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Autore: Nannaria    29/06/2012    4 recensioni
Rachel e Santana fanno una scommessa.
Santana perde.
Ecco cosa succede quando il motivo della scommessa non importa più.
“Cosa mi importa?”, sbraitai, “non lo so. Non lo so e non mi interessa saperlo e potresti semplicemente limitarti a rispondermi invece di confondermi con i tuoi strani comportamenti! Mi fai girare la testa e venire la nausea e…”, sospirai. Registrai distrattamente la mancanza del calore sul mio braccio. Aveva tolto la mano.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Coppie: Rachel/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saaaaaaaaalve. Questo è un regalo di compleanno. Per il mio tesoro. La ragazza più dolce di tutto EFP. Scusa il ritardo :3 Spero ti piacerà, è la mia prima Pezberry, only for you! 

La one-shot si ispira all'episodio di So emotional solo parzialmente, cioè, veramente è quasi tutta farina del mio sacco xD 

Ah, Brittany e Santana non stanno insieme. Guest star: Finn Hudson. 

Adios. C:

 

 

I get so emotional baby, everytime I think of you

 

“Una mia foto nel tuo armadietto.”, esclamò risoluta.

“E un duetto.”, aggiunse, guardandomi negli occhi a mo di sfida. La guardai anche io, aspettandomi che si mettesse, che so, a ridere a crepapelle e mi chiedesse qualcosa di più sensato. Tipo la mia fantastica presenza al suo fianco per guadagnare un po’ di popolarità.

 

“Tutto qui?”, le che chiesi scettica. Non che non sapessi che Rachel fosse sentimentale e cose del genere. Ma insomma, poteva chiedermi qualunque cosa.

Lei sorrise e poi annuì. “Tutto qui.”

Sorrisi anche io. Tanto meglio per me, no?

“Bene, la foto?”, tanto valeva approfittarne, dato che eravamo davanti al mio armadietto. Rachel scosse la testa. Cos’è, è rinsavita?

“Devi sceglierla tu. Anzi, devi farmela tu.”, ok, le richieste cominciavano a farsi bizzarre. “E’ uno scherzo, Berry?”, domandai, scocciata da tutta quella situazione assurda. Già il fatto che avessi perso una scommessa bastava a farmele girare. Aggiungiamoci che la scommessa era con Rachel. E che lei faceva richieste assurde.

 

“No, per niente.”, pronunciò, con lo sguardo basso, un po’ infastidito.

“Bene, allora.”, sbuffai, lasciandomi cadere le mani lungo i fianchi. “Cos’è, ti è venuta voglia di fare la modella?”, la stuzzicai, giusto perché era un po’ che non lo facevo.


Lei non mi rispose. Si limitò a darmi appuntamento a casa sua per le sette. Per farle una foto. Da mettere nel mio armadietto. Pazzia.

“Bene.”, dissi, digrignando i denti.

Lei trasalì e poi aggiunse, porgendomi un foglio: “Questa è la canzone. Studiala.”, poi fece un sorrisino di circostanza e sparì.

Rimasi a fissare per un po’ la fine del corridoio. Poi abbassai lo sguardo sul foglio: ‘So emotional’. Mi scappò una risata.

 

**

 

Stavo per premere il dito sul campanello, quando la porta si aprì.

“Ciao, Santana.”

Come cavolo sapeva che ero lì? Stava spiando dalla finestra?

“Sei in ritardo.”, aggiunse, storcendo la bocca.

“Già è tanto che ci sono”, ribattei, spostandola e accomodandomi in casa.

“Entra pure.”, disse a bassa voce. Probabilmente pensava non l’avessi sentita. Mi guardai un po’ intorno, la casa era asettica. Una casa normale. Molto poco Rachel Berry. Mi fece cenno di seguirla in camera sua. Salimmo le scale, mi sembrò tentennare davanti alla porta, poi aprì. “Ecco il mio regno.”

Ok, questo era molto alla Berry. Rosa e stelline e trofei ovunque. Testai il letto sedendomici  sopra e saltellando un paio di volte. “Questo materasso è troppo duro.”

