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Autore: devonneshope    04/07/2012    7 recensioni
'saltavamo sul tetto parlando del nostro futuro come se avessimo degli indizi, non avevo pianificato che un giorno ti avrei perso'
- The One That Got Away
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie a Chiara, il mio angelo,
che sa cosa vuol dire sentirsi dire 'non vali niente'
e soprattutto, sa come farmi sentire qualcuno.
Da quando ti conosco, so per certo che gli angeli custodi esistono.

 


Il sole che filtrava dalle serrande ti illuminava i capelli color miele e le palpebre chiuse, mentre dormivi chinato sul mio lettino. Erano giorni che non ti muovevi dalla mia stanza d’ospedale, giorni che mi stringevi la mano cercando di sostenermi, quando alla fine neanche tu sapevi più a cosa aggrapparti per non cedere.
“Ce la faremo, insieme, come ogni volta” Avevi sussurrato al mio orecchio mesi prima. Ma più il tempo passava, più quel messaggio andava cancellandosi nella mia mente.
“Buongiorno” sussurrasti mentre ti stiracchiavi.

“E’ una bella giornata oggi, non credi?” alzasti le serrande, come faceva ogni mattina. Era vero, Londra quella mattina splendeva illuminata da un Sole che era venuto a mancare per diversi mesi.

