Fanfic su artisti musicali > Big Time Rush
Ricorda la storia  |      
Autore: HeyFox    02/07/2012    4 recensioni
In cima ad un palazzo di New York avviene un incontro insolito.
Una ragazza spaventata e un ragazzo arrabbiato.
Un ragazzo in fin di vita, una ragazza che lo salva, donandogli la sua.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlos, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Faceva freddo in cima a quel palazzo di New York.
C'era un vento gelido che soffiava dal nord e la giacca che indossavo non mi proteggeva piu' di tanto.
Ormai lo stavo aspettando da due ore. Era in ritardo, cosa decisamente non da lui. Non se si trattava di questi appuntamenti.
Mi avvicinai al parapetto del tetto e guardai di sotto, dove le macchine sfrecciavano frenetiche e i locali notturni si riempivano di gente.

- Ti avevo detto di non venire oggi-.
Una voce dura ma allo stesso tempo lieve mi fece sussultare. Mi girai di scatto e trovai una figura in penombra, con il volto nascosto dall' oscurita'.
Mi avvicinai di qualche passo, ma lui si allontano', andando indietro e facendosi illuminare il volto dalla poca luce lunare che riusciva a penerare attraverso le nuvole.
Era pallido, davvero molto pallido. La sua espressione era dura e sofferente allo stesso tempo.
Aveva il volto stanco, provato.
Gli occhi gli rilucevano di un rosso acceso, scarlatto.
Mi spaventai leggermente, sentendo un brivido passarmi lungo la schiena.
Scossi subito la testa e ritrovai la voce.

- Carlos, sei pallido. Molto pallido.- Dissi preoccupata, facendo di nuovo qualche passo in avanti.
- Ti avevo detto di non venire oggi- La sua voce mi raggelo', facendomi fermare.
Aveva quasi ringhiato. Non l'aveva mai fatto.
La sua voce dura e gelida mi rimbombava ancora nella testa.
Lo scrutai bene, mentre sentivo il suo sguardo torvo appoggiarsi su qualunque parte del mio corpo, quasi volesse leggermi dentro.
Respirava con la bocca, affannosamente, quasi non riuscisse a trovare aria per i suoi polmoni. Le mani gli tremavano, gli occhi si chiudevano e aprivano velocemente, come se fosse rinchiuso in una stanza al buio totale e cercasse di vedere qualcosa. Il suo busto era proteso in avanti, pronto a saltare addosso a qualunque essere che sarebbe potuto essere una minaccia.
Sentii percorrermi, ancora una volta, un brivido lungo la schiena e il cuore battere piu' velocemente, quasi volesse uscirmi dal petto.
Alzai lo sguardo sul suo viso e notai che mi fissava.

- Hai paura. Vattene.- Esclamo' di nuovo, senza muovere un muscolo.
-Io..Io non ho paura. Non l'ho mai avuta- Cercai di sembrare convincente, anche se sentivo che ogni mio buonsenso mi diceva di girare i tacchi e andarmene da li'.
Ignorando quella vocina che mi diceva di andarmene, feci dei passi avanti, nonostante lo sguardo del ragazzo davanti a me si facesse sempre piu' minaccioso.

- Ho. Detto. Vattene.-.
Mi fermai di nuovo. Una ruga in mezzo agli occhi del ragazzo iniziava a preoccuparmi. Non significava nulla di buono.
Lui fece dei passi indietro, nuovamente, fino ad arrivare al muro della stanza da cui si usciva per arrivare al tetto.
Si appoggio' su di esso e, lentamente, inizio' a scivolare verso il pavimento.
Notai che il suo respiro era sempre piu' affannoso.
Questa volta mi avvicinai, senza esitazione ne timore, soltanto con la preoccupazione in costante crescita.

- Carlos! Stai bene?- Domanda idiota, ma non volevo sentire una risposta negativa.
Lui cerco' di rispondere ma, appena ci provo', un attacco di tosse per mancanza di aria lo colpi', facendo sobbalzare il suo petto.
Mi chinai subito, preoccupata, alzandogli il volto e scrutando di nuovo i suoi occhi.

