Supernova
Prologo
Kurt
quella sera è sereno.
A scuola
ha preso un bel voto, è riuscito ad evitare di essere buttato nei
cassonetti, e
Finn non ha bruciato la cena, quando gliel’ha affidata nel mentre si
faceva la
doccia.
L’aspetto
di quel che ha cucinato, inoltre, è stupendo, ed è sicuro che lo sarà
anche il
suo sapore. Dopotutto, è un mago in cucina, quasi quanto lo è col
microfono e
la macchina da cucire.
Ma
non è l’unico ad avere un sorriso stampato in faccia. A parte Finn, che
lui ha
perennemente quel sorriso bambinesco, anche suo padre sembra
particolarmente su
di giri. Non capita spesso che Burt sia così palese, nel dimostrare ciò
che
prova, quindi Kurt sta letteralmente morendo di curiosità di sapere
cosa rende
suo padre così contento.
È
quando sono quasi alla fine del pasto, che scoppia.
«Papà.
Stai gongolando. Si può sapere perché sei così allegro? » incalza Kurt,
scrutandolo con i suoi grandi occhioni azzurri per i quali- lo sa- suo
padre ha
un debole.
Si
fissano per un attimo negli occhi, sotto lo sguardo incuriosito di
Finn, finché
Burt non sospira, pulendosi la bocca con un tovagliolo che poi lancia
lontano
da sé sul tavolo.
«Non
ti sfugge nulla» commenta l’uomo, passandosi una mano sulla pelata.
Nonostante
la nota quasi dolente, Kurt sa che suo padre è divertito, e soprattuto
fremente
di raccontare cosa gli passa per la testa. Dev’essere qualcosa di
veramente
bello, per farlo sorridere così. Dopo la morte della madre di Kurt e
Finn, Burt
ha avuto ben poche occasioni di essere sereno, con due bambini piccoli
da
accudire, uno dei quali era piuttosto particolare.
La
prima volta dopo tanto tempo in cui Burt ha sorriso per sé stesso, e
non per
qualcosa riguardo Kurt e Finn, è stata quando ha conosciuto Liz, la sua
attuale
compagna, con la quale ormai sta da quasi due anni.
La
seconda, beh, sta proprio succedendo in quel momento. E Kurt è sicuro
che
c’entri ancora la ragazza di Burt.
Suo
padre si schiarisce la gola. «Domani viene la famiglia di Liz a cena,
abbiamo
una cosa importante da dirvi e vorremmo che foste tutti insieme»
A
quelle parole, il sorriso di Kurt si cristallizza, mentre il suo corpo
s’irrigidisce completamente.
Si
sente spezzato in due: da una parte, è felicissimo per suo padre. Si
merita
tutta la felicità possibile, e se ci sono progressi con la sua
relazione, non
può che appoggiarlo e condividerne con lui la gioia.
Dall’altra,
è completamente terrorizzato.
Kurt
ha già avuto l’occasione di conoscere Liz: è una donna fantastica, con
un gran
gusto nel vestire e un’innata dote in cucina, e, cosa non meno
importante, ha
partorito quella che è la sua migliore amica –Rachel.
L’unica
nota negativa del quadretto, assume la figura e il nome di Blaine
Anderson.
Il
ragazzo più spocchioso, irriverente, egocentrico e odioso che abbia mai
conosciuto, figlio di Liz e fratello di Rachel, nonché sua personale
piaga.
Ogni
volta che pensa a lui –e di solito non lo fa con gioia- Kurt si ritrova
a
chiedersi come possa essere nato un tale individuo da una persona buona
e
gentile come la compagna di suo padre. Quel ragazzo è una vera
disgrazia, checchè
ne dica suo padre, che è convinto che sia un ragazzo alla mano, buono e
cordiale. Sì, per quanto lo riguarda, Blaine Anderson è simpatico
esattamente
come gli spintoni che riceve tutti i giorni dai giocatori di football.
Solo più
pedante e logorroico.
Da
che ricordi, Kurt ha sempre detestato Blaine. Non sa precisamente il
motivo, ma
deve esserci stato qualcosa che ha fatto scoppiare l’odio reciproco tra
loro
due. Anzi, l’odio di Blaine verso di lui, perché è stato proprio
Anderson a
cominciare a torturarlo sin dall’asilo con scherzi stupidi, quali
mettere una
lucertola morta nel suo zainetto nuovo. Probabilmente, quello è stato
il
momento in cui decise che avrebbe odiato a sua volta quel bimbetto
disgraziato.
