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Autore: babyluv    13/01/2007    3 recensioni
Una fanfiction che ho scritto tempo fa, subito dopo la lettura del sesto libro. E' uscita così, di getto, mentre provavo ad immedesimarmi in Draco (quindi ci sono Spoiler). E' anche la prima che pubblico completa, ad essere sinceri. Non mi sembra che sia eccessivamente cruda nei dettagli, ma per sicurezza ho messo un raiting R. Se non è sufficiente lo alzo al massimo. Spero che possa piacere a qualcuno e ovviamente qualsiasi commento, negativo o non, è ben accetto. Soprattutto perchè vorrei capire se piace o meno come scrivo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Non c'e' paradiso e non c'è inferno, non per quelli come noi.
-Stephen King, Desperation-


Severus Piton aprì con un calcio ben assestato la porta sbilenca di quella catapecchia fatiscente.
Il ragazzo che giaceva a peso morto fra le sue braccia pesava. Molto.
Era svenuto proprio durante la smaterializzazione, quel cretino. Avrebbe potuto morire, Cristo! Anzi, avrebbero potuto lasciarci la pelle tutti e due, a ben vedere.
Entrò di soppiatto, accendendo in un colpo solo tutte le luci, la bacchetta sguainata, pronto ad un eventuale attacco a sorpresa.
Varcata la soglia del salotto si guardò attorno febbrilmente, ma tutto taceva. Sembrava tranquillo. La polvere copriva i vecchi divani sgangherati, che evidentemente non erano stati usati da molto tempo. Solo la libreria gigante, che si stagliava scura sul fondo della stanza, denotava un certo utilizzo recente.
“Bene.” pensò semplicemente il professore di pozioni.
Soddisfatto si diresse a lunghi passi verso l’unica camera della casa, e scaricò con palese sollievo il ragazzo svenuto sul grande letto polveroso che troneggiava nel bel mezzo della camera. Se conosceva bene Potter e i suoi amici, ora sarebbero stati tutti troppo sconvolti per gettarsi al suo inseguimento.
Stupidi. Lui l’aveva sempre detto che Potter non aveva veramente la stoffa dell’eroe vendicatore.
Quello era il momento per attaccare, subito dopo la perdita di qualcuno di importante. Non c’era tempo per la commiserazione, le lacrime, i recriminamenti. Solo l’azione contava. E se fosse stata fulminea, avrebbe avuto un’opportunità di vendicare davvero la morte del suo adorato Preside.
Una smorfia di disgusto si dipinse sul volto di Piton.
Ma quello Potter non l’aveva ancora capito. Oh no. Il povero bambino sopravvissuto in quel momento era tra le braccia forti di qualcuno, magari i Weasly. Consolato per l’enorme perdita subita, lui e i suoi stupidi amici idioti, sempre immischiati in faccende che non li riguardavano assolutamente e che neanche capivano a fondo.
Povero piccolo Potter, sempre lui quello ferito e compatito.
Guardò per un attimo il faccino mortalmente pallido del ragazzo che giaceva sul letto. Sembrava avesse a mala pena undici anni.
Sospirò forte. Un misto di rancore, rabbia, paura e…tenerezza. Come ci erano arrivati a questo punto? In nome di Dio, come?
Ma non aveva tempo di soffermarsi sulle futilità. Doveva sfruttare al massimo la debolezza di tutti quelli che erano rimasti ad Hogwarts. Doveva sfruttare il loro dolore e il loro sconforto. Aveva esattamente un’ora di tempo per preparare la sua pozione, dopodichè sarebbe sparito assieme al ragazzo.
Nessuno li avrebbe trovati, neppure Voldemort.

Draco Malfoy aprì gli occhi di scatto, all’improvviso. Come una bambola rotta.
Dov’era?
Il suo primo pensiero fu abbastanza concreto.
Quella stanza spoglia non era la sua, non era ad Hogwarts. Un letto, un armadio sgangherato, uno specchio mezzo rotto…dove diavolo…

“Passa dalla parte giusta Draco…”

Voci. Grida. Urla.
La testa girava, tutto girava.