“Non devi sederti per forza lì.”, mi fece notare, con una faccia un po’ innervosita. Cosa aveva da essere nervosa poi, avrei tanto voluto saperlo.

 

“Insomma, questa foto?”, proposi dopo qualche minuto di silenzio. Sperai solo che la faccenda si concludesse velocemente. Diedi un’occhiata a Rachel e la trovai a guardarmi a sua volta. Distolse lo sguardo di scatto. Perché?

“Sì, certo…sei…qui per questo.”, evitai di dirle che stava ribadendo l’ovvio, giusto perché mi era suonata inspiegabilmente delusa.

Mi diede in mano una macchinetta fotografica di quelle professionali e mi trattenei difficilmente dal chiederle perché ne avesse una. Non mi interessa, mi dissi.

Si sistemò di fronte alla parete e scattai. Osservai la foto. Orribile.

“Se non ti levi quella faccia da funerale dovrò deprimermi ogni volta che apro l’armadietto.”

Lei annuì e si posiziono un’altra volta. Altro scatto.

“Ok, così non va. Si può sapere dove hai messo quel ridicolo sorriso a centotrantadue denti? Voglio quello.” Nella mia testa passò l’irritante pensiero che non avesse senso preoccuparmi davvero della foto. Andava bene una qualunque. Lo zittii e scattai una terza volta. Niente da fare, il sorriso c’era, ma forzato. Era…quasi inquietante.

Sbuffai di fronte alla foto. Quando alzai lo sguardo trovai Rachel con un’espressione che non saprei descrivere, era triste e arrabbiata e tante altre cose. Mi fece male lo stomaco, forte. Forse non avrei dovuto mangiare messicano a cena.

“Si può sapere cosa,” cominciai, ma la sua voce mi interruppe. “Non devi più farlo.”, annunciò, “considera pagata la scommessa. Lascia stare, va a casa.”
Perché aveva tanto l’aria di un cucciolo abbandonato in mezzo all’autostrada? E oddio, da quando, esattamente, i cuccioli abbandonati mi facevano tenerezza?

 

“Zitta e fatti fare questa foto.”, sperai che semplicemente non mi chiedesse cosa mi importava. “No, e non vedo nemmeno cosa te ne importi. Tutta questa storia ti sta solo infastidendo, e non lo nascondi per niente.”

Ecco, appunto. Riflettei velocemente. Non mi stava infastidendo, cioè, non più del solito. Ma Rachel aveva ragione, non c’era motivo per cui mi importasse.

“Hai ragione.”, assentii, “vado a casa. Arrivederci Rachel.”

Sembrò quasi pentita, ma non me ne curai, scesi le scale per trovarmi davanti alla porta d’ingresso. Certo che era strana forte quei giorni eh, doveva avere le sue cose.

Rachel aprì la porta e con la mano mi fece cenno d’uscire. Non me lo feci ripetere.

Non ci salutammo nemmeno.

 

**

 

Arrivata a casa optai per una doccia, perché la nausea non se n’era ancora andata e quindi di mangiare non se ne parlava. Mi buttai sul letto solo con l’asciugamano e sentii uno scricchiolio. Non ci volle molto a trovare la fonte del rumore. Un foglio stropicciato. In alto al centro c’era scritto, con una stellina accanto, ‘So emotional’.

Non avevo nemmeno letto il testo da quando me l’aveva dato.

Lessi la prima riga: ‘I don’t know why I like it, I just do’. Sorrisi senza alcun motivo. Cos’è, ero diventata lunatica anch’io adesso? Doveva essere contagiosa la malattia della Berry. Quella sera fu difficile prendere sonno, una faccia imbronciata continuava a fare capolino tra tutti gli altri pensieri.

 

Il giorno dopo Rachel non si presentò a scuola, nemmeno alle prove del Glee. Non che mi importasse. Provammo qualche canzone e alla fine delle prove decisi di fermare Finn. Mi dissi che ero semplicemente curiosa e che non aveva senso farsi tutti questi problemi, se volevo sapere dov’era Rachel, l’avrei saputo.

