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Autore: Francibella    29/06/2012    1 recensioni
«Hey, Suze. Cosa ci fai ancora qui?» Anne è sulla porta e la guarda sorridendo.
«Termino un rapporto.»
«Dovresti essere a casa da almeno un’ora. È tardi.» Anne lo sa perché Susan fa tutto questo. Lo sa bene. Sa quanto Justin le abbia – involontariamente – spezzato il cuore. Sa che lasciando andare Justin, Susan ha perso una parte di sé. Quella più giovane e immatura, quella di Hogwarts, ma Anne è sicura che prima o poi Susan riuscirà a ripensare al suo migliore amico senza quel dolore che a volte sembra fermarle il cuore.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Justin Finch–Fletchley, Susan Bones
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Susan Bones: chi è e chi sarà.'
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Justin's full stop.



Ci sono alcuni che aspettano la pioggia per non piangere da soli.
Con un gesto stizzito, Susan buttò via il giornale. Non esisteva una frase più stupida di quella che aveva appena letto. Se non hai nemmeno il coraggio di piangere, che persona sei? Come puoi guardarti allo specchio, se non riesci nemmeno ad ammettere e a esprimere i tuoi sentimenti? Susan ha pianto, di recente. Ha pianto molto, non può e non deve nasconderlo, ma non se n’è mai vergognata. Si è vergognata di quello che ha fatto per arrivare a quel punto, ma non si è vergognata delle sue lacrime, perché sono il simbolo della sua forza. Susan ha saputo accettare quello che il destino le ha riservato e ne è uscita rinforzata. O almeno, così le piace pensare. Riprese il giornale, voleva finire quell’articolo, lo voleva davvero. Perché mai aveva deciso di leggere quell’articolo? Ah, già. Era per il titolo. “Come superare quello che ritenete il no peggiore della vostra vita?”, ma avrebbe dovuto capirlo subito che non l’avrebbe aiutata in alcun modo. Come si può seriamente pensare che “non pensate a Lui, ma uscite con le amiche e cercate un altro ragazzo” sia un valido consiglio? Non lo è. Se hai appena ricevuto il no peggiore della tua vita, non riesci a non pensarci, tanto meno riesci a cercarne un altro. E se la cosa giusta è non pensarci, come si fa? Perché Susan ci aveva provato tanto, ma il volto di Justin, in un modo o nell’altro, le tornava in mente. Sentiva la sua voce, vedeva i suoi occhi vivaci, ricordava il sapore delle sue labbra, che aveva potuto assaggiare per pochissimi secondi. Justin era ancora lì, checché ne dicesse il giornale. Smise di leggerlo, perché si stava arrabbiando, non si può consigliare a qualcuno di “cercare di piangere il meno possibile. Al massimo, se proprio dovete farlo, ci sono alcuni che aspettano la pioggia per non piangere da soli. Ecco, questo è un bel modo di piangere, senza farlo davvero”. Solo una persona con lo spessore di un foglio di carta velina potrebbe pensare una cosa del genere! Rifiutandosi di terminare l’articolo e maledicendosi per averlo cominciato, Susan lesse soltanto il nome della – se così si poteva chiamare – giornalista. Lavanda Brown. Quasi non si stupì. Ben diversa fu la reazione quando si rese conto di che ora fosse. Era in ritardo! Cavolo! Si infilò velocemente le scarpe, il cappello, la giacca, i guanti, prese la borsa e si preparò per l’ennesima giornata di lavoro sotto la pioggia. Sì, pioveva. Bene, Lavanda le stava dicendo che poteva piangere. Al diavolo Lavanda Brown! E al diavolo le lacrime con annessi e connessi. E al diavolo pure la pioggia!
«Hey, Suze. Cosa ci fai ancora qui?» Anne è sulla porta e la guarda sorridendo.
«Termino un rapporto.»
«Dovresti essere a casa da almeno un’ora. È tardi.» Anne lo sa perché Susan fa tutto questo. Lo sa bene. Sa quanto Justin le abbia – involontariamente – spezzato il cuore. Sa che lasciando andare Justin, Susan ha perso una parte di sé. Quella più giovane e immatura, quella di Hogwarts, ma Anne è sicura che prima o poi Susan riuscirà a ripensare al suo migliore amico senza quel dolore che a volte sembra fermarle il cuore.
«La pioggia mi deprime. Preferisco lavorare, allora.» Anne piega leggermente la testa di lato e le sorride fiduciosa.
«Mia nonna diceva che la pioggia è sinonimo di cambiamento. Sai, l’acqua lava via quello che c’è stato e prepara il terreno per qualcosa di nuovo. Vai a casa, Suze.»