“Tu non sei un assassino…”

Si artigliò le tempie talmente forte da farsi sanguinare il viso.

“Nessuno può aiutarmi. Ha detto che mi ucciderà!”

Flash. Continui. Immagini vorticavano senza sosta nella sua testa. Immagini terribili.
I Mangiamorte.
Il marchio nero.
Silente debole e ferito.
Lui che gli puntava la bacchetta al petto, ma senza riuscire a colpirlo.
Il lampo di luce verde.
Il corpo del preside che cadeva al di la del parapetto della torre di astronomia…
E finalmente venne il ricordo completo di cosa era successo. Di cosa aveva fatto…
E mentre tutto il peso e l’orrore di quella notte gli si riversava addosso fu colto da un terribile crampo allo stomaco. Ebbe appena il tempo di sporgersi di lato prima di vomitare. Solo marginalmente si accorse di aver sputato sangue.
Silente era morto.
Morto.
Era finita.
Cominciò a tremare talmente forte da sbattere i denti. Un tremito profondo, che veniva dal di dentro, e che non avrebbe potuto fermare in nessun modo.
Silente. Era. Morto.

“ Resta poco tempo ad ogni modo. Quindi consideriamo le tue alternative, Draco.”

Alternative.
Nonostante il sapore metallico del sangue, la parola alternative portava ancora con se un retrogusto di dolcezza. Come una pezza fredda sulla fronte febbricitante.
Alternativa significava possibilità.
O almeno l’avrebbe significato prima di quella terribile notte.
Nella sua testa il corpo del preside non smetteva di cadere dalla torre di astronomia, come in uno stupido film Babbano bloccato su quella scena particolare.
Luce verde. Corpo che cade.
Luce verde. Corpo che cade.
Luce verde. Corpo che cade.
Un rewind sadico e perenne, che non poteva essere fermato, che lui stesso non voleva fermare.
Luce verde. Corpo che cade.
Luce verde. Corpo che cade.
Luce verde. Corpo che cade.
Si portò la mano tremante alla testa che gli stava scoppiando.

“Draco, Draco, tu non sei un assassino…”

Ancora e ancora. Quelle parole.
Gli stavano bucando il cervello. Lo sentiva.
Silente non capiva, nessuno capiva. Era in gabbia, in trappola. Non aveva scelta, non più.
E mentre tutto vorticava sentì il braccio sinistro andare in fiamme.
Il marchio nero bruciava e bruciava, milioni di spilli incandescenti conficcati nella sua pelle diafana. Milioni di lame che gli ricordavano senza sosta chi era, cosa aveva fatto.
Sì, era un assassino.
Certo, non era stato lui che materialmente aveva compiuto l’omicidio, ma ne era comunque la causa. Ne era responsabile. Era il responsabile. E ora tutto era andato perduto.


“Passa dalla parte giusta Draco. Possiamo nasconderti meglio di quanto tu possa immaginare.”

E lui ci aveva creduto sul serio. Per un piccolo, prezioso, magico istante ci aveva creduto. Ci aveva sperato.
Avrebbe voluto sedersi a gambe incrociate davanti al suo preside, come un bimbo. Avrebbe voluto gettare la bacchetta e mettersi lì, a parlare delle sue alternative in tutta tranquillità. “Ecco, Preside. Mi spieghi. Perché io sono davvero spaventato a morte. Perché io sul serio non voglio morire… Perché io sul serio non so cosa fare!
Avrebbe voluto che quegli occhi azzurri che per anni aveva disprezzato si soffermassero su di lui, con la bontà che sempre li aveva contraddistinti, nonostante tutto e tutti, a prescindere dalle divisioni di casa, famiglia e sangue. Già…voleva sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene. Che non doveva più preoccuparsi. Che quell’anno di orrore che aveva passato era finito, che ora qualcuno si sarebbe occupato di lui, qualcuno si sarebbe occupato di tutto quanto.
Lasciandolo libero.
Avrebbe voluto sentirsi dire che l’ora della paura era finita, che adesso sarebbe arrivata l’alternativa, la speranza.

