The
pink
trench, ossia come Robert diede a Jeremy il nome di fatina fetish
Robert
lanciò una copia del giornale
a tutti.
“Suvvia, non sono venuto male!” disse
Mark preoccupandosi inutilmente, mentre stringeva Vogue
con una
mano e rosicchiava dei salatini con l’altra.
“Non sei tu il problema.” Asserì
ridendo,
girando la pagina di scatto.
La
notizia del servizio fotografico era giunta in settimana, mentre
l’intero cast
si trovava a Londra per la premiere inglese. Scarlett aveva arricciato
le
labbra sicura di sé e Robert si era ritrovato a ghignare
soddisfatto leggendo
la lettera della redazione di Vogue. Riunendosi tutti nella camera di
Chris,
che con la scusa aveva portato una cassa di birra omaggio delle cucine,
si
erano ritrovati sdraiati sul letto con i piedi scalzi o scompostamente
seduti
sui divanetti in pelle mentre sorseggiavano la Guinnes ghiacciata.
L’unico a
rimanere in piedi era stato Tom, che disinvolto si era messo a
declamare la lettera
come se avesse avuto davanti un sonetto di Shakespeare, per mettere al
corrente
chi ancora non sapeva nulla dell’iniziativa.
“... ed è quindi che la redazione di Vogue
Magazine vi invita a posare il
giorno 22 marzo per un servizio fotografico, in vista della settimana
della
moda di New York. Gli abiti sono quelli indossati dai modelli in
passerella per
l’attuale collezione della casa di moda Burberry, si allegano
biglietti con
eccetera eccetera... si prega di eccetera... si raccomanda
l’intero cast di:
non...” e partì con una serie di prevenzioni e
clausole di segretezza sugli
sponsor. Riprese il respiro e concluse con slancio “Vi
ringraziamo. La
redazione di Vogue”. Scandì
con enfasi l’ultima
parola e terminò con un inchino che venne accolto con plausi
di approvazione dai
presenti.
“Ho già
posato per loro.” Disse Scarlett stappandosi la seconda
bottiglia con innata disinvoltura
tra gli assensi dei due Chris e le labbra arricciate di Mark, che si
ostinava a
giocherellare con il tappo della birra.
“Credo
che tu abbia posato per ogni casa di alta moda presente sul
mercato.” Puntualizzò
Jeremy inarcando le sopracciglia, mentre Robert si alzava dal divano e
Tom si
fiondava al suo posto, lasciando libero così solo il tappeto.
“Non è malaccio. Abiti gratis, vuoi
mettere?”
“Come se ti mancassero gli abiti...”
ironizzò Chris portandosi una mano sul
pizzetto, con fare di chi ne
sa una più
del diavolo.
“Devo
rifarmi. Sono ancora incazzato con i costumisti che si rifiutano di
darmi l’armatura.”
Sì, perché durante le riprese del film, una delle
ultime mattine, Jeremy aveva
aperto gli occhi nel suo letto dopo aver sognato qualcosa di vagamente
bello. Udendo
poi con chiarezza grida e voci squillanti era uscito dalla roulotte e
aveva
trovato Robert in mutande che correva per il set con in mano quella che
di
primo acchito gli era sembrata una palla da bowling dall’aria
molto pesante, ma
che a un secondo sguardo si era rivelato l’elmo della tuta
indossato per le
riprese. Aveva poi scoperto durante la giornata, chiacchierando con Tom
davanti
ad un caffè, che era praticamente dai tempi del primo film
che tentava di
rubare l’armatura dalla sartoria, e leggenda voleva che un
pezzo alla volta ci fosse
quasi riuscito. Robert sorrise con disinvoltura, alzando le spalle e
versandosi
qualcosa dal frigo bar che somigliava vagamente a del whisky. Scarlett
allungò
la mano verso di lui puntellando il gomito sul materasso, strozzando
nella gola
un lamento che somigliava a qualcosa come “Pur’io
scotch.”
“Che poi
sono curioso di sapere dove ci andresti con l’armatura
addosso.” Domandò
scioccamente Mark, ricevendo occhiate eloquenti dal resto della troupe.
Chris
si coprì il viso con un cuscino borbottando attraverso la
stoffa:
“Certo
poi non ti incazzare. Gliele servi su un piatto
d’argento!” Jeremy aveva riso
come un idiota e Robert aveva ammiccato prepotentemente verso i due.