Da
lì, Kurt ha cominciato a rispondere ai dispetti di Blaine, che man mano
aumentavano, finché non sono diventati quasi routine. E anche ora, che
sono
all’ultimo anno, stanno per diplomarsi, e i loro genitori sono
felicemente
fidanzati, le loro liti continuano a sussistere. È più forte di loro,
anche
quando vedono Rachel intristirsi davanti al loro rapporto così rovinoso
–sempre
che si possa chiamare tale. È strano ciò che c’è tra di loro, e Kurt ci
ha
pensato parecchie volte: è quasi come se fosse una forza che li attira
a
scontrarsi. Ma prima di raggiungere questa conclusione, Kurt si era
ritrovato a
chiedersi se non fosse perché era gay. La sua rabbia in quel periodo
era cieca,
perché Blaine sapeva essere anche più meschino dei giocatori di
football, se il
motivo era quello. Ne rimase convinto per parecchio tempo, almeno
finché non
scoprì che anche Anderson era gay. Ne rimase così shoccato, che per
qualche
giorno non ribattè alle frecciatine. Ovviamente, tornato in sé,
tornarono anche
le risposte acide nei suoi confronti.
Anche
se quello di Kurt è un odio che si può consumare in silenzio, quello di
Blaine
nei suoi confronti non lo è. Ha proprio il bisogno fisico di fare
qualunque
cosa in suo potere per rompergli le scatole, irritarlo a morte e farlo
sbottare. È sicuro che Anderson ci trovi gusto, proprio, nel portarlo
all’esaurimento nervoso con scherzi, frecciatine e quant’altro. Glielo
legge in
faccia che gode come un matto anche quando lo minaccia di evirazione
simultanea
per l’esasperazione. Perché Kurt certe cose non le dice, e Blaine lo
sa. E per
questo si diverte.
«Con
la famiglia di Liz, intendi lei e Rachel? » chiede con cautela,
pregando
interiormente che la pecora nera della famiglia abbia un impegno
improrogabile
in un altro stato. Anzi, su un altro pianeta direttamente, anche se
nemmeno lì
sarebbe abbastanza lontano.
«Kurt..»
«Okay.
Okay. Era solo una falsa speranza»sospira il ragazzo, alzando le
braccia in
segno di resa davanti all’ammonimento di suo padre. Non avrebbe dovuto
nemmeno
aprir bocca, sa che Burt è piuttosto suscettibile verso il figlio di
Liz.
E’convinto che sia un angelo di ragazzo–cosa che per Kurt è
inconcepibile- e si
ostina ad affermare che se abbattessero i pregiudizi che hanno l’uno
sull’altro
potrebbero anche diventare amici.
Ma
anche solo pensare a Blaine come amico gli fa venire l’orticaria.
Kurt
lo odia, lo odia da sempre e sempre lo odierà. È un dato di fatto, un
postulato, una verità assoluta. Punto.
«Io
veramente non capisco» Burt è stato il primo a voler troncare il
discorso, ed è
anche quello che lo sta portando avanti, con enorme fastidio di Kurt.
Anche
solo parlare di quell’abominio ha il potere di rovinargli
l’umore, ma
Kurt si sforza di guardarlo in faccia e di ascoltarlo mentre lui gli
punta
minacciosamente la forchetta contro. «Vi siete fissati con i vostri
pregiudizi
e non provate nemmeno a metterli da parte per conoscervi. Eravate
ragazzini,
Kurt! Siete cambiati, e soprattutto cresciuti a sufficienza per
comportarvi da
adulti. Anche se non doveste andarvi a genio a vicenda, siate
abbastanza maturi
da non sbandierarlo ai quattro venti con stupidi battibecchi»
Burt
ha parlato tutto d’un fiato, la fronte aggrottata e una determinazione
svuotante negli occhi. Kurt, nonostante sappia che niente cambierà nel
rapporto
tra lui e Blaine, tutte le volte che suo padre gli fa quel discorso si
sente
quasi schiacciato da tanta solennità. Le sue parole sono sempre così
intrise di
verità da fargli mancare il fato e farlo sentire uno schifo per il
capriccioso
odio verso Blaine.
