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Autore: furetchen90    04/07/2012    0 recensioni
Un giovane nobile di una terra governata in rettitudine affronta uno dei sommi comandanti del Re Stefano, un ossesso, ma il racconto si concentra su tre mercenari: due al servizio del giovane, uno al servizio di Nabata, l'ossesso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Famiglia

Nabata era furioso, iracondo, problematico, siccome l'esercito nemico era in avvicinamento e, soldato a soldato, il pavimento da avio ch'era diventava carminio. Anche i Corrotti dall'alito infuocato! Avevano resistito a lungo, avevano combattuto con tutte le loro forze, ma anch'essi, ormai, erano perduti! In lontananza, Nabata vide qualcuno avvicinarsi in groppa ad una Viverna: Miriana, pronta a sostenere il fratello, traditore della patria, colpevole quanto la sorella. E poi, i tesori. I suoi tesori! I nemici li stavano rubando! Non erano davvero suoi, ma avevano pur sempre un'importanza materiale. Re Stefano aveva promesso di concederglieli se avesse svolto adeguatamente il suo dovere.
Il Generale Tolomeo, più avanti, il celebre Generale Paladino, stava tenendo a bada quattro nemici, tra cui uno dal volto familiare, l'ennesimo traditore della patria, il generale Pericle.
“Traditori ovunque” - sussurrò Nabata.
Ad infastidirlo più di ogni cosa, però, era quell'individuo gargantuesco con in mano una gigantesca ascia in continua agitazione, con ai piedi sempre più alleati di Nabata.
“Uno, due, tre, quattro!” - Nabata continuava a contare i caduti, ma era impossibile, perché erano tantissimi, a dozzine, a centinaia forse! Ogni minuto che passava, il volto di Nabata era sempre più perplesso, sconvolto, esterrefatto.
“Non lo si può uccidere, quell'individuo, se non si ha l'esperienza sufficiente sul campo” - una voce dall'accento straniero espresse tali parole ed il Signore locale si voltò e vide un individuo maturo dai capelli eburnei e la barba sfolta maneggiare un'abbacinante lancia d'adamantio.
Era, rivestito di una corazza purpurea e gli ricordava il suo maestro d'arme, morto in passato per sua stessa mano, quando ebbe toccato la Spada del Negromante, tesoro del maestro ch'egli ebbe avuto l'onore di guardare ma il divieto di toccare, dalla quale fu corrotto perché ebbe disobbedito al Maestro, nonostante il suo solo, solenne avvertimento.
“Come puoi esserne certo?” - chiese Nabata furente.
“La sua volontà lo mantiene in vita. Vive per vendicarsi, e non si fermerà mai, fin l'istante in cui avrà soddisfatto la propria sete sanguinaria”
Nabata distorse il volto confuso.
"Chi sei, uomo?”
“Sono leale, servo il mio signore e la giustizia, la vera giustizia, quella dei popoli oppressi dai tiranni, la giustizia genuina, ideale, incorrotta, impura!”
“La tua giustizia mi fa ridere! Sei ridicolo, uomo! Sei vecchio e orribile e osi parlare ad una grazia vivente qual son io in tale maniera! IO SONO NABATA! GENERALE AL SERVIZIO DEL REGNO PIU' VASTO DEL MONDO! E TU SEI SOLO UN CADAVERE IGNARO DI ESSERE GIA' MORTO, DESTINATO AD ESSERE LO SCENDILETTO DEL MIO RE, STEFANO!”
Il nemico maturo mostrò di essere lungi dalla descrizione del malvagio, ostentando eccellente sveltezza e riflessi insoliti per la sua età avanzata, e la battaglia tra i due durò a lungo, con fendenti schivati in continuazione dall'arzillo guerriero, in attesa di poter sfoderare il colpo letale sul suo nemico, il quale, però, riuscì ad irretire il proprio avversario, siccome la Spada del Negromante era capace di risucchiare l'essenza vitale di chiunque venga ferito dalla lama anche di striscio, ed infatti basto un taglietto minimo sulla pelle asciutta del guerriero maturo per privarlo quasi istantaneamente di qualunque ardore vitale.
“E così... finisce.... la mia storia...”
L'uomo cascò a terra, non si muoveva più.
“Morto. Bene. Molto bene, oserei dire” - sghignazzò Nabata, rinvigorito dalla vittoria, ma ancora intimorito da quelle parole.
“Vive per vendicarsi, e non si fermerà mai fino a che non avrà saziato la sua sete sanguinaria”
Un altro straniero si avvicinò al folle.
“Anche tu sei un pazzo suicida che vuole la propria anima annichilita dalla possanza della Spada del Negromante?” - chiese irritato Nabata.
“No” - rispose l'uomo - “Sono un mercenario al servizio del Signor Brezza e sono al suo servizio” Egli parve essere sulla cinquantina, ma il suo corpo evidenziava solidità e muscolarità ineguali. Nabata non riuscì a carpire s'egli fosse, in gioventù, assai più potente oppure si fosse mantenuto sin quel momento allo stesso livello, ma non era importante in quel momento la storia di quell'uomo, ma la sua bravura sul campo. Nabata indicò il gargantua dall'ascia perenne colla sua Spada del Negromante.
“Il tuo nemico!” - e l'alleato aveva già compreso il da farsi.