“Come ti senti?” Mi venni vicino e posasti una mano sul mio ventre continuando a sorridere.
 Rimasi in silenzio e le lacrime bagnarono il mio volto.
“Il nostro bambino.” Riuscii soltanto a dire tra i singhiozzi.
Mi abbracciasti asciugando le lacrime, cercando di rassicurarmi.
“Qualunque cosa accada, in qualunque posto tu vada, io sarò con te per ricordarti che sei un angelo. ” Mi tornò in mente la frase che avevi detto la notte che lo avevamo fatto per la prima volta; La stessa notte in cui mio padre mi picchiò per avermi visto insieme a te: di religione islamica, ero destinata a sposare mio cugino Raji per poter tornare in Turchia e lasciare l’Inghilterra senza problemi economici.La mattina dopo, mi portasti via per sempre quella piccola cittadina per trasferirci a Londra e fuggire da quel mostro che io chiamavo padre. Quattro anni e mezzo dopo, non eravamo cambiati: ci sedevamo sul tetto di casa nostra per parlare del nostro futuro, per divertirci, per prendere decisioni importanti; fu proprio una di quelle sere in cui mi chiedesti di avere un figlio. Un figlio, la prova vivente del nostro amore, qualcosa che desideravo da tempo e che ora, qualcuno mi prometteva di donarmi.
Quella sera però, il destino oltre ad un figlio, ci scaraventò addosso qualcosa che nessuno di noi due aveva previsto.
Ti ricordi quando mi portasti dal ginecologo? E quando scoppiai a piangere all’ecografia? Persino la dottoressa si commosse. Ti ricordi quando mi dissero che dovevo fare quell’analisi per controllare il livello di ferro nel sangue? Ah si, ti ricordi quando ci dissero che il mio sangue, non era come gli altri?
Un’analisi e improvvisamente la nostra preoccupazione principale non fu più il bambino.
“Signorina Kingsley, le è stata diagnosticata una leucemia” alcune parole e ci crollò tutto il peso delle nostre vite addosso. Di colpo il reparto che dovevo frequentare non era più ‘ginecologia’ ma ‘oncologia’.
I nostri piani, le nostre promesse, il nostro futuro era andato tutto a farsi fottere.
“Samanta, calmati. Va tutto bene” La tua voce spense i ricordi e mi riportò in quella stanza.
 Mi toccai la testa priva di capelli e continuai a piangere nonostante le tue consolazioni. Non avevo pianto quando mi avevano detto che ero malata, perché tu mi avevi sempre detto che ero troppo forte per versare lacrime. Non piansi quando dopo il primo ciclo di chemioterapia, mi svegliai con i miei capelli biondi sul pavimento. Non piansi quando ci dissero che la gravidanza era seriamente a rischio, così come la mia vita.
“Va tutto bene Sam, tutto bene …” Tu cercavi di ignorare la mia situazione, come se quel cancro che mi scorreva nelle vene non ci fosse, come non stesse uccidendo nostro figlio ogni giorno che passava.
“Non va tutto bene Liam, non va tutto bene! Guardami cazzo, guarda nostro figlio! Non ho più i capelli, non ho più vita e questa malattia sta uccidendo me e il nostro bambino! Come fai a dire che va tutto bene? Non capisci che i medici non sanno più cosa usare contro di me?” Urlai tra le lacrime.
Tu mi stringesti e mi asciugasti le lacrime cercando di trattenerti.
“Ti amo Liam, ti amo e amo il nostro bambino. Ma sono passati sei mesi e sono stanca. Sto combattendo contro me stessa lo capisci?” Sospirai cercando di calmarmi. Lui mi strinse di più, come a voler frantumare le cose che avevo detto, come a voler uccidere la leucemia con quel suo abbraccio.
Ma la realtà, per quanto brutta e orribile sia, non cambia se la si ignora.
“Tu non morirai, ok? Tu ce la farai, come hai sempre  fatto. Ce la faremo, come al solito. E poi sei bellissima anche senza capelli, hai capito?” non smise di stringermi per non farmi vedere le sue lacrime. Poi di colpo si alzò e corse via dalla mia stanza, lasciandomi allibita.
“Buongiorno Sam!” Entrò il medico sedendosi vicino a me.
 Non risposi.
“Come sta?” mi domandò.
“Voglio poter mettere alla luce il mio bambino.” Sussurrai.
“Come ha detto?”
“Non le chiedo di tenermi in vita per sempre, solo altri tre mesi per far nascere mio figlio. Può farlo dottor Malik?” Sbottai ingoiando la paura della sua risposta.
Il sorriso del medico si spense immediatamente, e cercò di nascondere la frustrazione che teneva dentro. In un reparto dove tutti gli chiedevano la vita, una speranza, lui non poteva far altro che somministrare medicinali, prendendo sulle sue spalle parte del dolore di ogni paziente.
“Sam, posso assicurarti che non è bello vedere le persone morire sotto i propri occhi lentamente, senza che io possa fare niente. L’unica cosa che posso fare è sperare, come tutti voi d’altronde, perché la medicina oggi permette di curare questa malattia solo con la speranza. Vorrei essere sincero con te, Sam” disse guardandomi negli occhi:
“la tua leucemia è grave … E io non so più cosa usare” Non aveva il coraggio di dirmi quello che entrambi già sapevamo.
“Dottore non ho paura di morire, ho solo paura che Liam rimanga da solo. Questo bimbo è l’unica cosa che ha. Lui ha dato la vita per me, mi ha salvato da me stessa e non voglio lasciarlo solo. Non è me che devi salvare, ma il bambino.” Terminai.
Mi chiesi come facesse quel medico a sopportare tutto ciò che gli accadeva senza poter far nulla e aspettai che aprisse bocca:
“Tutto dipende da te. Il tuo corpo è stanco di combattere contro qualcosa che è troppo esteso, noi medici possiamo solo aumentare i cicli di chemio. Dovrai essere abbastanza forte da sopportare ancora un po’ e sperare che il tuo organismo faccia lo stesso. Ma sappi che potrai resistere due mesi, tre se la fortuna è dalla tua parte. Dopodiché, né Liam né la determinazione potranno evitare il tuo appassire.” Disse in un soffio.
“Non dire nulla a Liam di tutto questo, ok?” Dissi chiudendo gli occhi e ingoiando quel macigno. Poco dopo, Liam si presentò sull’uscio della porta, con le braccia consorte, un cappello in testa e un sorriso maledettamente bello sul viso.
“Ora sono come te” disse togliendosi il capello, rivelando la sua testa ormai uguale alla mia: senza capelli.