-Da quanto diamine e' che non ti nutri?- Chiesi seria, mentre sentivo che le lacrime salivano agli occhi.
Lui bocchieggio' un attimo, poi rispose con un filo di voce
- Da un mese. Vattene. Non voglio ferire l'unica persona che amo e che mi ha aiutato-.
Gli presi il volto fra le mani.
- Non dire cosi'. Adesso andiamo all' ospedale piu' vicino e ci facciamo dare del sangue-.
Cercai di farlo alzare, mettendogli un braccio sulla vita, cercando ti tirarlo su, ma lui non si mosse nemmeno.
- Ti prego, vai via, vattene. Per me e' finita ormai, e' troppo tardi. Vattene via, prima che perda totalmente il controllo su me stesso e ti faccia qualcosa di cui poi mi pentirei amaramente.-
Ci pensai un po' su.
- Non ti lascio qui da solo- Dissi, proprio mentre sentivo un lamento uscire dalla sua bocca.
Strinse i pugni con forza, alzando il busto, come se gli facesse male la schiena.

-Vattene di qui- Sussurro' fra i denti, mentre si contorceva per il dolore.
Proprio mentre stavo per rispondere sentii qualcosa di freddo e piccolo scivolare sulla mia coscia.
Un colpo di genio mi colpi' in pieno.
Presi il coltellino svizzero dalla tasca e lo feci scattare, avvicinandolo alla mia gola.
Carlos vide di sfuggita quello che stavo facendo, mentre si rigirava sulla schiena.  
Afferro' la mia calda mano con la sua gelida.

- Cosa intendi fare con quell' aggeggio?- Chiese con un sussurro, mentre una smorfia gli passava sul viso sudato.
Io spostai delicatemente la sua mano dal mio polso al sul suo petto e gliela strinsi, facendolo calmare un po'.

- So che e' una pazzia, ma... Non abbiamo tempo per andare all'ospedale... Ma io sono qui. E hai detto che ti bastano pochi sorsi del mio sangue per essere sazio, che il mio sangue, per te, e' piu' prezioso di quello di chiunque altro. Quindi..-
Avvicinai nuovamente il coltellino al mio collo e feci un piccolo taglio, dal quale inizio' a sgorgare un po' di sangue.
- No!- Un lamento soffocato usci' dalle sue labbra.
Notai che aveva spalancato gli occhi e allargato le narici.
-
Su, bevi- Dissi avvicinando il collo alle sue labbra.
Lui mi allontano', girando il viso dall' altra parte.
-
No, non posso..Non voglio. Se inizio potrei anche non smettere. Potrei dissanguarti e non voglio-. Sussurro', stringendo sempre piu' lievamente la mia mano.
-
Ma cosi' morirai Carlos e io non vogli perderti- Sussurrai, mentre sentivo il sangue caldo percorrermi il collo e le lacrime risalire agli occhi.
Una goccia di sangue cadde sulle sue labbra e lui si avvicino un po', allontanandosi subito dopo, leccandosele.
Sentii il suo respiro affievorirsi.

- Carlos, non fare di testa tua come sempre. Ascoltami!-
Gli presi di nuovo il viso e lo avvicinai di nuovo al mio collo.
Questa volta non oppose resistenza.
Lecco' quel sangue che era scivoltato lungo il collo e poi cambio' posizione, riacquistando un po' di forze.
Mi distese sul pavimento e si mise sopra di me.
Sentii' la sua fredda giacca di pelle poggiarsi lievemente su di me, mentre Carlos si teneva sollevato con gli avambracci per non pesarmi.
Si stacco' appena dalla mia pelle, la distanza neccessaria per sussurrare.

