Lei era una ragazza qualunque. Aveva 17 anni. La sua famiglia la adorava, stava per terminare la scuola con il massimo dei voti, e poi era bella e intelligente. Ma nonostante ciò, la sua vita non le piaceva. Aveva tutto, ma sentiva il bisogno di avere qualcos'altro. O di essere qualcos'altro.
Voleva fuggire via da quella perfezione, voleva scoprire cos'era la vita spericolata, quella cantata dai suoi idoli.
"Reckless Life", proprio la sua canzone preferita, e quella che le apparteneva di meno.
Aveva già preparato tutto da tre anni, e ora finalmente era decisa a farlo.
Aveva sempre avuto il desiderio di andare a Los Angeles, "dove tutto cominciò" come diceva sempre.
Ed ecco arrivato il grande giorno. Il 29 luglio, esattamente 4 anni dopo il giorno più bello della sua vita.I suoi genitori erano lontani, così ne approfittò per "evadere".
Dopo aver preso la sua valigia leopardata, uscì di casa per prendere l'autobus che la portò fino all'aeroporto.
Stava male per ciò che stava facendo, ma doveva continuare, così si fermò al bar vicino e chiese del whisky.
Aveva cominciato a bere da quando si era davvero accorta di non avere degli amici, delle persone da ascoltare e a cui poter raccontare di lei, della sua vita, dei suoi sogni.
Era stupido, ma quando lo faceva si sentiva meglio, per poi ricadere nel vuoto.
Aspettava il suo aereo lì, da sola, sfogliando le pagine di una rivista mentre le bagnava con le lacrime che le scendevano dagli occhi.
Ed ecco. Ore 18.30. Era ora di andare.
Così Becky, come si faceva chiamare da tutti, partì.
Sul suo sedile cadde in un sonno profondissimo, sia per colpa dell'alcol sia perché le notti precedenti non aveva chiuso occhio.
Ma all'improvviso una voce la svegliò. "Los Angeles", aveva sentito dire. Era arrivata.
Ripreso il suo bagaglio, chiamò un taxi per essere portata in centro.
Era tutto completamente diverso rispetto al suo paesino di campagna: grattacieli ovunque. Alzò gli occhi al cielo: era di un celeste intenso. "Come i suoi occhi", pensò lei.
Ecco, ora era sicura di ciò che stava facendo, e non aveva rimpianti.
Sapeva che quella città le apparteneva, e che lì avrebbe potuto trovare la felicità, ciò che più desiderava al mondo.
Una volta scesa dal taxi però non sapeva assolutamente cosa fare: aveva dei soldi sufficienti a pagare una notte nel più scarso hotel della città.
Doveva assolutamente trovare una camera in cui alloggiare.
Trovò rifugio in un posto chiamato Katie's.
Alla reception trovò una tizia sulla cinquantina, grossa, con i capelli neri raccolti in una coda.
La signora squadrò Becky dalla testa ai piedi: "Capelli cotonati, canotta di pizzo, pantaloni leopardati, stivali da cowboy. Un'altra nostalgica, vero? Voi ragazze farete tutte la stessa fine…"
Non sapeva esattamente cosa voleva dire, ma per fortuna non aveva problemi con la lingua inglese.
"Ho bisogno di una camera, ma ho soldi sufficienti per rimanere una sola notte qui."
"Mia cara, non sei la prima né sarai l'ultima.Sai quante ragazze come te ho visto negli ultimi trent'anni? Ti serve un lavoro? Bene. La città è molto cambiata, ma l'unica zona rimasta uguale è il Sunset Strip. Prova a chiedere lavoro lì. Mi darai i soldi quando riceverai il tuo primo "stipendio"."
Ora sapeva benissimo cosa voleva dire. In qualche modo doveva arrangiarsi. La ringraziò e andò subito in camera, dove scoppiò in lacrime. Alzò di nuovo gli occhi al cielo. Era l'unica cosa che le dava la forza, insieme alla musica.
Doveva farcela, doveva realizzare i suoi sogni per essere davvero felice.
"Heaven isn't too far away…".