«E
poi, quando eravate piccolini eravate amici. Andavate d’accordo e
giocavate
insieme»
Ma
l’effetto della saggezza di suo padre svanisce in un momento, non
appena tira
fuori la solita scusa. Si trattiene–come al solido- dall’alzare gli
occhi al
cielo. Burt è il primo sostenitore della tesi che lui e Blaine da
bambini
fossero amici. Kurt ovviamente non ci crede, perché è impossibile
e inconcepibileche
lui e Anderson, pur se tanto tempo fa, siano andati mai d’accordo.
Come
direbbe Rory –il suo amico irlandese-, sono tutte panzane.
Il
resto della cena passa in un silenzio piuttosto carico di tensione.
Burt è
ancora sereno, solo un po’ meno rispetto a prima a causa del battibecco
con
lui. A Kurt un po’ dispiace avergli smontato l’euforia, ma non è colpa
sua se
quella santa donna di Liz ha partorito un mostro, e se quel mostro ce
l’ha su
con lui da sempre. E poi anche suo padre ha annullato completamente la
sua
allegria: Kurt immagina la sua momentanea contentezza sgonfiarsi come
un
palloncino bucato.
In
ogni caso, l’aria è talmente elettrica che nemmeno Finn, quello che di
solito
allenta la tensione con una battuta, non osa fiatare. Aspetta che Burt
se ne
vada in salotto a vedere la tv mentre lui finisce di caricare la
lavastoviglie,
per parlare.
Gli
posa delicatamente una mano sulla spalla. «Comunque, Kurt, io gli darei
una
possibilità, a quel Blaine»
Kurt
lo fissa, interdetto, per qualche istante: di solito il suo fratellone
si
astiene dal commentare, quando lui e Burt entrano nel discorso ‘Blaine
Anderson’,un po’ perché non conosce molto l’Essere, un po’ perché
Kurt
potrebbe decapitarlo se dovesse dire la cosa sbagliata al momento
sbagliato. Ma
soprattutto è strana la serietà e l’accortezza con cui gli dà il suo
parere. Ma
nonostante lo stia fissando come se fosse un alieno, Finn fa un
sorrisetto e
prosegue. «Ti ricordi Puck? Nemmeno io lo sopportavo, eppure dopo
averlo
conosciuto è diventato il mio migliore amico.»
«Stai
dicendo che Blaine Anderson potrebbe diventare il mio migliore amico?
»Kurt non
riesce a trattenere il commento e il tono ironico, anche se il discorso
di suo
fratello è riuscito ad entrargli in testa più che quello di suo padre.
Fortunatamente,
Finn lo conosce talmente bene da non prendersela. Gli sorride, nel suo
modo un
po’ bambinesco assolutamente adorabile, per poi scrollare le
spalle.«Certo che
no. Dico che tentar non nuoce, e che a volte le apparenze ingannano»
«E
tu ti sei mangiato il libro dei modi di dire» rimbecca, incrociando le
braccia
al petto, tentando di non ridacchiare con Finn.
«No,
semplicemente tuo fratello è un pozzo di saggezza!» esclama quello,
ammiccando
e girandogli le spalle per avviarsi alle scale. Kurt lo fissa mentre fa
i
gradini a due a due, poi scuote la testa.
Cavolo, Finn non è uno che dà tanti consigli, ma quando lo fa è
micidiale.
*
Quel
giorno è uno schifo.
Kurt
lo sa da quando ha aperto gli occhi, ma ha sperato con tutto il cuore
che con
il passare delle ore sia il suo umore, sia il tempo migliorasse. Ma
nessuno dei
due sembra volerlo fare, dato che il cielo plumbeo ha portato pioggia e
lui è
sempre più abbattuto. Anche i suoi capelli sono più sconvolti del
solito,
eppure quella mattina ha passato più di mezz’ora a metterli in piega e
a
fissarli con quelli che probabilmente sono tre chili di lacca
biologica, che
ora Mercedes sta dolcemente togliendo a furia di accarezzargli la testa
per
consolarlo.
