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Autore: Armelia    03/07/2012    1 recensioni
Fa parte di una saga che ancora non ho finito di scrivere, ma che continuerò ad aggiornare non appena mi sarà possibile. Storia incentrata su una ragazza che a causa di alcuni sfortunati eventi si ritroverà a servire le schiere demoniache:Quando scrutai quel corpo inerme,freddo,tra le mie braccia percepii chiaramente il mio corpo come se lentamente si sgretolasse.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Quando scrutai quel corpo inerme,freddo,tra le mie braccia percepii chiaramente il mio corpo come se lentamente si sgretolasse. Come se fossi stata una roccia fino a quel momento, ma lambita dalle acque per quello che mi era parso un tempo infinito alla fine avevo ceduto... Anche se ci erano voluti pochi attimi... La testa ciondolante era ancora poggiata sulle mie ginocchia, il peso era una sensazione insopportabile. Certo, perché prima non era così... Prima... "E dopo...?" mi ritrovai a sussurrargli, anche se ormai era vincolato ad una sordità perenne. Nella mia mente già si faceva strada un pensiero terribile,che mi soffocava e attanagliava il petto già dolorante. Dopo avrei dovuto continuare,andare avanti,proprio come lui aveva detto pochi attimi prima. Ma sapevo,in cuor mio,che non sarei stata più la stessa. Strinsi forte la sua mano,ancora calda,e con l'altra gli accarezzai amorevolmente i morbidi capelli mentre le lacrime si facevano strada sul mio viso inespressivo. Dopo mi sarei ritrovata a pensare che quello fu l'inizio del cambiamento. Il mio atteggiamento ingenuo ed infantile,che lui adorava sopra ogni cosa,sarebbe svanito dopo la sua scomparsa. "Mi hai insegnato ad amare solo per perderti...? Mi hai offerto questa breve felicità... solo per poi farmi cadere in un baratro ancor più profondo di quello da cui mi hai sottratto...?". Non riconoscevo quasi la voce impastata e roca che risuonava in quella specie di parco. Appoggiai la testa sopra al suo petto,bagnando la camicia immacolata con le mie lacrime e con il corpo che sussultava ogni volta che tentavo di respirare. "Sei ingiusto! Non mi hai dato neanche il tempo di dirti addio! Di dirti ciò che provavo per te!". Ripensai a pochi giorni prima,quando con il suo fare timido e il sorriso dolce che gli illuminava il volto perfetto si era dichiarato. Come una stupida ero rimasta zitta,anche quando le sue labbra avevano cercato il contatto con le mie,per poi scappare e chiudermi in casa. Avevo in mente di rispondergli quella sera,quando sotto la porta di casa mi avrebbe chiesto se,appena fosse tornato alla sua,mi poteva chiamare come faceva ogni volta. La mia mente aveva indugiato su ogni possibilità,proiettando immagini così realistiche della sua reazione che quasi si scambiava per un ricordo reale. Avrei annuito,ma prima di farlo salire sulla moto e farlo andare via gli avrei confessato ciò che provavo. Lui avrebbe spalancato gli occhi azzurri e atteggiato la bocca ad una "o" perfetta,l'espressione che di solito prendevo sempre in giro mentre guardavamo la televisione o raccontavo risvolti dei miei racconti che lo rapivano... Dopo sarebbe stato mio e la gelosia per le ragazze al mare che pendevano ad ogni sua parola,facendomi segretamente alterare,sarebbe stato un ricordo lontano. Ma tutto questo non sarebbe successo,mai più. Il cuore che pochi giorni prima mi aveva offerto così facilmente si era fermato. Sotto i miei occhi. "...Cosa dirò agli altri?" piagnucolai. "Neanche per loro potevi rimanere? Mi hai promesso tante cose... Che mi avresti portata a vedere Londra,che avresti appoggiato il mio sogno e che saresti stato al mio fianco quando sarei diventata una scrittrice affermata... Ricordi?". Alzai lo sguardo sulle palpebre così orrendamente chiuse di lui e la bocca semi aperta. Andai a poggiare la mia guancia su quella di lui,chiudendo gli occhi e immaginando la sua voce. Le nostre sere sdraiati su un lenzuolo nel giardino di casa mia,guardando le stelle e parlando dei miei racconti. O