioni
Non hai bisogno di vedere l’intera scalinata. Inizia semplicemente a salire il primo gradino.
Mihawk gli aveva fatto capire che il mondo non terminava nell’East Blue e che avrebbe dovuto viaggiare e allenarsi ancora per riuscire ad essere alla sua altezza, ed era stato proprio in quel momento che aveva giurato a se stesso e a Rufy che non avrebbe più perso.
Lì, disteso di schiena su quella barca e in lacrime, aveva sollevato la propria Ichimonji verso il cielo e aveva promesso al suo Capitano che sarebbe diventato il migliore. E lui manteneva sempre le sue promesse.
[ Zoro Centric ~ ZoLu&ZoSan Bromance ]
[ Prima classificata al contest «Ten Elements» indetto da Angel Sword ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roronoa Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L'esistenzialismo di Kierkegaard
[ Prima classificata al contest «Ten Elements» indetto da Angel Sword ]

Titolo:
L’esistenzialismo di Kierkegaard
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 1577 
parole [info]fiumidiparole ]
Colonna Sonora: Alone (Instrumental)
Pacchetto: Fuoco
- Avvertimento: Introspettivo
- Immagine: Casual Conversation
- Elemento no.1: “Non hai bisogno di vedere l’intera scalinata. Inizia semplicemente a salire il primo gradino” [ Martin Luther King ]
- Elemento no.2: Uno dei personaggi deve essere un vecchio che il protagonista incontra per caso
- Elemento no.3: Spiaggia

Personaggi: Roronoa Zoro, Nuovo Personaggio, Fulminea partecipazione di Sanji Black-Leg
Rating: Verde / Giallo
Generi: Generale, Introspettivo, Vagamente Sentimentale
Avvertimenti: Slice of Life, Bromance, What if?
Benvenuti al banco dei prompt: Pacchetto introspettivo › 11. Promesse
The season challenge: Estate › Spiaggia


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


[ “Ci sono uomini il cui destino deve essere sacrificato per gli altri, in un modo o nell’altro, per esprimere un’idea,
ed io con la mia croce particolare fui uno di questi” Søren Kierkegaard ]