Sono
a mensa, seduti in un tavolo al fondo della sala, e Kurt se ne sta con
il capo
appoggiato alla spalla della sua amica. Sente il prorompente bisogno di
sfogarsi
contro il Karma, che ha portato nella sua vita quell’abominio di Blaine
Anderson, e lo fa bofonchiando insulti e lamentele sulla stoffa della
t-shirt
di Mercedes.
L’idea,
deve ammetterlo, di averlo a cena lo terrorizza, nonostante le
rassicurazioni
di suo fratello.
«’Cedes,
io non ce lo voglio quello stasera a casa mia.. » mugugna, alzando lo
sguardo e
puntandolo in quello scuro della sua amica. Lei ridacchia, dandogli un
buffetto
leggero sulla guancia; mentre lo consola, lui riposa la testa sulla sua
spalla.
Sente le sue parole vibrare, se sta in quella posizione. Kurt ricorda
che
quando era piccolo, adorava accoccolarsi contro sua madre che
canticchiava o
gli parlava, così: era rilassante, e lui si sentiva al sicuro.
«Eddai,
Kurt.. la stai facendo fin troppo tragica. E poi, se posso essere
sincera, tuo
padre non ha tutti i torti, Blaine non è così terribile come dici.
Anzi, guarda
che è simpatico! »
Non
appena dice quelle parole, alza la testa come scottato. Un’altra che
inneggia
alla simpatia innegabile di quell’essere. Intanto, non sono loro le sue
preferite vittime.
«Mercedes,
quel tizionon è simpatico. È una piaga, uno scherzo
della natura.
È la persona più sadica e crudele che io abbia mai conosciuto, e
credimi se ti
dico che non potremo mai essere a-- »
Kurt
non riesce a finire la parola ‘amici’,che sente qualcosa
arrivargli
direttamente in testa. E, dall’espressione atterrita di Mercedes, sa
già che
non è nulla di bello. Con cautela si porta una mano ai capelli: solo
tastando
quella cosa che gli è arrivata in testa, non ha dubbi di cosa sia.
Dalla
consistenza e da come è appiccicosa, è sicuro che sia una gomma da
masticare.
Come non ha problemi ad identificare l’artefice del
dispetto–sicuramente non è
un giocatore di football, loro sono più da maniere forti e spintoni.
Invece,
Anderson va a mirare proprio quelli che sa essere i suoi punti
deboli–come i
capelli, tra l’altro. Ed è proprio lui che, a qualche metro di
distanza, sta
ghignando col suo gruppetto di amici.
Quando
si volta per scoccargli l’occhiata più omicida del suo repertorio, si
ritrova
ad ammirare il suo sorrisetto sbilenco, quello che gli rivolge sempre
quando lo
vuole sfidare.
Ammirare,
già: il sorriso di Anderson è un qualcosa di micidiale, per quanto è
bello.
Purtroppo
per Kurt, Blaine non è solo l’individuo più spocchioso, irritante e
incomprensibile del mondo, ma anche uno dei ragazzi più belli,
affascinanti e
brillanti che abbia mai incontrato. Ed è un gran peccato che un così
bel corpo
appartenga ad una personalità tanto incostante ed idiota –anche se le
sue
compagne di scuola sono del parere che il suo più grande peccato sia
essere
gay: se Anderson non avesse il carattere che ha, probabilmente Kurt ci
avrebbe
fatto un pensierino.
«Anderson»sputa,
come se quel nome fosse un insulto. E in effetti –pensa una parte del
suo
cervello- se qualcuno gli desse dell’‘Anderson’, si sentirebbe
parecchio
offeso.
Kurt
vorrebbe alzarsi e trovare qualcosa di veloce ed efficace per
vendicarsi, ma è
così demoralizzato, quel giorno, da non aver la forza per farlo. Così,
dopo
aver tolto il chewing-gum dalla testa, che fortunatamente non ha
attaccato ai
capelli, con un’espressione altezzosa e un’occhiata truce, Kurt il
terzo dito e
glielo mostra platealmente.
E
l’espressione quasi delusa che riceve in risposta da Blaine è quasi più
soddisfacente del suo muso offeso quando si vendica fisicamente.
Poi,
Kurt si volta verso Mercedes: «Sì,‘Cedes, hai proprio ragione: è
proprio uno
spasso, talmente è simpatico»
La
sua amica incassa il colpo e sorride, a mo’ di scusa. «Non lo è solo
con te,
eh..»
