Serie TV > Dr. House - Medical Division
Ricorda la storia  |      
Autore: Hakaesaru    05/07/2012    3 recensioni
Gli avevi pagato la cauzione. Avevi speso dei dollari per togliere dai guai quel tizio che tra i tanti che non conoscevi, era stato decisamente il più divertente.
E poi quel tizio è diventato il tuo migliore amico.
Così diverso da te, con sempre un sorriso cortese per il prossimo, capace di dare la notizia peggiore ai suoi pazienti e farsi addirittura ringraziare.
Quello che non ti aveva mai abbandonato, che aveva sempre scommesso su di te, che voltandoti indietro ritrovavi in ogni tuo ricordo dolce amaro, dopo Stacy, dopo la Cuddy, dopo l'infarto alla gamba, dopo ogni cosa andata a puttane nella tua vita miserabile e costellata da impagabili successi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, James Wilson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 A cavallo di fenomeni climatici che di giorno ci fanno sudare anche le ossa, la sera si sta così bene e non si boccheggia per il troppo caldo, e chi come me ha scambiato la notte per il giorno, si gode la tregua dall'afa...

Ed ecco che cosa viene fuori quando ti accorgi che hai perso la fine di una serie che ti ha appassionato e vuoi sapere come è andata a finire...
Quello che segue è esattamente quello che ho immaginato alla luce di quanto è stato.
Ed è un qualcosa che è nato sull'onda ' del momento'...molto istintiva quindi.
E penso che sarà l'unica volta che mi affaccio in questa sezione, comunque...

In questa fanfic ho usato termini volgari, parolacce e molto disincanto. Non è una storia che nel male, finisce bene. Per niente.
Vi ho avvisati per tempo.

I personaggi di questa fic appartengono ai rispettivi autori e creatori, e ne detengono tutti i diritti.

Hakae.


Everybody Lies...everebody Dies...




Sei semplicemente morto.
La porta sul retro è stata l'ancora di salvezza irresistibilmente attraente, un buon modo per uscire di scena con stile, facendo sempre un sacco di rumore.
Ti farai rimpiangere, non ti dispiace l'idea di gongolare mentre gli altri invocheranno l'intuizione che avresti avuto in questo o quel caso, per quella diagnosi così difficile da identificare...ma...tu sei morto. 
Ufficialmente cadavere, carbonizzato e, più importante, sei un gran bugiardo visto che li hai ingannati tutti, ma proprio tutti.
Però ammetti a te stesso che hai davvero rischiato di morirci in quell'inferno e nel frattempo hai passeggiato per la tua coscienzia. 
Suicidio si...o no...è facile a dirsi...ma mai abbastanza a farsi. Ma ormai...è andata come è andata.
E sei vivo.
Ma questo lo sai tu, gli altri no...e francamente non te ne frega un accidenti di niente.
Hai deto il benservito con tutto il fragore di un colpo di pistola, insieme al sibilo del monitor che sancisce una vita che non esiste più, un lungo fischio monotono.
Un bip che entra nel cervello, che trapassa i timpani, secca le labbra e fa stringere la gola in un nodo soffocante.
Ma va bene così.
La gente non avrebbe capito, e poi, alla fine non ti importa un bel niente di quello che pensano gli altri, coloro che mentono, perché alla fine è insito nella natura umana questo piccolo difetto genetico.

Come medico, hai sempre evitato che la parte emotiva, umana, la tua natura più sensibile venisse allo scoperto, non si deve per forza voler bene alla persona che si intende salvare, questo creerebbe solo scrupoli, complicazioni, contrattempi.
Senza sentimentalismo è più facile prendere il controllo della situazione, come un libro che non si è mai letto e sul quale l'occhio scorre senza soffermarsi, a differenza di quando si intercetta un titolo che è stato particolamente piacevole e spinge la persona a riprendere in mano il testo, a sfogliarne alcune pagine, o addirittura a rileggerlo dall'inizio.
Non c'era bisogno di legare con i pazienti che erano tutti i giorni differenti, con nuove storie, nuove diagnosi, nuovi drammi e ricordi.
Non c'era bisogno di morire ogni giorno un poco alla volta quando vedevi nelle iridi di chi ti guarda e che cerca la verità, che sta morendo e che tu hai fallito.