ancora,tempo prima,quando m'insegnava i valori della vita in cui credeva e plasmava il mio carattere come se fossi un'infante con la mente ancora malleabile e plasmabile. "Mentivi... Mentivi ogni singola volta. Mi hai fatto illudere così bene che per me ci fosse la felicità ad attendermi... Invece io non la vedo,ora... E se non posso esserlo con te... che senso ha?" Udivo distintamente i passi degli altri,che erano andati a chiamare aiuto,ignari del fatto che era già troppo tardi. I loro sforzi vanificati da un singolo attimo. Non mi mossi di un millimetro,non volevo staccarmi da lui e guardare i loro visi attraversati dal dolore mi avrebbe solo fatto infastidire. Non erano paragonabili al mio. Nessun dolore è paragonabile a quello che prova un'altra persona. Ed io lo volevo affrontare in solitudine,senza aiuto e senza badare alla loro presenza. Li sentii mormorare frasi che alle mie orecchie risultarono incomprensibili,quasi fossero dette in un'altra lingua. Tra queste due suoni in particolare mi riscuotevano da quel tormento che saturava la mia testa. I nostri nomi,ancora una volta detti insieme. Ma non per scherzare sul nostro rapporto o spettegolare. Questa volta le loro voci erano profonde e intrise di una nota dolente che mi fece mordere le labbra per il nervoso. Non potevo,e non volevo,vedere chi ma qualcuno aveva cominciato a piangere. Poi una mano salda si posò sulla spalla,di quello che una volta percepivo come il mio corpo,con l'intento di sottrarmi lui. A quel punto aprii gli occhi di scatto e alzai il busto,sottraendomi bruscamente a quel contatto e stringendo il cadavere al mio petto con fare protettivo. "Non me lo porterete via!" gli urlai contro. "Non osate! Lui rimane con me! Deve rimanere con me!". "Scheba...Alcar è morto... Non possiamo fare più niente per lui" Senza dare ascolto a chiunque me lo avesse detto,perché ormai quei volti e voci mi erano totalmente estranei,non mollai la presa. Finché lo avrei tenuto stretto lui non era morto. Finché sarei rimasta così potevo congelare il tempo e non pensare a quell'eventualità. Mi ribellai,morsi e graffiai chiunque osasse posare le sue luride mani addosso a quello che,per me,era l'essere perfetto. Ma alla fine riuscirono a privarmi,in cinque,dell'ultimo e tenace pezzo che teneva quell'ultimo e tenace pezzo di pietra ancora attaccato alla scogliera. Il suo corpo privo di vita fu trasportato via da due medici. Dove erano prima,quando lui aveva bisogno di loro? Quando il suo cuore aveva dato i primi segni di cedimento? Quando il pronto soccorso doveva avere le porte spalancate per accoglierlo e salvarlo? Urlai come una bestia ferita,tendendo le braccia verso di lui e versando lacrime su lacrime. Il suo nome,i nostri ricordi e i nostri sentimenti. Dio dice di amare il prossimo come se stessi,che la ragione di tutto è l'amore. Allora perché si era dilettato a togliermelo così facilmente? Urlai verso il cielo una maledizione e fu questo che,pochi giorni dopo,mi fece incontrare il mio destino. Distesa sul letto abbracciavo il cuscino,illudendomi che quel contatto fosse qualcos'altro. Qualcuno che ora stavo veramente tradendo. Il funerale si stava tenendo al cimitero della città. La sorella aveva lasciato davanti alla porta di casa un pacco per me quella mattina,dentro vi era la maglietta che lui usava per dormire ancora intrisa del suo odore. Ora di fronte a me,sul mio letto con il cuscino a dividerci mentre la studiavo. Una semplice maglia grigia con raffigurati degli animali ma intensa di ricordi,ricordi che ogni giorno mi logoravano l'anima e mi trascinavano in un oblio da cui,purtroppo,mi dicevano di rialzarmi. Per loro era facile. Loro non erano me. Le parole sono stupidi sprechi d'ossigeno se non sono accompagnate dai fatti,questo pensavo. Nessuno si stava riprendendo da quel colpo,perché mai io che ero la più coinvolta avrei dovuto farlo? Loro non avevano visto il suo sguardo appannarsi per poi spegnersi del tutto. Loro non lo amavano come lo amavo io. Affondai la testa nel cuscino,gli occhi