Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |       
Autore: Alexiel_Slicer    04/07/2012    2 recensioni
Nella Parigi del 1780 una ragazza di nobile famiglia è costretta a vivere una vita stereotipata e programmata dagli altri ed a sposare un ragazzo che non ama, incontrerà un giovane misterioso che gli aprirà le porte di un nuovo mondo...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

CAPITOLO 1
Parigi a quell'epoca era una città divisa in due parti: da un lato i nobili con la loro sfarzosa ricchezza senza limiti e dall'altra i poveri, che occupavano gran parte della città e conducevano una vita di stenti e sacrifici.
Io, Hélène, avevo avuto il "privilegio" di nascere in una famiglia di nobili. Mio padre era un marchese, il marchese di Florence, mentre mia madre veniva da una famiglia di ricchi borghesi. La mia vita sarebbe stata invidiata da tutte le ragazze che non potevano permettersi lussi frenati, ma certamente io non mi invidiavo. La mia vita era troppo luccicante, troppo oro, troppi tessuti preziosi, troppi abiti all'ultima moda e troppi gioielli mi avevano dato la nausea. Avevo ricevuto una ferrea istruzione e mi avevano inculcato sin da piccola le regole del bon ton, ma ai miei occhi tutta quella ricchezza e quell'educazione maniacale erano superflue. Io non volevo partecipare a balli regali, non volevo essere ingioiellata e ben acconciata e non volevo neanche fare un matrimonio vantaggioso con un nobil uomo come ogni altra mia coetanea di buona famiglia. Quella vita da nobile la consideravo frivola. Io volevo indossare dei pantaloni, invece di quei fastidiosi e soffocanti busti con quelle gonne vaporose che mi erano solo di impiccio, volevo correre per le strade di Parigi spensierata e montare un cavallo senza sella, volevo vivere la mia vita in pieno, volevo decidere io cosa era meglio per me e non gli altri e soprattutto non mi volevo sposare, a maggior ragione con un uomo che non amavo e che a malapena avevo visto una volta.
Come ogni sabato mattina scesi dal letto prima che il sole si levasse in cielo e indossai il mio paio di pantaloni segreto, che nascondevo dietro uno scompartimento, di cui nessuno era a conoscenza dell'esistenza, nel caminetto della mia stanza, raccolsi i miei lunghi capelli dentro un berretto e mi guardai allo specchio soddisfatta: sembravo proprio un vero ragazzo.
Mi calai giù dalla grande balconata e mi aggrappai al robusto ramo dell'albero secolare che stava di fronte, scivolai da un ramo all'altro fino a fare un grande balzo sordo atterrando sul prato appena potato e innaffiato, scavalcai l'alto muro di recinzione formato da grandi pietre irregolari, come da consuetudine, e mi diressi correndo in città.
Le botteghe stavano aprendo in quel momento e Parigi pian piano si stava svegliando dal torpore del sonno: le finestre si spalancavano, gli uomini lasciavano le case per raggiungere la loro occupazione e le donne andavano, con delle grandi brocche in mano, a prendere l'acqua dalle fontane. Girovagai per le viuzze di Parigi osservando ogni gesto della vita quotidiana di quelle persone con ammirazione: le ragazze della mia età si incontravano al mercato, il quale era colorato e pieno di profumi mescolati tra loro, respirando quell'aria si poteva distinguere l'odore delle spezie e dei cereali, misto a quello degli ortaggi appena raccolti dai contadini, i bambini giocavano a rincorrersi e gli artigiani facevano fiera mostra dei loro lavori.
Dopo aver passato l'intera mattina a passeggiare per la città dovetti ritornare, a malincuore, a casa dove sicuramente mi attendeva una bella ramanzina da parte di mia madre.
Ritornai nella mia stanza con la stessa prassi che avevo eseguito uscendo, mi spogliai dei pantaloni, che nascosi subito, ed indossai il primo abito che mi capitò. Mia madre un istante dopo piombò in camera adirata e iniziò a sgridarmi:
"Hélène! Di nuovo a gironzolare e a confonderti con la gente comune! Sarai piena di pidocchi! E guardati non hai indossato nemmeno il busto, che indecenza! Juliette preparale un bagno caldo e strigliatela per bene" ordinò alla serva che l'accompagnava e questa corse subito ad eseguire il suo volere
"Non ho i pidocchi, madre!" protestai infastidita
mi ignorò e si portò alla fronte una mano accomodandosi sul mio letto a baldacchino "Perchè vuoi darmi così tanto dolore? Proprio oggi che ci sarà il gran ballo per lanciarti nella nobiltà" disse con aria disperata
"Appunto, madre! Ho raggiunto la maggiore età e sono libera di gestire la mia vita come voglio!" replicai
"Oh se gli altri nobili lo sapessero! La nostra famiglia verrebbe derisa" continuò con la stessa aria drammatica ed ignorando le mie parole
"Io a quello stupido ballo non terrò parte e non sposerò nemmeno quel Jeanne" dissi con stizza
"Ma che dici? Ti sei ammattita?!" disse scattando in piedi
"Avete sentito bene" ribadii
"Non dire stupidaggini! Tu a quel ballo verrai e sposerai il duca di Bordeaux!" disse secca e se ne andò sbattendo la porta.
Nel pomeriggio Josephine, la donna che mi aveva fatto da balia e cui io ero molto affezzionata fece irruzione nella mia stanza.
"Signorina vostra madre vuole che vi prepari per il ballo" annunciò
"Josephine dica a mia madre che non verrò a quello stupido ballo" dissi con determinazione
"Ma signorina Hélène vostra madre se la prenderà con me se non obbedisco ai suoi ordini" disse la donna mortificata
la guardai negli occhi e scoppiai a piangere "Va bene fate ciò che dovete" dissi rassegnata
"Orsù non piangete! Vedrete che prima o poi vostra madre capirà" disse in tono consolatorio, ma neanche lei era convinta delle sue parole.
Stritolò il mio povero corpo dentro l'infernale busto e mi fece indossare un pomposo vestito di seta rosso dalle minute cuciture in fili d'oro zecchino, poi iniziò ad armeggiare con i miei capelli alzandoli in un'acconciatura non molto vistosa, sotto mio volere, infine mi fece indossare un fermaglio tempestato di diamanti e rubini coordinato con uno sfarzoso collier.
Mi guardai allo specchio e una lacrima mi rigò il viso: quella vita non mi apparteneva.


***

La luce del sole trapelava flebile dalle spesse tende di velluto rosso che oscuravano le grandi vetrate rendendo tetro l'ambiente del grande salone in stile rococò, mentre una sinuosa figura maschile suonava una malinconica melodia al pianoforte. Le mani di quel giovane scivolavano agili ed eleganti sui tasti di madre perla, quando improvvisamente quel suono sofferto cessò secco:
"Ho sentito dire che stasera si terrà un ballo per il lancio in società di una nobile francese" disse con voce bassa, rivolto ad un'elegante figura slanciata che era sbucata dal nulla e ora gli stava di fronte
"Siamo appena arrivati a Parigi e già ti vuoi far conoscere" replicò quest'ultimo
"Lo sai che non riesco a resistere alla tentazione di assaporare il collo delle giovani nobili, sono così frivole" disse ghignado il giovane, ancora seduto sullo sgabello del pianoforte
il ragazzo che gli stava di fronte fece una smorfia di disapprovazione "Non cambierai mai" concluse rassegnato. 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Alexiel_Slicer