“Sam, voglio portarti fuori da questa stanza d’ospedale.” Mi disse accarezzandomi la guancia.
“Lo sai che non posso uscire. Se mi ammalo, finirei di vivere prima del tempo.” Dissi amareggiata. Ecco un altro svantaggio di questa malattia: un semplice raffreddore equivaleva ad una broncopolmonite asmatica quasi mortale.
Continuò a fissarmi, poi senza preavviso, mi prese in braccio.
“Liam, no, non voglio …” cercai di oppormi senza risultati e lui mi trascinò giù per le scale fino alla panchina del giardinetto dell’ospedale. Appena l’aria fresca arrivò sulla mia faccia, sussultai: erano sette mesi che vivevo confinata in quelle quattro mura dello stanzino dell’ospedale, facendo analisi e giocando con i bimbi del mio reparto.
“Sembri ringiovanita, lo sai?” mi disse Liam dolcemente.
“Sei bellissimo” sussurrai guardandolo.
Dio, scommetto che neanche il paradiso è bello quanto lui. Pensai;
mi avvicinai lentamente a lui, cercando le sue labbra:
“Lo sai che non possiamo farlo. I baci sono la via più semplice per i germi …” Disse allontanandosi dal mio viso, ma continuando a guardare le mie labbra.
Abbassai lo sguardo e mi diedi della stupida. Stupida me e stupida malattia.
“Oh, fanculo, sono sette mesi che non ti bacio” disse prima di avventarsi sulle mie labbra. Sorrisi  abbracciandolo e sentendolo di nuovo vicino dopo tanto tempo.
“Ti amo Sam” disse alla fine.
Non risposi, e posai una mano sul mio ventre. Avrei voluto amarti di più, Liam.



“Per quanto tempo devo resistere ancora?” chiesi stanchissima al medico.
“Quindici giorni. Il parto è fissato tra quindici giorni. Sam, lo so che è difficile, ma non puoi mollare ora …” disse supplichevole.
“Mi dispiace tanto, Sam” sussurrò alla fine.
“La morte prima o poi arriva per tutti, no? Non puoi salvarci tutti, dottor Malik” dissi prima di addormentarmi di nuovo. Ormai, non facevo altro che dormire a causa dell’incessante stanchezza.
“Hai ragione, ma volevo perlomeno salvare te.” Lo sentii sussurrare con voce rotta.  Il pomeriggio andai a trovare Harry, un bimbo di quattro anni vivace e affettuoso con cui passavo i pomeriggi.
“Sam!” urlò correndomi addosso. Gli sorrisi e lo abbracciai.
“Lo sai che manca poco e nasce lui?” dissi indicandomi la pancia.
“Wooo! E se è femmina?” chiese con faccia sbalordita.
“Se è femmina, si fidanzerà con te un giorno” gli sorrisi. Lui gonfiò il petto e si preparò a esprimere il suo parere:
“Prometto che sarò perfetto per lei e che non la lascerò mai giocare da sola” pronunciò. Poi mi abbracciò e andammo a giocare.
“Il dottor Malik dice che tra poco potrò tornare a casa. Dice che non dovrò più tornare qui.” Disse ad un certo punto.
“E sei felice?” gli domandai.
“Si. Ma non ti preoccupare, ti verrò a trovare spesso, lo ho già detto a suor Claire” Disse con voce da bambino dolcissima. Ricordai solo allora che Harry non aveva  una casa e viveva in un orfanotrofio. Mi chiesi come il destino si fosse permesso di fare così tanto male ad un bimbo così piccolo.
“Non credo che dovrai venire qui a trovarmi.” Dissi con voce triste.
“E perché?”
“Perché tra poco uscirò anch’io e verrò io a trovarti.” Dissi accarezzandogli dolcemente la testa. Già. Tra poco uscirò anch’io da qui.