bruciavano da morire e tenerli chiusi non migliorava la situazione. Per giunta quei dannati momenti felici mi scorrevano davanti quasi stessi guardando un maledetto film. Il pensiero di porre fine ai miei giorni era sempre più presente,unito al viso di Alcar. Poi una risata cristallina mi arrivò alle orecchie,lontana. Credendo che fosse solo un'allucinazione non vi badai più di tanto. Poi una forza invisibile mi spinse violentemente il petto,costringendomi a sdraiarmi a pancia in su. Terrorizzata provai ad urlare,ma la stessa forza mi tappò la bocca. "Certo che di solito non interrompo mai un bell'urlo di terrore,ma in questo momento vado un po' di fretta. Sai,le anime non si corrompono da sole." La figura di un uomo si manifestò sopra di me,in una posizione che se fosse stato una situazione normale avrei definito sfacciata ed imbarazzante. Le dita affusolate erano premute con forza sopra la mia bocca. Sembrava più longilineo di me e il viso affilato era atteggiato ad un'espressione divertita. Gli occhi neri come la pece riflettevano il verde dei miei e le labbra fini scoprivano i denti bianchissimi. "Potrei dire che sono lusingato da tutta l'analisi mentale sul mio corpo. Ma ho già precisato che non ho tempo. Quindi bando ai convenevoli,cara,sono qui per farti un'offerta." Detto questo si scostò da me,andando a sedersi su una sponda del letto,senza smettere di fissarmi. Come ipnotizzata mi limitai ad imitarlo,mettendomi dalla parte opposta. Rise,come se fosse compiaciuto del mio atteggiamento. "Vedo che non sei stupida come credeva mia sorella. Bene..." affermò,potandosi una mano sul petto ed inclinando leggermente il busto per simulare un inchino. "Il mio nome è Baphometh. Sono qui perché il mio signore ti ha preso molto a cuore,mia giovane Scheba..." Aprii la bocca per provare a chiedere qualcosa,ma lui alzò velocemente un dito davanti a me per interrompermi. "Ragazza,ti ho detto che non abbiamo tempo! Continuando con il discorso principale,il mio signore vuole farti un'offerta davvero moooolto generosa...". Sospirò ammirato,con fare teatrale,prendendo a sbattere le ciglia così velocemente da sembrare ridicolo. Ma non ero in vena di scherzi,con la moltitudine di sentimenti che si agitavano in me e questa volta il primo tra tutti era la paura. "Ha saputo del tuo Altar...Albar...o quel che è!" "Alcar..." lo corressi subito,indurendo lo sguardo. Lui gesticolò con la mano,come per sottolineare che la cosa era un semplice dettaglio,sventolandola proprio davanti al mio naso. "Il punto è che ora sono qui a fartela... E' un privilegio che non viene offerto a molte,quindi vedi di considerarlo bene! Vedi,ogni tanto noi forze superiori decidiamo di prendere come aiutanti terreni delle persone. Questo vale sia per noi sia per le nostre nemesi..." "E voi sareste...?" mi ritrovai a chiedergli. Lui sorrise con fare ironico e sospirò. "Andiamo!" Con un dito indicò tutta la stanza intorno a se. Poster,la scrivania piena fogli appuntati,l'enorme armadio bianco con disegni e le mie citazioni preferite,foto,peluche e ogni sorta di ricordo andava ad arredare i muri sotto forma di cartelloni e scritte colorate. "Ti atteggi da bambina,ma non credo tu sia tanto stupida. Ed io di solito non ho molta considerazione di nessuno,quindi sentiti onorata." alzò le spalle al termine della frase. "Farò finta che sia dovuto ai troppi shock che hai subito." "Potrebbe anche essere..."commentai. Scoppiò in una fragorosa risata,tirando indietro la testa e facendo ricadere i capelli neri all'indietro. Ondeggiavano con il corpo e sembravano così curati da sembrare quasi irreali. Quando si riprese trasse un lungo respiro e si asciugò gli occhi. "Oddio,credo sia la creatura che mi ha fatto più divertire da anni...E per un diavolo anche questo è un complimento!" "E tu saresti un diavolo?". Nella mia testa erano ben diversi. Un po' come quello di Legend,quel film con Tom Cruise da giovane che mi piaceva riguardare ogni tanto. Brutti,imponenti e dotati di corna. Forse,come aveva affermato Baphometh,ero