Susan vorrebbe dirle dell’articolo che ha letto in mattinata, ma sa che Anne ha ragione. È meglio andare a casa e non pensarci. Non pensare a niente, se possibile. Raccoglie le sue cose e mezz’ora dopo è fuori dal Ministero. C’è sempre qualcuno che la ferma per chiederle un’ultima opinione o un consiglio. Di malavoglia apre l’ombrello. La Smaterializzazione non è mai stata il suo forte e da un po’ di tempo non le riesce quasi più. Si ritrova in posti che non conosce o finisce per terra. Per evitare di trovarsi con il sedere in una pozzanghera di fango nella campagna irlandese, preferisce andare a piedi. In fin dei conti, abita abbastanza vicino al Ministero. Con un passo un po’ malfermo sui tacchi, attraversa la strada e già pensa a quando arriverà al calduccio di casa sua. Le mancano un paio di vie e sarà nel suo appartamento, quando viene travolta da qualcuno. È una signora, si scusa, Susan la aiuta a rialzarsi e la saluta mantenendo il sorriso, ma vorrebbe piangere. Sì, è stupido, ma si è sporcata, bagnata e ora ha freddo. Con un moto di stizza ricaccia le lacrime indietro e si risistema l’ombrello, che nel frattempo si è anche rotto. Sta per proseguire sotto la pioggia, quando qualcuno la copre con un altro ombrello.
«Susie.» Lo sa che è lui. Non c’era nemmeno bisogno che parlasse. Quell’odore è il suo. Il passo è il suo. Il cappotto è il suo. E quando Susan alza il volto, nota che anche il viso è il suo.
«Justin.» Cerca di avere un’espressione neutra, ma accenna un sorriso. Justin è molto serio. Susan non vuole parlare con lui, non ha intenzione di chiarire le dinamiche del loro ultimo incontro. Non dopo due mesi, almeno. Cerca di essere spigliata, vuole sorprenderlo, ingannarlo. «Mi dai uno strappo a casa?» Non sono nemmeno cento metri, ma non vuole stare lì ferma con lui e non vuole bagnarsi.
Justin sembra sorpreso, ma annuisce. Si offre di prendere qualche sacchetto, ma Susan rifiuta gentilmente.
«Il lavoro, come va? I tuoi tutto bene?» Susan lo riempie di domande, come se fossero solo due amici che non si vedono da un po’. È orgogliosa di sé, si sta comportando perfettamente. Lui non può nemmeno immaginare che tutta quella pioggia non è niente in confronto alle lacrime che lei ha versato per lui. Assolutamente niente. Sono al portone di Susan, che estrae le chiavi dalla borsa e si gira per salutare Justin.
«No, Susie, aspetta.»
«Justin, in tutta onestà, ho aspettato un po’ troppo durante la mia vita. Direi che è sufficiente.» Sorride, con un sorriso amaro non da lei. O meglio, non adatto alla vecchia Susan, ma ora è cambiata. È diversa.
«Susie, io…» Justin si appoggia a lei, la schiaccia tra la porta e il proprio corpo. Susan non riesce a impedire al suo cuore di accelerare e al suo respiro di mozzarsi. Non è stupita, sa che i sentimenti per Justin non sono scomparsi. Rimangono in silenzio, cosa c’è da dire? Poi, lui la sorprende. Appoggia le proprie labbra su quelle della ragazza, e rimane lì, fermo, in attesa che lei reagisca. Susan non sa cosa fare, ma poi le schiude leggermente. Questo permette a Justin di addentrarsi nella sua bocca. Scopre la sua bocca con la lingua, l’assaggia, la prova. Il bacio sembra protrarsi all’infinito, ma per troppo poco tempo. Poi, Susan si stacca, guarda Justin, scuote la testa. Ci sono milioni di cose che vorrebbe dirgli. Milioni di domande che vorrebbe porgli, ma sa che non può. Lui con lei non lo ha fatto. Susan ha messo il punto a questa strana relazione due mesi. Oggi lo ha messo Justin. È giusto così. Sa che stasera piangerà, ma non le interessa. Doveva essere così. Si sottrae al corpo di Justin ed entra in casa. Sale le scale di corsa, entra nel suo appartamento e, senza nemmeno accendere la luce, si appoggia alla porta. Per terra, c’è ancora il giornale aperto sull’articolo di Lavanda. Susan piange, ma sorride tra le lacrime. Lascia vagare lo sguardo sul suo appartamento e lo vede vuoto, spoglio. Ha nascosto tutto quelle che le ricorda Justin. Ora, può tirarlo fuori. Non ha bisogno di aspettare la pioggia. Né per piangere, né per cambiare la sua vita, ma questa volta è andata così. Hanno messo un punto. Un bel punto fermo.
 
 
 
 
Ma… se fosse un punto e virgola?






Nda. Justin e Susan. Sì, ancora loro. Non erano finiti, non erano conclusi. Non ancora. Doveva essere la loro fine, però quella fine lì... Uhm non so. Vorrei scrivere ancora una continuazione, questa volta la parte di Justin. Ma non so se verrà. In ogni caso, se avete letto il precedente capitolo e avreste voluto che Susan smettesse di pensare a Justin e magari si buttasse su Anthony... Fate un salto qui! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=986404&i=1

   
 
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