Libri > Fallen
Segui la storia  |      
Autore: Learna    01/07/2012    3 recensioni
"Cam si irrigidisce un pochino, penso di aver toccato una di quelle cose che lo spaventavano, o che avrebbe preferito dimenticare. Una di quelle cose che ti fanno tremare fino in fondo all’anima al solo ricordo.
Lascio correre un po’ sulla sua esitazione ma quando questa diventa decisamente troppo lunga, mi decido a parlare.
-Hai promesso che mi avresti desto tutto. –
Lo vedo abbassare la testa, i capelli gli coprono gli occhi.
-Eh va bene, se proprio vuoi sapere tutto fin dall’inizio te lo racconterò, ma non stupirti se la storia non sarà come te la immagini, perché al principio le cose erano molto diverse da come sono ora. –"

Luce x Cam
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Tu pensi sul serio che dopo tutto quello che è successo, dopo tutto quello che ci hai fatto, io entrerò davvero in questa macchina con te? –
Cam non rispose.
Restò a guardarmi con l’aria di chi sa già che lo farai, già seduto in macchina.
Incrociai le braccia.
Non mi fidavo di lui. Lo odiavo. Eppure mi aveva appena salvato la vita!
Non sapevo perché, ma sentivo che nel profondo del mio cuore un po’ Cam mi mancava. Mi mancavano le giornate passate insieme spensierati. Mi mancava il suo sorriso che sapeva alleviare un po’ la sofferenza che mi aveva sempre accompagnata nella mia vecchia scuola. Mi mancava sentire il calore di qualcuno che ti capisce e ti cerca di aiutare.
Così, lasciai da parte il mio orgoglio e salii in macchina.
Cam era seduto al posto di guida e mi guardava con un’espressione tra lo sconvolto e il divertito. Si capiva benissimo, anche se tentava in modo pessimo di nasconderlo,  che sapeva già da prima che avrebbe vinto.
-Beh? –
Almeno un po’ di acidità dovevo comunque mantenerla!
Lui si voltò, guardando davanti a se e le sue labbra si piegarono in un sorriso di trionfo.
Mise in moto l’auto.
Il motore fece un rumore strano, come a singhiozzi; quella macchina doveva essere lì ferma da parecchio tempo.
Solo in quel momento mi accorsi dell’aria piena di umidità presente nell’abitacolo.
Cam accese il riscaldamento.
Penso che lo fece più per me che per se stesso, in quanto io avevo preso a tremare come una foglia, mentre lui se ne stava lì comodo nella poltrona dell’auto senza battere ciglio.
Il contrasto tra il freddo del mondo che ci circondava e il caldo che piano si stava propagando nell’autovettura fece appannare i finestrini.
Io continuavo a tremare.
Il freddo era passato, ma un’orrenda sensazione di gelo continuava a riempirmi fino in fondo alle ossa.
Cam si girò nuovamente verso di me.
Io continuavo a tremare.
Sul volto del ragazzo-demone si dipinse un’espressione simile alla compassione; non la volevo, non volevo che mi guardasse in quel modo, non lo sopportavo.
Essere compatita era una delle poche cose che non sarei mai riuscita a farmi piacere.
Lo vidi togliersi la giacca di montone, che un secondo dopo era stata posta a mo’ di coperta su di me.
-Va meglio? –
Per tutta risposta mi accoccolai di più contro la giacca-coperta e la tenni stretta a me con una mano.
Non volevo guardarlo.
Non se lo meritava.
Ad un tratto lui si sporse verso di me e io mi ritirai di scatto, stringendomi contro la portiera gelata.
-Luce, non voglio farti niente! Volevo solo vedere una cosa –
-Cosa di preciso? Se riesci ancora a spaventarmi? Se ti considero ancora una specie di amico? Bhe, la risposta ad entrambe le domande è no –
Sapevo che almeno ad una delle due domande stavo mentendo.
-Luce, perché ti comporti così?! Volevo solo poter evitare che il tuo “stupendo” cappello da sci ti cadesse completamente dalla testa –
-Potevi dirmelo. Lo avrei sistemato da sola, fortunatamente almeno di fare questo sono capace –
Ecco, era fatta! Avevo oltrepassato il limite.
Stavo scaricando tutte le mie preoccupazioni, il rancore che provavo verso Daniel e la sensazione di inutilità che mi aveva accompagnata per tutti questi giorni alla nuova scuola, su Cam.
