Fanfic su artisti musicali > Muse
Ricorda la storia  |      
Autore: samskeyti    29/06/2012    3 recensioni
C’è qualcosa, in disparte, di mai iniziato e di mai finito che tortura la comunicazione tra loro.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

A ritroso

consiglio musicale: take me somewhere nice, Mogwai.



Non ricordo più l’odore della tua pelle. Quando alzo gli occhi e cerco nel mare di Teignmouth il tuo corpo ossuto che nuota tra le onde mi ritrovo ad osservare ragazzini che ti somigliano, ma che non sono te e che hanno 20 anni in meno. Ho perso il conto di tutte le volte in cui ti ho comprato un gelato al Pier; vorrei farlo ancora adesso solo per ascoltarti farfugliare indeciso tra cioccolato e fragola, dirti che il pistacchio non s’abbina con la vaniglia, ridere mentre rovesci i tovaglioli solo per acciuffarne uno. Ho ripercorso la salita tra la casa di tua nonna e la scuola, rivisto attraverso la memoria la tua caduta in skate, quella che ti ha sbucciato le ginocchia come mele. Un uccellino ha fatto il nido nella vecchia cassetta della posta; il vecchio albero dove abbiamo inciso il nome della band è stato potato, ma ogni tanto fiorisce ancora.

Ci sono inverni che non riesco a dimenticare. So che la mente gioca brutti scherzi e che il passato non esiste più, eppure basta starmene seduto in questa stazione che cade a pezzi per sentire quanto mi è cara quella vecchia struggente dimensione, quella che nella vita di tutti i giorni abbiamo chiuso a chiave in un cassetto da non sfiorare, quella che quando invece infrango la regola e apro mi fa stare così in pace con me stesso, a differenza del presente.

Ho smesso di cercare un senso alle cose, di metterle in fila ordinata. Ho comprato un braccialetto di legno scuro e me lo sono legato al polso. Era della tipologia che guardavo sempre con l’idea di comprarcene un paio uguali, da indossare per le prove o per i concerti, come porta fortuna. Non so perché non l’ho mai fatto veramente. Ti sarebbe piaciuto.

Il vento ha tirato al suolo l’insegna del negozio di dischi. Sono passato e sono arrossito quando ho trovato i nostri dischi in vetrina; il padrone mi ha visto e sorriso, io ho chinato la testa e ho proseguito a camminare. Le barche legate sono diminuite. Ce n’è ancora una su cui siamo saliti nella primavera prima del debutto, è stato lì che ti ho detto per la prima volta di essere felice perché insieme eravamo una forza inarrestabile. Tu balbettavi ancora, e non sei riuscito a rispondermi niente di comprensibile. Ti mordevi le unghie tanto da farmi venire il dubbio che fossero buone; eravamo una massa informe, però stavamo bene accozzati in qualche modo.

Ho imparato ad amarti standoti vicino, ma non troppo. Dormendo nel letto a fianco, mangiando dal piatto a fianco, camminando sulle mattonelle a fianco, stando sempre al fianco di tutto ciò che toccavi tu, senza mai chiedermi come sarebbe andata in futuro. C’ero, punto. E tu so che in silenzio ricambiavi la mia fedele adorazione, crescendo non più solo nel tuo dolore.

Rivolgendo il mio sguardo su di te da un angolo in ombra di ogni stanza, cercando in te qualcosa di celato al resto del mondo, ascoltandoti e accettandoti ho scoperto lati di me che non pensavo di avere; ed era forte sentirti parte di me, era un passo nel vuoto premiato da uno stabile atterraggio. Siamo stati due esseri contigui l’uno all’altro per così tanto tempo!

Ho inciampato in un gradino della piccola bottega di tua madre. Lei non era lì, io ho annusato il profumo di incensi che usciva dalla porta e intravisto diversi oggetti penzolare dal soffitto. Avrei voluto sapere il suo parere su di me, avrei voluto dirle che amavo suo figlio come si amano le caramelle o le soffitte infestate dai fantasmi.

Il tuo volto al mattino era rugiada e la tua bocca la corolla di una rosa. Molte volte mi sono sentito scisso in mille pezzi, molte volte mi hai rotto il fiato senza accorgertene. Se potessi disimparare a volerti così tanto nella mia vita, lo farei solo per provare l’ebrezza della libertà. Ma sono troppo vecchio per vagheggiare fantasie irrealizzabili, dovrei smetterla qui.

 

“Dom?”

“Mm?”

“Ah, eccoti. Che faccia seria. A cosa cazzo stai pensando?”

“Affari miei.”

“Eh? Ahahah, non ti credo!”

“È un problema tuo.”

“Tra un’ora saliamo sul palco e tu fumi facendoti gli affari tuoi su un balcone dell’hotel?”

“Sì. Non mi sembra strano.”

“Lo è.”

Gli occhi di Matt scrutano intrusivi quelli rivolti altrove di Dom.

Leggono con facilità in quel grigio-verde e si spostano verso il basso, scorrendo l’intero corpo, per poi risalire di una tonalità di blu più scura rispetto a prima.

Dom getta la sigaretta spenta oltre il parapetto di protezione e si gira verso Matt, senza guardarlo. Matt fa fatica a respirare. Dom spera solo che se ne vada. Matt sente i nervi tendersi e non sa più cosa fare. Dom accarezza il braccialetto di legno che penzola dal proprio polso, sospira, è tentato a dirgli di andarsene con violenza. Ma sa che, se aggancia lo sguardo di Matt, non avrà più il coraggio di farlo.

C’è qualcosa, in disparte, di mai iniziato e di mai finito che tortura la comunicazione tra loro.

 

“No Dom, è giusto così, le cose sono al posto giusto”

“Assolutamente”

“Non mi manchi.”

“Neanche tu.”

 

e dispiace e brucia e urta entrambi, questo non è vero.



Every aircraft, every camera is a wish that wasn’t granted.

What was that for? What was that for?

Try to be bad. Try to be bad.


 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: samskeyti