Fanfic su artisti musicali > All Time Low
Segui la storia  |       
Autore: Aine Walsh    02/07/2012    4 recensioni
Durante un’intervista, Alex conosce Kylie e ne è talmente attratto da passare una notte insieme a lei. Il giorno dopo i due decidono di fingere che non sia successo nulla, ma se invece non fosse così? Se invece fosse accaduto qualcosa di totalmente… Imprevisto?
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio, Rian Dawson, Zack Merrick
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Parenthood
 


1. «Kylie Thompson, Rolling Stone Magazine»
 
«Rolling Stone fa sempre le cose in grande, anche quando si tratta di una semplice intervista di mezz’ora» commentò non poco stupito Rian una volta che furono entrati nella hall dell’immenso e sontuoso Hilton Hotel di Baltimora.
La sala che li stava accogliendo era grandissima e dominata in massima parte dal bianco, dal blu e dal marrone chiaro, colma dappertutto di divani e piantane che servivano a dare quel tocco di eleganza (e snobismo) per cui la catena alberghiera era tanto famosa nel mondo, rendendo l’atmosfera più chic e soft. In più, l’aria era densa di un buon profumo di rose che sembrava provenisse dalle pareti.
«E Matt? – chiese Zack guardandosi intorno – Non è ancora arrivato».
«Flyzik è già sopra a scusarsi per il nostro ritardo» rispose Alex evidenziando bene l’ultima parola.
Jack, chiamato in causa, sbuffò. «Sono tornato a casa molto tardi, saranno state le quattro del mattino» protestò con il tono di un bambino di sei o sette anni.
«Posso aiutarvi?». Quel nascente battibecco fu interrotto dalla voce cordiale di un’impiegata dietro al bancone della segreteria. I ragazzi si aspettavano di trovare un’attraente signorina bionda con gli occhi da cerbiatto e restarono delusi quando invece si trovarono di fronte una sorridente e gentile donna di mezza età dai capelli corvini che portava al naso un antico paio di occhiali di corno.
«Sì, a dire il vero cercavamo la suite numero 324» spiegò il Dawson.
«Quinto piano, l’ascensore è in fondo a destra», fu la risposta accompagnata da un cenno della mano.
Il corridoio era ampio e ben illuminato, anche se infinitamente lungo, tanto che quando il quartetto trovò impresso su una porta il numero che cercava emise un sospiro, quasi fosse un unico corpo.
«Bene, – esordì Gaskarth visibilmente nervoso nonostante i suoi sforzi di apparire calmo – Brian Mills ha la fama di essere il giornalista più spietato dell’intera redazione, ma sono sicuro che ce la caveremo. Niente risposte idiote e cazzate varie: non diamogli l’opportunità di smerdarci nel suo giornaletto, okay?».
Gli altri due annuirono pensierosi mentre Rian si abbandonò contro la superficie della porta che, con sua grande sorpresa, era aperta. Il ragazzo fece il suo ingresso nella stanza cadendo a terra come un peso morto, con un tonfo. In un certo senso, quella caduta fu positiva. La tensione che si era creata si era dissolta all’istante, facendo ridere i quattro ragazzi e Matt Flyzik (appollaiato sul divano) come dei matti. Solo che una risata, seppure più contenuta, sovrastò le altre e i quattro si sorpresero quando al posto del Mills trovarono una ragazza. Le risate cessarono improvvisamente e quattro paia d’occhi presero a osservare la figura della sconosciuta, ma solo uno la fissava guardandola con qualcosa di più della semplice curiosità. E quello era lo sguardo di Alexander.
Grandi occhi verdi leggermente a mandorla con un piercing all’altezza del sopracciglio sinistro, capelli rossicci raccolti in una lunga treccia che le scendeva lateralmente lungo la spalla poco scoperta, qualche piccola lentiggine intorno al naso nascosta sapientemente da un trucco leggero; Alex si ritrovò a non poter fare a meno di osservare il viso dolce e mite della ragazza da cui si sentiva veramente tanto attratto. Non sembrava particolarmente alta (il ragazzo decretò che la sua altezza si aggirasse intorno al metro e sessantacinque) e il fisico non troppo ossuto era fasciato da un paio di jeans sbiaditi sulle ginocchia e da una larga maglietta bianca che portava scritto a grandi caratteri in verde Who the fuck is Chanel?.
Dal canto suo, la bella sconosciuta aveva posato lo sguardo sul leader del gruppo, il ragazzo con i grandi occhi castani circondati da spesse sopracciglia; ma quando si accorse del fatto che quest’ultimo la stesse guardando, abbassò di scatto il capo, sentendo calore all’altezza delle guance.