-Luce … -
-Ma d’altra parte, tutti pensano che io non sappia fare niente. Tutti pensano che sia inutile. Sono sola la fidanzata di uno degli ex pezzi grossi del Cielo, non valgo niente. Tutti lo pensano. I professori, tu, Daniel… -
A quelle parole sentii Cam, che fino ad allora era stato seduto di fianco a me, sbattere la portiera dell’auto.
Quando mi girai il ragazzo non era più al mio fianco. Se ne stava in piedi, con le mani nelle tasche, in mezzo alla strada.
A quel punto capii di avere un po’ esagerato.
Afferrai la gelida maniglia dell’auto e la abbassai, in modo da poter uscire al gelo notturno.
Feci il giro dell’auto.
Lentamente, senza fretta.
I miei passi procuravano un leggero scricchiolio della brina sotto i miei piedi.
Mi fermai a circa tre metri da Cam. Lui teneva lo sguardo basso. Non diceva una parola.
-Cam … -
-Cosa ne sai tu? Cosa ne sai tu di cosa io penso di te? Sei sempre incentrata su te stessa e su Daniel, per te non esiste altro che lui. –
-Questo non è vero –
-Ah no?! Ti sei mai resa conto di quanto tempo durante la giornata passi a parlare di te e Daniel?! Ci hai mai fatto caso?! Sei talmente presa da lui che non ti accorgi di quello che le persone che ti stanno accanto provano nei tuoi confronti –
-Non ti seguo. Non capisco cosa centri quello che stai dicendo in questo momento! –
Nessuno parlò per alcuni attimi, io continuai a guardare la sua schiena, combattuta tra il mollarlo li e tornare alla scuola a piedi e l’avvicinarmi a lui per chiedergli spiegazioni guardandolo in viso.
La situazione si era fatta quasi insostenibile, nessuno dei due diceva o faceva niente.
Poi Cam diede un calcio a an sassolino  che prese a rimbalzare sull’asfalto allontanandosi sempre più da noi.
Non so perché, ma in fondo ero grata a quel gesto; gli ero grata poiché mi diede la conferma che il tempo stesse ancora scorrendo e che non si fosse fermato.
Questo piccolo movimento servì anche a sbloccare la situazione.
Vidi che Cam non faceva altro che stare li, davanti a me, in piedi a strusciare la suola della scarpa destra sulla brina notturna, con le mani in tasca e concentrato a guardarsi i piedi, quasi si fosse scordato di me.
Capii che se volevo sapere qualche cosa in più da lui avrei dovuto fare io la prima mossa.
Decisi di avvicinarmi a lui, con cautela, controllando sempre le sue reazioni.
Compii alcuni passi verso di lui e accorciai la distanza tra di noi di un metro buono poi mi fermai un attimo a controllare se ci fossero reazioni in ritardo.
Nulla.
Decisi di fare ancora qualche passo e mi ritrovai più o meno a un metro dal ragazzo.
Stavo per avanzare ancora quando lui mi bloccò iniziando a parlare.
-Vuoi sapere la mia storia? –
Cosa? No! Perché dovrei voler sapere la storia di un demone, un essere che ha fatto ….
-Si –
Mi sorpresi al suono di quelle parole.
Mi voltai per guardarmi intorno, quasi per assicurarmi di essere davvero stata io a pronunciarle.
Volevo smentire la mia risposta, volevo cambiarla in quella che avevo pensato ma non detto.
Aprii la bocca per parlare, ma non un solo suono uscì da essa.
Non potevo smentire una cosa che in quel momento mi accorsi, che era vera.
Io volevo davvero conoscere la storia di quel ragazzo tenebroso, premuroso, a volte solare e vivace che avevo conosciuto alla Sword & Cross.
Anche lui da come capii rimase sorpreso dalla mia affermazione, in quanto si girò verso di me e mi guardò sbalordito.
Dopo un attimo voltò leggermente anche il busto e mi porse una mano.
Io la guardai un attimo senza capire, poi gli porsi la mia che lui accettò con un sorriso caloroso.
Al tocco della sua pelle sulla mia io rabbrividì, aveva la mano così calda….
Piano mi avvicinai a lui e insieme tornammo nuovamente nell’abitacolo dell’auto che ormai si era scaldato.
