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Autore: Electra_Gaunt    03/07/2012    5 recensioni
Once more I say goodbye, to you
Things happen but we don’t really know why
If it’s supposed to be like this,
why do most of us ignore the chance to miss?
All these Things I Hate – Bullet For My Valentine

Brian non sapeva che Zacky sarebbe venuto alla festa di Johnny, quel sabato sera. O, quantomeno, Jimmy non l’aveva avvertito (o se l’aveva fatto allora Syn non era stato capace d’intendere e di volere).
Perciò si ritrovò ad aprire la porta di casa di Seward totalmente impreparato a quella visione.
Non che Zacky Baker non si facesse notare normalmente (quegli occhi erano assolutamente incredibili e, probabilmente, buona parte della fauna femminile della scuola se lo sarebbe scopato volentieri) ma quella sera era.. incredibile.
[...]
Zacky non si mosse per minuti interminabili, arrossendo gradatamente sotto quello sguardo bruciante. A Brian gli si strinse il petto, vedendolo arrossire.
Poi, come scosso da una volontà superiore, lasciò libero il passaggio e lo fece entrare nell’appartamento.
Quella sera iniziò senza neppure un cenno di capo, tra i due.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Synyster Gates, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All These Things 

 


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PROLOGO

 

Once more I say goodbye, to you
Things happen but we don’t really know why
If it’s supposed to be like this,
why do most of us ignore the chance to miss?
All these Things I Hate – Bullet For My Valentine

 
 
Lui è tutto ciò che vuoi.
Tutto ciò che hai sempre desiderato.
Quindi corri.
Corri veloce.
Raggiungilo e stringilo tra le braccia.
Prima che fugga, ancora.
Non lasciarlo più andare.
Dimostra il tuo amore.
Dimostragli che non erano unicamente parole.
I suoi occhi stanno ancora aspettando tuoi.
Come sempre.
Come sempre.
 
 
 

PRIMO CAPITOLO

 

Brian continuò a fissare il fuoco, assorto nei suoi pensieri. Tentò di rimanere sveglio e lucido ma il Jack che aveva bevuto poco prima lo rendeva confuso ed intimamente euforico. Non sapeva che ore fossero ma era certo di trovarsi in una delle camere della casa di Matt. Sentiva il rumore costante della festa che, nel mentre, si stava consumando al piano di sotto.
Si stese sul letto morbido, dove molte volte aveva dormito insieme all’amico, ed alzò lo sguardo al soffitto. La brace scoppiettava poco lontano da lui, mandando bagliori rossastri sulle pareti piene di poster.
Non aveva voglia di alzarsi da quel giaciglio, non aveva voglia di fare baldoria assieme agli altri, non aveva voglia di alzare neppure un dito per abbassare le tapparelle delle finestre (sapeva benissimo che, presto o tardi, il sole l’avrebbe accecato con i suoi raggi).
Godette della quiete irreale e del silenzio della stanza, percependo l’alcol scorrergli nelle vene ed inebriargli il cervello.
E, lentamente, cadde nell’oblio di Morfeo.
 
