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Autore: Montana    01/07/2012    1 recensioni
Lei era davanti a te, con i suoi occhi sbarrati puntati nei tuoi, le braccia abbandonate lungo i fianchi e sul viso un mezzo sorriso che nascondeva quello che veramente vorrebbe dire, anche se tu lo sapevi perfettamente.
Come poteva anche solo pensare che tu mantenessi la calma, se ti guardava in quel modo?
Te l'aveva promesso, niente scenate. E in effetti non ne stava facendo. E allora perché ti sentivi così?
Tutta la gente vi stava fissando, persino lei aveva perso quel poco di sicurezza che aveva e ti guardava impaurita.
Che cazzo ti stava succedendo? Perché rimanevi lì come un idiota, fermo in mezzo al nulla a fissarla?
Non riuscivi a muoverti, doveva essere lei a tirarti fuori dai guai. Come ha sempre fatto, dopotutto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Festa di compleanno
 

La macchina si è fermata e tu non eri ancora pronto. Ti sembrava di averci messo tre secondi ad arrivare lì, non un quarto d'ora come al solito.
Tua madre ti ha detto che eravate arrivati, hai fatto finta di distoglierti dai tuoi pensieri e hai aperto la portiera. L'odore del mare ti ha investito immediatamente, non ti ha neanche aiutato con l'ansia come avevi sperato. Sei uscito dalla macchina, tua madre ti ha ricordato di mandarle un messaggio appena sapevi se doveva venirti a prendere o se tornavi a casa con il tuo amico. L'hai salutata e lei se n'è andata, lasciandoti da solo al tuo destino.
Avevi addosso la stessa Polo blu e gli stessi bermuda bianchi di quella volta. Hai sperato che non se ne sarebbe accorta anche se sapevi che era completamente impossibile.
Non sapevi dove andare, fortunatamente hai incontrato il tuo amico che forse ti dava un passaggio.
"Sono là dietro!" ti ha detto, fortunatamente non ha interpretato bene la tua faccia.
Ti ha accompagnato, avete girato due volte a destra e una a sinistra, quando avete cominciato a sentire le voci già ti era venuto il panico, poi siete arrivati.
Siete usciti allo scoperto, e ti sei fermato.
L'hai cercata con gli occhi e l'hai trovata in meno di tre secondi. Seduta su un tavolino, le lunghe gambe a penzoloni, indossava un vestito rosso che ti è sembrato subito troppo corto.
Non ti aveva visto quasi nessuno, lei era troppo impegnata a parlare con i suoi migliori amici per considerarti. Rideva, e non eri tu a farla ridere.
Era troppo distante, come se fosse tornata su quel piedistallo dalla quale l'avevi tirata giù a forza, facendole male e facendotene altrettanto.
Aveva riso, si era leccata le labbra e si era spostata quella ciocca ribelle dietro all'orecchio.
Avresti voluto salire in piedi su un altro tavolo e gridare a tutti gli invitati (compresi i suoi genitori) che le prime due sono cose che fa sempre anche quando è stesa in un letto sotto di te e si aggrappa alle tue spalle con le sue mani minuscole per evitare di lasciarsi andare troppo (cosa che non le permetti mai, costo di sentire le sue unghie piantarsi nelle tue scapole) e che sapresti perfettamente come fermare quel ciuffo perché non le ricada più sugli occhi, ma stai zitto e fai un altro passo verso il gruppo.
Qualcuno le si è avvicinato e le ha detto che sei arrivato. Hai maledetto quella ragazza bionda per non essersi fatta i fatti suoi per l'ennesima volta.
Lei si è girata di scatto, ti ha cercato, ti ha visto, i suoi occhi si sono illuminati, sul suo viso si è dipinto quel solito mezzo sorriso che (anche questo avresti voluto urlarlo al mondo) ti fa sempre quando ti aspetta appoggiata allo stipite bianco della porta di casa sua. E' scesa dal tavolo accompagnata dagli sguardi delle sue migliori amiche e del suo migliore amico, che da dubitativi di sono fatti carichi di tensione quando l'hanno individuato.
Eravate uno davanti all'altro in un cerchio di luce, come se fosse una misera rappresentazione teatrale e voi gli inconsapevoli protagonisti.
Ci saranno stati dieci passi a dividervi, ma sembravano chilometri.

Lei era davanti a te, con i suoi occhi sbarrati puntati nei tuoi, le braccia abbandonate lungo i fianchi e sul viso un mezzo sorriso che nascondeva quello che veramente vorrebbe dire, anche se tu lo sapevi perfettamente.
Come poteva anche solo pensare che tu mantenessi la calma, se ti guardava in quel modo?
Te l'aveva promesso, niente scenate. E in effetti non ne stava facendo. E allora perché ti sentivi così?
Tutta la gente vi stava fissando, persino lei aveva perso quel poco di sicurezza che aveva e ti guardava impaurita.
Che cazzo ti stava succedendo? Perché rimanevi lì come un idiota, fermo in mezzo al nulla a fissarla?
Non riuscivi a muoverti, doveva essere lei a tirarti fuori dai guai. Come ha sempre fatto, dopotutto.