Mi risedetti sul sedile del passeggero e lui su quello del guidatore, poi si girò in modo da trovarsi faccia a faccia con me che nel frattempo avevo fatto la stessa cosa.
Appoggiai i comiti sulle ginocchia e poi il viso sui palmi delle mie mani, poste a coppa in modo da sostenere la testa; mettendomi comoda per ascoltare la storia del ragazzo.
Lui si passò una mano tra i capelli quasi pentendosi di quello che aveva proposto o cercando le parole più adatte con cui iniziare.
Con quel gesto si scompigliò i capelli ribelli che gli ridiedero l’area sbarazzina di quando eravamo a alla scuola per ragazzi difficili.
I suoi occhi verdi, che prima guardavano il pavimento, si alzarono e si fermarono a fissare i miei.
Non ressi molto quello sguardo e abbassai gli occhi come una ragazzina vergognosa alla sua prima cotta.
Sentii le guance scaldarsi e mi costrinsi a calmarmi.
Come potevo farmi influenzare così tanto da uno sguardo?
Come potevo arrendermi di fronte al nemico? Ma Cam era davvero un mio nemico?
Fino a poche ore fa ne ero convinta appieno, in quel momento tuttavia non ne ero più certa.
Non ero più certa di niente.
Serrai i denti cercando di calmarmi e maledicendomi per i miei comportamenti.
Cosa potevo fare? Perché non riuscivo a guardarlo? Perché?!
Sentii un dito posarsi sotto il mio mento e alzarmi il viso.
Il mio sguardo tornò nuovamente a posarsi sul volto di lui.
Un leggero sorriso era presente sulle sue labbra.
Era un sorriso dolce.
Sentii il dito del ragazzo passarmi leggero sulle labbra come a delinearne la forma.
Sgranai gli occhi.
Perché faceva così? Perché si comportava così con me?
-Cam, penso …. –
Non riuscii a finire la frase che Cam mi mise una mano sulla bocca.
Io finalmente riuscii a guardarlo negli occhi.
Anche lui mi stava guardando.
Si era portato il dito indice alle labbra per farmi capire di non fiatare.
Io feci un si veloce con il capo.
Mi lasciò andare e io, come stabilito, con parlai.
Lo vidi voltarsi verso il finestrino e guardare fuori. Ero troppo curiosa e non resistetti alla tentazione di andare a vedere. Mi avvicinai allo sportello del guidatore e sbirciai fuori dal finestrino.
Ero talmente concentrata nella ricerca di ciò che aveva messo Cam in allarme che non mi resi conto dello sguardo sorpreso del ragazzo su di me. Fuori dal finestrino non c’era nulla, solo uno spazio ghiacciato eppure sapevo che qualcosa non andava.
Per alcuni secondi tutto restò calmo, in macchina si sentiva sono il suono dei nostri respiri e fuori niente.
Poi….uno strano scricchiolio attirò la nostra attenzione.
Feci per allontanarmi da Cam per rimettermi al mio posto, ma il ragazzo non me lo permise.
Al contrario, mi attirò ancora di più a se, fino a che il suo viso non fu di fianco al mio.
La sua bocca era vicina al mio orecchio e potevo sentire sulla guancia il suo respiro caldo e rassicurante.
Lentamente e facendo attenzione a farsi sentire solo da me e non da chi c’era all’esterno dell’abitacolo, Cam mi sussurrò delle parole.
-Non ti allontanare, non ti muovere ………………. Potrebbe sentire –
Non ero del tutto sicura che volesse che io restassi li solo per non farci sentire da chi aveva prodotto quelli scricchiolii. Non lo ero affatto.
Non che io volessi il contrario! Sia ben chiaro!
Non potrei mai! Oh si?
No, certo che no!
Cam era il mio peggior nemico e lo sarebbe sempre stato.
-Penso che se ne sia andato. –
Nonostante le proprie parole lui continuava a osservare la situazione fuori dal finestrino, la fronte leggermente corrucciata, come pensierosa.
-Che cos’era? –
Non riuscivo a trattenere la mia curiosità. Cosa poteva mai esserci di tanto spaventoso da riuscire a intimorire anche uno come Cam?!
Un sorriso ironico gli apparve sulle labbra mentre rispondeva alla mia domanda.
