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Autore: _Alexis_    04/07/2012    1 recensioni
Nacque dalla superficie. L’acqua percorreva il corpo, il suo corpo. Non si chiese neanche perché fosse uguale a lui. Le dimensioni lo rendevano esposto a tutti, e mentre si preoccupava di questo, gli occhi del gigante erano distanti da lui non più di pochi centimetri.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Puoi dare inizio alla procedura.
Orario attivazione 6.03 a.m.
Orario inizio procedura 6.07 a.m.


Rumori soffusi, appena accennati. Non ho voglia di sapere cosa c’è fuori.
E né so cos’è la volontà, né so cos’è il sapere.
Tutto ciò che mi va bene, adesso e ora, è sentire il battito. Il mio battito.

-Sta iniziando a ricevere le informazioni?
-Facciamo a poco a poco, preoccupiamoci di mantenere i livelli vitali stabili, per ora.


Le mani, le dita. Ah, e gli arti inferiori. Il mio petto… e la testa.
Ah, sto anche pensando. Riesco a fare anche questo.
Se adesso aprissi gli occhi, ed emettessi voce, sarei un uomo?

-Le informazioni base le ha, ora possiamo iniziare davvero.
-Perfetto.


C’è qualcosa che ricordo…

Ti stanno ricrescendo i capelli. Cadde giù dal nulla, come se non avesse fatto altro che dormire fino a quel momento. Ebbe giusto un attimo per riprendersi.
Quella calma dava fin troppo spazio alle strane sensazioni finora ignorate.
E sorrise d’impulso, con occhi vitrei puntati chissà dove. I capelli ricrescevano, certo. In malo modo, avrebbero presto nascosto la ferita sopra l’orecchio.
Ma Brent non guardava i capelli, fissava il braccio strettamente e non molto accuratamente ingessato dell’altro. Mi dispiace. Alden rise che sembrava fosse una battuta. Non mi interessa, davvero, sono vivo, va bene. Certamente. Ma il senso di colpa non ascolta ragioni.
Si era già più e più volte figurato in mente l’immagine del corpo dell’altro immerso nel sangue. Niente di peggio che sporcare un corpo puro come il suo.
E mentre la scura nave da guerra procedeva, non c’era niente più che silenzio e frescura.
Rinuncia, Brent, a chiedersi oltre su cosa ci fosse di dannatamente sbagliato in lui. Se era interesse affettuoso, o semplice ammirazione, quella per Alden. Si accendeva una sigaretta, e si ricordava ancora una volta che era tutto finito. Tutto. Guardava la reazione dell’altro mentre gli soffiava in faccia il fumo. L’unica mano buona che fungeva da ventaglio. Che schifo, dove hai recuperato questa roba? Diciamo, ho i miei fornitori. Sorrise divertito. Vuoi favorire? No, piuttosto vado a bere qualcosa. Osservava il corpo esile del biondo che si allontanava, stretto nella divisa da militare. Un fisico proprio da ragazzino, pensava, e lo seguiva.

Brent era più grande di lui di sei o sette anni. Il loro rapporto era molto limitato, poche parole, poco contatto. L’uomo dai ricci neri gli stava vicino, dalle sue armi usciva sangue a fiotti, ma nell’area che circondava i loro corpi, tutto restava puro. Forse per questo se la prese così tanto, quando fu preso di mira da un cecchino nemico.
Brent era un uomo molto alto. Alden lo fissava dallo scalino del treno, non erano bravi a parole, forse addirittura l’altro pensava di andarsene senza dir nulla. Niente addii. Che vuoi? Tipico di lui, fingersi sereno. Se non l’avesse sorpreso a piangere più volte avrebbe addirittura potuto crederlo. Oh, vuoi un saluto dal vecchio zio Brent? Ti pare… rispose sorridendo. Allargò le braccia muscolose e lo strinse più forte poteva. Il braccio… idiota. Allentò la presa.
Una ragazza bionda, magliettina nera, lontana imitazione di pantaloni da divisa militare. Ma sì, non c’erano dubbi. È la tua ragazza? Già… sorrise tranquillo. Trattala bene. L’altro nel frattempo sciolse l’abbraccio, pose due dita sul suo labbro inferiore. Che consiglio terribile. L’ultimo ricordo del compagno d’armi, ma forse anche l’unico a cui pensare sorridendo.