L'incendio aveva cancellato il viso di Gregory House, il corpo era lo spettro di ciò che era stato, era stato possibile identificarlo solo dai denti.
Quello che il mondo non sapeva, era che quella era l'ennesima messa in scena, ma la scena madre, l'atto finale, la chiusura definitiva con tutto il proprio passato, il proprio essere, la propria rassicurante routine condotta fino a quel momento.
Alzarsi la mattina, non preoccuparsi della barba lunga, della doccia, di lavarsi i denti a ogni pasto. E indossare camicie non stirate, magliette sgualcite, jeans logori sulle sue Nike appena comprate.
Arrivare al lavoro con quattro ore di ritardo, prendersi gioco delle regole, della Cuddy che sbraita, dell'ambulatorio che brulica di gente, dei buoni consigli del proprio migliore amico.



Tutto questo non c'è più.
Tutto questo non è quello di cui hai bisogno e forse non ti è mai servito.
Forse quello che è stato fatto fino a oggi è servito solo per questo scopo, per arrivare dove sei ora, su una strada deserta, con la moto lanciata a tutta velocità e il casco che nasconde occhi segnati e stanchi.


Gli avevi pagato la cauzione. Avevi speso dei dollari per togliere dai guai quel tizio che tra i tanti che non conoscevi, era stato decisamente il più divertente.
E poi quel tizio è diventato il tuo migliore amico.
Così diverso da te, con sempre un sorriso cortese per il prossimo, capace di dare la notizia peggiore ai suoi pazienti e farsi addirittura ringraziare.
Quello che non ti aveva mai abbandonato, che aveva sempre scommesso su di te, che voltandoti indietro ritrovavi in ogni tuo ricordo dolce amaro, dopo Stacy, dopo la Cuddy, dopo l'infarto alla gamba, dopo ogni cosa andata a puttane nella tua vita miserabile e costellata da impagabili successi.



La moto saettava spedita sulla superstrada deserta, non hai idea di dove stai andando, di cosa farai, di come vivrai.
Forse ti ubriacherai alla morte e finirai investito.
Forse cadrai dalla sella della Honda e la tua testa sarà un tutt'uno con l'asfalto e la ruota di un tir con rimorchio.
Forse andrai in overdose da Vicodin e morirai in un vicolo e si accorgeranno di te solo dopo qualche settimana e solo per la puzza ovvia del tuo cadavere in decomposizione, e magari neanche allora sarà possibile stabilire chi sei, perché Gregory House era già morto e i ratti delle fogne avranno banchettato alla grande con la tua faccia da pezzente disadattato, con un cervello geniale e zoppo ad una gamba.


Wilson era morto.
Il solo migliore amico che avesse mai avuto.
Lo sconosciuto al quale aveva pagato la cauzione per una bottiglia scagliata su un juke box.
Wilson era  morto.
La ragione che lo aveva spinto a intraprendere quel viaggio, a 'morire', a mollare tutto, ogni cosa che, amata o meno, avesse avuto.
E tutto solo per stare vicino al suo amico, per non perdersi nulla dei suoi ultimi giorni di vita.


Per goderti nel male, perché nel bene il tuo amico lo avevi già avuto, quello che il cancro aveva lasciato in eredità al dottor Wilson, stimato oncologo sempre con il sorriso.


In quei giorni lenti e veloci allo stesso tempo, lo spettro di Amber si era fatto più consistente, più reale, vivo.
La sentivi alitare sul tuo collo mentre affondava le mani ghiacciate in quello di Wilson.
La Bastarda Tagliagole che era diventata una costante nella tua vita, quando davvero eri nella merda fino al collo e sembravi non trovare scampo per uscire fuori da quella gigantesca latrina, altrimenti nota come esistenza.