“Tu
aspetta che facciano entrare nel cast qualcuno con i superpoteri di Mr
Fantastic. Poi te lo faccio vedere io come ve le servo su un piatto
d’argento.”
E aveva chiuso il tutto con un gesto pelvico che valeva mille parole.
Il
palazzo era alto ed imponente, uno di quelli che se lo guardi dalla
base sei
costretto a metterti la mano sugli occhi per ripararti dal sole se vuoi
scorgerne
la cima. Gli uffici di Vogue, peraltro, si rivelarono essere
all’ultimo piano e
sapevano tutti che salire sarebbe stato un bel viaggio. Usciti dalle
macchine
si ritrovarono invasi dai flash dei fotografi, da ragazzine urlanti e
dalle
guardie del corpo che li sovrastavano attenti. Scarlett
pensò distrattamente
che i due Chris vicini a lei avrebbero potuto tranquillamente
rimpiazzarli
senza sfigurare, forse Hemsworth sarebbe stato capace di disarmarli
anche con
una certa pacatezza. Si fermarono per firmare qualche autografo,
scattarono due
o tre foto ma la tabella di marcia gli impose di correre negli studi.
Quella
mattina, di foto ne avrebbero avute fino alla nausea.
Salire,
come avevano ipotizzato un po’ tutti, non fu una passeggiata.
Praticamente ogni
tre passi qualcuno si fermava a fissarli sbigottito, altri inciampavano
disattenti e altri ancora lasciavano cadere ciò che avevano
in mano con una
certa disinvoltura. Robert ammiccò felice, Mark sorrise
beato e Jeremy riuscì
persino a sentire qualcuno che urlava nelle retrovie un esaltato:
“Per Odino,
fatemi vostra!” Chris si girò a guardare Tom e
sussurrò mesto.
“Nostro padre non ne sarebbe felice.”
L’unica donna del gruppo si passò una
mano nei capelli e arricciò le labbra indecisa se piangere o
se ridere.
“Quanta
tristezza in questo uomo.” Pronunciò greve Tom,
raccogliendo consensi anche
dagli altri.
Arrivarono
in cima in quindici minuti, quindici lunghissimi e sfiancanti minuti.
Ad
accoglierli c’era una sorridentissima ragazza che li fece
accomodare in un’ampia
stanza con le pareti dalle tinte forti, dove un via vai di carrelli
pieni di
abiti dai vari colori donava un ritmo caotico e incalzante
all’insieme.
“Ora, se
volete seguirmi, qui sulla destra troverete i camerini.
All’interno ci sono i
vostri cambi. Faremo quattro cambi con sedute da cento, centocinquanta
scatti...”
Nel frattempo indicava il tutto con ampi cenni del braccio, mentre i
capelli
raccolti in una lunga coda le si muovevano a tempo con i gesti
“... i nostri
fotografi, i nostri parrucchieri e i nostri makeup-artist sono a vostra
completa disposizione, se vi serve un aiuto potete chiamare chiunque.
Con voi
nel camerino ci saranno degli assistenti che vi aiuteranno ad indossare
gli
indumenti e per qualsiasi cosa io sono Claire, e vi
aspetterò qui fuori. Ora
vado ad avvertire Miss Wintour del vostro arrivo, sarà ben
felice di sapere che
siete qui.” Il tutto si risolse in non più di
quaranta secondi e dopo un
battito di ciglia la sinuosa Claire e il suo sorriso a trentadue denti
scomparvero
nel nulla più totale.
“Credo
che quella sia in assuefazione da
caffè.” Decretò Chris accompagnando il
tutto con un lento cenno della testa, e
Robert gli diede una pacca sulla spalla per farlo smuovere.
“Avanti mio bel capitano. Prima iniziamo, prima finiamo.
Prima finiamo, prima
mangiamo. Prima mangiamo, prima torniamo in albergo a sbronzarci come
due
vecchie zitelle acide.”
Scarlett
seguì sinuosa un assistente di studio, un tizio magro come
un chiodo e alto
come un traliccio e scoprì di avere il camerino vicino a
quello di Tom. Gli
altri entrarono ognuno nelle piccole stanze con il loro nome sopra e in
circa
un’ora uscirono tutti belli truccati e profumati come non
mai. Il caldo
soffocante dentro le giacche ricamate a mano si fece sentire presto
mentre il
fotografo suggeriva loro le pose, e tutti pregarono che quello strazio
finisse
in poco tempo.