 
    Zoro si guardò ancora una volta intorno, scompigliandosi vigorosamente i capelli con una mano.
    Avevano attraccato non più di una mezz’oretta prima su quell’isola dimenticata da qualsiasi Dio, se davvero ne esisteva uno, ed erano partiti alla volta del piccolo villaggio che si intravedeva dal promontorio dove avevano ormeggiato la Merry, lasciando Usopp di guardia alla nave. Non appena erano giunti a destinazione, però, si era distratto un attimo nell’osservare un negozietto, fuori dal quale erano state esposte un paio di katane di pregevole fattura, e, quando aveva distolto lo sguardo per riacciuffare le figure dei suoi amici, non li aveva trovati più da nessuna parte. Aveva aggrottato la fronte, incamminandosi per cercarli, e si era allontanato parecchio dal villaggio senza nemmeno rendersene conto, trovandosi nei pressi della spiaggia. Ed era ancora lì, in quel momento.
    Chilometri e chilometri di sconfinata sabbia dorata si paravano maestosi dinanzi ai suoi occhi, rammentandogli in qualche modo il vasto deserto di Alabasta, e il luccichio del sole che si rifletteva sulle increspature del mare donava ad esso un aspetto prezioso, come se fosse costellato da tanti piccoli diamanti. C’erano persino piccoli rifugi all’ombra, e, se non fosse stato troppo impegnato a ritrovare l’intera ciurma, magari il pensierino di un buon sonno ristoratore l’avrebbe fatto.
    Il Vice Capitano incrociò le braccia al petto, facendo qualche altro passo sulla spiaggia. Dove diavolo potevano essere finiti tutti? L’unica cosa sensata che riuscì a pensare, in quel determinato frangente, fu che quegli idioti dei suoi compagni si fossero persi ancora una volta. E, nay, l’idea che fosse stato lui a perdersi, in realtà, non gli aveva minimamente sfiorato il cervello. Sapeva di avere un discutibile senso dell’orientamento, certo, ma in quel particolare momento gli sembrava molto più comodo credere che stavolta  lui non c’entrasse un bel niente.
    Zoro diede un calcio ad un sasso e sbuffò, ficcandosi le mani in tasca per cominciare a vagare senza meta lungo il perimetro di quella spiaggia assolata e silenziosa. L’unico suono che si sentiva era l’infrangersi delle onde contro gli scogli ad ovest e il richiamo lontano dei gabbiani, come se in quella zona non esistesse l’allegra routine che si poteva benissimo avvertire dalla cittadina poco distante.
    «Ti sei perso, figliolo?» La voce soffice e placida di un uomo fu quasi capace di farlo sussultare, poiché in un primo momento non aveva fatto per niente caso alla possibile presenza di qualcun altro in quel posto sperduto. Volse dunque lo sguardo nella direzione da cui essa proveniva, vedendo un anziano seduto su una seggiola con una canna da pesca sorretta fra le mani. Appariva tranquillo e aveva una stecca consumata abbandonata fra le labbra, e, sebbene le rughe solcassero profondamente il suo viso e le occhiaie gli segnassero di uno smorto colorito viola la parte superiore degli zigomi, non dimostrava più di sessant’anni.
    Zoro incassò la testa nelle spalle e si mise in posizione guardinga, facendo scorrere lo sguardo su tutta la figura di quell’uomo. «So perfettamente dove sono», borbottò poi. «Sono i miei compagni ad essere spariti, quando mi sono allontanato per cercarli».
    «Questo significa perdersi, ragazzo».
    «Cosa stai cercando di insinuare, vecchio?»
    L’uomo rise di gusto, lo sguardo ancora puntato verso il mare che aveva dinnanzi. «Mi ricordi mio figlio Josh. Anche lui è una testa calda», disse distratto. «Si è messo in testa di voler entrare in marina e fare carriera in fretta per diventare Ammiraglio». Scosse di poco il capo e sospirò, senza che il sorriso abbandonasse le sue labbra sottili. «Gliel’ho sempre detto di cominciare dalle piccole cose».
    «Non dovresti incoraggiarlo?» domandò di rimando Zoro, ficcandosi i pollici di entrambe le mani nell’haramaki prima di inclinare il capo di lato, osservando il vecchio da quella posizione. «Sei suo padre, no?» soggiunse, rimediandoci appena un rapido sguardo e un nuovo sorriso. Sembrava quasi che le sue parole l’avessero divertito, e non riusciva proprio a spiegarsi il perché.
    «A volte non c’è bisogno di vedere l’intera scalinata per raggiungere il proprio obiettivo, ragazzo mio», cominciò, infilando una mano nell’interno del giaccone che indossava per tirare fuori un pacchetto di sigarette King O Ground L e prendere una nuova stecca che si portò rapidamente alle labbra, facendo storcere il naso allo spadaccino. «Basta cominciare a salire il primo gradino. Essere sicuri delle proprie capacità è un bene, ma non bisogna mai essere superbi e credere di riuscire a fare tutto al primo tentativo; bisogna seguire i propri ritmi e cominciare dal gradino più basso, passo dopo passo, senza affrettarsi. Altrimenti si rischia solo di capitolare di sotto».
    Le parole di quell’uomo lo fecero riflettere, riportandolo con la mente al suo primo scontro con Mihawk. Troppo sicuro di se stesso, troppo stupido e immaturo per capire quanta strada ancora lo dividesse da quello Shichibukai, aveva dato retta al proprio istinto e l’aveva sfidato, venendo disastrosamente sconfitto. Tutto ciò che aveva guadagnato da quello scontro era stata solo una grossa cicatrice che si estendeva diagonalmente dalla clavicola sinistra al fianco destro, ma aveva anche imparato un’amara lezione, in seguito a quella battaglia che aveva combattuto: Mihawk gli aveva fatto capire che il mondo non terminava nell’East Blue e che avrebbe dovuto viaggiare e allenarsi ancora per riuscire ad essere alla sua altezza, ed era stato proprio in quel momento che aveva giurato a se stesso e a Rufy che non avrebbe più perso. Lì, disteso di schiena su quella barca e in lacrime, aveva sollevato la propria Ichimonji verso il cielo e aveva promesso al suo Capitano che sarebbe diventato il migliore. E lui manteneva sempre le sue promesse.
    «Oh! Ha abboccato!» La voce pimpante dell’uomo lo riscosse dai suoi pensieri, e Zoro si voltò verso di lui nel momento stesso in cui il vecchio aveva tirato a sé la canna da pesca con un po’ di fatica; girò poi la rotella e, sollevandosi in piedi per far forza sulle gambe, cominciò a trascinare fuori dall’acqua il pesce che aveva catturato, con quel sorriso che diveniva mano a mano sempre più grosso e divertito. Zoro fu quasi tentato di aiutarlo, ad un certo punto, ma aveva come la netta sensazione che il vecchio non ne sarebbe stato per niente contento. Aveva passato abbastanza tempo con lui da rendersi perfettamente conto che somigliava in tutto e per tutto ad un certo cuoco di sua conoscenza. Testardo fino all’ultimo e desideroso di cavarsela co le proprie forze, senza che qualcuno si intromettesse nei suoi affari.
    Quando lo trascinò fuori dall’acqua, Zoro gli diede almeno una mano nel riversarlo sulla riva, osservandolo a sua volta compiaciuto come se fosse stato lui stesso a catturare quel bestione. Era un Tuna grosso all’incirca un metro e mezzo, una grandezza niente male per quella zona dell’East Blue; il colorito azzurrino ricordava quello dell’orizzonte, esattamente nel punto in cui il cielo si fondeva con l’oceano, e l’occhio nero, piccolo e vitreo, fissava con fredda indifferenza le nuvole che sovrastavano tutti loro, boccheggiando e contraendo le branchie alla ricerca d’aria.
    «È bello grosso», ridacchiò il vecchio, picchiettando orgogliosamente il ventre viscido della sua preda prima di tirare una bella boccata dalla sua sigaretta, gustandosela fino in fondo e sbuffando poi fuori il fumo. «Che ti avevo detto, ragazzo? Basta agire senza fretta per ottenere i risultati sperati».
    Zoro sorrise, dandogli una lieve pacca su una spalla. «Lo terrò a mente, vecchio».
    Si congedarono con un saluto, e, dopo avergli dato le spalle, Zoro ritornò sui propri passi e si diresse verso il villaggio, ficcandosi le mani nelle tasche mentre si guardava intorno. Non aveva trovato i suoi compagni, però quella chiacchierata gli aveva decisamente aperto gli occhi. Lui aveva sempre anteposto a tutto il proprio sogno, allenandosi estenuamente ogni sacrosanto giorno con la ferma intenzione di battere Mihawk e mantenere la promessa che aveva fatto alla sua amica Kuina prima che morisse, senza dar peso a come e quando ci sarebbe riuscito. Per la sua stupidità aveva quasi rischiato di mandare tutto a monte e di finire i propri giorni al Baratie, infrangendo anche la parola che aveva dato allo stesso Rufy. E per uno come lui, cui i giuramenti valevano più della sua stessa vita, sarebbe stata un’onta terribile da espiare persino dopo morto.
    Fu mentre era perso in quei suoi disparati pensieri che scorse una figura familiare in lontananza, riconoscendo immediatamente la capigliatura bionda di Sanji. «Ohi, marimo!» Lo vide agitare una mano nella sua direzione e correre trafelato verso di lui, con una delle sue dannate sigarette ben strette fra le labbra. «Accidenti, ci hai fatto prendere un colpo come al solito! Devi piantarla di sparire in ogni momento!» gli sbottò contro non appena lo raggiunge, rimediandoci solo uno sbuffo scocciato.
    «Sta’ un po’ zitto, stupido cuoco! Siete stati voi a scomparire all’improvviso».
    «Tu guarda che faccia tosta».
    E mentre cominciavano a litigare come loro solito, dando la colpa all’altro per la situazione che era venuta a crearsi nel tornare fianco a fianco alla Merry, Zoro non poté comunque fare a meno di pensare che forse quel vecchio aveva avuto ragione. Per il suo sogno e quello di Kuina, per i sogni dei suoi compagni e per la loro stessa vita, avrebbe dovuto cominciare a salire poco a poco i gradini che lo avrebbero portato ad essere lo spadaccino migliore del mondo, abbattendo tutti gli ostacoli che si sarebbero parati sul suo cammino e che avrebbero minacciato di interrompere quella sua scalata.
    Aveva ben più di una promessa da mantenere.









