*Only Act*
– A Kiss Goodnight –
I suoi vestiti
erano macchiati di sangue, così come il tavolo e il pavimento. Sembrava che
qualcuno lo avesse aggredito. Le labbra, il mento, il collo, le mani… era tutto
coperto di rosso.
Katherine
osservava Stefan bere molto più sangue di quanto il suo corpo – e la sua psiche
– potesse sopportare: non le piaceva RipperStefan,
quel ruolo non era destinato a lui, nonostante la follia dello squartatore
fosse sempre stata presente nel suo animo.
Lei poteva essere crudele. Damon poteva impazzire e compiere una follia dietro l’altra. Klaus poteva infilare la mano nel petto
delle persone e strapparne il cuore senza battere ciglio.
Ma Stefan… lui no, non era fatto per quella vita, per tutta quella crudeltà.
“Basta così…”
ansimò il vampiro. “Dammi la cura per salvare mio fratello. Farò
tutto ciò che vuoi, ma ora basta.”
Klaus gli rivolse
uno sguardo enigmatico e un sorrisetto appena accennato. Pochi istanti dopo si
alzò con la boccettina di sangue in mano e si avvicinò a Katherine. Lei
sussultò appena quando lui le sfiorò una guancia con la mano libera.
“Katerina…” il
modo in cui pronunciava il suo nome umano
la faceva sempre rabbrividire. “Voglio che porti questo a Damon.”
Stefan sgranò
gli occhi: aveva un brutto, anzi, un pessimo presentimento.
“Vuoi che me
ne vada?” sussurrò la vampira, e il sorriso enigmatico di Klaus marcò il suo
viso, facendole capire che lui sapeva
della verbena.
“No!” esclamò
Stefan. “Non glielo porterà mai!”
L’ibrido,
però, sembrò non badare affatto a quelle parole.
“Voglio che
porti questo a Damon,” ripeté “e che torni subito qui.
Ho ancora una cosa da
fare con te.”
Katherine
corse subito via dall’appartamento di Alaric e, prima che fosse troppo lontana,
sentì distintamente il ringhio furioso e terrorizzato di Stefan. Ciò la offese,
in realtà: Stefan credeva davvero che lei avrebbe lasciato morire Damon, avendo
la possibilità di salvarlo?
“Grazie…”
“Non vorrei
disturbare, ma dovreste ringraziare me.”
Elena scattò in
piedi, Damon posò gli occhi sulla vampira, anche se non riusciva a metterla a
fuoco.
“Katherine…?” mormorò, sorpreso.
“Sono quella
che ha portato la cura.” Mostrò la boccetta contenente il sangue di Klaus, poi
si avvicinò al letto e si accomodò accanto a Damon.
“Perché sei…
qui…?”
“Perché non
sono quella che credete tutti.” Un orecchio attento avrebbe avvertito la punta
di risentimento nella sua voce. “Avevo un debito da onorare.”
Versò il
sangue miracoloso tra le labbra del vampiro, poi richiuse a boccetta e la
lanciò ad Elena, che la prese al volo.
“Dov’è
Stefan?” chiese la ragazza. Prevedibile,
pensò Katherine.
“Con Klaus. Dal quale devo tornare, tra l’altro.”
L’espressione
di Elena era davvero divertente.
“Il sangue di
Klaus cura il morso di un licantropo.” Spiegò con aria annoiata. “Stefan ha
barattato se stesso, la sua vita, e te”
indicò la ragazza con un dito “per salvare la vita di suo fratello.”
Un sorriso
malizioso si dipinse sul suo viso alla reazione sorpresa e sconvolta dei due amanti.
“E adesso, se
permettete, devo andare.”
“Potresti
scappare.”
Damon si era sforzato
di mettersi seduto sul materasso, ed Elena gli era corsa accanto per
sorreggerlo.
“Potrei, è
vero.” Confermò la vampira. “Ma devo tornare da Klaus. Non credo che tu riesca a capirlo… o forse
sì, ma non ho tutta l’eternità per spiegarti queste cose.”
Mosse qualche
passo verso la porta, poi si fermò, come se si fosse appena ricordata di
qualcosa, e si voltò a guardare Elena.
“Va bene
amarli entrambi. Io l’ho fatto.”
