Between here and beyond now.
Domenica,
otto
luglio, è mattina presto e il mio risveglio non
è per nulla
spontaneo, ma indotto da un quid a me ignoto che non è
affatto un
incubo.
E rieccomi qui,
ancora una volta, in preda all'ansia, in piena mattinata.
Scosto con un calcio
il lenzuolo e la coperta leggeri e li faccio cadere a terra del tutto
raggomitolati in un'unica palla di stoffe semplici, neanche se
volessi giocare agli europei di calcio.
Odio quello sport e
soprattutto odio la decisione governativa degli Stati in cui si
tengono tali avvenimenti di aver sterminato tutti quei cani randagi
al fine di questo spettacolo dove non trionfa la comunione dei Paesi
partecipanti, bensì tutta la corruzione e il denaro che
entrerà
nelle tasche dei potenti.
Questo è un piccolo
pensiero di sfogo mattutino, in quanto io adoro gli animali e ancor
più i cani.
Inizio a pensare: ma
è mai possibile che puntualmente, ogni anno, ossia ogni
trecentosessantacinque giorni precisi, il mio ciclo circadiano si ricordi di
questo giorno?
Ovviamente sì,
suppongo, se mi sta capitando è logico che possa accadere.
Eppure il mio animo
non riesce a rasserenarsi.
Sono del parere che
non riuscirò mai nell'impresa.
Scaccio una
lacrimuccia ribelle che è sfuggita al mio controllo e come
tale
voleva attestare la mia fragilità.
No, non lo sono.
Non lo sono più.
La mia ingenuità è
divenuta maturità, il mio essere infantile si è
spento, falcidiato
via come un colpo di scure, portando via con sé tutto
ciò che
poteva farmi apparire una bimbetta “addormentata”,
che scende
dalle nuvole, quella a cui si può raccontare una bugia o
una falsa
promessa per farla zittire cosicché la smetta di scocciare,
per via
di quanto potesse essere appiccicosa a loro dire.
Ricordo quando
tagliai i miei lunghi capelli rossi e volarono via portati dal vento
sparsi qua e là, esattamente quindici soli dopo lo stesso
giorno di
dieci anni fa.
Erano il mio vanto,
un tipico vezzo di vanità femminile ed io tenevo molto alla
mia
fluente chioma vermiglia.
Tagliandoli feci
però una solenne promessa, un giuramento di cui mai mi
pentirò: mai
sarei più apparsa debole e inerme, indifesa, non
c'è il principe
azzurro col cavallo bianco a difendermi, e infatti, ho imparato a
farlo da sola e anche maledettamente bene, se mi è concessa
una
punta di arroganza.
Vado a fare in
fretta una doccia, oggi si prospetta una di quelle giornate in cui l'
insicurezza, che non si fa mai sentire nell'arco di tutto l'anno, ora
vuole giocarmi un tiro mancino coi fiocchi.
Se la sorte vuole
sfidarmi, ebbene sono pronta.
La vecchia Sheila,
la povera e tenerella Sheila non esiste più, ora ne esiste
un'altra
e non nego che per certi versi sia migliore della precedente.
Apro il piccolo
armadio a muro, dopo essermi rinfrescata un po' ho bisogno di
indossare qualcosa oltre al leggero intimo semplice e pratico che mi
è consono nel quotidiano.
Nulla di elaborato o
di appariscente e né da donnaccia, certe cose non sono
assolutamente
da me; d'altronde, sono cambiata, sì, è vero, ma
una parte di me è
ancòra ancoràta a quell'essenza solita che mi ha
sempre
contraddistinta.
Prendo dei comodi e
ben stirati pantaloni sette-ottavi di jeans, abbastanza aderenti e
tali da sottolineare le mie curve: la calura è opprimente
già alle
sette del mattino, ma la mia destinazione, il luogo verso cui sono
diretta, richiede un certo decoro e soprattutto un rispetto tale da
potermi “sacrificare” per una mezza giornata
trascorsa a
sopportare una maggior diaforesi.
Prendo una
semplicissima ed anonima t-shirt, ma che mostra rilievo al mio seno e
quindi penso sia eccessivo. Me la tolgo senza pensarci due volte;
odio quando la gente si fissa sul mio corpo come se non vi fosse
null'altro che un noto pertugio in me tra le mie gambe, mi verrebbe
voglia di dare la castrazione a tutti quei pervertiti bavosi e nel
mio lavoro ne ho incontrati alcuni davvero insopportabili. Mi viene un'ondata di ribrezzo al
sol pensiero, che scuoto immediatamente dalla mia mente.