Quando si svegliò non era ancora mezzogiorno. Non ci fece molto caso, in effetti, ma percepì chiaramente il pavimento ghiacciato sotto i piedi. Nel giro di un minuto si ritrovò in bagno a vomitare anche l’anima.
Inginocchiato a terra, abbracciato alla tazza del water come un naufrago con un salvagente, ritornò con la mente alla sera precedente ( le bottiglie di birra strette in mano, le risate, la dormiveglia seguente). Allungò le orecchie per captare qualche suono proveniente dal salotto ma non sentì niente: chissà come stavano messi Jimmy e Johnny, per non parlare di Matt.
Lo stomaco brontolò leggermente, avvertendolo di aver concluso lo sporco lavoro di pulizia. Brian si rimise in piedi e ritornò in macera per recuperare una maglia pulita dall’armadio di Sanders. Poi, tentando di camminare in linea retta, scese le scale che portavano direttamente all’ingresso della villetta. Fortunatamente i genitori dell’amico erano partiti per un paio di giorni (destinazione sconosciuta), per festeggiare i 19 anni di matrimonio: Matt si sarebbe dovuto impegnare per riuscire a risistemare casa, prima del loro rientro.
Si guardò attorno, notando immediatamente Jimmy e Johnny accoccolati sul divano (la vodka lasciata sul tappeto, completamente vuota).
“Fortuna che ti sei svegliato.. devi aiutarmi: qui è tutto un bordello!” La voce di Matt lo riscosse e lo fece sorridere al contempo.
“Te lo scordi, Shadows. Io non aiuto proprio nessuno: è casa tua…”
“M- ma io ti ho aiutato quando abbiamo festeggiato a casa tua … - disse con occhi da cucciolo - ..e ti ho coperto con i vicini.” Concluse con un sorriso furbo sulle labbra.
Brian alzò gli occhi al cielo, in segno di disperazione ed armandosi di un sacco nero di plastica (accompagnato da tanta buona volontà) si decise ad aiutare l’amico.
“Oh, avanti. Non fare quella faccia affranta.” Il tono di voce che aveva usato Matt era differente, ora: più soffuso, basso. Intrigante.
Voltato di spalle, Syn percepì chiaramente i passi dell’amico farsi vicini e delle braccia avvolgergli il busto.
“Non qui: potrebbero vederci.”
“Chi? Jimmy e Johnny? Quei due che si corrono dietro da una vita ma che non hanno il coraggio di dirsi in faccia che, sempre reciprocamente, vorrebbero scopare come ricci?” Concluse Matt, ridendo sommessamente. Brian non poté far altro se non annuire e unirsi alla risata.
In fondo, non c’era nulla di male.
“Dovevi vederli, ieri sera: le occhiate che si lanciavano erano inequivocabili.. ”
Brian si odiò mentalmente per essersi ritirato in camera, prima della conclusione della festa.
“Davvero?”
“Già. Jimmy s’è incazzato non poco quando Craig ha incominciato a fare il filo al piccoletto. È diventato una furia silenziosa!”
Brian s’immaginò la scena: Sullivan seduto in un angoletto con la birra in mano e lo sguardo puntato insistentemente sul più giovane del gruppo (per non dire il più basso), che, nel mentre, parlava allegramente con quel tizio.
Erano solo due imbecilli, in effetti. Johnny si comportava proprio come Jimmy, in fondo, solamente in modo più discreto.
Se non altro loro si amavano davvero.
Un paio di labbra ruvide si strofinarono sul collo del moro, facendolo sussultare. La schiena fu scossa da un brivido bollente come lava. I pensieri persero di consistenza e, quasi fosse ancora sotto l’influsso dell’alcol, la mente si fece leggera.
“Il nostro è solo divertimento, Brian. Nulla di più: lo sai.”
“Sì, lo so.” Disse, annuendo con la testa “L’ho sempre saputo.”
Matt sorrise, prima di dedicarsi al collo ambrato dell’amico.
 