In quei giorni House si ritrovò a maledirsi spesso, con forza. Per la sua natura umana che mai, come in quel periodo, stava amministrando la sua vita.
Lui era un medico, teneva ben separati gli emisferi del suo cervello quando si trattava di lavoro, ma sembrava che la parte cognitiva del suo cervello si fosse come atrofizzata e funzionasse a dovere solo l'emisfero emotivo, quello dove albergavano le emozioni, interpretava segnali elettrici in risposta agli stimoli e che altro non erano che meccanismi per identificare, codificare, e infine analizzare, quello che per la gente comune è piacere, passione, felicità, dolore, gioia, tristezza, paura, panico.



I sentimenti, House, i sentimenti.
Che non sono 'solo' banali reazioni chimiche intrerpretate dal cervello e scritte su un manuale.
Sei un uomo House, sei come tutta la gente che disprezzi, anche tu menti e detti le regole del gioco, il tuo gioco di ruolo personale, come vuoi e con chi vuoi, senza curarti di ferire.
Sei un uomo che adesso non ha più niente, ne nome, ne lavoro, una casa al quale fare ritorno.
Sei un uomo e non sei nessuno, sei un uomo che come tutti gli altri ha delle umane debolezze; sei un uomo con un carattere di merda e una fottuta dipendenza, zoppo e marcio, marcio dentro, e tutti prima o poi si allontanano da te, dai miasmi del il marciume che hai dentro, la tossina che intaccato Chase, corrotto Foreman.
Sei solo un bastardo figlio di puttana che non sa nemmeno quanti uomini si sia scopata tua madre e tutt'ora non hai idea di chi cazzo sia tuo padre.
E nonostante tutto, possiedi quello che la maggior parte della gente sogna di avere: un vero amico.


E chi trova un amico trova un tesoro e tu eri come un dannato sceicco, possedevi un patrimonio senza prezzo.


Ma lo hai stretto tra le mani per troppo poco, ti sei giocato tutta la tua fortuna sul tavolo sudicio della tua vita, la giostra che ha condotto la tua esistenza e che ti aveva fatto credere che eri perfetto, vicino all'onniscenza, al pari di Dio se non migliore di lui, e che per te è il migliore dei bugiardi.


Non credi in Dio tu, e non perché hai visto morire tanta gente.
Tu sei ateo da che ti ricordi, non comprendi come mai la gente si aggrappi quel 'Dio' che tu non hai mai considerato nella tua esistenza, infatti spesso ti mordi la lingua quando pronunci la frase  ' oh Dio... ', perché anche solo in questo modo, potresti venir frainteso, potrebbero pensare che ci credi...
Tu non credi nella vita dopo la morte, sai bene che una volta arrivato al definitivo degrado fisico, dove nemmeno ricorderai che sei stato un geniale dottore se sei fortunato, il tuo cuore si fermerà e l'ossigeno non arriverà al cervello, il sangue non circolerà più nelle tue vene e i polmoni saranno come spugne infeltrite e piene di liquido. Inutili.
E subito la chimica del corpo umano inizierà a fare il suo lavoro, gli enzimi inizieranno a comporre e scomporre, i batteri a proliferare, immagini il tuo corpo appoggiato su una superficie piana come un letto e divenire violaceo man mano che il sangue, attratto dalla gravità, si depositerà nei tessuti e diventerai curiosamente bicolore, pallido sopra e livido sotto, con qualche sfumatura rossastra, come un vino che diventa aceto e lascia nel fondo della bottiglia la posa.
Tu non credi in Dio, nei fantasmi, negli angeli, eppure molti dei tuoi successi vengono chiamati 'miracoli'.
Ecco perché forse ti sei sempre considerato migliore di Dio, perché hai sempre pensato che sapevi fare quel mestiere meglio di lui, ovvero salvare la gente,
E a differenza di quella supposta divinità, mentre a lui arrivano solo le parole, le ingiurie e le maledizioni, tu te li sei presi i calci, i pugni e le botte, hai sofferto, sputato sangue, hai rantolato nel tuo personale inferno fatto di Vicodin, prostitute e pornografia.