-Luce, ci sono talmente tante creature su questo mondo che nemmeno io le conosco tutte. Tu sei convinta che io sia l’essere più cattivo e spaventoso esistente, ma non hai la minima idea di cosa vuol dire avere paura. Un paura talmente grande da farti desiderare di non essere mai nato e di chiedere scusa al cielo per questo. Persino il diavolo ha paura, perché lui non è il signore del male, non lo è affatto. –
-Cosa vuoi dire con questo? –
Quelle poche, semplici frasi erano state capaci di mettere in discussione quasi tutto quello in cui credevo.
Uno dei capisaldi fondamentali che da piccola, anche non volontariamente, mi erano stati imposti, era crollato, e ora non sapevo più in cosa credere.
Esisteva un male ancora più grande del diavolo. Com’era possibile?!
-Vieni, usciamo da qui, non è sicuro stare in macchina. –
Mentre parlava aveva già messo un piede fuori dalla vettura, ma io fui più veloce di lui.
Con una mano gli afferrai la manica della camicia e la strinsi forte, in modo da non farlo scendere.
Lui si girò a guardarmi.
-Ora basta. Sono stufa di questo vostro atteggiamento. Io non sono una bambina che non può capire. Io sono grande, posso capire perfettamente. L’unica cosa che dovete fare è quella di togliervi quel chiodo fisso dalla testa- mentre parlavo alzai un dito e lo appoggiai sulla fronte di Cam facendo un po’ di pressione –e iniziarmi a dire cosa succede. Io non voglio rimanere allo scuro di tutto perché voi pensate che per me è meglio così! Sono stufa di essere protetta! –
Cam afferrò con una mano quella che io avevo ancora vicino al suo viso, allontanandosi il mio dito dalla fronte.
Anche quel gesto mi dava si nervi. Era troppo dolce, come se volesse calmarmi. Quando posai il mio sguardo sul suo viso tuttavia cambiai completamente idea.
Il suoi occhi verdi erano puntati su di me con un’espressione molto severa, quasi arrabbiata.
Mai far arrabbiare un demone.
Il mio atteggiamento cambiò in meno di un millisecondo. Ritirai la mano.
-Tu vuoi davvero sapere tutta la storia? Non sei proprio cambiata. –
Restai a fissarlo immobile. Ora anche io avevo assunto un’espressione sicura. Mi avrebbe raccontato tutto o lo avrei perseguitato fino alla fine dei miei giorni.
-E va bene. Ti racconterò tutto, ma non qui. È una storia abbastanza lunga, ci vuole un posto comodo per entrambi. –
A questo punto scendo anche io dalla macchina e mi avvicino a lui.
-Allora, dove andiamo? –
-Hai fretta? Abbiamo tutta la notte. Stai tranquilla, un posto lo troveremo. –
Come se non ne avesse ancora in mente uno.
Senza pensarci troppo si diresse verso il bar li vicino. Io gli ero dietro, ad una discreta distanza di sicurezza.
Quando Cam aprì la porta del locale, un piacevole tepore ne uscì, investendomi in pieno.
I colori del locale erano vivaci. Le pareti erano sormontate da uno spesso strato di tappezzeria gialla a righe verticali. Lungo tutto il perimetro interno del locale erano sistemati dei tavolini, anch’essi gialli, con delle corte panchette imbottite di tessuto rosso.
Non sembrava esattamente un locale recente, probabilmente aveva almeno trent’anni.
Cam si diresse deciso verso un tavolino in fondo , lontano da tutti gli altri.
Tutto il personale del locale si fermò dallo svolgere il proprio lavoro vedendolo entrare. Alcuni fecero addirittura un inchino con la testa.
Quando arrivammo al tavolo Cam mi face sedere su una delle panche e lui si sedette su quella di fronte.
-Come mai si sono inchinati? Chi sei tu? –
-Beh, di rango sono più in alto di queste persone, sono un arcidemone. –
-Un… che cosa? –
-Hai presente quelle persone che vengono chiamate i bracci destri di qualche personalità importante?  Per gli angeli sono gli arcangeli, per noi demoni… -
-Gli arcidemoni. Quindi tu sei la personalità più importante dopo il diavolo. –
-Già. –
Mentre parlava tuttavia non sembrava molto contento di quella affermazione, era come se avesse preferito non parlarne, come se quel fatto fosse legato a qualcosa che avrebbe preferito non far riemergere, forse un ricordo doloroso, o un’azione della quale si era pentito.