 
Zacky era quantomeno intimidito da quell’enorme struttura che era la sua nuova scuola.  Seguì la corrente di studenti che, nel mentre, si stava disperdendo dal cortile interno, piccolo ma accogliente.
Sperava vivamente di non perdersi in quell’insieme di corridoi intricati e caotici.
Con la piantina della struttura nella mano sinistra, lo zaino in spalla e l’elenco delle materie nella destra, il ragazzo si fermò innanzi ad una porta da cui proveniva il basso borbottio del professore di Letteratura Straniera.
Con leggero timore, Zacky bussò con enfasi sul legno bianco per poi entrare nell’aula, dove cadde un silenzio generale. I compagni lo fissarono straniti, scrutandolo con occhi dubbiosi e curiosi, senza pudore alcuno.
“ Salve, sono Zackary Baker ..ehm.. sono il nuovo alun- ”
“Ma certo, certo! – disse l’uomo di mezza età e dal forte accento inglese, interrompendolo prima che potesse finire la frase – Mi avevano avvertito del suo arrivo. Prego, sieda accanto a Sullivan .. – indicò un banco sul fondo dell’aula - .. magari, con la sua presenza, riuscirà a svegliare il suo compagno.”
Una risata generale si levò dagli altri ragazzi mentre Jimmy, destato improvvisamente dalla dolce dormiveglia, arrossiva pietosamente.
Zacky annuì lievemente, andando ad occupare il posto designatoli.
La lezione riprese senza nuove interruzioni, tra le occhiate sprezzanti dei maschi e le risatine isteriche delle ragazze.
Abbassò lo sguardo verde acqua sul libro che aveva tirato fuori dalla cartella e, benché non avesse la minima intenzione di seguire la spiegazione dell’Amleto, si decise a tirare fuori dall’astuccio una penna ed a scribacchiare frasi a caso dei Misfits sui bordi delle pagine.
Almeno avrebbe fatto qualcosa di utile per la società.
“Ciao.. – sussurrò Sullivan, d’improvviso, tentando di rompere il ghiaccio e non addormentarsi definitivamente sul banco vuoto ed invitante – io sono Jimmy, ma chiamami pure Rev.”
Baker rimase stupito dalla spavalderia velata del ragazzo: quasi non gl’importava di fare brutta figura davanti ad altre persone (lo invidiò un po’, in effetti, dato che lui non sapeva mai come rapportarsi). Guardandolo meglio, notò i capelli neri e corti ma dalla frangia lunga a coprirgli un occhio, la pelle candida e gli occhi chiarissimi, contornati da un paio di occhiali improbabili (addosso a lui, quantomeno).
Lo superava in altezza di parecchio ed era magrissimo (Zacky storse la bocca, pensando alla propria ciccia in eccesso).
“Perché ‘Rev’?”
‘Domanda stupida, Zacky, ritenta più tardi’ si disse tra sé.
Jimmy non parve turbato ed, al contrario, si mise a ridere sonoramente, tanto che dovette tapparsi la bocca quando notò lo sguardo di fuoco del professore.
“E’ una lunga storia, credimi.”
“Capisco.. – continuò a sussurrare il nuovo - ..beh, io sono Zackary. Ma tutti mi chiamano Zacky.”
“Non ti ho mai visto da queste parti, quindi presumo tu sia nuovo. A meno che tu, sino ad ora, non abbia frequentato scuole private e ti sia rintanato in casa per la restante giornata.”
Zacky rise del suo sproloquiare.
“No, no. Sono solo nuovo. Vengo da Seattle e mi sono trasferito da pochissimo. Quindi..” 
La voce del professore giungeva ovattata, in fondo all’aula, ma dubitava che quelli in prima fila stessero seguendo il discorso del docente.
Zacky, riportando lo sguardo a Jimmy, notò una cosa di cui prima non s’era accorto.
“Bella maglia”.
Il moro abbassò gli occhi a fissare l’indumento incriminato, scuotendo il capo.
“Sì, sono forti loro. Ma non è mia, questa. Sai.. – disse abbassando ancora di più la voce, ed accostando il viso a quello di Baker, quasi volesse confidargli un segreto – stanotte c’è stata una festa a casa di un mio amico. E, beh.. gliel’ho fregata dall’armadio.”
Risero leggermente.
“Si chiama Matt, lo conosci?”
“No, mi spiace.”
“Beh, vorrà dire che te lo presenterò presto. Anzi, ti va di unirti a noi all’ora di pranzo?”
Zacky rimase interdetto per un momento per poi aprirsi in un sorriso.
“Certo.. in fondo, non conosco nessuno e.. ”
“Perfetto, allora. Ci vediamo qua davanti, verso mezzogiorno.”
Il nuovo arrivato sperò sentitamente che gli amici di Jimmy fossero altrettanto simpatici.
 