Ci sono stati giorni che Wilson era talmente debole da non riuscire a muoversi dal letto, mangiare era fuori questione e spesso, le poche volte che aveva consumato un pasto decente, quello che ne rimaneva era nel fondo del secchio, frutto di una nasuea sempre più difficile da contrastare.
Ci sono stati giorni in cui Wilson era quello di sempre, ovvero sorridente, fiducioso e non vomitava mai, camminava per quasi un'ora e pativa solo un leggero affanno.
Erano le volte in cui aveva più thc che sangue in corpo, completamente fumato ma anestetizzato dalla sofferenza, dall'incedere del cancro, si allontanava dalle mani gelide di Amber ancorate al suo collo, e sembrava aprirsi uno spiraglio dove credere che la malattia potesse all'improvviso sparire, che qualcosa nel suo corpo era cambiato, che come un calcolo potesse espellere quel timo malato fuori da sè, mentre un insieme di cellule e nervi e ghiandole ne creavano un altro sano al suo posto.
Magari fosse stato così, magari fosse stato possibile crederci in un miracolo...



Ma loro erano uomini di scienza, erano medici e Wilson era un oncologo.
Faceva bene il suo mestiere, era in gamba, e sapeva esattamente quale sarebbe stato il decorso di quel cancro.
Non viveva di sogni anche se non era misantropo come House, ma si poteva dire che nella sua seppur breve esistenza, aveva fatto del suo meglio in ogni occasione, magari non era esattamente così per quanto riguardava i matrimoni falliti alle spalle, ma con Amber...era stato bello.
Bello da aver quasi odiato il suo migliore amico, quello che dopo la morte della donna che amava, gli aveva regalato un primo momento veramente felice dopo l'incidente che aveva segnato la fine di lei.
Certo anche lui aveva il suo lato disincantato, anche lui doveva rimanere impassibile quando comunicava alle persone che aveva davanti che il male era 'quello' e non c'era più niente da fare.
Giusto o meno che fosse, e come disse Cameron una volta, qualcuno avrebbe dovuto arrabbiarsi di fronte a una morte ingiusta.
La sua era forse una morte giusta allora...?
Non si era incazzato nessuno per quella diagnosi, per quel destino scritto per lui...per quelle analisi che confermavano una condanna a morte sancita con millimetrica precisione.
Poi si era chiesto a chi lo avesse detto...non ricordava di averne parlato con i colleghi e forse era per questo che nessuno era rimasto indignato per la piega che aveva preso la sua vita.
Ma guardando al suo fianco, mentre ancora esalava marijuana se sospirava, vedeva quel pazzo di House.
Non gliene importava un'accidente di dove fossero, dove trovasse il Vicodin che ancora condizionava la vita di quello stronzo del suo amico, e non voleva sapere chi gli fornisse quell'erba così buona da calmare i dolori e far sparire la nausea...era un sollievo il non dover vomitare solo per aver alzato la testa o mosso di poco il collo.


Il suo migliore amico era lì, con lui, a fumare erba e a bere una bottiglia di Corona che ormai era calda come un brodo.
Era lì nel momento peggiore della sua esistenza e sapeva che non sarebbe morto solo.
Tra tutte le sue conoscenze più o meno amate o ricorrenti, House era proprio colui che voleva accanto quando sarebbe arrivato il momento...
Tirò una profonda boccata allo spinello che non era nemmeno a metà e non si chiese quanti ne avesse già fumati quel giorno...
Perché ogni cosa era sfumata dalla sua testa al solo pensare a quel domani...
Quando sarebbe arrivato il momento, House sarebbe stato con lui.
Ma quando un giorno sarebbe toccato a lui...?
Per il mondo era morto, Gregory House non esisteva più...ma chi sarebbe rimasto con lui nel momento in cui, volente o meno, avrebbe cercato una mano da poter stringere per affrontare quel salto...