Luce verde. Corpo che cade.

Non si rese conto di avere cominciato a piangere. Silente era morto, e con lui era morta la sua speranza. La sua unica possibilità di lasciarsi orrore e paura alle spalle.

“ Non credo che mi ucciderai, Draco. Uccidere non è nemmeno lontanamente facile come credono gli innocenti.”

Innocente…
Lui non lo era più, se mai lo fosse stato davvero. L’aveva persa l’innocenza, nel momento esatto in cui il marchio nero era stato impresso nel suo braccio. Si guardò le mani.
Sangue.
Già, le mani di un assassino dovevano essere sporche di sangue, dopotutto. Che fosse il suo o quello di qualcun altro non importava poi molto.

“…alternative…”

Nel bel mezzo del suo delirio Draco rise.
Alternativa non era anche possibilità di scelta, in fondo?
Già.
Scelte.
Lui non aveva mai fatto nemmeno quelle. Si era sempre lasciato trasportare da quelle altrui, come una barchetta alla deriva in mezzo al mare. Perché era comodo…perché era facile…perché era meno doloroso.
Era più semplice essere cattivo e arrogante, piuttosto di sentirsi diverso. Era più semplice cercare di uccidere Silente nella segreta speranza di morire nel tentativo di farlo, piuttosto che essere torturato in modi indicibili dal Signore Oscuro e tutto per qualcosa di cui lui non sapeva assolutamente nulla, per gli errori di suo padre.
Draco rise di nuovo. Una risata amara, profonda...disperata.
Silente era morto. Alternative non ne aveva più. Ma una scelta ancora la poteva fare. La prima. E l’ultima.
Tastò le tasche e quando trovò la sua bacchetta sospirò di sollievo.
Si alzò traballante. Le gambe non lo reggevano ancora. Ma ce l’avrebbe fatta, erano solo pochi passi in fondo.
Aggrappandosi all'armadio sbilenco che si trovava a fianco al letto, riuscì a raggiungere lo specchio rotto. Guardando il suo viso mortalmente pallido si stupì nel vedere le lacrime. Come ipnotizzato si soffermò a guardarle rotolare lungo le sue guance, per poi cadere giù...nel buio...
Dopotutto c'era qualcosa in lui che era rimasto puro, in tutti quegli anni. Peccato che quella fosse la prima volta che si mostrava.
Non aveva mai pianto, non dal cuore almeno.
Ma quella era la sera delle prime volte, evidentemente. Mentre puntava la bacchetta allo specchio la mano gli smise di tremare, finalmente.

Piton entrò nella stanza proprio mentre Draco pronunciava l'anatema, ma non potè fare assolutamente nulla per impedirglielo.
- Avada Kedavra.
Voce ferma, parole risolute.
Il fascio di luce verde colpì lo specchio rotto, per poi rimbalzare all'indietro riflesso, terminando la sua corsa mortale giusto nel mezzo del petto del ragazzo.
E mentre Draco cadeva all'indietro, negli ultimi barlumi di coscienza che aveva, pensò che era felice.
Finalmente era libero davvero.
- Vedi Silente, ho fatto la mia scelta...
Ma quelle ultime parole nessuno le udì, forse nemmeno lui si rese conto di averle dette, pronunciate troppo debolmente, sussurrate e raccolte dal vento.
Draco Malfoy morì con il sorriso sulle labbra e nell'esatto momento in cui il suo corpo freddo e inerte toccò terra, il marchio nero svanì d'incanto dal suo braccio sinistro.


La speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose. E le cose buone non muoiono mai.
- Stephen King, Le ali della libertà-

  
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