Non poteva neanche immaginarsi quanto.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - -
 
L’ora di matematica era stata pesante. Stressante. Asfissiante.
Sinceramente era una delle materie che più odiava, tra tutte. E ne odiava tante, Zacky.
Non era mai andato bene, a scuola. Sua madre si era lamentata per anni per il suo scarso rendimento ma si era rassegnata col tempo, notando la smodata passione del figlio verso la musica. Era qualcosa che a parole non poteva essere descritto. Un sentimento che veniva da dentro, come fosse un’energia in dissolvibile e palpabile. Zacky  non conosceva il futuro, non sapeva ciò che avrebbe fatto nella vita. Ma era certo che la sua chitarra non l’avrebbe mai abbandonato. Fino a quel momento, era stata l’unica vera amante della sua esistenza.
Per questo spesso si perdeva nei suoi pensieri, a lezione. Scriveva frasi di band conosciute e tentava di produrre testi nuovi, personali. Arrangiava, in una qualche (vaga) maniera, gli spartiti per chitarre, agognando che un giorno diventassero importanti per qualcuno.
Famosi, in un certo senso.
Quando era suonata la campanella della pausa pranzo, Zacky si era sentito come strappato dal proprio mondo e catapultato in una realtà del tutto differente da quella che s’immaginava. Era rimasto seduto per un paio di minuti, immobile, riacquistando gradualmente la cognizione del tempo e dello spazio. Poi, ricordandosi dell’impegno che aveva preso con Jimmy, aveva buttato scompostamente nella cartella i quaderni e, mettendoselo in spalla, era schizzato fuori dall’auletta claustrofobica.
Giungendo davanti al luogo d’incontro, si guardò attorno, cercando di individuare nella massa di ragazzi in piena crisi ormonale un chioma conosciuta.
Sperava davvero che andasse tutto bene.
 
“Oh, avanti.. non farti pregare Bri. Di solito sei tu quello che non aspetta altro.”
Matt leccò con maggior enfasi il collo di Syn, facendolo sospirare di beatitudine. Benché si opponesse, il ragazzo non poteva evitare di percepire un brivido su per la schiena tatuata.
“L’hai detto: lo sai che non mi tiro mai indietro .. – Brian gli concesse un bacio infuocato - ..ma siamo nel bagno dei ragazzi e, davvero, non voglio romperti il c-”
“oh, oh! Come siamo scurrili, Haner. Non me lo sarei aspettato da lei..” lo interruppe con tono ironico, Sanders.
Brian rise di gusto, mordendogli le labbra secche e bollenti.
“Ragazzi? Siete qui dentro?”
La voce annoiata di Johnny arrivò forte e distinta, interrompendo il momento. Matt strinse gli occhi, frustato, mentre Syn si staccò immediatamente.
“Oh, avanti. Non sono così stupido, lo so che state limonando in uno di questi cubicoli. Ma Jimmy ci aspetta per presentarci una persona. Quindi rivestitevi e portate quelle chiappe fuori di qui.”
I due sussultarono a quelle parole: immaginavano che gli altri del gruppo si fossero accorti di ciò che stava loro accadendo, ma non sospettavano minimamente che il piccoletto avesse il coraggio di dirlo a voce alta.
“E per inciso, lo sa anche Jimmy.” Concluse Seward, aprendosi in un sorriso ironico e chiudendosi la porta dei bagni maschili alle spalle.
“Credo sia meglio andare.”
“Già.” Concordò Shadows, stizzito dalla figura di merda appena fatta.
Usciti in corridoio, videro Johnny aspettarli con le braccia incrociate affianco agl’armadietti adiacenti. Non proferì altre parole sull’argomento, certo del fatto che i due fossero leggermente imbarazzati della situazione.
Percorsero i corridoi, gremiti di studenti, in silenzio sino a quando Brian non tentò di smorzare la tensione creatasi.
“Chi è questo tizio che ci deve presentare Rev?”
“Non lo so, non l’ho mai visto. Ha detto che si è appena trasferito qui. l’ha incontrato a Letteratura straniera.” rispose Johnny, alzando le spalle come se nulla fosse.
Matt sbuffò scocciato.
“Sinceramente ce la poteva risparmiare.. non è il momento di fare nuove conoscenze.”
“E per quale motivo, scusa?” chiese Brian.
“Dobbiamo provare le nuove canzoni, ricordi? Aggiustare quelle vecchie, esibirci nei locali, farci conoscere come band. E, nel mentre, tentare di non farci bocciare. Non abbiamo tempo per aiutare questo tizio ad ambientarsi.” Proruppe Shadows, incrociando le braccia al petto.
“Oh, avanti! Non ti capisco quando fai così, davvero. Magari è simpatico..” rispose il più piccolo del gruppo.
“Secondo me dovremmo almeno capire che tipo è. Quantomeno guardarlo in faccia e poi, eventualmente, mandarlo a cagare.. no?”
Brian era sempre quello più diretto, in assoluto. Lo era sempre stato, sin da bambino quando rubava le bambole alle bambine dell’asilo e staccava loro la testa. Era l’unico ad ammettere candidamente una cosa del genere.
Crescendo, questa qualità non era svanita. Per niente.
Matt rimase interdetto a fissarlo negli occhi per un paio di istanti, senza sapere cosa dire.
In effetti, non aveva avuto motivi per essere così categorico nei confronti di quel tizio che Jimmy voleva presentargli. Eppure sentiva che qualcosa non sarebbe andato nel verso giusto.
E Matt odiava non avere il controllo delle situazioni.
 