«Chissà
perché, ma me lo sentivo»dice, con uno sbuffo rassegnato.
Nonostante
abbia lo stomaco chiuso dai pensieri cattivi e dalla rabbia, Kurt cerca
di
concentrarsi nell’infilzare le foglie d’insalata. E si sforza di
masticare e
mandare giù solo per caparbietà, perché ha perso qualche chilo
nell’ultimo
periodo, tra test scolastici e decisioni sul proprio futuro, e non
vuole
diventare pelle e ossa.
E’
ora di pranzo, ma lui vorrebbe solamente essere a casa sotto le
coperte,
raggomitolato su sé stesso, a piangere per liberarsi da quel peso
opprimente
che ha sullo stomaco. Non ne può più.
*
Dopo
la pausa pranzo, Kurt passa il resto delle ore scolastiche con la mente
completamente
assente. È ancora di un pessimo umore, e questo si riflette
inevitabilmente
sulla sua voglia di studiare e prestare attenzione, che in quel momento
rasenta
lo zero.
Mentre
i professori parlano, scarabocchia distrattamente sul blocco degli
appunti, e
ogni tanto abbozza qualche modello di vestito che vorrebbe confezionare
non
appena ha tempo, anche se non lo soddisfano più di tanto. Ha la testa
altrove,
precisamente a quella sera, quando dovrà passare del tempo con
Anderson.
Non
esagera davvero, quando dice di esserne terrorizzato. Anche solo al
pensiero,
lo stomaco si attorciglia su sé stesso e si sente mancare. Non lo vuole
Blaine a
casa sua.
Perché
casa sua, per Kurt, è sempre stato un po’ il suo rifugio dalle angherie
delle
persone, dai pregiudizi e dai problemi: e quella sera, avrà proprio il
più
grande e rumoroso dei suoi mali proprio tra le sue quattro calde mura.
È
proprio il colmo. E, in quel momento, nemmeno le parole rassicuranti e
calde di
Finn riescono a tirarlo un po’ su.
Che
poi, ha riflettuto sulle sue parole, sul suo consiglio di dargli
una
possibilità, ma ha realizzato che non potrebbe metterlo in fratica
nemmeno
se volesse. Perché sono in due ad odiarsi, e anche se lui gettasse a
terra
l’ascia di guerra, Blaine potrebbe non farlo e colpirlo a tradimento. E
non può
permettere che succeda, non è da lui arrendersi. Non ha intenzione di
farlo,
specialmente per quell’ameba di Anderson.
Quello
stupido, inutile,fastidiosoessere che si diverte
a
rovinargli l’esistenz-crack.
Kurt
rimane qualche secondo a fissare la punta rotta della sua matita, che
ha appena
macchiato l’unico schizzo decente di vestito che è riuscito a disegnare
quella
mattina. E l’unico pensiero che gli viene in mente è che, anche quando
non fa
nulla di concreto, Blaine Anderson riesce sempre e comunque a
indispettirlo.
Senza
temperino e un briciolo di pazienza, Kurt si lascia scivolare
lentamente sotto
al tavolo, fissando perso il soffitto dell’aula.
I
venti minuti rimanenti dell’ultima ora sembrano durare secoli, e quando
suona
la campanella, il suo trillo giunge musicale quanto la voce di Idina
Menzel,
alle orecchie di Kurt.
Si
alza e riempie la tracolla con i libri più per inerzia che per reale
voglia,
poi si trascina all’armadietto. E lì, ci trova Rachel, che, non appena
lo vede,
lo abbraccia forte.
Kurt
non la vede da tutta la mattina, e gli dispiace tanto non solo perché
le è
mancata, ma anche perché è lui ad averla evitata. Non perché non la
volesse tra
i piedi–no, certo, la presenza di Rachel è sempre ben voluta da lui e
le vuole
un mondo di bene: praticamente, sentiva Rachel alla stregua di una
sorella
anche prima che Liz e Burt cominciassero a frequentarsi.
È
solo che a volte –come quella mattina- i geni in comune tra la sua
migliore
amica e Anderson lo mettono un po’in difficoltà: non se l’è sentita di
andare
da lei, non con il muso che aveva, sapendo quanto lei sia entusiasta
della
cena.