Il massiccio guerriero aveva spiazzato chiunque nella sala, meno che il mercenario particolare e il nobile pazzo.
“Tu!” - il mercenario a fianco del nobile richiamò il guerriero dall'ascia immensa e i due si fissarono a lungo.
“Da quanto tempo, Ascia” - espresse serio il mercenari - “Ti stavo cercando, Norvegia” - il guerriero dall'ascia immensa controbattette .
Silenzio ancora.
“Perché l'ho ammazzata, vero?” - Norvegia si rattristò.
“L'hai uccisa. L'hai uccisa, solo per quel dannatissimo tesoro di famiglia”
Ascia parve esplodere da un momento all'altro. Ripose la propria ascia sulla cinta stretta alla spalla e ne prese un'altra, ancora più grande, sinistra, peciosa.
“Ho atteso a lungo per questo momento” - urlò lui e fulminò in avanti, per incrociare la testa della propria ascia con la lunga lama della katana del proprio avversario.
“Che vigore!” - esclamo Norvegia, ch'ebbe saltato indietro per via dell'impatto immenso. Norvegia riuscì ad irretire il proprio avversario: attese ch'egli effettuasse un fendente verticale per far si che l'ascia si conficcasse nel terreno,
Lo spadaccino attaccò, ma, quale nefasta sorpresa, il suo colpo fu bloccato dalla mano lacertosa del guerriero, che ora bloccava la lama della katana, e non riusciva a ritirarla. Ascia rimosse la propria arma dal suolo e comincio a sferzare furioso contro il suo avversario, ch'ebbe riuscito comunque a spostarsi colla spada in mano (entrambi erano esperti nell'arte del combattimento e conoscevano molti trucchi del mestiere) ma non riusciva a trovare alcuna breccia per poter attaccare il familiare avversario. Non capiva a che volesse arrivare il proprio avversario, se non alla sua spossatezza, siccome Norvegia sapeva di poter schivare tutti i colpi con estrema facilità. Fu in quell'istante ch'egli temette di perdersi per sempre, comunque, perchè Ascia prese la rincorsa e colpì la spada avversaria con tutto l'impeto che gli era permesso dalle braccia e dalla propria arma. Lo spadaccino si accorse che la propria spada stava cominciando a brecciarsi ed indietreggiò, e cominciò a scappare, ma il suo avversario non lo inseguì, e si fermo, per capire le intenzioni. Entrambi approfittarono di quel generoso stoicismo per recuperare le forze.

Ascia ricominciò ad assalire costantemente il proprio avversario ed egli commise un grave errore: saltò in alto per schivare un ulteriore attacco, ma era una finta.
“Sei facilmente prevedibile!” - gli urlò contro Ascia, ch'ebbe saltato a sua volta per scontrarsi in aria col familiare nemico, ed egli punto la propria spada contro il guerriero.
Ma fu tutto inutile: la velocità acquisita dall'ascia gigantesca del guerriero enorme ebbe spaccato in due la katana nemica e si conficcò nel petto dell'uomo. Il sangue era sgorgato a terra. Ma bastarono alcuni secondi, a Norvegia, per capire che quel copioso ammontare di sangue non era suo
"…Dannazione…Clarine…" - sussurrò Ascia. Norvegia accarezzò il manico della propria katana.
“L'Ascia Infame della leggenda, maneggiabile solo da chi ha l'animo infranto: inesorabilmente letale per i nemici, ma allo stesso tempo, capace di tradire il proprio possessore” - espresse Norvegia quieto.
“Hai rischiato tanto pur di vendicarti” - Ascia agguantò saldo la propria arma una seconda volta - “Hai perduto la moglie e la tua vita. Io ho perduto la spada. Non ci sono vincitori, in questa famiglia di pazzi. Solo perdenti” - continuò colmo di mestizia Norvegia - “Non era questo quello che volevi, vero, Clarine?” - pensò - “Per questo non mi volesti combattere? Perché sapevi che la tradizione di famiglia avrebbe comportato dolori non solo all'interno del nucleo familiare, ma anche al di fuori di esso... E lui è giunto, infatti, addolorato...” - si inginocchiò innanzi Ascia, colla punta infranta della propria spada si ferì il braccia e scrisse col proprio sangue qualcosa sul pavimento.
Frattanto, gli alleati di Ascia erano riusciti a vincere i servitori di Nabata e a eliminare persino i Corrotti.
Tutti quanti si avvicinarono nella stanza principale della costruzione. A terra, numerosi cadaveri. Più distante, il cadavere di qualcuno familiare. Una giovane ragazzina del gruppo corse verso il cadavere.
“Padre!” NO!” - pianse - “Padre...” - sul corpo di Ascia, l'Ascia Infame, grande quanto la fanciulla stessa, e su di essa, una lama color cremisi infranta in due. Finlandia studio quei dettagli, ancora dolente per la perdita inaccettabile.
Si accorse delle lettere scritte a terra.

Nipote mia

Ignoro il tuo nome e il tuo volto,

ma ho una richiesta per te:

curati di queste due armi.

La spada della madre.

L'ascia del padre

Prodi guerrieri sin l'ultimo fragore di vita.

Ricordali così

Norvegia

"Zio Norvegia…" - sussurrò la fanciulla - “Eri qui?! Perché?! Perché non l'hai salvato!” - ella pregò per lo spirito del padre, ancora furiosa per quel gesto malvagio.
“Finlandia...” - una voce cortese la richiamò - “dobbiamo unirci agli altri....” - era Noè. Noè guardo Ascia.
“So che è triste, ma ora ci sono faccende molto importanti a cui dobbiamo partecipare sia io che tu. Seppelliremo dopo tuo padre”.
Finlandia annuì. Noè era giunto con il proprio stallone. Entrambi caricarono il padre su di esso. Ella agguantò le due parti infrante della spada e le ripose nella propria bisaccia. Con entrambe le mani, afferrò a fatica l'ascia e la portò al campo. Quando vi giunse, tutti erano lì, e un condannato stava per essere decapitato: l'assassino di suo padre e di Tolomeo.

  
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