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Autore: My Pride    05/07/2012    4 recensioni
~ Raccolta di flash fiction e one-shot incentrate sulle coppie ZoSan e RuNami ♥
» 58. Tequila Sunrise
«Mi stai facendo passare per il cattivo ragazzo, cuoco».
«Ricorda, marimo: non esistono uomini cattivi.... se sono cucinati bene»

[ Quarta classificata al contest «Rapido e indolore» indetto da Ro-chan { 23 } ]
[ Quinta classificata al contest «Flash Fiction Istantanee» indetto da Dark Aeris { 6 } ]
[ Seconda classificata al contest «Il mondo dei Peanuts» indetto da Dark Aeris { 26 } ]
[ Seconda classificata al contest «Due cuori e...» indetto da Frandra e Silyia_Shio { 24 } ]
[ Seconda classificata al contest «Scrivimi una raccolta» indetto da visbs88 { 29/32/33/34 } ]
[ Terza classificata al contest «Say it with Disney!» indetto da Lady Nazzumi e valutato da Dark Aeris { 23 } ]
[ Prima classificata e vincitrice del Premio Christmas Spirit al contest «All I want for Christmas is you» indetto da Frandra { 29 } ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Franky/Nico Robin, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Do one, melt one, love one'
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One day with you and all is a mess The One Hundred Prompt Project

Titolo: One day with you and all is a mess
Autore: My Pride
Fandom: One Piece

Tipologia: One-shot [ 2829 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro ; Nami ; Sanji Black-Leg ; Mugiwara
Genere: Generale ; Avventura ; Vagamente Sentimentale; Vagamente Ironico
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai ; Linguaggio a tratti un po’ colorito; Assurdità sparse ; Slice of Life ; What if?

Celestial Weather 
10&Lode: #06. Nord
Binks Challenge: 16° Sentiero › 49° Empatia
Prompt: 14° Argomento: Elementi Terra


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    «Perché diavolo sono dovuto venire io con te? Quello stupido cuoco sarebbe stato più che felice di farti da schiavetto», borbottò d’un tratto Zoro, caricandosi meglio in spalla tutti gli acquisti che Nami gli aveva bellamente scaricato.
    Già non sopportava di suo dover vagare per negozi quando si trattava di frivolezze, figurarsi quindi quanto lo scocciasse, in quel momento, dover seguire la navigatrice nelle sue folli spese. Non ne poteva più di vestitini attillati, scarpe col tacco e gioielli d’ogni tipo, nossignore. Per di più, quella strega perdeva un casino di tempo a raggirare i commessi, uscendone sempre vittoriosa e con sconti che avrebbero fatto girare paurosamente la testa a chiunque. Che fosse tirchia lo sapeva tutta la ciurma, ma che arrivasse fino a quel punto non ci avrebbe mai pensato.
    Troppo preso com’era nei suoi pensieri, ed essendo stato tranquillamente ignorato dalla ragazza, Zoro nemmeno si accorse di dove metteva i piedi, ed imprecò nell’andare a sbattere contro Nami, ferma nel bel mezzo della strada ad osservare chissà cosa. «Che diavolo ti prende, adesso?» sbottò, sperando che almeno quella domanda venisse presa in considerazione. E in parte fu accontentato, giacché la navigatrice si girò verso di lui con un sorriso luminoso.
    «Perché non mi vai a prendere una coppa di gelato?» chiese poi, indicando distrattamente il bar poco distante.
    Zoro inarcò un sopracciglio. «Cosa faresti se ti dicessi di andartela a prendere da sola?»
    «Ti pesterei fino al calar del sole e poi continuerei a pestarti finché il sole non torna a sorgere e poi ti pesterei finché il sole non va giù di nuovo». Riprese fiato e, sapendo che quelle parole avrebbero fatto ben poco presa sullo spadaccino, soggiunse: «E se ciò non dovesse bastare, aumenterei in maniera spropositata i tuoi debiti».
    Il Vice Capitano sbatté più volte le palpebre, quasi non avesse capito in pieno le sue parole, e poi imprecò a denti stretti, assottigliando lo sguardo. Quella strega prima o poi l’avrebbe fatta a fette. Parola sua. «Crema o cioccolato?» si ritrovò a domandare in un sibilo, aggrottando la fronte non appena vide dipingersi un altro grosso sorriso sulle labbra della navigatrice, che si portò un dito a picchiettare il labbro inferiore come se fosse indecisa sul gusto.