davvero infantile. Infatti lui si limitò a farmi l'occhiolino e a scoprire i suoi denti brillanti. "Bingo! Tornando al discorso... Gli aiutanti terreni hanno formato dei clan nel corso dei secoli. I nostri si fanno chiamare "Seguaci di Lilith" che fu la prima umana ad unirsi alle nostre schiere. In pratica ci agevolano il lavoro. Corrompono anime,le tentano e via discorrendo. Ma,ovviamente,i pennuti devono sempre metterci i bastoni tra le ruote..." le ultime parole furono accompagnate da una smorfia di disgusto. A me tutta la situazione pareva assurda,terribilmente irreale. L'unica cosa positiva era che mitigava il senso di perdita,di colpa e di dolore. "I loro si chiamano "Crosses". A quelli dovrai stare un po' attenta,sono insidiosi e fastidiosi come le mosche! Comunque di solito interveniamo noi demoni...in casi ne avessimo voglia. Ma verrai addestrata negli inferi per poterli contrastare,quindi credo riuscirai a respingerli da sola..." "Parli come se io avessi già accettato." constatai. Il giovane diavolo non parve curarsene. Anzi,si soffermò a studiare che sotto le sue unghie perfette non vi fosse sporcizia. Irritata gli lanciai il cuscino. Ma l'uomo scomparve per riapparire davanti all'armadio,in piedi e con la schiena poggiata all'anta,ancora guardandosi le unghie. Con l'altra mano strappò una foto recente di due giovani. Un ragazzo allenato dai capelli castani bronzei e gli occhi azzurri,il sorriso dolce e aperto. Una ragazza che,in confronto,sembrava un latticino dai capelli ricci di un castano scuro spento e gli occhi verdi. Me e Alcar... Una delle ultime,fatte al mare. "So che accetterai per il ragazzo. Vedi,in cambio del tuo servizio oltre all'immortalità ti offriamo l'anima del giovane. Potrai vivere con lui negli inferi. Il mio padrone ha riservato un posto tranquillo solo per voi...". Quelle parole mi fecero spalancare gli occhi dallo stupore. La mano,che si andò a posare sul letto per sostenermi,sfiorò la maglia del mio amore che fino a quel momento credevo perduto per sempre. Deglutii così rumorosamente che l'angolo della bocca del diavolo si alzò,divertito dalla situazione. Mi studiava in silenzio,in attesa di un mio,per lui certo,assenso. Mi tornò in mente all'improvviso la sera in cui io e Alcar avevamo guardato Romeo e Giulietta in dvd. "Spero che si ritrovino,ovunque siano finite le loro anime" avevo commentato. Alcar aveva scosso violentemente la testa,facendo danzare i capelli lisci intorno al suo viso. "Se fossi stato Romeo avrei preferito che Giulietta vivesse,anche senza di me. La sua felicità mi avrebbe raggiunto. Certo,avrei odiato a morte chiunque mi sostituisse,ma almeno lei sarebbe rimasta in vita. La vita di lui sarebbe continuata attraverso di lei,il ricordo che aveva... Invece sia quello stupido sia lei non lo hanno capito! Se Romeo avesse seguito questo ragionamento si sarebbe sposato con Giulietta e pace!" Sorrisi. Un modo tutto suo di vedere quell'opera,come al solito. Solo sulle mie non obbiettava,anzi. Aggiungeva dettagli su dettagli,che coincidevano spessissimo con i miei. Baphometh si schiarì la voce e mi costrinse a riscuotermi dai miei pensieri. "Ebbene...?". Fissai il pavimento,prendendo ancora un po' di tempo per riflettere. Ma quando si trattava di Alcar non ero solita farlo con coscienza di me. Per lui avrei sacrificato l'intero mondo. Per lui,in quel momento,vendetti la mia anima annuendo. Il diavolo,in un attimo,fu di nuovo sopra di me. Un sorriso sadico gli trasformava i tratti del volto,facendolo sembrare crudele e orribile. "Benvenuta nelle schiere oscure!" urlò alzando una mano in aria. Un artiglio nero crebbe dall'estremità del suo anulare e trafisse il mio petto,disegnando un pentacolo sul seno. Bruciava da morire,come se le fiamme non solo mi circondassero ma stessero ardendo anche dentro di me. Quel pentacolo mi marchia ancora,nero come la pece sulla mia pelle candida. E' simbolo che servo l'angelo caduto più temuto da cielo e terra,Lucifero.
  
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