 

“Com’è che non hai attaccata Rachel ai pantaloni o che non vi siete dati nemmeno un bacio inorridendo chiunque nel raggio di un chilometro?”, lo derisi. Forse non era la tattica migliore, in effetti. Finn storse il naso.

“Non vedo cosa ti importi.”

Di nuovo? Era diventata la frase dell’anno? Cominciava a darmi sui nervi.

“Dov’è lei?”

Mi guardò stranito e io non feci nulla, se non guardarlo come se fosse lui quello che faceva domande strane e inopportune.

“Sono l’ultima persona a cui dovresti chiederlo.”, poi se ne andò a passo svelto dall’aula di coro.

Erano tutti impazziti, per caso? Lui e Rachel stavano sempre appiccicati, a chi altro avrei dovuto…oh. Si erano lasciati. Sì, era sicuramente così. Ecco perché Rachel era depressa il giorno prima. Non era stata colpa mia. Sentii la nausea sparire all’improvviso, come se mi fossi tolta un peso dallo stomaco.

Con un moto d’euforia mista ad inspiegabile ansia uscii da scuola. E no, non volli interrogarmi sul perché stavo andando a casa della Berry.

 

**

 

Vederla aprirmi la porta tutta tranquilla mi destabilizzò un po’. Insomma, me l’ero immaginata in lacrime, col pigiama e un barattolo di gelato in mano. Possibilmente con la tv che trasmetteva qualche musical. Mi sentii un tantino incazzata, anche se non aveva alcun senso che lo fossi. Cominciavo ad odiare questi sentimenti insensati.

Rachel strabuzzò un po’ gli occhi quando capì chi aveva di fronte.

“Che ci fai qui?”, la domanda era legittima, ma mi accorsi di non avere una risposta.

“Volevo sapere una cosa.”, temporeggiai. Volevo sapere se aveva rotto con Finn, ma non ero venuta fino a lì per quello. La verità era che io volevo sapere come stava.

“Avanti, entra.”, fece un po’ rassegnata.

Ci sedemmo sul divano. I suoi occhi mi stavano squadrando.

“Tu e Finn vi siete lasciati?”, chiesi tutto d’un fiato, sperando che non scoppiasse a piangere o qualcosa del genere.

“Sì.”, confermò, ma non sembrava gran che turbata. “E?”, incalzai.

Sollevò le sopracciglia. “E cosa?”

“Come stai?”, o mio dio. L’avevo davvero chiesto. Le avevo chiesto come stava. Cosa c’era che non funzionava più in me? Avevo voglia di gemere e dondolarmi sulle ginocchia.

Rachel scoppiò a ridere. “Che ti importa?”

A quel punto non ci vidi più. Prima di tutto per quella cazzo di domanda, ma non avevano altro nel repertorio? E poi per quella risata.

Pensai che davvero non mi importasse e che in ogni caso lei preferisse la compagnia di Kurt o qualcun altro. Stavo per andarmene, ma Rachel mi bloccò il braccio con la mano. Quella stupida mano calda.

 

“Perché sei venuta? Cosa”, non le lasciai il tempo di concludere, tanto conoscevo la fine. “Cosa mi importa?”, sbraitai, “non lo so. Non lo so e non mi interessa saperlo e potresti semplicemente limitarti a rispondermi invece di confondermi con i tuoi strani comportamenti! Mi fai girare la testa e venire la nausea e…”, sospirai. Registrai distrattamente la mancanza del calore sul mio braccio. Aveva tolto la mano.

 

“Mi dispiace. Sto…bene. Insomma, credo dovesse finire così. Stavamo insieme per abitudine, una cosa del genere. E poi, credo di aver scoperto che mi piace qualcun altro.”, la nausea tornò, stavolta per l’assenza di cibo, credo.
”Chi?”, chiesi, suonando noncurante.

“Lasciamo stare.”

