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Autore: Fink    30/06/2012    3 recensioni
A casa di Jen dopo la dipartita de "la Grenuille". Jethro e Jen = Una storia tutta JIBBS!
Si tratta di un primo tentativo, fatemi sapere cosa ne pensate. Buona lettura.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vicenda si svolge a casa del direttore Shepard, dopo la dipartita de “La Grenouille”.
 
 
G: “Che cosa avresti fatto se la pistola fosse stata carica ed io non ci fossi stato?”
Avvicinò il proprio viso a quello di Jen, guardandola fissa negli occhi.
J: “Non lo sapremo mai”.      
G: “Già!" Ci sono troppe cose che non sapremo mai, Jen! Da quando sono tornato troppe cose mi sono state tenute nascoste, riguardo alla mia squadra. Di Nozzo lavora per te sotto copertura, Abby si mette a fare analisi nel cuore della notte per assecondare una tua ossessione personale. E Ziva e McGee? Chissà cosa hai chiesto a loro di fare, senza che io ne fossi informato.”.
J: “Avevi dato le tue dimissioni, Jethro. O pensi forse che l’agenzia si fermi solo perché tu decidi di andartene?”
Gibbs s’ incamminò verso la porta.
J: “Jethro!”
Si voltò in direzione del suono. La luce della lampada, sopra la scrivania, illuminava il volto della donna. I capelli le erano ricresciuti e ora li portava legati dietro la nuca con un fermaglio. Aveva gli occhi arrossati, segno che non dormiva da molto e tutto il suo corpo era percorso da un impercettibile fremito di rabbia. “Come era bella” pensò Gibbs “anche ora che era furente per aver lasciato andare l’assassino del padre”.  Era vero, aveva sempre avuto un debole per le donne con i capelli rossi, si era risposato tre volte; e tutte avevano i capelli fulvi. Gli venne in mente Parigi, le giornate e le notti passate assieme quando erano due agenti sotto copertura. Erano trascorsi anni ormai, eppure ogni volta quel ricordo gli affiorava vivido nella mente, come se non fosse trascorso che un giorno. Era stata l’unica donna che aveva amato veramente dopo la morte di Shannon, ma lei lo aveva respinto. Aveva preferito una promettente carriera a una vita passata accanto a lui.
Quasi a leggergli nel pensiero continuò:
J: “Ciò che è stato è stato, ora sono il loro direttore. E sono anche il tuo direttore. Ho tutto il diritto di programmare e coordinare una missione!”
G: “Ma è la mia squadra!” ringhiò “Buona notte. Direttore!”
Uscì dallo studio sbattendo la porta.
Non doveva finire così. Non con l’ennesimo diverbio. Non quella sera. Gibbs aveva ragione, se la pistola fosse stata carica e lui non ci fosse stato, avrebbe premuto il grilletto. Ma era rimasto lì, pronto a coprirle le spalle. Voleva solo ringraziarlo e lui era scattato come una belva, ferito nel suo orgoglio. Non poteva lasciarlo andare via così, non voleva. Lo fermò prima che uscisse dalla casa.
J: “Jethro. Aspetta. Resta qui stanotte.” Ma cosa le era saltato in mente. Avrebbe dovuto dire semplicemente “Grazie. Sei sempre pronto a coprirmi le spalle” Possibile che gli avesse chiesto davvero di fermarsi?
G: “No.”
J: “Ho bisogno che qualcuno mi impedisca di inseguire quel bastardo per ucciderlo, ora che la pistola è carica. Sai che lo farei, sono disposta a tutto pur di prenderlo. Come tu eri disposto a tutto pur di catturare Ari.” Mentì. La verità era che quella sera non voleva restare sola, lo voleva accanto a sé.
G: “Hai un maggiordomo e una cameriera. Fatti legare al letto o fatti chiudere in camera.”
Jen gli si avvicinò di qualche passo, accorciando la distanza che li separava. Guardò in quegli occhi azzurri e per un breve istante vi lesse esitazione e desiderio. Sorrise.
J: “Hai ragione, sono in grado di controllare la mia rabbia e in caso di necessità mi farò legare al letto.” Disse con tono ironico.
Si guardarono per pochi istanti, poi Gibbs disse: “Resterò nello studio, la poltroncina sembra comoda, in più tenendo la porta aperta avrò una perfetta visuale dell’ingresso.” Abbozzò un sorriso e seguì Jen nello studio.
Lei lo guardò versarsi un bicchiere di burbon. Non era cambiato poi così tanto dal loro incontro a Parigi. La stessa determinazione e sicurezza sul lavoro, lo stesso sguardo gelido e spietato e tuttavia rassicurante a seconda delle circostanze; solo i capelli erano un po’ più grigi. Non si erano mai trovati da soli lontano dall’orario di lavoro, probabilmente se ne era reso conto anche lui, perché continuava a sorridere in quel modo buffo di quando era in leggero imbarazzo. Gli sorrise di rimando.
G: “Non mi hai fatto restare perché temevi di comprometterti. Non è vero, Jen?”
J: “E per quale motivo allora?” possibile che la conoscesse così bene? Probabilmente si era accorto subito che il vero motivo era un altro. Allora perché aveva accettato di restare, perché non era semplicemente uscito.
Gibbs posò il bicchiere e le si avvicinò. “Parigi!?”
J: “Scusa, Jethro. Forse in fin dei conti sarebbe meglio se tornassi a casa.”   
G: “Mai chiedere scusa.” Le sfiorò le labbra con le dita, delicatamente. La vide irrigidirsi. “Forse è meglio se vai a riposare. Io resterò qui di guardia. Buona notte, Jen.”
 