E
poi non vuole vedere Rachel star male quando lui e Blaine litigano.
Sia
lui che Anderson si rendono conto che la mettono in una brutta
posizione, ogni
volta che si scontrano, ma non lo fanno apposta. È più forte di loro
litigare e
farsi i dispetti, più forte anche dell’affetto che provano per lei.
«Sei
pronto per stasera? » A discapito di ciò che pensava –Kurt era convinto
che
Rachel gli avrebbe fatto quella domanda con l’entusiasmo a mille- la
sua amica
gli rivolge un sorrisetto incerto, e usa un tono cauto nel parlare.
Il
suo cuore gli si stringe un po’, e vorrebbe riabbracciarla ancora e
ancora,
solo per calmarsi. Ma si limita a ricambiare il sorriso e a scrollare
le
spalle.«Sono intenzionato a non soccombere»
Rachel
ridacchia, ma lo fa nervosamente.«E’ solo una cena, Kurt. E saremo
troppo
impegnati a parlare per pensare a stupidi rancori. Mio fratello non ti
guarderà
nemmeno in faccia».
Kurt
fa una smorfia. «Lo spero vivamente»
L’ultima
cosa che vuole è vedersela contro l’Hobbit –soprannome adorabilecon
cui
Rachel chiama suo fratello, ma che per Kurt ha assunto un valore
prettamente
negativo.
La
mora alza gli occhi al cielo, ora ridacchiando divertita. Mentre si
dirigono
verso l’uscita, lei lo prende sottobraccio. È un gesto quasi
automatico, quando
sono insieme, girare a braccetto. «Allora, tesoro. Parliamo di cose
importanti:
cos’è che mi devo mettere stasera? »
Mentre
lui e Rachel chiacchierano di vestiti, per Kurt è impossibile non
pensare a
quanto adori sinceramente quella ragazza. È riuscita con due parole a
tirargli
su il morale, eppure quella mattina ha evitato proprio lei per paura di
abbattersi ancor di più. È stato proprio sciocco da parte sua, si
ritrova a
pensare.
«Quindi,
a dopo!» esclama Rachel con un sorriso più sereno, sporgendosi per
lasciargli
un bacio sulla guancia.«E stai allegro! »
Kurt
ridacchia. «Va bene, va bene. A dopo!»
Grazie
alla chiacchierata con Rachel, Kurt sale in macchina con l’umore un
po’risollevato e una nuova minima sperzanza da alimentare in quelle due
ore di
attesa e preparazione.
Quando
arriva a casa, suo padre e Finn sono già lì. Burt ha indossato la
camicia
elegante, con enorme sorpresa di Kurt, mentre Finn non si è sforzato
molto nel
vestire, ma almeno ha dato una dignità ai suoi capelli.
«Allora?
Approvi? » domanda suo padre, facendo un giro su se stesso allargando
le
braccia.
Kurt
sorride compiaciuto, mentre si avvicina a lui. «Molto sopreso, devo
dire. Stai
benissimo papà. Solo..»Gli dà una sistemata alla cravatta e gli ruba il
berretto dalla testa, con uno sbuffo di protesta Burt.
«Il
berretto non posso tenerlo?» si lamenta suo padre, incrociando le
braccia al
petto. Kurt lo fissa, scandalizzato e basito. «Scherzi, vero?
Cioè, sei
vestito elegante e vuoi tenere il berretto? »
Suo
padre scrolla le spalle, imbronciato.«L’intenzione era quella»
«Mi
dispiace, ma te lo impedisco. È anti-estetico» decreta Kurt, avviandosi
alle scale
per prepararsi a sua volta. Prima di sparire oltre la rampa si blocca e
dà
l’ennesima occhiata a suo fratello.
«Certo
che potevi sprecarti un po’ di più Finn! »
«Disse
quello che vorrebbe suicidarsi piuttosto che partecipare alla cena!
»ribatte
l’interessato, assumento la stessa posa di Burt, con braccia incrociate
e
cipiglio in viso.
Kurt
ridacchia per la stoccata.«Touché»fa, alzando le braccia in segno di
resa,«Comunque non è che non voglio partecipare..solo non vorrei ci
fosse
Blaine. Quel ragazzo è la mia rovina!»