- Questo puo' farti un po' male. Mi dispiace-
Sentii i suoi lunghi e appuntiti canini lacerarmi la pelle e un dolore acuto e intenso pervadermi il collo e poi tutti i nervi del corpo.
Un urlo, il mio urlo, squarcio' il silenzio della notte, mentre Carlos mi stringeva a se.
Sentivo il sangue scorrermi nelle vene con sempre meno frequenza.
Le palpebre iniziavano a diventare pesanti, di piombo. Iniziavano a chiudersi da sole anche contro la mia volonta'.
Sentivo il respiro farsi affannoso, mentre i miei muscoli iniziavano a rilassarsi, facendomi sentire su di essi un leggero formicolio che pian piano iniziava a farsi sempre piu' intenso.
L'ultima cosa che percepii furono i " Mi dispiace" soffocati e sofferenti di Carlos e le sue forti braccia che mi stringevano un po' la guancia, un po' il collo e un po' la schiena.
Poi nulla di piu', tranne il buio totale e un silenzio di tomba che pervadeva tutto lo spazio intorno a me.



Sentivo un forte odore di legno e dopobarba e un rumore di macchine tanto vicino a me da farmi credere di trovarmi in mezzo alla strada, ipotesi subito eliminata per via del morbido materazzo su cui ero distesa.
Sentivo il mio respiro regolare accompagnato da un altro un po' piu' affannoso vicino al mio orecchio.
Aprii un occhio e notai subito le scanalature del soffitto, le piu' piccole crepe, il cambio del verso nella vernice.
Tutto questo mi sembrava molto strano, improbabile.
Che fossi morta e che questo fosse il purgatorio?
Poi, con un piccolo movimento mi girai verso la persona che era seduta accanto a me.
Trovai Carlos con il viso posato accanto al mio, mentre era seduto su una sedia apparentemente scomoda.
Lo osservai, notando molti particolari, dei quali in precedenza non mi ero mai accorta.
Mi accorsi delle microscopiche fossette accanto alle sue labbra, della cicatrice sul suo collo e vicino all'orecchio.
Come un colpo di fulmine tutto quello che era successo mi attraverso' la mente, momento dopo momento, facendomi stringere gli occhi e i pugni.
Proprio in quel momento notai che la mia mano era chiusa in quella grande e stranamente calda di Carlos.
Lentamente, a quel contatto il ragazzo si sveglio', alzando il capo dal cuscino per osservarmi.
Notai anche che i suoi occhi erano tornati al loro normale colore marrone cioccolato e che le sue guance erano leggermente bagnate.
Appena noto' che ero sveglia vidi i suoi occhi riempirsi nuovamente di lacrime, mentre mi scrutava come se fosse la prima volta che mi vedeva.
Lo guardai interrogativa, mentre sentivo la sua mano posarsi sulla mia guancia, accarezzandomela lentamente.

- Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Non avrei mai dovuto cedere alla tentazione- Sussurro' dopo qualche istante, non smettendo di accarezzarmi la guancia.
Io posai la mia mano sulla sua, sorridendo.

- Tu sei salvo, io sono ancora viva. Non mi pentiro' mai di avertelo fatto fare.-.
Mi misi seduta, con qualche difficolta', per trovarmi alla sua altezza.
Lui scosse la testa, maledicendosi da solo.

- Non sono riuscito a controllarmi. Mi sono staccato solo nel tempo neccessario per non farti morire e ti ho portato subito all' ospedale, dove ti hanno fatto una trasfusione. Poi siamo venuti qui, a casa mia.
Ma era troppo tardi. Senza rendermene conto, ti ho iniettato del veleno..-
Si fermo', prendendo una grande boccata d'aria per poi ributtarla fuori, cercando di calmarsi.
Io, un po' spaesata, cercai di rifelttere e di capire qualcosa.
Poi ci arrivai e lo guardai, quasi assente da quel momento.

