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Autore: courageinkheart    29/06/2012    3 recensioni
Sinceramente, non so cosa scrivere nella presentazione. Non è un buon incipit, ma è l'unico che riesco a fare.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era trascorso quasi un anno dalla scomparsa di Holmes, ed il dottor Watson non potè fare a meno di ripensare all’accaduto quando, come ogni mattino, si trovava ad attraversare l’incrocio che aveva più propriamente chiamato ‘il luogo’; ed era proprio il ricordo di quel suicidio spinto, che nessuno aveva capito, che lo tormentava in ogni istante della sua nuova vita.
Si fermo’ per un attimo davanti alla grigia e squallida costruzione, con le mani tremanti al pensiero di Holmes che gli tendeva il braccio, così composto nella sofferenza di quegli ultimi minuti nei quali avrebbe preso congedo per sempre dal suo mondo.
Ma Holmes era così schivo e riservato, e le sue lacrime avevano fatto capire a John che in realtà non l’aveva mai conosciuto davvero.                                                                  La mente geniale di quell’uomo trasparente ed agile non valeva nulla rispetto al grande cuore ed all’eroismo che una volta gli erano appartenuti.
‘Non una lacrima, John’ ripeteva a sé stesso, e così l’enorme massa di persone che camminava nella sua stessa strada non poteva notare il suo imperscrutabile dolore.
‘Ehi! Stia più attento a dove mette i piedi! Se ne sta lì impalato e non mi lascia passare!’ disse un uomo al medico militare che non aveva idea di cio’ che gli accadesse intorno.
Watson mormoro’ delle scuse a voce bassa, e dopo essersi reso conto che era solo un’impressione che quell’uomo continuasse a fissarlo anche dopo essersene andato, non potè fare a meno di notare che quel signore così poco garbato portava lo stesso fermaglio per cravatte dell’impiegato dell’agenzia immobiliare che pochi giorni prima si era presentato al 221B di Baker Street per comunicare che, se il signor Watson avesse continuato a non pagare l’affitto, molto presto sarebbe rimasto senza mobili né casa.
‘Diamine, prendete tutto quello che volete, tanto è tutto vuoto senza lui’ era stata la sua risposta.                                                                                                                Già, perché da quando Sherlock non c’era più John aveva iniziato a notare quei piccoli particolari che prima gli passavano inosservati davanti agli occhi, nel tentativo di far rivivere quella ‘scienza della deduzione’ che aveva avuto un solo grande maestro.
Senza curarsi dei passanti che lo guardavano incuriositi nell’udire il singolare suono che il suo telefonino emetteva quando riceveva dei messaggi,  John si appresto’ a leggere un sms che gli era stato mandato proprio dall’agenzia immobiliare, al fine di comunicargli che tutti i pagamenti erano stati effettuati,  che il mutuo era quindi in regola e che avrebbe potuto sedersi comodamente, ancora una volta, sulla poltrona al centro dello studio di Baker Street.
‘Strano, molto strano. Non posseggo tutto il denaro necessario a pagare le rate accumulate nel tempo… chi le ha pagate al mio posto? Dev’esserci qualcuno’.
Arrivo’ un taxi che si diresse a Baker Street, e John salì di corsa le scale per sistemarsi a casa, fumare una delle sigarette del pacchetto di riserva che fino ad allora era rimasto ermeticamente chiuso ed immacolato (quelle sigarette erano appartenute ad Holmes e potevano essere aperte solo in caso di emergenza) e riflettere sull’accaduto.  Era strano pensare che tante e tante volte proprio lui aveva vietato al suo amico di consumare due pacchetti di tabacco al giorno ed adesso aveva voglia di fumare anche solo una sigaretta, ma comunque si sedette sulla poltrona e cerco’ di concentrarsi sul problema.
C’era qualcuno ch si era preso la briga di pagare otto mensili arretrati al posto suo. Mycroft? No, dopo la scomparsa di suo fratello aveva allentato tutti i contatti con il mondo civilizzato. Molly? Neanche, si era trasferita a Dallas inseguendo quello che credeva essere l’uomo della sua vita. Qualcuno di Scotland Yard neanche, Lestrade ormai si occupava solo del suo lavoro e non aveva il tempo materiale di occuparsi delle vite altrui.                                                                                                                            L’unico che poteva aver pagato era… no, non poteva assolutamente essere così. Come era potuto passargli nella mente anche solo per un secondo? La casa vuota gli ricordava così tanto quei riccioli bruni che si muovevano compatti ogni volta che scuoteva la testa, quegli occhi così vivi e quel suo modo di fare alquanto irritante, che quasi nessuno riusciva a sopportare ma che per lui era diventato così familiare da non poterne farne a meno. L’odore penetrante del tabacco gli rammentava di come, tante volte, rientrando a casa aveva trovato il suo coinquilino steso sul divano a fumare, in preda alla risoluzione di un complesso rompicapo o semplicemente alla noia.