Forza, sbrighiamoci! La donna dalla lunga gonna scese di fretta dalla macchina, e di fretta aiutò la figlia a scendere dai sedili posteriori, mentre il marito chiudeva la macchina.
La piccola sbadigliò profondamente. Ho sonno. Mormorò con voce impastata, e la madre pensò che non ci fosse abbastanza tempo per fare storie, quindi se la caricò in braccio. Caro, ci pensi tu alle valigie? Quali valigie, avrà a mala pena un borsone. Con occhi stanchi, la piccola si lasciò trasportare dai genitori impazienti.
Alden arrestò il passo poco più lontano dall’entrata principale della stazione. Confuso. Non solo quella sensazione come essersi svegliato da poco, che tutto ciò che aveva intorno era la prima volta che lo vedeva, non se n’era ancora andata. C’era anche che lui non aveva la minima idea di chi stesse aspettando. Ogni gruppo di tre o quattro persone, di cui due adulti, che gli passava davanti, lo fissava speranzoso che fosse la volta buona. Amnesia, o forse era passato troppo tempo. Cielo, non ricordava neanche di aver avuto un’infanzia.
Solo quando la bambina gli si strinse al collo, e la riconobbe come sua sorella minore Amber, capì che, evidentemente, quella doveva essere la sua famiglia. E comunque, nei visi preoccupati dei due genitori, continuava a riconoscere niente più che due persone adulte, estranei.
Dovette distrarsi da quei pensieri per via del suo corpo che richiedeva attenzione. Il braccio… il braccio! La madre, premurosa, spostò Amber nell’altra spalla, mentre si accingeva a chiedere spiegazioni su quello che gli fosse successo e lui la precedeva pacato Lascia perdere, non è qualcosa di cui parlare, e la madre, turbata, spostava l’attenzione su qualcos’altro.

I genitori dovevano sicuramente aver immaginato, per anni e anni, quel viaggio di ritorno insieme al figlio. Quella miriade di fantasie, di certo avevano tenuto poco conto di altri fattori. Fisici, come la stanchezza. Psicologici, come la depressione, lo stress, cose che seguono un’esperienza di guerra. Tutte cose alle quali in ogni caso il ragazzo non stava pensando, perché di sangue, morti e grida, aveva ricordi molto poco delineati. Sorrideva alla sorella che si voltava nella sua direzione, quasi emozionata o pronta a dire qualcosa per la quale aspettava il momento opportuno. Mi hai portato qualcosa? Lo disse timidamente, e pensò lui, chissà cosa dovevano averle detto, per dar ragione di tutto quel tempo che aveva passato fuori casa. Ma certo! E avvicinatosi, le scoccò un sonoro bacio sulla guancia, pensò che della pelle così morbida fosse davvero il paradiso.
Lei rise piegando la testa su una spalla, con occhi strizzati. Rise sonoramente. Ma non intendevo questo! Non mi hai portato niente? Non c’era egoismo nella bambina, lo dimostrava il fatto che, pur intendendo quello, non avesse mai pronunciato la parola ‘giocattolo’. Oh, mi dispiace, le persone che mi hanno ospitato non avevano nulla da darmi.
Forse fortunatamente, quel discorso venne bruscamente interrotto. Sul ponte la fila di macchine era bloccata e non dava segno di avanzare, da troppo tempo, e ciò irritò particolarmente il padre, che scese sulla strada, come molti altri del resto, per capire qualcosa della situazione. Tutte quelle macchine coprivano di certo la visuale, ma era ben chiaro che il ponte fosse distrutto in un punto alla fine. Forse i soccorsi dovevano ancora arrivare, forse c’era qualcosa che non andava. Sembrava tanto che qualcuno, con una mano, avesse staccato un pezzo. Misericordia! Si lamentò il padre. Alden uscì fuori dalla macchina, e come se fosse sincronizzato a lui, qualcosa emerse dalle acque dello stretto. Nacque dalla superficie. L’acqua percorreva il corpo, il suo corpo. Non si chiese neanche perché fosse uguale a lui. Le dimensioni lo rendevano esposto a tutti, e mentre si preoccupava di questo, gli occhi del gigante erano distanti da lui non più di pochi centimetri.

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Scusate se è un po' "ridotta" nelle descrizioni. ho dovuto tagliare il più possibile, perchè vorrei portarla ad un concorso e per questo ci deve entrare tutta in 5 pagine xD quindi sì... teoricamente sarà anche molto molto corta, ma d'altronde non ha una trama così estesa, ansi... beh, non so, spero vi interessi un pochinoino almeno...!!
   
 
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