- Quindi.. Ora io sono..Sono come te- Dissi infine, attendendo la sua risposta.
Lo vidi annuire
- So che adesso mi odierai.- Disse sconsolato, abbassando la testa.
Io invece sorrisi. Dopo tutto, cosa potevo perdere? I miei genitori non mi parlavano, ero figlia unica, di amici nemmeno a parlarne.
Gli presi delicatemente il volto tra le mani e glielo alzai, lasciandoli un bacio sulle labbra che lui ricambio' subito.
Non era come gli altri baci.
Non doveva piu' trattenersi come aveva fatto in passato, per timore di perdere il controllo e di farmi del male.
Non doveva piu' trattenersi e basta.
Mi mise una mano dietro al collo e io misi le mie mani nei suoi capelli, giocandoci.
Dopo esserci staccati uno dalle labbra dell'altro ci guardammo negli occhi. I miei erano sicuramente sorridenti, allegri, ma i suoi erano spenti, colpevoli.

- Tu non sai cosa significa essere uno come me. Non puoi avere una vita sociale. I primi mesi sara' dura mettere il naso fuori da casa. Non potrai avere amici, tanto meno ragazzi. A lavoro non potrai fermarti con i colleghi a parlare...Fa schifo questa vita- Concluse convinto, guardandosi le mani.
Io sorrisi, e gli feci spazio sul letto, dove lui si sedette.
Appoggiai la testa sul suo petto, facendo cerchi immaginari sulla sua maglia nera, sentendo la sua mano che mi accarezzava i capelli.

- Degli amici non me ne frega nulla, sai bene che non li tengo-
Lui mi interruppe. - Sempre per colpa mia- Ma lo zittii posandogli una mano sulle labbra, scherzosamente.
- Non mi sono mai curata di avere una buona vita sociale. I primi mesi avro' un maestro che non mi permettera' di fare cavolate, o sbaglio? Sai bene che non sono mai stata una chiacchierona, preferisco stare per i fatti miei. E magari questa vita fara' meno schifo se si sara' in due..- Conclusi io, stringendomi ancora di piu' al corpo del ragazzo che avevo affianco.
Lui sbuffo' giocando con una mia ciocca di capelli, sussurrando
- E che mi dici dei ragazzi? Non vorrai dirmi di voler rimanere da sola a vita-.
Io sorrisi - Dei ragazzi non mi preoccupo.. In fondo, ne ho gia trovato uno-.
- E chi sarebbe? Lo sai che non potrai vederlo per parecchio tempo, altrimenti rischi di ucciderlo, vero?-.
- Carlos, non intendevo un ragazzo umano. Sul serio non ti hanno mai fatto riflettere quei baci rubati che mi davi, a cui io rispondevo senza pensarci?-.
- Pensavo che me li davi soltanto perche' ti facevo pena..Oppure perche' avevi paura che io ti facessi del male.-.
- Non dire cretinate.Punto primo, non ho mai avuto paura di te, altrimenti non mi sarei mai avvicinata cosi' tanto a te.E poi, mi sei sempre piaciuto, Carlos. Non rimpiango di aver perso i miei amici e anche la mia vita precedente. Se perdere loro significa poterti avere al mio fianco..Beh, credo che sia stato il miglior affare di tutta la mia vita.-.

Poi mi scostai da lui per osservarlo bene in viso.
Aveva ripreso un po' di colore e respirava normalmente.

- Da quando ho ripreso coscienza non ti ho ancora chiesto come ti senti, come stai.- Dissi, appoggiandomi alla testiera del letto.
Lui sorrise e mi prese una mano.

- Non mi sono mai sentito meglio in vita mia, credimi-.





Angolino scrittore.
Ebbene si', ancora una volta sono qui, per rompervi. Non uccidetemi, vi prego, non posso farci nulla se ogni piccola cavolata m'ispira in questi tempi.
Comunque, spero che vi piaccia comunque questa..Cosa. Grazie a tutti per leggere, e passata da "Work in progress" ( si deve ancora sviluppare hehe).
Un abbraccio a tutti, Nick.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Big Time Rush / Vai alla pagina dell'autore: HeyFox