E forse io, in fondo in fondo, non avevo neanche tutti i torti.
Mi faceva un po’ strano essere in un posto pieno di demoni, mi sentivo che se da un momento all’altro mi avessero potuto tutti saltare addosso e uccidermi a sangue freddo.
I demoni presenti nel locale mi guardavano con odio e …. con curiosità! Forse si stavano chiedendo che cosa ci facessi con Cam.
In affetti me lo stavo chiedendo anche io. Cosa ci facevo ancora li con Cam? Mi aveva salvata, ma cosa ci facevo ancora li con lui? Avrei dovuto alzarmi da quella panca e andarmene senza darmi il minimo problema e la minima spiegazione. Tuttavia avevo l’impressione che se solo avessi fatto il più piccolo movimento con l’intenzione di andarmene da li, loro non me lo avrebbero permesso. Per cui, per il momento, non avevo altra scelta che starmene li seduta.
Oltretutto, volevo davvero conoscere la storia di Cam, se non altro per dissipare almeno di un po’ il mistero che lo circondava e che appariva così impenetrabile ai miei occhi.
Era come se avesse innalzato una sorta di alta e impenetrabile barriera che non permetteva a nessuno di avvicinarsi, neanche a me.
-Stai tranquilla, fino a che rimarrai qui con me non ti torceranno un capello. Hanno troppa paura di quello che potrei far loro. –
Da un lato le sue parole mi rassicurarono, ma dall’altro…
-Allora, cosa ordiniamo? –
Cam si era sporto verso di me. Aveva le braccia incrociate e poggiate sulla superficie del tavolo, su di esse faceva forza per avvicinare il busto a me, senza tuttavia avvicinarlo troppo.
Spostai velocemente lo sguardo da lui in cerca di un posto qualsiasi su cui posarlo. Il miei occhi incrociarono nella loro traiettoria il listino bevande. Non impiegai molto per trovare qualcosa da ordinare, un bel frullato alla frutta era proprio quello che mi ci voleva.
Vidi Cam sorridere e chiamare la cameriera. In pochi secondi quella era già li, pronta a prendere i nostri ordini, o meglio, i suoi ordini, visto che io fui costretta a chiedere a Cam di dire alla cameriera cosa prendevo, quella difatti non mi filava di striscio. Non mi calcolava proprio, come se io non ci fossi.
La cameriera stava per andarsene quando il ragazzo la fermò con una frase appena sussurrata, ma abbastanza forte per farsi sentire solo da me e lei.
-Vedi di essere più gentile con Luce, ti ricordo che è qui insieme a me e deve essere trattata come qualunque altro cliente, siamo intesi! –
-Certo, signore. –
Dopodiché si diresse in cucina.
Cam allora si rilassò sulla panca, aprendo le braccia e posandole sui due lati.
-Allora, che cosa vuoi sapere? –
Era fin troppo accondiscendente.
-Mi giuri di non raccontarmi frottole e di dirmi tutto quello che voglio sapere? –
-Guarda che anche se sono un demone, le mie promesse le mantengo –
Sul suo viso comparve un’espressione scocciata. Forse facevo male a non fidarmi di lui, ma era più forte di me. Come di fa a fidarsi del nemico? Come si fa a prendere per vero tutto quello che dice senza porsi il minimo dubbio?
Beh, nel mio caso mi pare impossibile. Comunque avevo deciso che mi sarei messa di buona volontà e che avrei cercato di credere a quello che mi avrebbe raccontato.
-Beh, in questo caso voglio sapere tutto. Puoi partire dal “Come è nato tutto?”. Penso che sarebbe la prima cosa da dire –
Cam si irrigidisce un pochino, penso di aver toccato una di quelle cose che lo spaventavano, o che avrebbe preferito dimenticare. Una di quelle cose che ti fanno tremare fino in fondo all’anima al solo ricordo.
Lascio correre un po’ sulla sua esitazione ma quando questa diventa decisamente troppo lunga, mi decido a parlare.
-Hai promesso che mi avresti desto tutto. –
Lo vedo abbassare la testa, i capelli gli coprono gli occhi.
-Eh va bene, se proprio vuoi sapere tutto fin dall’inizio te lo racconterò, ma non stupirti se la storia non sarà come te la immagini, perché al principio le cose erano molto diverse da come sono ora. –
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Fallen / Vai alla pagina dell'autore: Learna