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Autore: DarthMalak    29/06/2012    0 recensioni
Quando un principiante idiota, apre word.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forse è qualcosa di temporaneo, qualcosa di passeggero, che non durerà a lungo. Certo è che presto finirà, prima di quando si possa immaginare.
È come un volo, come un salto nel vuoto, cercando d’afferrare qualcosa di inesistente, insensato, senza forma né sostanza. Dicono faccia male, dicono sia terribile, spaventosa, senza fine, nessuno vorrebbe mai averci a che fare. Ma l’uomo è stolto, e non capisce che è la soluzione più grande , al problema più brutto.
Guardo le mie mani, bianche come il latte, come le mura di questa stanza troppo grande per un’anima cosi piccola. Prendo l’orologio, manca davvero poco, ma sembra non passare mai, un tempo inesorabile, interminabile.

“La cena! La cena è pronta, bestie!”

Sono solo queste le parole ch sento, che entrano nelle mie orecchie, le sento cupe, lontane.

“Idiot..è pron..na..!”

Temo qualcuno stia parlando con me, ma ho paura di voltarmi, paura di rispondere,  paura di guardare quegli occhi di un uomo pieno di libertà, vivo. Da quegli occhi, questo stolto può assaporare ciò che c’è fuori, può vedere la luce, può vivere.

“Non ho fame, dalla agli altri.”

Non ci pensa su due volt ad andarsene, fosse per lui manco un bicchiere d’acqua ci porterebbe.
Mi siedo sul mio letto, sono solo qui, da fuori sento urla di gente che neanche ho mai visto.
Prendo in mano una foto, in quella foto c’è tutto il senso della mia vita, c’è tutto quello per cui ho respirato fino ad oggi, fino a domani.

Comincia a piovere, sento la pioggia cadere sulla strada, il rompersi di una singola goccia d’acqua spezza un silenzio massacrante, un silenzio innocente ma colpevole, un silenzio che ti spinge e nasconderti nell’ombra, lontano da tutti, lontano da tutto.

“Siamo davvero sicuri di quello che stiamo per fare? Non è una cosa da pochi spiccioli, tutt’altro.”
“Dobbiamo farlo, non ci rimane altra scelta. È tutto pronto, l’ufficialità è stata data, è troppo tardi ormai.”

Piove ancora li fuori. Mi alzo, e mi inginocchio faccia al muro. È arrivata l’ora, sento i loro passi, stanno arrivando, parlano ancora ma ciò che sento sono solo ronzii inutili e privi di importanza. Sono qui fuori.

“Signore, dobbiamo andare.”

Sono le uniche cose a cui do peso, prima di alzarmi. Mi prendono le braccia e mi portano con loro. In qualsiasi stupido film ora ci si dispera e ripensa alle persone amate, io invece riesco solo ad alzare la testa, e sorridere. L’uomo commette errori ben più grandi delle decisioni di cui spavaldamente si fa carico. Pensiamo d’essere i più intelligenti, ogni uomo pensa nel suo profondo e disgustoso animo d’essere migliore degli altri.
Mi portano in una stanza e mi fanno sedere. Fingono d’essere interessanti anche al mio umore e a ciò che penso. Quando uno dei tanti sapientoni dall’altra parte del vetro mi dice che è tutto pronto, mi lascio abbandonare. Cado nel buio, in un sonno interminabile.
Interminabile fin quando non mi sveglio. Scendo da quella sedia e corro, coro verso il mio letto. Non sento neanche più la stanchezza. Quando arrivo la vedo li, sul mio letto, la foto. Un salo, me ne basta un solo per arrivarci, ma non per toccarla, mi passa tra le mani, mani disperate che cercano d’aggrapparsi alla vita.

“Butta questo pezzo di carta, ormai non vale più un tubo.”

È questa, l’ultima frase che le mie orecchie sentono, e che il mio cervello percepisce.
Buttatela, la mia foto. Come avete fatto con la mia vita.

  
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