    «Cioccolato», esordì infine, facendogli cenno di sbrigarsi mentre lei, tranquilla come non mai e con la stessa aria soddisfatta di un gatto che si era appena mangiato un topo, andò ad accomodarsi ad un tavolino, accavallando elegantemente le gambe al di sotto di esso. Allo spadaccino non toccò altro da fare se non sbuffare sonoramente e, borbottando qualcosa fra sé e sé, lasciò i pacchi accanto a lei e si diresse all’interno del bar, mettendoci più tempo del previsto per prendere alla ragazza quel maledetto gelato a causa della folla che si era formata lì davanti.
    La navigatrice, d’altro canto, ebbe persino il coraggio di fargli pesare la cosa, agguantando senza tanti complimenti la coppa di gelato senza nemmeno ringraziarlo. Beh, non che Zoro se lo fosse in qualche modo aspettato, però... a tutto c’era un limite, dannazione. Masticò qualche insulto a mezza bocca e decise di accomodarsi a sua volta, annoiato a dir poco. Chi diavolo gliel’aveva fatto fare di seguirla in città proprio non lo sapeva. Ah, giusto... essendo già sicura che avrebbe comprato una montagna di roba, era ovvio che Nami avrebbe scelto colui che avrebbe potuto portare un peso eccessivo senza tanti problemi... e la scelta su cui era ricaduta, dunque? Su di lui, ovviamente, che sollevava un manubrio da trecento chili senza alcuno sforzo. Secondo loro, almeno. Anche lui ci metteva una buona dose di forza per riuscirci, quel coso non era mica una piuma.
    A quei suoi stessi pensieri, Zoro sbuffò, scuotendo il capo. Inutile continuare a rimuginarci su. Ormai era lì. Con un gomito poggiato sul tavolino e il viso sorretto sul dorso della mano, quindi, cominciò a squadrare il modo in cui la ragazza si portava tranquillamente alle labbra il cucchiaino colmo di gelato, gustandolo come se fosse stata la cosa più buona che avesse mai assaggiato fino a quel momento. «Mi stai facendo venir fame», se ne uscì d’un tratto, e fu solo a quel punto che Nami sollevò lo sguardo su di lui, come se si fosse ricordata soltanto in quel mentre della sua presenza. E ridacchiò, mandando giù un altro boccone.
    «Sono sicura che Sanji-kun sarebbe ben lieto di prepararti qualcosa, sulla nave», disse, scrollando persino le spalle. «Sempre se non vuoi che ti compri qualcosa io e ti chieda poi gli interessi di tutti i berry spesi», soggiunse distratta.
    Zoro decise di tralasciare la seconda parte del discorso - quando mai quella tirchia non pensava al denaro e a come estorcergliene di più, in fondo? -, decidendo di concentrarsi invece sull’argomento “Sanji”. «Perché accidenti quel cuoco dovrebbe prepararmi da mangiare, se non lo fa mai?» le tenne presente con fare sarcastico.
    «La strada verso il cuore di un uomo passa attraverso il suo stomaco, non lo sapevi?»
    «Che diavolo stai farneticando, Nami?»
    La navigatrice sorrise, assumendo un’espressione che la diceva lunga. Si sporse persino verso il viso dello spadaccino, facendo schioccare la lingua sul palato. «Puoi provare a far finta quanto vuoi, Zoro, ma che ci sia del tenero fra voi due lo vedrebbe anche un cieco», replicò poi in tono suadente, e fu a quel punto che lui si accigliò.
    «Cosa?» replicò, grattandosi il capo come se non sapesse davvero di che cosa stesse parlando la ragazza. O forse ne era a conoscenza e voleva continuare a negare in modo così palese l’evidenza, non si poteva mai sapere. «Non dire stronzate».
    «Guarda che sto dicendo sul serio», borbottò lei, mettendo su un broncio adorabile che sarebbe stato in grado di far capitolare qualsiasi uomo l’avesse vista in quel momento. E avrebbe anche aggiunto altro se la sua attenzione non fosse stata richiamata dal subbuglio che si era scatenato all’improvviso in strada, facendola voltare incuriosita in quella direzione.
    «Eccoli, sono loro!» si sentì esclamare d’un tratto, e la giovane navigatrice sbiancò nel rendersi conto che, a meno di qualche metro da loro, un plotone di marines armato di tutto punto si stava avvicinando di gran lena, e non ci voleva di certo un genio per capire che avevano di sicuro la ferma intenzione di catturarli. «Roronoa Zoro e Nami la Gatta Ladra, i pirati di Cappello di Paglia! Non lasciateveli scappare!»
