Fanfic su artisti musicali > Conor Maynard
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Autore: ashtonssmile    29/06/2012    4 recensioni
Non darò ancora retta a te, stupido cuore, per una volta cercherò di dare retta al mio cervello, così almeno non potrò stare male. Dimmi che bisogno c'era ora di farti a pezzi? Sei un po' masochista, piccolo cuore.
-FF con Conor Maynard.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kelsey.
Finalmente avevo rincontrato mio fratello, William. Era come un migliore amico per me, anche perché non ne avevo, nè migliore amico nè migliore amica. Ero troppo scontrosa, lo sapevo benissimo. Lo ero perché dopo Josh e dopo un'altra situazione che coinvolse la mia "migliore amica", non mi fidavo più di nessuno, non avevo intenzione di legare con le persone, ecco perché mi comportavo così anche con Conor. Passeggiavamo a braccetto e gli raccontavo tutto quello che mi stava accadendo. «Quindi, mamma vive con questo.. Jeremy ed ha un figlio, Conor, che.. non sopporti?» . «Sì, non lo sopporto» . «Perché? Che ti ha fatto?». Abbassai lo sguardo, imbarazzata. «Nulla» dissi infine. «E allora perché non lo sopporti?» mi chiese William, ridendo. «Boh, non lo so. Forse perché è gentile con me» . «Stai dicendo una cosa senza senso, Kelsey» . «Lo so» . «Prova a legarci, come ti ha detto lui, vivrete insieme per un bel po'». Mi fece una leggera smorfia e scoppiò a ridere, poi mi abbracciò. «Mi chiamerai e mi dirai che succede con questo Conor». Ci salutammo e se ne andò. Io infilai le cuffie nelle orecchie, suonavano i Paramore. Cominciai a passeggiare con tranquillità per il viale sul molo. La leggera brezza profumava di mare e il venticello fresco mi muoveva i capelli leggermente, per essere una giornata di pieno Luglio era fresco. Mi sedetti sul margine del viale, con i piedi penzoloni sul mare e fissavo l'orizzonte. Respirai una buona boccata d'aria marina e cominciai a pensare, quando i miei pensieri furono smorzati da una voce abbastanza famigliare, sotto la voce della Williams. Mi voltai appena e notai Conor, mano nella mano con una ragazza che mi sembrava di conoscere. «Ciao Kelsey» mi disse lui. «Ciao» dissi, levando quasi infastidita la cuffia e voltandomi di nuovo verso l'orizzonte. «Che fai?» . «Penso..» . «Prima ti ho vista assieme ad un ragazzo. Chi era?» disse sorridendo. «Non è affar tuo» dissi, scontrosa, pronta a mettere di nuovo la cuffietta. Lo sentii sospirare. «Lei è Martha, la mia ragazza» . «Piacere» dissi, senza voltarmi o porgerle la mano. Riflettei un secondo. Martha. Mi voltai un secondo per scrutarla in viso, poi abbassai lo sguardo sulle mie ginocchia e capii. Il giorno precedente l'avevo vista con un mio compagno di scuola, Spencer, ma non sembravano semplici amici, me l'aveva presentata. La guardai un'ennesima volta e non sembrava una di quelle ragazze fedeli, sincere, che ti amano tanto da non tradirti, sul volto aveva stampato un sorrisino stranamente bastardo. Io, certamente tanto più bastarda, sorrisi. «Ma noi ci conosciamo già!» dissi. «Ieri eri con Spencer. Siete così dolci. Però è strano. Come mai ti ha presentata come sua ragazza, se sei la ragazza di Conor?» dissi, fingendomi perplessa. «Che stai dicendo?» mi chiese Conor, che cominciava ad innervosirsi. Martha fece scomparire il suo sorrisino dal volto e cominciò a squadrarmi e guardarmi in modo piuttosto cattivo. «Sì, ieri ho incontrato un mio compagno di scuola, Spencer, e mi ha presentato Martha, dicendo la stessa cosa che tu hai detto pochi istanti fa». Conor cominciò ad infuriarsi e si voltò verso Martha «Tu frequenti un altro?!». Lo guardai per un secondo, sembrava fingesse di stare male, di essere arrabbiato. Sembrava piuttosto sollevato, come se volesse una scusa per lasciarla. «Non..non è come credi!» . «Dicono tutti così». Conor si voltò e Martha, senza insistere troppo, mi lanciò un'occhiataccia e se ne andò. Lui si sedette accanto a me. Oh, perfetto, proprio ora che volevo stare sola -pensai. «Ti ringrazio» disse. Lo guardai perplessa. «Era un po' che volevo lasciarla, non ci stavo più bene» . «Ma non stai male sapendo che ti stava illudendo e prendendo per il culo?» . «Forse sono un po' deluso, ma non così tanto da starci male». Tirò fuori dalla tasca un sassolino grigio e cominciò a guardarlo. «Perché hai in tasca un sasso?» gli chiesi. «Non sono affari tuoi» disse guardandomi. L'aveva