‘Sempre meglio il tabacco che la cocaina’ riflettè Watson, e subito il pensiero ando’ alla siringa ipodermica che spesso trovava a terra, e agli occhi vitrei di Sherlock che imploravano ‘aiutami’. Un aiuto che non poteva essergli fornito, dato che l’unica cosa che John poteva fare era accarezzargli la mano e dimenticare tutto quello che per anni aveva studiato prima di diventare medico generale.                                                                                                                                                                                   Perché faceva male vedere lui ridotto così. Lui così potente, così ingegnoso, e così piccolo di fronte ad un desiderio colpevole.  
‘Addio, John’.
Quelle erano state le parole più dolorose che avesse mai sentito. Niente era riuscito a ferirlo così, neanche la guerra. Niente e nessuno, e cresceva il desiderio di uccidere Moriarty anche se ormai era già morto. E ancora, e ancora, e i sicari nascosti nei palazzi, e le organizzazioni criminali, e la stampa, e la voglia di farla finita per sempre, e di nuovo, e i gabinetti letterali dove quegli stupidi uomini scartati autonomamente dalla società si ritrovavano, pochi mesi prima, per riempirsi la testa di idiozie.
Sì, Sherlock Holmes, il genio, Il Detective, colui che aveva inventato il mestiere… era un essere subdolo e spregevole, nella sua maniacale voglia di sentirsi superiore al resto del mondo. Era uno psicopatico, secondo Jack Stevens del Times, solo uno psicopatico solo al mondo. Nessuno sapeva che in John Watson, pero’, quell’uomo aveva trovato l’unico legame affettivo di tutta la sua vita.
‘Se solo l’avessi capito prima di tutto questo… oh, che idiota che sono stato.’ E ancora pugni al cuscino.
‘Oh, ma io l’ho capito Watson.  L’ho capito e l’ho sempre saputo’.
No, non poteva essere.  La voce che tutte le notti aveva perseguitato i suoi sogni gli aveva parlato ancora una volta?
‘Non è niente, è solo uno scherzo della tua mente, non farti prendere dal panico’ si ripeteva John.
‘No, ti assicuro che sono io.’
John si volto’. Ed eccolo, Sherlock Holmes, con il suo cappotto migliore e la barba appena fatta.                                                                                                                 Con gli occhi vitrei ma non come quando era in preda ai sintomi della droga, no, con gli occhi di chi ha sofferto per ben più grossi mali.
Il cuore gli batteva forte come non mai nel petto, questa fine scontata che non era mai riuscito ad immaginarsi e che non aveva mai avuto il coraggio di credere che sarebbe accaduta. Sherlock era morto e sepolto, la sua memoria infangata, il suo passato inventato, il suo cuore più duro di una pietra.
Il sorriso a denti stretti e bocca semi-chiusa che lo distingueva dagli altri, gli zigomi alti e l’aria beffarda che ancora una volta aveva saputo trovare, il colorito rinnovato dalle intemperie di un anno senza quello che per lui era stato tutto, e la voglia di ricominciare.
‘She, Sherlock, io…  oh, al diavolo tutto, io ti ho cercato, ma tu eri morto, ti ho visto con questi stessi occhi con i quali ti sto guardando! Io lo so! Sto diventando pazzo, sto diventando pazzo’ e si accascio’ a terra in preda al più totale sconforto.
Prestamente Sherlock corse all’altro capo della stanza e si avvicino’ a lui, prendendogli la mano e cercando di tirarlo su.
‘Shhh… sono io, sono vivo, e sono qui. Prendi la mia mano, non è finita.’                                                                                                                                                       Ed era tutto vero. L’inconfondibile odore del tabacco era impregnato nei suoi vestiti, le mani forti e calde, la risata profonda. Non ci aveva sperato. 
'Ascoltami bene, John. Sono stato vicino a te in ogni momento, non ti ho mai lasciato. Non sai che voglia di abbandonare tutto e tornare a Baker Street, ma non potevo. Capisci? Oh no, non puoi capire, hai appena avuto uno shock molto forte, lo so, ma io sto così male! Ho così tante cose da dirti! Sono stato l'agente immobiliare, ho pagato gli affitti arretrati, sono stato con te per strada, quell'uomo così poco gentile! Quanto mi è costato non averti vicino costantemente, non poterti sentire scherzare con me, non avere il tuo assiduo conforto e quell'aria protettiva che mi faceva sentire così a casa. Ho vagato, vuoto, non più un uomo'.
'Oh Sherlock, io sento che devo dirti una cosa che... non ho mai avuto il coraggio di confessarti'.
'Nessuna parola John. Ti ripeto, ho capito già tutto. Voglio solo che tu sappia che per me è lo stesso. E oh, per la miseria, lo è sempre stato!'
Così i due finirono, finalmente, per confessarsi tutto quello che erano veramente.
E confessarono di vivere solo in quel momento.
  
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