Jimmy rise di gusto quando vide Zacky seduto a terra, vicino la porta dell’aula di letteratura, con la testa china sulle ginocchia. Mezzo addormentato.
Lo scosse leggermente per la spalla per poi sederglisi accanto.
“Scusa se ho fatto tardi.. ma quel coglione di algebra voleva esortarmi a ‘prendere più seriamente la materia’ o una cosa del genere.”
Sullivan rise di gusto, ripensandoci. Zacky sbatté le palpebre per riacquistare lucidità.
“Cosa? Chi?”
Jimmy rise più forte. “Niente. Lascia stare. Pensa a riprenderti dal rincoglionimento.”
Il moro, annuendo silenziosamente e strofinandosi gli occhi con enfasi, non si accorse neppure che, nel mentre, qualcuno si era accostato a loro.
Qualcuno che, ben presto, avrebbe saputo riconoscere ovunque.
“Jimmy!”
Zacky, allora, alzò lo sguardo, puntandolo innanzi a sé.
Ammutolì.
 
 
Syn notò unicamente gli occhi cristallini.
Il viso ovale ma squadrato.
La carnagione pallida.
I capelli corti a coprire, in parte, il volto.
 
Bastò quel poco, in effetti.
 
E tutto ciò che aveva sempre ritenuto importante, d’improvviso, perse di significato.
 
 



Note dell'autrice: Allora, questa è la mia prima Synacky, che sto "progettando" da un po'. Non so se potrà piacere o meno, ma vale comunque tentare, no? Quindi eccola qui xD Ringrazio in anticipo chiunque lascerà un commentino-ino-ino-ino (?) o vorrà seguirmi in silenzio in questo lungo e tortuoso cammino u.u

Anyway :D
Ringrazio Vava_95 per avermi aiutato ed aver sclerato con me, durante la stesura.
Spero vi piaccia e fatemi sapere cosa ne pensate!
Saluti

_Electra_

PS: su twitter sono @ElectraGaunt, in caso qualcuno volesse chiedermi qualcosa (inerente alla ff o meno xD) ;)

  
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