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Autore: Abigaille_Abbie    29/06/2012    2 recensioni
Ma se parli a delle persone ecco che il fascino del cervello umano (fascino un cazzo, non ci fosse lui vivremmo molto più semplicemente, ragionamenti stupidi e filosofie di vita sepolte sottoterra) si fa sentire, perché i dettagli non sfuggono a un pubblico attento, e lo dipingo attento il mio lettore, che si dia pace a domandarmi quel che di più represso c’è dentro di me, nella mia bocca distorta adesso, e che si rassegni a sentire tutte le mie farneticazioni ad aggirare l’argomento, magari a te non lo dico, ma nel mentre lo sto dicendo a me stessa, è questo che conta giusto?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando poi sento le parole è un tuffo al cuore. Insomma, non come delusione, mi reputo abbastanza superiore a certe cose (ma chi voglio prendere in giro, superiore lo sono solamente ai miei piedi), e nemmeno tristezza. Mi sento svuotata. Privata dell’unica rassicurazione che mi aveva fatto andare avanti.
Ma forse è basandosi sulla superficialità per sentirsi meglio che alla fine si viene ripagati con quel che ci spetta.
Sono stata veramente stupida, perché chi sono io per poter sopraelevarmi a qualcun’altra? Nessuno ecco. Mi sento un po’ sciocca, come se quello che è successo sia successo per colpa (merito) mio (suo).
Dicono che il primo passo per guarire da una malattia, un brutto pensiero, sia il raggiungimento di una sana autoconsapevolezza, ottenuta ammettendo a sé stessi la nostra penosa situazione.
Ma non posso ammetterla a me stessa, no. Posso ammetterla al lettore, a te che leggi un po’ diffidente, perché ad ammettere le cose a sé stessi ci si guadagna solo un’altra illusione. Dipingersi come pensiamo e crediamo di essere è solo un altro passo verso una più incosciente inconsapevolezza di noi stessi.
I diari, per esempio, sono una stupidata. Dicono che ci sia la verità lì dentro. Stronzate.
Quale altro modo per vederci disegnati, scritti addirittura, come ci piace essere, niente commenti, una consapevole autocensura di quello che non ci piace, perché tanto sulla carta possiamo sempre omettere qualcosa?
Ma se parli a delle persone ecco che il fascino del cervello umano (fascino un cazzo, non ci fosse lui vivremmo molto più semplicemente, ragionamenti stupidi e filosofie di vita sepolte sottoterra) si fa sentire, perché i dettagli non sfuggono a un pubblico attento, e lo dipingo attento il mio lettore, che si dia pace a domandarmi quel che di più represso c’è dentro di me, nella mia bocca distorta adesso, e che si rassegni a sentire tutte le mie farneticazioni ad aggirare l’argomento, magari a te non lo dico, ma nel mentre lo sto dicendo a me stessa, è questo che conta giusto?
Egoismo.
Sono felice, lo sono per lei e per lui, e sinceramente non riesco a trovare sentimento più appropriato che felicità. Ma mite, malinconica, una felicità per gli altri che si va irrimediabilmente ad intrecciare con me stessa, sempre me, me, me. Mi nauseo da sola.
Posso trovare un’emozione, un fatto che appena accaduto non mi porti a pensare alle ripercussioni che può avere su di me?
In realtà è la gelosia. Egoismo e gelosia ti rodono dentro, e devi essere felice ma sinceramente vorresti solo che gli altri mettessero da parte la loro felcità per concentrarti sulla tua delusione, sul tuo senso di oppressione, perché come possono gli altri essere felici mentre tu hai anche solo un vago accenno di malessere?
E perché gli altri non si accorgono che stai male, male, ma si vanno a congratulare con la fortunata che tu avevi sottovalutato, ergendoti al di sopra di lei, mentre invece è il tuo egoismo, la tua cattiveria che ti spingono sempre più giù, pronta sempre a desiderare di più, di più, gelosia, gelosia.
Non sono gli altri che ci deludono, ma solo le aspettative che avevamo rimesso noi su di loro, le caratteristiche che noi gli abbiamo dato e che non posseggono, pur avendone altre che non valutiamo perché non ci interessano, perché infine pretendiamo modi di fare o atteggiamenti che sono in realtà nostri e non loro. Non sono gli altri che ci deludono, in realtà restiamo delusi da noi stessi, che crediamo di aver capito tutto degli altri... E in realtà non abbiamo capito niente.
Non ho capito niente.
Inutile generalizzare. Inutile pensare che il mondo continui a girare intorno a me.
Non lo fa, non lo fa, e fa male, male rendersene conto perché vorresti urlare, gridare al mondo di stare zitto, tacere, cazzo, un attimo solo di fronte al tuo malessere, non continuare la sua vita come se niente fosse, come se tu non esistessi, come se tu fossi una briciola.
La tua concezione della realtà non esiste senza di te.
Un ruolo ce l’hai.
Cazzo, un ruolo ce l’hai.
  
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