Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: lasognatricenerd    29/06/2012    0 recensioni
Ricordate quel grosso tsunami in Giappone? Bene, una piccola 'storia' di una bambina, raccontata.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Urla, lamenti, gemiti, fumo, acqua, nero.

Buio, oscurità.

Tutto ciò che avevo visto pochi attimi fa non potrò mai dimenticarlo.

Come posso?

Non c’è più.

La mia famiglia non c’è più.

Il mio fratellino Takeshi non c’è più.

L’ho visto.

L’ho visto mentre cercava di rialzarsi da quelle maledette macerie.

Lo stava facendo per me.

Continuava a urlare il mio nome, dicendo di stare sveglia.

Io cercavo di fare il possibile, di non chiudere questi maledetti occhi che mi ritrovo.

Ma sentivo dolore.

Sentivo dolore dappertutto.

Le gambe mi dolevano in un modo troppo atroce, così anche le mie braccia.

Sentivo il viso in fiamme, mentre i miei vestiti erano completamente bagnate dalle acque del mare.

Perché era successo a noi?

Perché a noi Giapponesi?

Non volevo che fosse successo, noi eravamo tranquilli.

Una popolazione che non si era mai fatta problemi, e se ne stava sempre tranquilla per i fatti suoi.

Allora, perché Dio ci aveva dato questa diavolo di disgrazia?

Non volevo.

E così non voleva nessuno di noi.

Mia madre e mio padre non sapevo dove fossero.

Probabilmente ancora dentro alla nostra casa distrutta.

Così come mia nonna, e tutte le nostre cose a noi care.

E la mia mente tornò ancora a mio fratello maggiore.

Lui, un mangaka di alto livello.

Takeshi Obata.

Chi non conosce questo nome così famoso?

Lui, quello che aveva disegnato Death Note, e poco dopo Bakuman.

Lui, che aveva fatto tutto questo con Tsugumi Ohba.

Poco dopo il mio pensiero andò anche a lei, o forse a un lui.

Nessuno poteva sapere se fosse una femmina o un maschio, ma io l’ho sempre ritenuta una donna.

Nemmeno Takeshi me ne parlava mai, e così nessuno poteva sapere chi fosse.

E ora?

Come potevano riconoscerla?

Calde lacrime cominciarono a scendere lungo i miei occhi andando a infrangersi su quel terreno ancora bagnato.

Non osavo guardare dall’altra parte.

C’era mio fratello, soffocato.

Non osavo guardare invece a destra.

Altri morti erano sepolti dalle macerie.

Chiusi gli occhi, cercando di respirare a fondo.

Non riuscivo a muovermi, sentivo soltanto le mie forze continuare a essere sempre meglio sveglie.

Sentivo che prima o poi mi avrebbero lasciato.

E continuavo a chiedermi: Perché a noi?

Noi Giapponesi sempre preparati a tutto, ma questo troppo pesante per sopportarlo.

Ma come potevamo essere stati sconfitti da uno tsunami?

Dovevamo reagire in qualche modo.

Dovevamo difenderci.

E invece ci aveva letteralmente sbattuto via come se fossimo soltanto carta.

E ora, quando mia madre diceva che aveva vissuto lo tsunami in Tailandia e aveva visto la morte, ora comprendevo.

Ora comprendevo perfettamente quelle parole che mi diceva ogni sera.

“La morte è qualcosa che non si può sconfiggere, ma se la prendiamo con serenità potremmo andarcene felici”.

Come potevo andarmene felice dopo aver visto tutto quello?

Dopo aver visto tutto quel sangue?

Non potevo riuscirci.

Continuavo, ogni tanto, a sussurrare i suoi nomi.

In me speravo vivamente che prima o poi arrivasse qualcuno a salvarmi, ma poco dopo altri pensieri arrivavano alla mia mente.

E che cosa avrei fatto poi?

Ero l’unica sopravvissuta della mia famiglia, dove potevo andare?

Non avevo più un posto.

Nemmeno uno.

Allora forse pensai E’ meglio che me ne vada.

Si, forse era davvero meglio.

Non importava se avevo vissuto solamente 15 anni della mia vita, ma non sarei riuscita a continuare pensando di essere sola.

Io, che dovevo avere sempre qualcuno con me, non potevo farcela.

E finalmente, ebbi il coraggio.

Coraggio di girarmi dall’altra parte e guardare mio fratello.

I suoi occhi erano chiusi, ed era messo in una posizione naturale.

Sembrava come se dormisse.

Un lieve sorriso arrivò alle mie labbra, e poco dopo tossii.

Lo sentivo.

Sentivo che la morte mi voleva con sé.

Ma non ero ancora sicura di volermene andare.

Volevo restare, solamente un altro po’.

Assaporare l’aria del mio Giappone, assaporarne il sapore.

Aprii gli occhi e il mio sguardo andò sul cielo.

Era nuvolo, ma qualche raggio di sole cominciò a uscire dalle grosse nuvole.

Significava forse qualcosa?

Forse qualcosa di positivo?

E come?

Dovevano essere morte più di 10 mila persone, come poteva essere un fatto positivo?

Il tempo non poteva tornare indietro ormai.

Perché se fosse stato così in quel momento non sarei stata lì.

E così il mio sguardo andò ancora a mio fratello.

Con uno sforzo enorme, mentre sentivo le mie gambe farmi male sempre di più mentre il mio respiro si faceva irregolare, avvicinai la mia mano a Takeshi.

Finalmente riuscii a sentire la sua pelle fra le mie mani, mentre alcune lacrime si fecero strada sulle mie guance sporche, fino a toccare nuovamente il terreno.

Ok, ora ero pronta.

Ero davvero pronta per andarmene e incontrare nuovamente tutte le persone che avevo perso.

“Sayonara..” mormorai un ultima parola, e poi, guardando un ultima volta mio fratello, fui presa dalla morte, dolcemente.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: lasognatricenerd