"...Chi ci sarebbe stato con te, House..."


Wilson era morto
Avevano mangiato un panino alla tavola calda vicino al motel dove pernottavano.
La stanza era un disastro e quelli delle pulizie avevano il loro bel da fare quando entravano per riordinare.
Erano seduti su una comoda panchina di ferro, l'ennesimo spinello nelle mani di Wilson, la pastiglia di Vicodin nella gola di House.
Il cielo nero, le stelle bianche e un caldo da morire.
E parlare, di tutto e niente...di come fossero lì a non fare un cazzo mentre solo sei mesi prima salvavano la vita delle persone.
E adesso sembravano non sapere che cosa farci della loro...
House, come al solito, aveva sottolinato con malato realismo che a breve lui non si sarebbe fatto più quella domanda.
Wilson gli diede del bastardo, ma aveva ragione.
Quanto ad House, gli disse che non gli importava niente di come avrebbe vissuto il resto della sua vita...
Il suo lavoro era finito...e aveva faticato abbastanza.


' sei il solito House...come sempre '


E non aveva aggiunto nient'altro a quella constatazione più che ovvia.


'...elementare,Wilson...'


Wilson era morto.
Quando scosse la spalla dell'amico seduto accanto a sè, non ricevette risposta ne si mosse.
La testa gli era scivolata sulla spalla e le palpebre erano strettamente serrate.
Non avvertiva più l'alito gelido di Amber sul collo, ne l'odore dello spinello che era scivolato dalle dita molli ed era caduto a terra.
Vedendolo così, sembrava che non fosse morto ma stesse semplicemente riposando gli occhi...vedendolo così, sembrava essersi appisolato e a breve gli avrebbe sbavato sulla spalla perché Wilson dormiva con la bocca aperta e russava.


Wilson era morto dopo avergli detto la cosa più ovvia di questo mondo.
Ovvero che era il solito stronzo di sempre, con la stessa cadenza scanzonata e lievemente piccata.
Wilson era morto constatando che aveva sempre il solito carattere di merda, le solite uscite da gran bastardo e la sua proverbiale, cinica filosofia di vita...
Wilson era morto senza far rumore, eppure adesso che non c'era più, il silenzio che scaturiva da quella inerte compagnia era qualcosa che faceva male, era un dolore fisico ma che non volle indagare, House.
Non si fece alcuna autodiagnosi.

Prese lo spinello da terra, lo riaccese e tirò pronfondamente una boccata di fumo.
Accomodò meglio la schiena alla panchina e la testa di Wilson parve accomodarsi meglio sulla sua spalla.
Era ancora caldo.
Ma era estate...non poteva essere diversamente.
Fumò lentamente quel che rimaneva dello spinello.
Poi rimase seduto ad aspettare che il sole sorgesse di nuovo, che tutto riprendesse a scorrere...o meglio, che lui fosse pronto e lasciasse la stanza vecchia per quella nuova.




Mentre lascia i soldi al gabbiotto del motel dove hanno alloggiato, sente il proprietario parlare con la polizia circa il tizio che giace morto nella sua stanza.
Ovviamente non è stato assassinato e la sua cartella clinica, provvidenzialmente apparsa sul letto della stanza che hanno usato, fornirà il perché che le gente, gli amici e tutto il mondo vorranno sapere sulla morte del dottor Wilson, poi non sente più nulla House, perché indossa il casco e assicura il bastone alla Honda impolverata.
Non ha valigie, ne soldi, ne cellulare.
Solo quella moto.
Solo lui sa il suo nome, ed era partito per un viaggio con il suo amico, il suo migliore amico
Ora sul sellino posteriore della moto non c'è più nessuno a gridargli di rallentare.