    «Merda!» imprecò Zoro, e, sgranando gli occhi con fare sconcertato, Nami si sentì afferrare in un lampo per un braccio e alzare di peso dalla sedia venendo trascinata via da lì fino ad essere caricata in spalla dallo spadaccino, nemmeno fosse stata un maledettissimo sacco di patate.
    «Aspetta, che accidenti fai!» esclamò indignata, cominciando a tempestare di pugni la schiena robusta del compagno per farsi mettere giù. «Abbiamo lasciato lì i miei vestiti, brutto stupido che non sei altro!»
    «Lascia perdere i vestiti, mocciosa, o porto te o loro!» sbottò di rimando Zoro, sistemandosela meglio sulla spalla prima di riprendere la sua folle corsa con i marines alle calcagna. Per quanto avesse ormai le orecchie piene delle grida di quegli uomini e degli strepiti di Nami, che non la smetteva di colpirlo e di riempirlo d’insulti degni di uno scaricatore di porto, Zoro aveva l’assoluta certezza che, se avesse eseguito l’ordine della ragazza e l’avesse messa giù, con quei trampoli che si ritrovava al posto delle scarpe si sarebbe fatta prendere in meno di due secondi dai marines che li inseguivano. Per lui che le faceva da scorta sarebbe stata un’onta terribile sul suo onore, e inoltre, conoscendo il Capitano, gliene avrebbe cantate quattro anche lui per essersi fatto fregare la loro preziosa navigatrice da sotto il naso. Era dunque meglio che la ragazza se ne stesse zitta e lasciasse fare a lui, accidenti.
    Si infilarono fra stretti viottoli e strade senza uscita, in mercati affollati e piazze deserte, e ormai Nami, arresasi dall’essere sballottata così rudemente dallo spadaccino, non poteva fare altro che sperare che quei marines che davano loro la caccia si arrendessero, dato che di loro, per il momento, sembravano essersene perse le tracce. E capì davvero il perché solo quando si guardò intorno, rendendosi conto che in quella zona della città gli edifici diventavano più vistosi e imponenti, molto diversi da quelli che aveva veduto quando era sbarcata insieme al compagno.
    «Aspetta, Zoro, il porto non è da questa parte!» esclamò d’un tratto, facendolo arrestare con una colorita imprecazione. Accidenti, avrebbe dovuto guardare con più attenzione la strada, conoscendo il pessimo senso dell’orientamento di Zoro. «Muoviti, mettimi giù», soggiunse frettolosamente, rassettandosi le vesti non appena toccò finalmente terra, traendo persino un sospiro di sollievo. Lo spadaccino era di sicuro più veloce di lei, ma non aveva la benché minima delicatezza.
    «E adesso che si fa?» domandò quest’ultimo, e il fatto che avesse portato una mano a sfiorare l’elsa della sua katana bianca rassicurò in un certo qual modo Nami, a sua volta ansiosa a causa di quella strana calma che li aveva avvolti.
    «Torniamo indietro e raggiungiamo la Merry, mi sembra ovvio», replicò lei, cominciando ad incamminarsi con lo spadaccino al seguito. Di tanto in tanto gettava qualche occhiata nella sua direzione per accertarsi che la stesse ancora seguendo, ma fu proprio dopo avergli lanciato l’ennesimo sguardo che un movimento sospettò catturò la sua attenzione, prima che il boato di un colpo di fucile fendesse l’aria.
    «Maledizione!» esclamò Zoro, frapponendosi svelto fra il marine appena apparso da dietro l’angolo con il suo plotone e la ragazza, sibilando di dolore quando il proiettile lo colpì di striscio al braccio. E bruciava maledettamente, accidenti. «A loro ci penso io!» tuonò immediatamente all’indirizzo di Nami. «Torna alla Merry e preparatela per la partenza, ce ne andiamo!» e mentre lui si gettava nella mischia, estraendo al contempo due delle sue spade e sbarellando più avversari possibile a colpi di katana, Nami cominciò a correre in direzione del porto in cui era ormeggiata la nave, sperando in cuor suo che quell’idiota non ci lasciasse la pelle. Non se lo sarebbe mai perdonato, altrimenti.