“Oh Dio Liam, oh Dio!” Urlai dal dolore mentre le infermiere mi incitavano a spingere e Liam mi guardava con una faccia terrorizzata.
“Cazzo Sam, è l’ultimo sforzo!” Malik mi incitava come se fossimo allo stadio, gli mancava solo la sciarpa ‘forza Sam’.
“Provaci tu a spingere!” dissi e poi urlai ancora. Tutto ad un tratto il dolore cessò, per lasciar posto al pianto di un bambino.
“E’ femmina!” esclamarono le infermiere. Liam la prese in braccio come se fosse fatta di vetro, sorridendole.
Quando me la fece prendere in braccio, riuscii soltanto a sorridere e guardare quanto fosse bella. Inaspettatamente la stanchezza mi colse in fallo, e crollai in un sonno profondo cullata da un ‘bip’ ininterrotto e una confusione generale intorno a me.


“Non lasciarmi…” disse Liam baciandomi sulla fronte.
Aprii gli occhi in quel momento e lo salutai cercando di non spaventarlo.
“Buongiorno” sussurrai.
“Dio sia lodato!” disse stringendomi così forte da togliermi il respiro.
“Che succede?” gli chiesi.
“Il tuo cuore si è fermato subito dopo il parto. Zayn mi ha detto che… il cancro.. Oh Dio Sam.” scoppiò a piangere e non si staccò dal mio abbraccio.
“Mi dispiace Liam … è colpa mia, ce l’ho messa tutta, ma sono troppo stanca. Ti avevo promesso che non me ne sarei andata, ma non posso rimanere di più. Me ne vado io per lasciare il mio posto a lei.” dissi tra i singhiozzi.
“Non dirlo. Non è colpa tua, non è colpa di nessuno. Andrà tutto bene, come al solito. Non piangere.” Sussurrò lui.
“Avrei voluto amarti di più. Tu mi hai salvato in tutti i modi che si possa salvare una persona. Tu hai abbandonato il tuo mondo per entrare nel mio, hai ricominciato. Sappi che sei stata la cosa più bella che mi sia capitata e me ne vado felice di aver vissuto la mia vita con un angelo. Mi dispiace che il cielo non sia bello quanto te. Mi mancherai.” versai le ultime lacrime rimaste, per poi sorridere.
“Dio ti prego non portarmela via … Ti prego Dio lo so che è una stella ma ho bisogno di lei qui per illuminare la mia vita … Ti prego..” Sentirlo piangere in quel modo era orribile. Gli stavo strappando tutto quello per cui si era sacrificato, tutta la sua vita. Alzò la testa e mi vide sorridere. Si asciugò in fretta le lacrime e baciò il mio sorriso.
“Ah si, Harry. Il piccolo Harry, ha promesso che sposerà nostra figlia. Non ha una famiglia, devi portarlo via da quell’orfanotrofio. La lascio nelle vostre mani, ok? Non permettere che qualcuno le faccia del male.” Dissi stringendo la mia mano con la sua.
“Mi canti la nostra canzone, per l’ultima volta?” Gli chiesi chiudendo gli occhi. Lui annui tra le lacrime e accarezzò la mia mano.

‘’Would you dance if I asked you to dance
Would you run and never look back
Would you cry if you saw me crying
Would you save my soul tonight,,

Sorrisi e cantai con lui.

‘’Would you tremble if I touched your lips
Would you laugh oh please tell me this
Now would you die for the one you love
Hold me in your arms tonight,,

Sentii la sua voce incrinarsi mentre mi stringeva più forte la mano. Ti avevo giurato che sarei venuta in capo al mondo con te, mentre adesso per quanto tu possa stringermi, devo andare via. Pensai lasciando scivolare una lacrima sul mio viso.

‘’I can be your hero baby
I can kiss away the pain
I will stand by you forever
You can take my breath away…
You can take my breath away,,

Si abbassò su di me e mi lasciò un bacio umido di lacrime sulle labbra, stringendomi a sè e salutandomi per l’ultima volta.
“Ti amo” sussurrai. Un singhiozzo mi scosse e poi, lasciai che il destino mi portasse via da quella che era la mia vita, lontano dal sorriso che aveva illuminato la mia esistenza, distante dalle persone a cui avevo voluto bene.
Sei stato il mio eroe, Liam. E lo sarai sempre, vicino o lontano da me. 
 



 

  
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