Non c'è più nessuno.

House è da solo e da gas, va dritto, curva quando la strada lo richiede, si ferma ai segnali di Stop e ai semafori , ma solo a quelli rossi perché al giallo è sempre sfrecciato via come una saetta e se ne fotte solennemente delle pattuglie appostate dietro i cespugli.
Forse dovrebbe fare qualche cazzata grossa e marcire in prigione, così avrebbe campato senza doversi preoccupare di cosa fare della sua vita e avrebbe mangiato, dormito e magari anche scopato tutto a spese dello stato.
Per adesso non prevede nulla del genere ma sa che sarebbe una possibilità, visti i suoi precendenti.


Solo ora che Wilson è morto pensa alla gente che si è lasciato alle spalle...a Cuddy, a Tredici, a Kutner...Chase, Foreman,Stacy...
Solo ora che il suo migliore amico è morto pensa a tutti quelli che per anni, hanno scandito la sua esistenza.
Gente che ha trattato male, che ha fatto soffrire, gente che era al suo servizio, che eseguivano i suoi comandamenti mentre faceva le veci di Dio.
Gente che che aveva una vita fuori dalle mura dell'ospedale e sincermente non gliene era mai fregato un cazzo di niente.



Solo ora che Wilson è morto pensa a loro, a tutti loro.

Uno per uno, li rivede come se stesse scorrendo la sua vita dalla notte precedente sino al principio...


Di una cosa però era certo.
Rimaneva comunque uno stronzo.
E un giorno, presto o tardi, non aveva importanza quando, sarebbe morto e si sarebbe solennemente riposato e la dannata gamba non lo avrebbe più fatto dannare.
E di un'altra cosa era certo.
Tutti mentono, la sola cosa che ci si doveva domandare a tal proposito, era su 'cosa' si stesse in effetti mentendo.
E ancora, come sopra...
Non crede in Dio e non si immagina proprio seduto in una chiesa a fare ammenda dei suoi peccati, quando sarà vecchio.
Pensa che invece morirà piuttosto giovane, visto il suo uso e abuso di farmaci.
Se ne fotte comunque.
Sa che cosa lo aspetta, in ogni caso...
Morire è uguale per tutti, i processi chimici sono gli stessi.
Il corpo umano si decompone secondo ritmi prestabiliti dall'evoluzione, è una macchina perfetta anche quando si tratta di morire.
Come un orologio che scandisce con precisione ogni secondo di ogni minuto, e determina lo scorrere di quelli che sono giorni, poi mesi e infine anni.
Fino al momento in cui il passato è passato, il domani non esiste e tu, dopo un respiro soltano, semplicemente muori.

Perché ' tutti mentono...'  e perché  ' tutti muoiono...'



 _ end _


Ecco cosa succede a passare la notte a non fare una beneamata cippa^^
Vengono fuori queste cose...
Questa roba di cui sopra, è qualcosa che è venuta fuori sull'onda della curiosità circa la fine di questa serie tv e che io, ovviamente -.-' , mi sono persa...
E in qualche ora è uscito fuori questo.

Ho pensato a come avrebbe reagito il dottore dalla scrittura chiara e un carattere che è l'esatto opposto, al dopo, a quando Wilson fosse morto, e questo è quanto ù_ù

A chi si imbatte nella lettura,grazie sin da ora...
Spero di non urtare i sentimenti di nessuno quando passeggiando per i pensieri di House, viene analizzata la fede e la figura di Dio...ho cercato di imbastire il punto di vista di qualcuno che non crede in una divinità o che se anche esiste, House è più bravo...e in un episodio, sulla famosa lavagna aveva messo ai punti, chi tra lui e Dio era il migliore.


Non credo che mi riaffaccierò su questo fandom, questo è stato 'un momento'...e non credo che avrà eventuali bis.

This is it!

See ya!
Hakae.




   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Dr. House - Medical Division / Vai alla pagina dell'autore: Hakaesaru