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Autore: Fabi_    02/07/2012    2 recensioni
A volte non è necessario esistere per essere reali.
[Kitty Riley]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 La flash è ispirata molto liberamente ad Alice nel Paese delle Meraviglie, l'ho scritta per questa iniziativa di nefene: Classicamente 

 

 

A Marek, soprattutto perché l'idea è tua


È reale

 

Le bastava chiudere gli occhi per vedere ogni cosa più chiaramente. Non parlava molto. Per lei la vita vera avveniva prima nello specchio realistico che creava il suo intelletto: prevedeva ogni singolo evento senza sforzo, al punto che ormai era stanca.

Da tempo, si limitava a restare immobile a giocare le sue partite contro la realtà nella sua mente, le mancava uno stimolo abbastanza forte da costringerla a introdurre altre variabili, qualcosa che la sorprendesse. Attendeva l’errore e più volte aveva sperato di sbagliarsi.

Non accadeva, mai. Lo specchio rifletteva esattamente la realtà. Allora lei giocava, senza mai mettersi a rischio in prima persona, sfruttando poveri uomini che non avevano nulla da perdere e che si limitavano a vedere la sua immagine, la lastra dello specchio che conteneva il suo intero mondo.

Poi, un giorno era cambiato tutto.

Era successo quando aveva deciso di giocare con lui. Ricordava ancora come si era sentita quando la vecchia signora aveva iniziato a descriverla. Perché Kitty non era un’assassina, né aveva intenzione di uccidere qualcuno; quella donna però era stata il suo primo passo falso. Aveva perso da qualche parte un dettaglio – non vedente, attenta alla voce – e questo l’aveva scoperta quel tanto che bastava da farle battere il cuore più forte. Lui non avrebbe dimenticato i particolari.

Era stato Holmes a metterle addosso quella foga di continuare il gioco. Era troppo veloce, più di quanto lei si aspettasse, impiegava sempre un passo in meno di lei per raccogliere tutti gli elementi di cui aveva bisogno.

Per questo ora di fronte allo specchio c’era Jim Moriarty, non più Kitty Riley. E Jim appariva e scompariva a suo comando, Kitty scriveva i copioni e li passava all’attore, che recitava convinto la parte dell’antagonista. Ora era lei ad essere un passo avanti rispetto a Sherlock, perché lui non aveva alcun modo di nascondersi.

Jim aveva ottenuto l’attenzione di Sherlock e seguiva la pista che lei aveva tracciato.

Ora sorrideva, Kitty, aveva ritrovato interesse. Dopo anni, dopo una vita irreale portata al limite della realtà, ora la realtà aveva raggiunto e superato – in alcuni punti  – i suoi sogni.

Moriarty era vivo come nulla lo era stato prima, per Kitty. Il passo successivo sarebbe stato ucciderlo; poi lei avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle la protezione del mondo della sua mente, un mondo razionale  e in continuo divenire, per tornare nella realtà e avrebbe dimostrato al super-detective che non era l’unico a giocare e che si era sbagliato, forse.

Forse però la realtà era che Kitty si era sempre sentita Jim e che la partita, una volta che lui fosse morto, sarebbe stata ad armi pari.

 

   
 
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