«Fila
a lavarti, Kurt» Quello di suo padre è un modo implicito e scherzoso
per
mandarlo a quel paese, Kurt lo sa. Un sorrisetto gli minaccia di
spuntargli in
faccia, così si volta e prosegue le scale fino al piano di sopra.
Impiega
un’ora intera per prepararsi bene, decidendo con cura il look e
dedicandosi
all’idratazione della sua pelle. Una volta pronto, la sua meta diventa
immediatamente la cucina, dove comincia a preparare la cena.
Mentre
lui spadella, ordina a Finn e a Burt di dargli una mano ad
apparecchiare, come
dei bravi massai.
Intanto
che loro gli ronzano intorno come anime in pena, le mani che sorreggono
piatti
e stoviglie, Kurt si ritrova a pensare che dopo la morte della loro
mamma, se
non ci fosse stato lui con un’innata dote culinaria, probabilmente
sarebbero
finiti a mangiare cibo spazzatura di fast food a colazione, pranzo e
cena.
Oppure, semplicemente, sarebbero morti di fame.
Quando
Liz suona alla porta, la tavola è pronta, e con lei la cena. Kurt si
toglie il
grembiule e si sposta nel salotto per salutare la compagna di suo padre
e
Rachel. Come a scuola, non degna di un’occhiata Anderson, e si perde in
chiacchiere con Liz e la sua migliore amica. Intanto, Burt, Finn e
Blaine
iniziano una conversazione sul football che prosegue anche mentre sono
a
tavola.
Come
Rachel aveva detto, la cena passa liscia come l’olio. Si era fatto
decisamente
troppi patemi su come avrebbe fatto a sopportare Blaine, ma era ovvio
che poi,
lì, non si sarebbero nemmeno sfiorati con lo sguardo.
E
mentre lo realizza, un sorriso più tranquillo gli si allarga sul viso.
Almeno,
fino a quando, involontariamente, non nota che Anderson lo sta
osservando.
Non
fissando male, solo..guardando. Quasi con una silenziosa
curiosità.
Kurt
si sente immediatamente sopraffarre dall’imbarazzo, ed è sicuro che le
sue
guance siano arrossite. Scuote la testa e cerca di fare attenzione alle
parole
di Liz, che sembra stia per dire qualcosa d’importante.
Afferra
la mano di Burt sopra il tavolo, e i due si osservano per qualche
istante negli
occhi, come a leggersi nella mente.
«Come
vi abbiamo detto, ci siamo riuniti tutti insieme oggi perché volevamo
parlarvi
di una cosa importante»dice la donna, portando lo sguardo su tutti
loro, in
particolare su Blaine e Rachel.«Insomma, sapete bene che io e Burt ci
frequentiamo ormai da due anni ed è una cosa seria.. »
«Abbiamo
deciso di andare a vivere insieme»
*
*AngolettoAutrice*
Ok. Io non so cosa mi è preso, per portarmi a scrivere una storia del
genere.
Ero lì, che non avevo niente da fare e stavo ascoltando 4 minutes
cantata da
Chris e Amber, e tac!, un attimo dopo ero al computer, illuminata
d'immenso,
che scrivevo la fanfiction, guidata da una forza sconosciuta e
misteriosa
chiamata ispirazione.
Perciò, io non sono colpevole, seriamente, di ciò che avrete
letto. La
storia si è scritta da sola, eh. Se fa schifo, e potete dirmelo con
sincerità-anzi, prego che me lo diciate se non vi è piaciuta, almeno la
tolgo-sappiate che non è colpa mia.
Insomma, non so. Non so perché l'idea di Kurt e Blaine che battibeccano
m'ispiri tanto. Ma ce lo vedo troppo, il loro amore sbocciare così, con
un'esplosione, una supernova, appunto.
Non so se a voi potrebbe piacere. Però io avevo voglia di scrivere
qualcosa di
diverso -non so se qualcuno abbia mai scritto una storia con questa
tematica in
questo fandom. Ma, ecco, quel che ne è uscito è questo. E prego con
tutto il
cuore che a qualcuno possa interessare, e se quel qualcuno c'è, mi
piacerebbe
sapere ciò che ne pensa.
Grazie per aver letto fin qui,
un bacio.
Gio.