La porta
dell’appartamento di Alaric non era del tutto chiusa e
un debole fascio di luce illuminava il pianerottolo. Katherine entrò
lentamente: non sapeva cosa aspettarsi, c’era troppo silenzio, e questo l’allarmò.
“Katerina…”
C’era qualcosa di inquietante
nel modo in cui Klaus pronunciava il suo nome.
La vampira si
allontanò da lui con uno scatto rapido e si voltò per fronteggiarlo. “Dov’è
Stefan?”
“Al sicuro. E sorvegliato.”
Lo osservò
attentamente, ma non riuscì a decifrare la sua espressione: una strana luce
animava gli occhi dell’ibrido, e Katherine pensò di capire cosa fosse.
Voleva ucciderla.
Ecco perché le
aveva chiesto di tornare e aveva allontanato Stefan. Se però, come era quasi sicura lei, Klaus sapeva della verbena,
perché permetterle di andare via? Non aveva alcuna garanzia che sarebbe davvero
tornata.
Non ci fu
tempo per formulare altri pensieri: Klaus spinse Katherine contro la parete e
le strinse una mano intorno alla gola. Lei boccheggiò e tentò di liberarsi, ma
inutilmente.
Solo quando la
vampira sembrò aver sofferto abbastanza, lui decise di allentare la presa, senza
però spostare la mano, come se fosse un avvertimento.
“Mi
ucciderai?” chiese lei poco dopo.
“Perché sei
tornata?”
Katherine non
capì subito quella domanda, ma decise di rispondere in fretta: Klaus sembrava
fin troppo su di giri quella sera, l’ultima cosa che voleva era irritarlo e
dover subire poi la sua furia.
“Era ciò che
volevi. Me l’avevi ordinato, ed eccomi qua.”
Fingere di non
avere verbena in corpo era la cosa migliore in quel momento, quindi decise di
proseguire su quella strada, sperando che fosse anche quella giusta.
“Sono
indeciso” disse Klaus dopo qualche istante di silenzio. “Potrei ucciderti ora.
Oppure potrei rinchiuderti da qualche parte e lasciare che ti disidrati col
tempo.”
Disidratarsi non era affatto una bella esperienza, lei l’aveva già vissuta
e non moriva dalla voglia di ripeterla.
“Prenditi
tutto il tempo che ti serve per decidere, io aspetto.”
Quel tentativo
di smorzare la tensione sembrò funzionare, perché Klaus spostò la mano dal
collo alla spalla della vampira.
Poi,
all’improvviso, si chinò su di lei e la vicinanza dei loro visi le fece intuire
quali fossero le sue intenzioni.
“No!”
L’esclamazione
di Katherine fu accompagnata da una forte spinta sul
petto dell’ibrido.
“Cosa… che
cavolo stavi facendo?!”
Sembrava
sconvolta. Era sconvolta. Cercò di realizzare quello che era successo – e che stava per
succedere – e un brivido intenso le corse lungo la schiena.
“Non
te lo permetto.
Questo non puoi
farlo” disse in tono serio e minaccioso: sì, stava davvero sfidando Klaus, che
probabilmente l’avrebbe uccisa entro pochi secondi a causa di quella reazione.
“Vorresti
negare di averlo desiderato?” rispose lui in quello che sembrava un ringhio.
“Sai meglio di me che sarebbe davvero ridicolo farlo.”
Lei scosse la
testa e strinse i pugni “Non ho intenzione di negare.” Fissò l’ibrido negli
occhi, fiera e determinata. “C’è stato un tempo in cui ti avrei concesso
qualsiasi cosa.”
“Ho ragione di credere che quel tempo sia sopravvissuto fino
ad ora.”
Quando lui
fece un passo avanti, lei ne fece uno indietro e gli
lanciò uno sguardo furioso “Non puoi vantare più alcun diritto su di me,
Klaus!” esclamò allora. “Mi avresti dissanguata per un
problema che riguardava solo te, sono
diventata vampira per sfuggirti e ho continuato a scappare per cinquecento anni.
Hai idea di quanto sia difficile e stremante nascondersi da un pazzo per cinquecento anni?”
Sembrava che
in lei si fosse rotto qualcosa. O che i pezzi fossero tornati al proprio posto.
“Mi hai reso
la vita impossibile sia da umana che da vampira, si può
sapere cosa vuoi ancora da me? Sei un ibrido adesso, hai ottenuto ciò che hai
bramato per mille anni. Cosa
ti manca?”