«E Brian?» domandò Rian, ripresosi dalla caduta.
«E’ spiacevole sapere ciò che è accaduto al mio collega» rispose l’estranea.
«E’ morto?!» chiese di getto Zack, strabuzzando gli occhi.
La rossa sorrise, ma con l’evidente intenzione di non prenderlo in giro. «No, è solamente bloccato nel bagno di casa sua a causa di una brutta gastroenterite» spiegò con semplicità.
«Siete stati fortunati, ragazzi. – ridacchiò Matt facendo cenno di sedersi alla band – Kylie è ancora alle prime armi, anche se ha tutta l’aria di essere una potenziale grande giornalista».
Kylie, quindi era questo il suo nome. Alex iniziò a ripeterselo in testa, come per farlo suo.
La ragazza indirizzò un mezzo sorriso all’agente e si rivolse al quartetto, stringendo la mano ad ognuno di loro mentre si presentava. «Kylie Thompson, Rolling Stone Magazine. Sorridete, siate carini, rispondete sinceramente ad ogni domanda e vedrete che l’intervista non sarà una strage di massa».
Quando fu la volta di afferrare la mano del Gaskarth gli sguardi dei due si incrociarono per un attimo mentre l’uno sorrideva spontaneamente e l’altra, imbarazzata, si chiedeva perché quello la guardasse e le sorridesse in continuazione da quando l’aveva vista. Non era tanto sciocca, una piccola idea in proposito l’aveva, ma le sembrava così assurda da non prenderla nemmeno in considerazione.
«Giornalista? Ma non sei un po’ piccola per far parte di una redazione come quella di Rolling Stone?» domandò incuriosito Barakat.
«Al contrario, la redazione mi ha ritenuta giovane abbastanza per poter svolgere un lavoro simile» rispose Kylie con un sorriso forzato che nascondeva un fondo di divertimento.
Matthew si spiattellò una mano in fronte, mentre gli altri tre ridevano sommessamente della figuraccia del chitarrista che, con un mezzo sorrisetto sornione, rispondeva: «Naturalmente».
Chiusa quella breve parentesi, la giornalista in erba si sfregò le mani, chiese di poter cominciare e attaccò il registratore posto sul basso tavolino fra i due divani.
L’intervista si rivelò essere l’esatto opposto di quello che la band e il manager avevano pensato e temuto. Niente di crudele, spietato o insidioso, nessuna domanda umiliante o difficile da rispondere proveniva dalla labbra poco sottili della Thompson, che riusciva a svolgere il suo lavoro come se avesse grande esperienza nel settore, con la stessa sicurezza di chi vi fosse dentro da ormai parecchi anni. Tuttavia non mancarono le battutine squallide da entrambe la parti e i doppi sensi che la ragazza fronteggiava rispondendo con altrettante allusioni. Kylie si guadagnò la stima dei quattro dopo che,  alla domanda «Il vostro lavoro vi sfianca parecchio?», Jack aveva risposto «Sì, specie quello di Matt che è durissimo» e lei aveva controbattuto con «Spesso le cose più dure danno più piacere», suscitando l’ilarità del gruppo mentre le sue guance prendevano fuoco.
Il risultato fu che alla fine nessuno dei ragazzi ricordò di aver mai avuto un’intervista tanto divertente e libera, nonostante in passato ci fu qualche giornalista che li mise a proprio agio.
«E con questo abbiamo concluso, signori. Troverete l’intervista sul numero del prossimo mese» disse Kylie dopo aver scattato una fotografia ai quattro seduti sul divano per inserirla nell’articolo.
Fu così che la giornalista, il manager e la band si diressero insieme verso l’uscita dell’hotel, scherzando e ridendo in ascensore come se si conoscessero da sempre, mentre Alexander cercava di pensare ad un modo per poter avere il numero della ragazza.
«Bene, io aspetterò qui che mi vengano a prendere. E’ stato un piacere conoscervi», si congedò così Kylie sorridendo sincera al gruppo davanti a lei. I ragazzi la salutarono di rimando con strette di mano e qualche pacca sulla spalla e, una volta che furono fuori, il cantante decise che fosse arrivato il momento di mettere in atto il suo piano.
Si fermò nel bel mezzo della strada, frugò nelle tasche dei jeans e «Ehm… Credo di aver dimenticato il cellulare in camera… Vado a riprenderlo, torno subito!» disse prima di correre indietro per rientrare nella hall.