_Note conclusive (E inconcludenti) dell'autrice
Innanzitutto, questa storia è stata scritta per il contest Ten Elementes indetto da AngelSword, e si trattava di un contest un po' particolare in cui i dieci partecipanti diventavano anche i dieci giudici.
Comunque sia, mi preme lasciare qualche piccola nota riguardo al titolo, dato che farlo mi sembra fin troppo giusto. Kierkegaard era un filosofo e teologo danese, considerato da molti studiosi il padre dell’esistenzialismo. Lui sosteneva che la “soggettività è la verità” e “la verità è soggettività”. Ciò che lui intendeva con tali parole è che la verità non è solo una questione di scoprire fatti oggettivi. Mentre i fatti oggettivi sono importanti, c’è un secondo elemento più incisivo della verità, che coinvolge chi si riferisce a quegli elementi di fatto.
Il titolo della storia vuole inoltre richiamare il titolo della doujinshi “Kierkegaard no Jitsuzon” di Yamato, a parer mio una delle più belle e significative di questa doujika. Ovviamente la storia non c’entra nulla con essa e si tratta semplicemente di una piccola Slice of Life, ma spero che comunque sia piaciuta in qualche modo.
Alla prossima. ♥



PRIMA CLASSIFICATA
L'ESISTENZIALISMO DI KIERKEGAARD


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