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Autore: Hydra    19/01/2007    2 recensioni
Roia...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oramai non le era più possibile prendere il solito treno di tutti giorni per recarsi al lavoro. Eppure, stranamente, non era né arrabbiata né dispiaciuta. Al contrario, apprezzava la sua mancanza di precisione, la interpretava come un fuggevole istante di libertà, rubata dalla schiavitù di un lavoro che a sua volta supportava la stessa. Se si fosse sbrigata avrebbe potuto anche farcela, ma in quell'istante la puntualità era l’ultimo dei suoi pensieri. Aveva l’intenzione di godersi il privilegio ottenuto attraverso le casualità di una vita troppo calcolata, anche se solo per mera esigenza.
Un bel caffè preso in pace - senza guardare mai l’orologio a muro che ogni santa mattina turbava i suoi pensieri di risveglio – le permise di godere, attraverso l’enorme vetrata del salone, la bellissima scena… di quella profonda nebbia mattutina che, come un quadro naif, avvolgeva quel luogo di surreali profumi di oblio.  Come se… tutto ciò che aveva lasciato, con sofferenza, in dono al passato avesse potuto in qualche modo continuare ad evolversi, al di là della nebbia… originando diversi vissuti. Ed era proprio il sordo suono del silenzio, interrotto dal timido ticchettio dell’orologio a muro, a segnare il confine tra la realtà ed il desiderio. Era bello vivere contemporaneamente questi due mondi, consapevoli… l'uno dell’altro.
Era ancora buio, quando uscì da casa, aveva un passo lento, garbato. Era avvolta da una lunga sciarpa bianca, le sue mani trovavano rifugio nelle ampie tasche di una giacca marrone, di pelle, cosciente del proprio vissuto. 
Salì sul un treno che inspiegabilmente era puntuale. Nel mentre sedeva, tirò fuori dalla borsa un piccolo libricino destinato a tenerle compagnia durante il tragitto. Notò il SOLITO ragazzo dai capelli rossi che le passava accanto timidamente, anche lui aveva perso il suo SOLITO treno. Sostò un istante osservando i posti liberi accanto a lei e fece un cenno, che in seguito non completò, per chiedere di occupare uno di quei posti, ma poi si mise sulla successiva dislocazione, in una posizione che gli permetteva di tenerla sotto controllo. Lei accolse tale comportamento “traditore di intenzioni”, con un sorriso di simpatia, lo sapeva… era da tanto tempo che quel ragazzo provava dolcemente ad avvicinarla.
Con lei era salita sul treno anche una donna dalle origini africane con un passeggino. Vide nel passeggino un bellissimo bambino di quasi un anno con grandi occhi scuri nei quali si riusciva a leggere la vera essenza della vita. Dopo soli pochi minuti tutti i posti erano già occupati. Il bambino iniziò a piangere, aveva corde vocali da vendere. L’insofferenza della madre infastidiva la gente che passiva assisteva alle urla del bambino. Uno dei passeggeri, sdegnato, disse: “Io non sono una madre, ma presumo che il bambino debba essere preso in braccio”. La donna sentì le sue parole e di reazione prese in braccio il bambino ed iniziò a bisbigliare, un bellissimo canto africano. Doveva essere una specie di ninna nanna.
All’improvviso, Roia, chiuse gli occhi in un sorriso. Il presente oramai aveva perso la sua valenza, abbassò il libro e si perse nelle savane dell’Africa, dove l’orizzonte non ha confini. Sentiva il fruscio del vento nelle praterie, nelle foreste pluviali e nei deserti infuocati che cullavano i ricordi di un irresistibile richiamo nostalgico del passato… Continuava a visitare quei mondi, trasportata dal canto melanconico della donna. Vide lei… nelle gialle pianure d’Africa, appoggiata ad un albero solitario, mentre allattava il figlio… sulla sua destra, a pochi metri di distanza, un gruppo di leoni…

Ahimè… tempo scaduto!
Oramai era arrivata a destinazione, si alzò per rimettersi la giacca. Il ragazzo dai capelli rossi scese per primo e nel mentre passava accanto a lei, per la prima volta, ebbe il coraggio di salutarla con un cenno della mano ed un sorriso, diafano più che presente. 
Scese anche lei dal treno, la stazione era avvolta dalla nebbia, poco distante l’attendeva il quotidiano… quello di sempre…

 

  
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