Kylie aveva preso posto su un divano in fondo alla sala, vicino ad una finestra, e stava scribacchiando qualcosa su un foglio. Alex si prese un po’ di tempo per poterla osservare ancora. Non sapeva dire che cosa lo attirasse così prepotentemente verso quella ragazza, forse erano i suoi occhi o forse il suo modo di fare, anche se l’aveva vista in azione per pochissimo; eppure sentiva di voler passare del tempo con lei. Non c’era solo attrazione fisica (anche se quella era parecchio forte), c’era dell’altro. Ed era proprio quest’altro che Gaskarth non sapeva spiegarsi. Solo per un secondo l’idea di poter fare la figura dell’idiota gli passò per la mente, ma se infischiò altamente, prese un sospiro e camminò spedito verso la Thompson, rifettendo però sul fatto che era stato attirato da parecchie ragazze negli ultimi tempi.
«Ehi scusa, – cominciò – mi è venuta in mente una cosa. Un mio amico ha intenzione di intraprendere la carriera del cantante, ma ovviamente ha bisogno di qualcuno che gli scriva qualcosa, che so? Un articolo da pubblicare su un quotidiano o roba simile, credo. Il fatto è che mi stavo chiedendo se potessi farlo tu, ovviamente lui è disposto a pagare… L’unica cosa che mi serve è il tuo numero di cellulare, così posso farvi incontrare». Più parlava e più il ragazzo si convinceva della credibilità del suo discorso, lodandosi per l’astuzia e la velocità con cui l’aveva messo a punto. Solo un piccolo particolare gli era sfuggito: non sapeva di trovarsi di fronte un degno avversario.
Un sorriso furbo comparì sul viso gentile di Kylie. «Stai cercando di chiedermi un appuntamento, per caso?».
«Di lavoro, sì» rispose Alex come se fosse la cosa più ovvia e naturale del mondo, salvandosi per poco dallo strozzarsi.
«Hai capito cosa intendo».
«E se così fosse?» chiese Will con lo stesso tono furbo e lievemente malizioso che la ragazza aveva usato contro di lui. Era sorpreso, spiazzato ed esaltato, anche se dovette ammettere a se stesso di aver fallito nel suo piano.
«Quando?» chiese Kylie cercando di nascondere la felicità che la stava divorando.
«Domani? O preferisci stasera?».
«Meglio stasera, domani non posso. C’è un locale carino sulla Scott Street, mi sembra che si chiami…».
«La Taverna di Tommy, lo conosco. Facciamo lì alle otto?».
«Alle otto, perfetto».
Si guardarono e si sorrisero, euforici e inebetiti dalla rapidità con cui si erano accordati e lasciarono involontariamente che un silenzio carico di pensieri calasse tra di loro.
«Allora ci vediamo più tardi» fece il ragazzo più sollevato già alla sola idea di poter andare via di lì e interrompere quell’imbarazzante momento.
«Alex, come faccio a rintracciarti se non mi dai il tuo numero?» rise divertita la rossa. Era una risata allegra e contagiosa e lo stesso Alexander non riuscì a trattenersi dal ridere a sua volta.
«Sono parecchio coglione, vero?» domandò bonario.
«Un pochino. Ma non credere che io sia meglio di te».
Dopo aver salvato il numero nella rubrica del cellulare, William salutò e fece per tornare dal resto del gruppo ma Kylie lo fermò. «Gaskarth, posso chiederti in qualità di cosa mi stai chiedendo d’uscire?».
Bella domanda, nonostante fosse palesemente a trabocchetto. Al ragazzo venne da pensare che la situazione fosse un tantino paradossale: Kylie avrebbe dovuto fare le domande più insidiose durante l’intervista, non dopo.
Il ragazzo si prese qualche secondo in più per ragionare sulla risposta, ma quando parlò apparì abbastanza sicuro. «Come conoscente che vorrebbe conoscerti un po’ di più».
Si lasciarono in questo modo, sorridendosi a vicenda e con in corpo l’ansia di rivedersi qualche ora dopo.

No one comes near...

Se sei arrivato/a fin qui, beh, hai tutta la mia stima!
A mia difesa posso solo dire che questo primo capitolo è un po' schifosetto e che ho graaaandi cose in mente per i prossimi *ride diabolica*
Si accettano recensioni di tutti i tipi, e anche quelle più negative (se fondate) sono ben accolte :D
Bien, sarà meglio che vada... Devo continuare a scrivere il capitolo dell'altra fic.
Ti ringrazio veramente tanto, anche se hai aperto la pagina per sbaglio (così mi illudo che qualcun altro abbia letto 'sta cosa qua LOL)
Alla prossima!

A.

P.S.: Perdonatemi quella squallida battuta oscena (la cosa più triste è che l'ho sentita davvero... Ma ovviamente qui ho cambiato i nomi) D:


 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > All Time Low / Vai alla pagina dell'autore: Aine Walsh