Osservandomi allo
specchio mi guardo attentamente e noto che la mia figura non
è
affatto strabordante di forme e dunque maggiorata, ma nemmeno un'esile
scheletrina.
Ho sempre odiato gli
eccessi e il mio corpo più maturo ha mantenuto le
aspettative del
mio di liceale, merito dell'allenamento estenuante al quale mi sono
sottoposta per riuscire nel mio scopo.
Essendo ospite
presso l'agenzia di qualcuno, non mi va affatto di incrociarlo
stamane o, se proprio la sfortuna desidera remarmi contro, vorrei il
più possibile evitarlo.
Delle delicate
espadrillas legate con un bel fiocco adornano i miei piedi mentre una
camicia a scacchi larga mi permette di star fresca e di camuffare il
mio corpo al meglio.
Stavo per lasciare
la camera nella quale mi è stato permesso di riposare e un
lieve
sorriso, stavolta nostalgico, mi scuote.
Se ci fosse stata
mia madre mi avrebbe dolcemente rimproverata con un buffetto sulla
testa, perché non ho mai amato rifare il letto.
Quante volte me lo
diceva!
E la mia sorellina
sorrideva perché lei adorava dormire con me, e alle volte le
coperte
erano tutte sue.
Questa volta non ce
la faccio, due piccole goccioline salmastre rigano le mie guance:
è
un dolore inestinguibile.
Scendendo
le scale, la
giovane Sheila sta molto attenta a non fare il benché minimo
rumore
al fine di evitare di disturbare il padrone di casa o, per meglio
dire, secondo lei, il padrone di quella stamberga o che dir si voglia
topaia, per quanto è sporca e messa a soqquadro, mancando
propriamente la mano di una donna che conosca almeno le nozioni base
dell'ordine e della pulizia, come una brava massaia.
Ma la fanciulla non può
mentire a se stessa, lei sa bene, in cuor suo, che tutta questa
meticolosità per rendere un perfetto silenzio è
dovuto al senso di
mancamento e di capogiro impenitente, ma ben camuffato, che le deriva
ogniqualvolta i suoi occhi tendenti al fumo si scontrano con delle
pozze che trascendono i ghiacciai più limpidi, appartenenti
a un
giovane uomo che conosce da tempo, ma che soprattutto non ha mai
smesso di amare, seppure ora, con un orgoglio recalcitrante, ella
affermi di non essere più soggiogata dall'affascinante
presenza
dell'uomo in questione, ma questa è una pura e mera bugia
che il
giovanotto vuole smascherare appieno.
Il piano di lei di
sfuggire ai sensi iper acuti di qualcuno come un lieve alito di voce,
è andato in fumo.
Un sorrisetto sardonico
su una mascella squadrata nonché ben definita, matura,
velata da un
leggero filo di barba più scuro per rapporto al chiarore
della sua
pelle e dei capelli, a tratti madreperlacei si rivela non appena la
ragazza mette piede in cucina, dove, ovviamente, si aspettava lei,
per la questione “fornelli e colazione”.
Rassegnata dal fatto di
non averlo saputo raggirare, sospira già vedendolo seduto
sulla
comoda poltrona di pelle lisa, intento a leggere una rivista, con le
gambe strette al pouf che gli permette una maggiore comodità
intrinseca.
"Buongiorno,
Dante."
"Buongiorno a te,
Sheila, la cucina ti reclama..." il ragazzo ben si mantiene dal
pronunciare le due dolci parole che qualsiasi persona apprezzerebbe
in un giorno tanto speciale, ma per lei, nella stessa data, anche se
non richiesti si incatenano in tale arco di tempo anche l'avvenimento
più tragico che ha dominato la sua adolescenza e quella che
ora si
suppone essere il primo fiore del suo essere adulta.
Un'adulta che ha come
scopi principali la ricerca, la caccia, la verità e la
vendetta. E
lui lo sa bene.
"No, un momento,
fammi capire bene... io mi sono appena svegliata e dovrei farti da
schiava? E tu, che immagino sia lì da un po', non hai mosso
un dito
sinora e hai continuato a tenere le mani sulla pancia? Se tanto
tenevi alla colazione, caro mio, la prendevi al bar all'angolo mentre
tornavi dalle tue nottate
brave, un cornetto per
te ed uno per
me magari..." fortunatamente l'intento di Dante nel distoglierla dal
fatto che oggi compie gli anni ha funzionato ed alla grande. Ma ha
sortito anche l'effetto di udire nella sua voce una punta di stizza
nell'aver pensato che egli possa esser stato con una donna... che non
sia lei. Gelosa anche ora, dopo dieci anni, non si era sbagliato. E
sull'onda di questa convinzione, la risposta di lui è
sibillina ma
al contempo chiara.