detto come se fosse una presa in giro, poi rise. «Va al diavolo, Maynard». Mi soffermai di nuovo a guardare l'orizzonte. Conor rimase in silenzio e cominciò ad osservare anche lui. Silenzio. Anche le cuffie avevano smesso di riprodurre la musica. Cominciai a pensare. Pensai a mio padre, era anni che non lo vedevo, mi mancava molto. All'improvviso, senza che me ne accorgessi, mi scese una piccola lacrima. Da quanto tempo non sentivo una lacrima scendermi lungo il viso. Non sapevo nemmeno perché scese. Forse era perché mi stavo tenendo troppe cose dentro, forse stavo per esplodere, e l'ultima persona che volessi lì con me quando tutto ciò sarebbe successo era proprio Conor. Si voltò verso di me e si accorse della goccia di acqua che mi stava scivolando sulla guancia, per poi bagnare i pantaloni. «Che succede, Kelsey?». Passai una mano sulla guancia e tirai su con il naso. Cercai di avere il tono più tranquillo possibile. «Nulla» cercai di dire tranquillamente, senza risultati. La mia voce tremava e Conor se n'era accorto. «Non è così» . «Anche se non fosse così, non sono cose che ti interessano, Conor» . «Mi spieghi perché ti fingi così scontrosa e cerchi di avere il cuore di pietra? So che non è così, Kelsey». Mi voltai a guardarlo. Era l'unico che si interessasse così a me, dopo mio fratello chiaramente. Perché voleva così tanto legare con una così come me? Perché si interessava alle cose che mi succedevano? «Rispondimi» mi disse, notando che esitai a rispondere. «Non riesco più a legare con nessuno, Conor, perché non mi fido più di nessuno. Non riesco a fidarmi. Certo, il mio cuore mi spinge a fidarmi, ma il mio cervello mi suggerisce di non farlo ed ho intenzione di dargli ascolto, perché quando non lo facevo sbagliavo e stavo male. Non ho più intenzione di sentirmi così» dissi a viso basso, mentre altre lacrime mi rigavano il viso. Conor rimase lì a guardarmi. «Perché non vuoi più fidarti, Kelsey? Che è successo?» mi chiese. «Prima rispondi a questa domanda» gli dissi, guardandolo seria. «Perchè ti interessi così tanto a ciò che mi è accaduto e ciò che mi accade, Conor?» . «Uno. Voglio legare con te. Due. E' il mio carattere, mi preoccupo di tutto e di tutti. Se passasse uno sconosciuto che piange, andrei a chiedergli che succede, anche se la sua risposta sarò un sonoro "va al diavolo"» disse, sorridendo. «Ora, rispondi alle mie». Tornò serio. Riabbassai il viso e cominciai. «Per prima cosa, la vicenda con Josh, per seconda cosa, avevo una migliore amica al quale, giustamente, rivelavo tutto quanto. Dopo qualche mese scoprii che andava a raccontare tutto in giro e mi prendevano in giro. Avevo raccontato che..». Mi bloccai e un'altra lacrima mi scese nel ricordarmi di ciò che era accaduto. Sentii Conor che mi prese una mano, ma ritirò subito la presa e continuò a fissarmi, in attesa che continuassi. «dopo il divorzio dei miei genitori stavo malissimo, mia mamma mi aveva costretto ad andare con lei, quindi lasciammo Lifford, in Irlanda, e ci trasferimmo qui, a Brighton. Prima che tu lo chieda. No, non sono irlandese, sono nata nello Cheshire, ma ho vissuto in Irlanda». Accennai ad un sorriso e continua, seria. «Come ho detto, stavo malissimo, in più, a nessuno importava di me, sembrava che non esistessi per nessuno. Quando provavo a legare con qualcuno, mi squadravano e si voltavano cominciando a giudicarmi, altro motivo del mio 'non legarmi a nessuno'. Cominciai a..farmi del male, se capisci che intendo». Lo guardai e lui accennò con il capo. Girai il polso e gli feci vedere quelle piccole linee lungo l'avambraccio. «L'avevo confidato solo a Heather, mi fidavo di lei. In pochi giorni l'hanno saputo tutti, mi sentivo diversa per colpa sua, era imbarazzante per me. Dopo che scoprii quello che faceva alle mie spalle, decisi di non fidarmi più di nessuno». Quando finii le lacrime continuavano a uscirmi dagli occhi, in modo irrefrenabile. Conor mi alzò il viso e le asciugò con le dita. «Di me ti puoi fidare, te lo assicuro. Non ho intenzione di dire nulla a nessuno, non farò niente per farti stare male». Sorrise ed io abbassai di nuovo il viso, a guardare le nostre gambe che pendevano sopra il mare. «Vieni, ti porto in un posto». Si alzò e mi aiutò ad alzarmi, poi mi condusse in un posto, dove c'erano solo scogli e il mare si scagliava contro essi delicatamente. Mi sedetti e cominciai a fissare il tramonto.