Inaspettatamente,
Klaus diede un pugno così forte alla parte che tante piccole crepe si formarono
al di sopra della spalla di Katherine. Quel gesto la
spaventò molto, tuttavia non volle permettere che la intimorisse al punto da
tacere.
C’erano cose
che non aveva mai detto, sentimenti celati in fondo al
suo cuore, battaglie combattute con la sua mente e i ricordi della lunga vita
che non aveva realmente vissuto.
“Credevo che
volessi il bacio della buonanotte.”
Quella frase
era così carica di significati – espliciti e non – che Katherine non si accorse
di aver trattenuto il respiro per un intero minuto.
Una lacrima
sfuggì al suo controllo, scese lungo la guancia e le morì sul mento “Non ho mai
ricevuto quel bacio.”
I ricordi
legati a quella frase riemersero prepotentemente in lei, tanto che Klaus sembrò
confuso a causa del susseguirsi di emozioni diverse sul viso della
vampira.
Sorpresa – per essersi fatta cogliere
impreparata.
Confusione – per i sentimenti che le agitavano il
cuore.
Rabbia – per la lotta che stava perdendo con
se stessa.
“Ho aspettato
quel bacio per mesi, così come ho aspettato te.”
La sua voce
sembrava controllata, ma Klaus percepì qualcosa di diverso in essa, in lei. Senza preavviso, Katherine lo spinse con forza lontano da sé e
non cercò più di trattenere le lacrime.
Aveva bisogno di versarle.
“Mi coprivi di
regali, ma io non li volevo!” alzò la voce in uno scatto rabbioso e avanzò
verso l’ibrido. “Non mi interessavano gli abiti fatti
apposta per me né i gioielli che trovavo sempre sul cuscino ogni volta che non
mantenevi una promessa… e di promesse ne hai mantenute davvero poche.”
Klaus non poté
evitare alla sua memoria di scavare nel passato, cercare e analizzare il
periodo vissuto con Katerina, le frasi enigmatiche con cui la confondeva, i
regali che commissionava a sarti e orafi e le feste
organizzate per tenerla occupata quando lui non c’era.
“Volevo una
sola cosa da te. Non l’ho avuta. Adesso sono io a non volerla, di certo non così, non da questo te, e nessuno ti dà il diritto di continuare a giocare in
questo modo con me!”
L’umanità
repressa della vampira batteva così forte contro il suo cuore da farle fisicamente male. Decise di non
ignorarla. Non ne poteva più di mostrare solo il lato cinico ed egoista di sé,
perché comunque non era di alcuna utilità: i
sentimenti tornano sempre.
Si sentiva
così provata da quella discussione – e lo sfogo della propria anima – da non
voler neanche più vedere il volto di Klaus: lo sorpassò e si diresse verso la
porta, ma accadde qualcosa di imprevisto.
Klaus le
afferrò un braccio , la fece voltare verso di sé e,
senza attendere altro, la baciò.
Dapprima
Katherine non si rese davvero conto di ciò che stava succedendo, soprattutto
perché non si era aspettata dolcezza
da lui: quel bacio era dolce, per nulla forzato. Klaus la stringeva a sé, ma
senza farle male.
Sembrava un
abbraccio possessivo.
Quel bacio uccise Katherine Pierce e
diede nuova vita a Katerina Petrova.
Lei non si
mosse, perché non ne aveva la forza. Rimase immobile, intrappolata
nell’abbraccio di Klaus, vittima di quel bacio che rendeva entrambi umani.
Lui, per aver
deciso di darlo.
Lei, per non
aver opposto resistenza.
Quando la
magia finì, e il bacio con essa, nessuno dei due disse niente.
L’intenzione
iniziale di Klaus, quella sera, era di mettere alla prova Katerina e
spaventarla. Baciarla non era previsto, era stata un’azione dettata da un
momento in cui aveva pensato di ucciderla davvero, o di andarci molto vicino.
“Mi hai appena
dato ragione, Katerina” sussurrò lui sulle sue labbra.
“Il tempo per te non è passato.”
Lei inclinò la
testa e mostrò un sorriso enigmatico “Ne è passato anche troppo.”
Poi, con la
velocità di vampira, abbandonò l’appartamento di Alaric, e Klaus con esso…
almeno fino a quando non avrebbe deciso di tornare in circolazione.