"Beh, se permetti,
ritengo che la donna con cui ho passato la notte meriti di
più la
colazione di te, che ti sei svegliata ora, e che quindi devi
preparartela" e il marcare del verbo
“prepararti” non
sfugge a Sheila.
"Quindi...la
colazione devo farla... solo per me, dico bene?"
"Esatto, io ho già
provveduto a soddisfare il mio livello di fame e... appetito"
non si poteva
essere più maligni ed allusivi di così, non vi
pare?
"Ah, sei stato
chiarissimo, trasparente, vabbè, tanto meglio, meno lavoro
per me se
preparo solo un pasto" anche se nelle corde vocali della giovane
traspare molta fierezza, è innegabile che un po' di
tristezza per
aver pensato male della notte appena passata dal cacciatore di demoni
con una lei che non è propriamente la ragazza che
è di fronte a
lui, ma questo non deve più ferirla, nemmeno scalfirla,
perché ha
altre priorità più impellenti e più
necessarie di fare la sciocca
sentimentale che pende da qualsiasi parola da lui pronunciata. E in
silenzio, con calma e meticolosità, si accinge a prendere il
bollitore per far scaldare un goccio di latte.
La sua attività di
cuoca viene seguita in ogni passaggio da Dante, il quale la osserva
senza farsi notare, provando a carpire se le sue parole abbiano
scalfito o meno l'animo della sua carissima amica d'infanzia, e
qualcosa di più molto probabilmente.
Purtroppo, vedendola di
spalle, l'uomo possente può solo tendere l'udito al massimo
per
auscultare il battito cardiaco della ragazza, che mostra un po'
inquietudine.
Ma prosegue nel suo
“lavoro” ed ora aspetta su una seggiola della
cucina che il caffè
sia pronto.
"Sheila?" Dante la
richiama un attimo, avendo notato in lei lo sguardo perso di coloro
che rimandano a pensieri tetri e tristi.
"Sì? Cosa c'è?"
"Su, dai, ammettilo
che volevi la mia compagnia in camera stanotte..."
Sto
preparando la
colazione, ma solo per me.
Dato che qualcuno ha
già fatto tutto, in compagnia di chissà quale
donnetta, io mi
premuro di procacciarmi del cibo.
Nel mentre che
preparo, mi lascio andare un po' ai pensieri e mi rendo conto della
mia fiacchezza d'animo.
Mi ha fatto male
sentire che ha trascorso la notte con qualcuna che non conosco,
è
sempre stato così. Egli si diverte mentre io mi danno e
dispero per
lui, perché non mi ha mai considerato come io volevo che
facessi.
E pensare che avevo
detto che non mi sarebbe importato, che stupida che sono, ma devo
provare a resistere, mostrarmi, rendermi forte, per me
innanzitutto... e per voi.
Mamma, papà,
sorellina mia, mi sono seduta al tavolo della cucina, come facevamo
sempre noi, per tutti i pasti della giornata.
Anche se avevamo
orari diversi, chi il lavoro, chi la scuola, per sederci a quella
modesta tavola c'eravamo sempre, per chiacchierare, conversare,
ridere, scherzare, mentre io crescevo grazie a voi ed alle vostre
amorevoli cure.
Mi mancate, tanto,
troppo e mi sento vacillare perché voi non siete
più qui.
Mi basterebbe una
sola presenza, una prova tangibile che non mi avete abbandonata, ma
chiedo troppo, vero?
Pensarvi mi fa
cadere nello sconforto, ma mi sento risvegliata, è la voce
di Dante,
cosa vorrà?
"Sheila?" devo ammettere che sentirlo parlare con
la sua voce più baritonale e bassa mi fa uno strano effetto,
ma
manteniamo la calma.
"Sì?"
"Su, dai,
ammettilo che volevi la mia compagnia in camera stanotte..." eh? Ma
tu guarda che maligno, mi aspettavo una battutaccia del genere da uno
come lui, ma non così repentinamente e di gusto, toh, ma
guardatelo,
sorride anche sotto i baffi, che grande carogna... allora rispondiamo
a tono, come merita.