Conor.
Non capivo nemmeno io perché l'avevo portata in quel posto, però mi andava di farlo, pensavo che facendo così sarebbe stata meglio. «Come conosci questo posto?» mi chiese, incantata da ciò che c'era intorno. «Mi aveva portato mia madre quando ero bambino. Giocavo e guardavamo il tramonto insieme, poi tornavamo a casa. A volte ci torno anche adesso, quando ho voglia di stare solo e pensare» gli dissi, sedendomi su uno scoglio piatto. «Ora dov'è tua madre?» mi chiese curiosa. «Mia madre non c'è più. E' morta otto anni fa». Rimase in silenzio, a guardarmi dall'alto, dato che ancora non si era seduta. «Tranquilla, Kelsey» le feci un sorriso e si decise a sedersi. Il vento cominciò a soffiare leggermente più forte e muoveva i capelli di Kelsey, facendomeli sbattere in faccia. Lei se ne accorse e li raccolse in un coda, poi continuò a guardare il tramonto che stava per arrivare. La guardavo e mi stupii di quanto la stavo conoscendo. Lei voleva fare la scontrosa, voleva avere un cuore di pietra, ma purtroppo, capii che non era così. Tutt'altro, lei sembrava dolce, tranquilla e adorabile. Sembrava una bambina da quanto presa a guardare l'orizzonte, come se non avesse mai visto una cosa del genere. Forse io ci avevo fatto l'abitudine e non me ne rendevo conto, ma quel tramonto era sempre stupendo. Il cielo cominciò a farsi di un arancione e rosa, mentre il sole stava per scomparire. «Ti ho sentito cantare» disse lei, rompendo il silenzio. «Sul serio?» . «Sì, sei bravo» . «Non credo». Kelsey si voltò, guardandomi negli occhi. «Non dire cretinate, Conor. Canti davvero bene» . «Grazie, Kelsey» gli sorrisi. Cominciai a farle il solletico e lei si dimenava ridendo come una matta. «Smettila!» mi implorava. Tolsi le mani e cominciai a ridere. «Conor, hai una risata strana» disse sorridendo. «Davvero?» . «Sì, ma mette di buon umore» rise. Prese il cellulare e guardò l'orario. Sgranò gli occhi e mi fissò. «Sarà meglio tornare a casa, altrimenti mia madre e tuo padre ci prendono a botte». Si alzò velocemente e cominciò a saltare piano tra uno scoglio e l'altro. «Conor, muoviti!» mi urlò. Mi alzai e la seguii. Stavamo legando ed era una buona cosa. Ma se io avessi voluto che ci fosse più che un semplice legame indotto dai nostri genitori? Forse era un problema.



Salve, gente! Volevo ringraziare chi ha letto le mie storie e volevo
dire che ho cambiato idea e che la prima storia è morta lì, semplicemente
perché non trovo più idee e non ho ispirazione perché ho
esaurito tutto quello che avevo in testa. Ringrazio tutti e spero
che continuiate a leggere questa storia perché ci tengo davvero
tanto. Mi auguro che questo capitolo piaccia. Un bacio.

   
 
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