Ha fatto quei dieci passi che vi dividono. In un istante che ti era sembrato una vita ti ha raggiunto e ti ha mormorato un saluto timido come solo lei sa fare.
Poi, sempre con quella lentezza esasperante, ti ha passato le braccia attorno al collo e ti ha stretto piano contro di sé.
A quel punto hai capito perché non volevi andarci, perché tra voi non c'è più dialogo e perché il prossimo anno sarà un inferno.
Il suo petto contro il tuo, potevi sentire il suo cuore battere spasmodico contro la sua cassa toracica, forte come se avesse voluto sfondarla ed entrare nella tua.
Come succede sempre quando ti abbandoni su di lei dopo l'orgasmo, quando cerchi di pesarle addosso il meno possibile ma lei tiene le braccia attorno alla tua schiena o al tuo collo, come stava facendo in quel momento.
Potevi sentire il suo seno morbido contro il tuo petto, ingiustamente intrappolato in quel reggiseno stupidamente imbottito che era ancora allacciato solo perché avevi ancora un po' di autocontrollo.
Hai ricambiato l'abbraccio, perché non sapevi cos'altro fare. Aveva i capelli sciolti, li hai sentiti sotto le mani quando l'hai stretta ancora di più a te, ma sempre troppo piano rispetto a come avresti voluto.
Le dici sempre di legarseli, quando fate sesso (o amore? o sesso?), perché sono scomodi, ma in realtà sai che non è più lei quando lo fa. Per questo non insisti, glieli accarezzi sempre e glieli sposti dal viso.
Ti ha sussurrato qualcosa in un orecchio, ma ti ronzavano troppo perché potessi sentire. Hai stretto gli occhi perché era troppo per te.
Li hai tenuti chiusi un solo istante, ma nella tua mente è esploso un devastante incendio di ricordi.
L'ultima volta che siete stati assieme. L'ultima volta che dopo aver leccato le tue labbra ti ha sussurrato che sapevi di sangue. L'ultima volta che le sue mani minuscole hanno cercato frenetiche l'orlo della tua Polo blu per levartela di dosso il prima possibile, che hanno accarezzato la tua schiena e i tuoi addominali che ha sempre adorato, che si sono aggrappate alle tue spalle in cerca di un sostegno, che le sue braccia ti hanno stretto per avvicinarti sempre di più a lei, che ha fatto passare le sue dita tra i tuoi capelli.
L'ultima volta che l'hai spogliata in fretta. L'ultima volta che le tue mani hanno tremato leggermente mentre le slacciavi il reggiseno. L'ultima volta che l'hai accarezzata, l'ultima volta che hai riposato appoggiato al suo seno, l'ultima volta che hai sentito il suo fiato tra i capelli quando l'hai fatta ridere.
L'ultima volta che hai sentito la sua risata proprio nell'orecchio. L'ultima volta che le hai dato un bacio sul naso e uno a fior di labbra prima di far giocare le vostre lingue.
L'ultima volta che dopo averlo accarezzato l'hai presa in giro per il suo seno più piccolo della norma, l'ultima volta che lei se l'era presa e si era girata su un fianco promettendoti che non ti avrebbe più parlato.
L'ultima volta che hai provato intensamente il desiderio di dirle per ben due volte la stessa cosa e sei stato zitto.
L'ultima volta che sei stato dentro di lei, che le hai lasciato un segno sul collo proprio su quella vena che scorreva in superficie.
La prima volta che ti sei dovuto trattenere per non parlare, che le hai stretto forte le braccia per distrarti, che hai avuto paura di quello che stava succedendo. La prima volta che hai pensato di spezzarti.
La volta in cui l'ha detto lei.
E quando l'ha detto, non ti sei sentito sollevato. Non ti sei spezzato.
Hai spezzato lei, e tutto quello che avevate.
La volta in cui non hai voluto ascoltarla. L'unica volta che te ne sei andato subito, che l'hai lasciata a piangere. L'unica volta che sei rimasto seduto fuori da casa sua, che volevi tornare su e chiederle scusa.
L'unica volta che hai pensato che non ti avrebbe più rivolto la parola.

Non gliel'hai detto neanche questa volta. Hai chiuso gli occhi per un secondo, mentre tu ricordavi tutto questo lei ha ripetuto quello che aveva detto prima.
Ti ha detto "Scusa.", manco fosse stata colpa sua. Hai stretto un po' più forte, così ha fatto anche lei.
Hai avuto un'altra volta a tuo favore. Un'altra volta in cui avresti potuto dirglielo, le avresti fatto il regalo più bello di tutti.
Hai aperto la bocca, hai sempre le labbra screpolate ma non è mai stato così faticoso parlare.
L'hai sussurrato, piano, sperando che riuscisse a leggerci tutto quello che non le hai mai voluto dire.
"Buon compleanno." le hai detto.
E non saprai mai se lei ha capito ciò che volevi veramente dirle.

  
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