"La tua compagnia?
Innanzitutto non ti toglierei mai ad una donna disperata con la quale
condividi il letto dato che ha voluto te per divertirsi, come seconda
cosa poi faceva troppo caldo ieri sera per qualsiasi
attività senza
il condizionatore di cui tu sei sprovvisto e tre... sto considerando
alcune proposte, io, non mi getto nelle braccia del primo sconsolato,
come fai tu" sarò stata forse troppo cattiva, ma non mi
importa,
non ho intenzione di farmi sottomettere né verbalmente
né in altri
modi. Scoppia a ridere, il bastardo.
"Le donne con cui
vado disperate? Al contrario, si reputano fortunate, sai? Per
qualcosa che non ti è dato sapere. E che richieste vagli
tu?" e questa curiosità? Si tratta solo di voler ficcare il
naso nei miei affari? Non mi convince.
"Qualcosa che non
è dato sapere a te, casomai. Comunque sono degli uomini che
mi
chiedono di conoscermi e che, ovviamente, si approcciano alla
sottoscritta" è falso, la mia routine lavorativa
non mi
permette di frequentare uomini e poi non me ne interessa
nessuno... nessuno... a parte chi ho dinanzi. Non ho mai saputo dire le
bugie, ma non ho avuto altra scelta, non esiste che lui possa pensare
che... che io sia ancora presa come quando ero più
piccola.
"Sono felice per
te, Jessica Rabbit, e piantala di arrotolarti i capelli con le dita,
sulle ragazzine come te i trucchi per sedurre non attecchiscono, non
ne sei capace, per nulla" non mi ero accorta che rapidamente si era
avvicinato a me e ora è lui che tortura una ciocca dei miei
capelli
presi dalla mia coda alta. Arrossisco miseramente, purtroppo. Non
sono ancora brava a celare del tutto le mie emozioni.
"Allora lascia che
faccio pratica" gli rispondo beffarda.
"Contenta
tu... vedi che il caffè è uscito e si sta
versando
sul piano
cottura. E rilassati, so dove devi andare, vorrei venire anche
io"
con quest'uscita mi ha spiazzata.
Sapeva, sa, si
ricorda... e vuole accompagnarmi.
"Va bene, grazie"
non ce la faccio a essere dura in questo caso, questa volta merita di
esser ringraziato.
"E di cosa?"
Non c'è nulla da
fare: è sempre lui, il solito Dante, che non ama prendersi
meriti in
più.
Entrambi
i giovani ora
sono dinanzi tra bianche lapidi tutte vicine, che recano lo stesso
cognome, quello della famiglia White.
Per la giovane donna
dei gigli rosa, per l'uomo alle volte burbero dei rami di lavanda,
mentre per la piccina delle rose bianche, pure come la sua
fanciullezza.
Dei rami d'edera si
intrecciano sulle marmoree lastre, quella pianta sempreverde attesta
che la natura si rinnova, il tempo passa e la speranza resta
immutata.
La speranza che il
meglio possa sempre giungere, per tutti, quindi anche per lei, la
buona Sheila.
Se ne accorge adesso,
dopo essere uscita da quel cancello grande e pesante che nei giorni
festivi resta aperto solo mezza giornata.
La vecchina del chiosco
all'angolo dove ha acquistato i fiori prima le sorride, con la
consapevolezza di chi come lei ha da tempo almeno un caro lì
tumulato e prova l'angoscia di esser rimasta, sola, l'unica in vita.
Ma, mentre un uomo ti
porge il casco della moto, si rende ancora conto che non tutto
è
perduto, anzi, qualcosa può cominciare.
"Su, Sheila, non
esser triste, oggi devi divertirti, anche loro lo vorrebbero."
E scoccandole un bacio
sulla fronte, una frase gentilissima e quanto più adatta.
“Buon compleanno”.
L'angolo di Layla.
Salve a tutti.
Perdonate daccapo la mia intrusione su questo fandom, ma com ho detto già nell'introduzione, l'otto luglio è il compleanno della cara Sheila_Sparda, in attesa che ella continui a scrivere la sua storia, le dedico questa, una piccola sua richiesta, che penso possiate gradire anche voi, gentili lettori.
La pubblico oggi perché credo che l'otto luglio non sarò a casa e non potrò usare il pc, purtroppo.
Ora vi lascio, spero vi piaccia, un saluto,
Layla_Morrigan_Aspasia.