Annuii, sbirciando il salotto. Notai le figure che ballavano e cantavano in tv. Sorrisi.

“Cosa guardi?”

Mi disse il nome di un musical che non mi sarei mai più ricordata e poi mi propose di guardarlo con lei. Sentire il mio ‘sì’ sorprese sia lei che me.

 

Ma quanto può durare un musical? Dio, dovevano essere passate ore. Guardai Rachel accanto a me di sottecchi. Sbatteva gli occhi come se facesse fatica a restare sveglia. Dopo qualche altra canzone sentì un peso sulla spalla. Si era addormentata. Su di me.

Rimasi immobile per non svegliarla, sentendo che lo stomaco si attorcigliava in modo doloroso mentre il calore faceva partire una scossa dal punto in cui ci toccavamo a tutto il resto del mio corpo. Non me la sentii di dare la colpa al cibo o all’assenza di esso stavolta.

Mi voltai, giusto per guardarla un momento. Gli occhi chiusi, i capelli scomposti che cadevano sulle guance, le labbra piene leggermente aperte. Mi venne un’idea.

La spostai delicatamente, pregando che non si svegliasse.

Salii di corsa in camera. Qualche minuto e stavo fissando la foto di Rachel Berry più bella che avessi mai visto.

Mi sedetti di nuovo accanto a lei, anche se purtroppo non potevo rimettere la sua testa sulla mia spalla.

 

**

 

Quando mi svegliai la prima cosa che feci fu rendermi conto che mi ero addormentata nel salotto di Rachel. Non aprii gli occhi subito, ma solo perché avevo paura che la piacevole sensazione della mano che mi accarezzava la fronte si interrompesse.

Dopo circa dieci minuti mi permisi di dare un’occhiata. Non appena lo feci lei tolse la mano, e si allontanò di qualche centimetro. La cosa mi infastidì, e non poco.

“Ho visto la foto”, aveva un sorriso dolce. Sorrisi anche io.

“Quella è una foto come si deve, degna di stare nel mio armadietto.”

Mi fece la linguaccia. “Ti ho detto che non c’è più bisogno.”

“Sì, certo. Così poi vai a dire che mi tiro indietro. Hai vinto. Qualcosa ti spetta.”, suonai acida, ma non ci credevo nemmeno io.

“Uhm, quindi vuoi cantare con me?”

“Voglio?”

Si rabbuiò e io mi corressi subito, perché quel sorriso non sparisse. Non c’era niente di male, no?

“Suppongo di sì.”, come immaginavo riprese a sorridere. Mi avvicinai a lei, rubando i centimetri che si era presa prima.

C’era una cosa che avevo in mente. Una cosa che non voleva saperne di andarsene. Una supposizione, diciamo.

“Chi è che ti piace, Rachel?”, mi uscì più malizioso di quanto non volessi. Lei arrossì.

Ero deliziata. Mi leccai le labbra in un gesto inconscio e notai chiaramente come mi fissasse. Annuii, come se lei avesse risposto.

“Non è che vuoi aggiungere qualcosa ai tuoi premi?”, domandai innocentemente.

“Tipo cosa?”

Mi accostai di più, sentendo il battito accelerare e lo stomaco bruciare…o forse ero io che bruciavo, ogni parte di me. “Tipo questo.”, glielo sussurrai sulle labbra. E poi la baciai. Piano e forte e piano di nuovo. All’inizio non reagì, sembrava timida. Quando capì che non la stavo prendendo in giro mi legò le braccia al collo e si mise seduta su di me. In quel momento ebbi voglia di mettere mille foto di Rachel nel mio armadietto e di cantare mille canzoni con lei e più di tutto ebbi voglia di non smettere mai di baciarla. Sapevo di avere pensieri che rasentavano la pazzia, ma in quel momento benedissi la scommesse perse e le idee strane e i sentimenti senza senso.

Che poi, cos’è che avevamo scommesso?

 

Fine

 

 

Me lo lasciate un commentino ino ino? *-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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