    Il fiato cominciò a venirle meno per la folle corsa, ma non si fermò, facendo forza sulle gambe nonostante i muscoli le stessero andando ormai a fuoco; sentiva le caviglie doloranti a causa dei tacchi alti, però non si sarebbe fermata per nulla al mondo, più che intenzionata a raggiungere la Merry e a mettere tutti in guardia. Quasi le brillarono gli occhi nel vedere la figura della nave stagliarsi all’orizzonte, e con un ultimo sprint finale la raggiunse, salendo a bordo tutta trafelata. Non perse nemmeno tempo ad esplicare la situazione agli altri componenti della ciurma, ordinando semplicemente loro di levare in fretta l’ancora e di spiegare le vele, volgendo un ultimo sguardo apprensivo in direzione della cittadina nella quale aveva lasciato Zoro. Ce l’avrebbe davvero fatta, tutto solo contro quegli avversari armati? E se fosse riuscito a scappare da quella situazione, sarebbe riuscito a tornare senza perdersi? Quelle erano domande a cui non sapeva dare risposta, ma incurvò le labbra in un sorriso non appena i suoi occhi registrarono la sagoma dello spadaccino, che correva a perdifiato nella loro direzione.
    «Rufy, prendilo!» esclamò, sporgendosi oltre il parapetto per la foga del momento, riuscendo a reggersi ad esso per un pelo; un braccio di gomma del Capitano passò nel suo campo visivo e raggiunse Zoro, che afferrò in fretta quella mano fino ad essere catapultato a bordo, al sicuro sul ponte della nave; poterono sentire le grida di un marine mentre ordinava ai suoi commilitoni di affrettarsi, per quanto le loro imbarcazioni si trovassero nella zona ovest del porto. Allontanarsi dall’isola non fu per niente una passeggiata, però, ormai al largo e lontani parecchi chilometri dalla costa, poterono finalmente trarre un sospiro di sollievo collettivo. Essere dei pirati non era per niente facile, accidenti.
    «Tutto bene, Nami-san? Sei ferita?» La voce preoccupata di Sanji ruppe quel lieve strato di silenzio che si era venuto a creare, richiamando però l’attenzione della navigatrice, che sorrise raggiante nonostante tutto.  
    «Fortunatamente no, Sanji-kun, ma Zoro...» Si voltò verso lo spadaccino poco distante, sottoposto alle cure di un apprensivo Chopper. «È stato colpito. Mi ha protetta».
    L’espressione che si dipinse sul volto di Sanji fu indecifrabile, tanto che persino Nami stessa non riuscì a comprendere perché il cuoco, dopo aver bruscamente stornato lo sguardo in direzione del Vice Capitano, fosse tornato ad osservarla con un sorriso forzato, portandosi due dita alle labbra per afferrare la sigaretta. «Ogni tanto qualcosa di buono lo fa, quello stupido marimo». Sbuffò fuori il fumo azzurrognolo. «L’importante è che tu stia bene, Nami-san», e, stranamente senza nessuna delle sue solite moine, le regalò un altro piccolo sorriso e si diresse verso la cucina, finendo in un lampo quella stecca prima di gettare il mozzicone e chiudersi nel suo “santuario”, come tanto gli piaceva chiamarlo.
    Nami sbatté le palpebre più volte, inclinando il capo di lato. «Chissà che gli è preso», sussurrò poi rivolta a sé stessa, scoccando ben presto un’occhiata a Zoro. Per quanto Chopper avesse cominciato ad inveirgli contro per l’essersi tolto le bende dal braccio - accidenti, gliel’aveva appena messe e già le aveva fatte sparire, quello spadaccino idiota -, Zoro non sembrava dargli retta più di tanto, forse persino indispettito da quella sua fissazione. E Nami non poté fare a meno di scuotere il capo, immaginando perfettamente cosa stesse pensando quello scemo. Le bende non le aveva mai sopportate, e lo ricordava bene il fastidio dipinto sul suo viso quando era stato costretto a tenerle dopo la brutta ferita infertagli da Mihawk, che gli aveva lasciato l’orribile sfregio sul petto che lei stava osservando proprio in quell’esatto momento.
    «Che accidenti hai da guardare?» le fu chiesto dallo spadaccino, e lei, forse per il fatto che si era beccato una pallottola al suo posto, decise di soprassedere per quel suo modo di fare e di ignorare il tono scontroso con cui le si era rivolto, annullando le distanza che li separava per appioppargli un pugno su una spalla.
    «Non fare l’idiota e parlagli», esordì poi, facendo inarcare un sopracciglio al Vice Capitano.