Quattro
ore, molti pantaloni, sessantadue giacche e sette acconciature per
Scarlett
dopo, Jeremy si sedette su una sedia e si lasciò andare ad
un sospiro liberatorio.
-Avanti, l’ultimo cambio e poi basta- rifiutandosi di farsi
aiutare dall’assistente
che gli avevano assegnato, un tizio con le mani decisamente troppo
lunghe, aprì
con cautela l’ultimo scatolone.
Un pantalone nero, striminzito fino all’inverosimile, una
maglia scura con il
collo ricamato con la tipica texture del marchio.
E un trench.
Rosa.
Ma non di quel rosa tenue e accettabile anche sugli uomini.
No.
Era un rosa acceso come un evidenziatore appena comprato, lucido e in
vernice, che
odorava di plastica da dare il vomito. Tirò fuori la testa
dalla tendina che lo
separava dal nuovo set in allestimento e chiamò un solo nome
a gran voce, per
sovrastare il rumore degli addetti ai lavori.
“Jeremy?
Tutto ok, hai qualche problema?”
“Sì Scarlett. Mi hanno dato il tuo
cambio.” Attese qualche secondo in silenzio,
poi la donna replicò confusa.
“Io qui
ho l’abito grigio, mi sembra strano.”
Incuriositi da
quella strana
affermazione gli altri ragazzi del cast guardarono fuori dai camerini,
Mark
ormai pronto uscì a controllare. Claire, avvicinandosi cauta
e mantenendo il
sorriso tatuato sulle labbra, domandò cosa non andava.
Jeremy, con fare
supplichevole, le chiese a bassa voce di controllare se nel suo cambio
ci fosse
qualcosa di sbagliato e la donna scosse la testa dopo aver letto dalla
cartellina che aveva in mano le informazioni che le occorrevano e
controllato
il contenuto dello scatolone.
“No Mr
Renner. E’ tutto in ordine.” Dichiarò la
ragazza annuendo. Jeremy richiuse la
tendina di scatto e sgranò gli occhi.
-My God. È... oh.
E se... nah.- controllò il contenuto dello scatolone ancora
una volta e batté
la testa allo specchio ritmicamente, pregando che anche gli altri
avessero
cambi altrettanto ridicoli. Sbirciò fuori dalla tenda,
controllando gli altri
che ormai erano usciti. Trench, trench... tutti dai colori tenui.
Sarebbe spiccato
come un papavero sulla neve.
“Jeremy ti muovi? Voglio un hamburger grande come un elicottero!”
sbottò Chris
dall’altra parte della tenda. L’uomo
guardò il trench e lo tenne stretto tra le
mani prima di indossarlo. C’era un barlume di
possibilità che quegli scatti non
venissero pubblicati, se solo avesse avuto modo di parlare con il
fotografo.
Infilò il completo e per finire quel maledettissimo maialino
a forma di giacca.
Uscì dal camerino.
“Suvvia, non sono venuto male!” disse
Mark preoccupandosi inutilmente, mentre stringeva Vogue
con una
mano e rosicchiava dei salatini con l’altra.
“Non sei tu il problema.” Asserì
ridendo,
girando la pagina di scatto.
Jeremy si nascose il viso tra le mani, e lanciò la rivista
lontano da lui. Non
solo gli avevano pubblicato la foto, ma era anche a tutta pagina.
“Sei bellissimo Jeremy. Davvero.
Potrei suggerire per completare il tutto, questo?”
Tirò fuori da una busta un frustino
di pelle e un paio di ballerine in tinta.
“Vaffanculo stronzo!” gridò
l’uomo
alzandosi di scatto.
“Altro che Mr Fantastic. Qui abbiamo
Fatina Fetish.” Robert si sentì soddisfatto di
quella battuta, e posò la busta
con cautela a terra.
All’interno, nascosto sotto diverse copie di Vogue, giaceva
l’elmo dell’armatura
di Iron Man.
L’ultimo pezzo della collezione.
Ok, che devo dire? Che sono sotto maturità e scrivere tutto ciò a quest'ora poi è propriamente malsano?
Che non ho resistito?
Vabbè, lasciamo stare.
Qualche infromesciòn.
-Non esiste nessun servizio di questo genere, è frutto bacato della mia mente. MA:
effettivamente il trench in questione esiste, e fa parte della nuova collezione di Burberry. E' talmente brutto e talmente Vosa che non ho pVopVio saputo VesisteVe! Potete vederlo QUI