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Si svegliò di soprassalto nel cuore della notte. Dove si trovava? Si guardò attorno e riconobbe lo studio di Jen. Ricordò. Non avrebbe dovuto comportarsi in quel modo. Certo non l’aveva baciata, ma ne era stato tentato e sei lei non si fosse irrigidita, probabilmente ora non sarebbe seduto su questa poltrona, ma disteso in un letto del piano di sopra, accanto a lei. Stava per infrangere la regola n°12 e in più Jen era la donna che lo aveva respinto e attuale direttore dell’N.C.I.S. Si alzò, accese la luce e finì il liquore che aveva lasciato nel bicchiere.
Uno scricchiolio proveniente delle scale lo avvertì che non era il solo ad essere sveglio.
J: “Nemmeno tu riesci a dormire?”
Jen comparve sulla soglia con una vestaglia azzurra, sotto la quale s’intravedeva una maglietta nera che le arrivava di poco sopra le ginocchia. Sentì che Gibbs la stava guardando, lo lasciò fare, senza provare alcun imbarazzo. Al tocco delle sue dita era stata attraversata da un brivido di piacere, ma nonostante lo desiderasse più di ogni altra cosa, anziché lasciarsi andare si era irrigidita. Forse questa volta era lei che temeva di essere respinta e il sistema di autodifesa le aveva fatto prendere da subito le distanze. Ma era scesa, per quale motivo? Gibbs continuava a guardarla.
“Non posso lasciarlo andare anche stavolta” pensò Jen.
Si avvicinò a Gibbs e posò le mani sui braccioli della poltrona nella quale sedeva, gli occhi fissi sul suo viso.
Pronunciò le parole lentamente ma con sicurezza “Sono passati sei anni, Jethro. Non siamo più a Parigi, io non sono più un agente sotto copertura, sono il tuo direttore, ma ti desidero forse oggi più di allora. Pensavo di poterlo superare, ma quando ti ho visto, il giorno della mia nomina… e quello che è successo stasera non mi ha certo aiutata a dimenticarti e...”
Non lasciò che finisse la frase. La baciò con tale passione che dovettero staccarsi per riprendere fiato. Le sfilò la vestaglia. Le baciò l’incavo alla base del collo, aspirando il suo profumo. Jen chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un gemito.
G: “Sono diventato così brutto ch non hai il coraggio di guardarmi negli occhi?” scherzò lui.
J: “Al contrario.”  Lo aveva sempre considerato uno degli uomini più affascinanti e leali che avesse mai conosciuto. Quando aveva rifiutato la sua proposta, mai avrebbe pensato che lo avrebbe rivisto e ora stava lì, stretta tra le sue bracciale. “È solo che ancora non ci credo. Temo che sia solo un sogno. E se aprendo gli occhi tu scomparissi?”
G: “Non essere sciocca, Jen. Aprili.”
Jen aprì gli occhi e lo guardò. “Ti amo, Jethro”. Gli sorrise. Con un movimento rapido delle dita gli sbottonò la camicia facendo scivolare la mano lungo il profilo delle costole e sul petto. Gli sfilò la camicia e gli baciò la cicatrice che il colpo sparato da Ari gli aveva lasciato sulla spalla. Al tocco delle sue labbra trasalì. Le si accostò ancora di più, premendo il proprio corpo contro quello di Jen. Lei fece scivolare la mano sinistra lungo i pantaloni, sfiorandogli il membro. Era eccitato. Lo spogliò e rimase ad osservarlo, mentre lui le toglieva la maglia. Erano nudi entrambi.
Gibbs osservò il corpo di Jen, la pelle era chiara, la figura snella e i seni ancora pieni. “Sei ancora più bella di quanto ricordassi”. La baciò di nuovo, sollevandola sul tavolo.
G: “Ti amo Jenny.”
Fecero l’amore lì, sulla scrivania in mogano. La sentì ansimare sotto le sue spinte, finchè entrambi non raggiunsero l’apice lasciandosi sfuggire un gemito di piacere. Lo fecero più volte quella sera, finché la stanchezza non li colse e si addormentarono sul divano, l’uno accanto all’altra, i corpi nudi stretti in un tenero abbraccio.




è la mia prima fan fiction, perciò siate clementi e tuttavia fatemi sapere in cosa posso migliorare, tutte le critiche sono ben accette. Un ringraziamento a quanti hanno avuto la pazienza e la voglia di leggere. Ciaooooo!!!
   
 
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