    «Parlare a chi?» gli venne spontaneo chiedere, e Nami non si risparmiò dal rifilargli un sonoro scappellotto con uno sbuffo.
    «A Sanji, stupido. Va’ da lui e parlagli».
    «E che diavolo dovrei dirgli?»
    La navigatrice roteò gli occhi, scocciata. «Questo dovresti saperlo tu, non io», concluse lì quella conversazione che aveva cominciato a reputare inutile, lasciando che lo spadaccino arrivasse da solo alle sue conclusioni. Non ci voleva di certo un genio per capire che la reazione di Sanji doveva avere a che fare con ciò che era accaduto, e probabilmente parve capirlo anche Zoro; lo vide difatti raggiungere a grandi falcate la cucina e ad aprire la porta senza tanti complimenti, ignorando gli strepiti del cuoco con la sua solita nonchalance.
    Nami sentì distintamente il battibecco in cui si erano gettati, e si ritrovò a portarsi una mano alla fronte, massaggiandosi le tempie. Quei due erano dei perfetti idioti. E forse lei lo era ancora di più, giacché aveva bellamente frainteso i comportamenti di entrambi e aveva mandato Zoro a parlare con Sanji, alimentando il fuoco. Decise dunque di porre fine a quegli alterchi lei stessa, avanzando in quella direzione tra sbuffi e borbottii; mano a mano che si avvicinava le voci dei suoi compagni cominciavano a calare di tono e gli impropri diminuivano, venendo sostituiti da un bizzarro silenzio che lei non riuscì proprio a spiegarsi. Si fermò di botto, però, quando, attraverso l’oblò della cucina, osservò la scena che si parò dinanzi ai suoi occhi, e dovette ammettere a se stessa che non se lo sarebbe mai aspettato. Specialmente da quei due, se proprio doveva essere sincera. Ma c’era una strana dolcezza nel modo in cui Zoro, stringendo in una mano il colletto della camicia di Sanji come se volesse strozzarlo e non attirarlo a sé, aveva poggiato le labbra su quelle del cuoco per dar vita ad un bacio goffo e impacciato al quale l’altro non si oppose.
    Nami sollevò distrattamente un angolo della bocca per dar vita ad un sorriso, lasciando i suoi due compagni di ciurma da soli in cucina. In fin dei conti aveva fatto proprio bene a parlare con quello zuccone di Zoro e ad aprirgli gli occhi una volta per tutte; se avesse atteso che fosse stato lui stesso a rendersi conto dei sentimenti che provava nei confronti di Sanji, difatti, avrebbero continuato di sicuro a navigare con quella strana atmosfera che vigeva fra i due ogni qualvolta che, tra un litigio e l’altro, i loro sguardi si incrociavano e lasciavano intendere ben più di ciò che entrambi volessero esprimere a parole. Ah, l’amore. Che cosa meravigliosa.
    «Usopp!» chiamò allegra, agitando una mano in direzione del cecchino non appena lo vide sul ponte, prima di allargare spropositatamente il sorriso che le aveva ormai incurvato le labbra. «A quanto pare ho vinto la scommessa! Mi devi cinquemila berry!»
    Di Nami la Gatta Ladra si potevano dire tante cose, ma di certo non si poteva affermare che non sapesse sfruttare qualunque situazione a suo vantaggio, il più delle volte
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Okay, non so esattamente che cosa dire su quest’assurda one-shot. Innanzitutto è doveroso dire che questa storia è stata scritta per il contest Il mondo dei Peanuts indetto da Dark Aeris, nel quale si è classificata seconda
Comunque sia, aye, la ciurma di Cappello di Paglia adora scommettere *Ride* e questa volta avevano scommesso sulla possibile relazione tra Zoro e Sanji *Ride di nuovo*
All’inizio sarebbe dovuta ruotare intorno ai soliti due e avrei voluto far dire la frase che ho scelto a Sanji (
«Perché non mi vai a prendere una coppa di gelato?» ecc), però ho pensato che sarebbe stato più canonico se si fosse trattato di Nami ed ecco dunque il risultato... così ho anche fatto interagire Nami e Zoro, visto che non lo faccio quasi mai *Rotola*
Non ho idea di che cosa mi passasse per la testa mentre la scrivevo, e probabilmente è complice anche l’orario indecente in cui ho finito di stenderla, dato che a quell’ora si dovrebbe solo dormire anziché scrivere... spero comunque che la storia abbia divertito in qualche modo.
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥

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