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Autore: telesette    05/07/2012    2 recensioni
[Il ritorno di Sandokan ]
Raska sbarrò gli occhi, schiumando di collera, tuttavia inghiottì anche quell'insulto ( ripromettendosi di farglielo pagare aspramente, assieme a tutto il resto ) e ordinò alle sue guardie di riportarlo in cella. Anche se ferito, incatenato e ormai prossimo alla morte, Sandokan continuava furiosamente a divincolarsi e ad emettere urla disumane e ringhia belluìne. La Tigre non si poteva domare, né costringerla all'obbedienza... e Sandokan era la Tigre della Malesia!
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il ritorno di Sandokan è uno sceneggiato televisivo del 1996, diretto da Enzo G. Castellari e tratto dai romanzi del ciclo malese di Emilio Salgari. Sebbene l'interprete principale sia sempre l'attore indiano Kabir Bedi, questa produzione non deve considerarsi il seguito de La tigre è ancora viva: Sandokan alla riscossa! del 1977, che di contro era il solo ed unico seguito dello sceneggiato televisivo Sandokan.

Le Tigri non si inginocchiano!

Buio...

Solo nella cella dove lo avevavo rinchiuso, Sandokan si svegliò lentamente. Purtroppo a causa del veleno di Kadek, lo scheràno al servizio di Raska, i suoi occhi avevano perso la luce.
La Tigre della Malesia era cieca.
Sia con gli occhi aperti che con gli occhi chiusi, il mondo di Sandokan era ora tenebre e oscurità.
I carcerieri lo avevano incatenato al centro della prigione, assicurandogli un robusto collare metallico attorno al collo, e nonostante la forza del suo torace possente i suoi muscoli non erano in grado di spezzare quelle dannate catene.
Ad un tratto il cancello della prigione fu aperto e, anche se non poteva vedere, Sandokan percepì la presenza delle guardie che entravano nella sua cella. Costoro avevano ricevuto da Raska in persona l'ordine di condurre la Tigre al cospetto dei suoi accoliti... come simbolo del suo trionfo e della sua prossima vittoria: la conquista del trono dell'India!

- Forza - esclamò il carceriere, rivolgendosi agli altri che lo seguivano. - Fate attenzione!

Costoro si accinsero a trafficare con le catene, pur agendo con la massima cautela, ma Sandokan sembrava talmente stremato ed affaticato da non riuscire neppure a parlare. L'unico suono che uscì dalla sua bocca fu una specie di gemito soffocato e, quando le sue braccia furono libere, quattro file di catene erano state assicurate al collare per permettere ad altrettanti uomini di impedirgli ogni tentativo di fuga.
Malgrado la cecità e l'evidente stato di debolezza, le gambe del prigioniero erano salde e il suo corpo solido come la quercia. In quattro trascinarono fuori Sandokan dalla prigione, eppure anche così dovettero faticare non poco per costringerlo a muovere ogni singolo passo. In condizioni normali, Sandokan si sarebbe liberato con poco sforzo di quei quattro mentecatti; gli sarebbe bastato assestare pochi colpi precisi alla base del cranio di ognuno per spedire tutti a nanna e, una volta recuperata un'arma, non gli sarebbe stato difficile raggiungere Raska nella sua sala del trono per affrontarlo...
Purtroppo senza l'ausilio della vista non aveva a disposizione altro che l'ostinazione, la fierezza e il suo spirito indomabile. Una tigre non accettava di vivere in gabbia e, come una tigre appunto, Sandokan non sarebbe comunque rimasto prigioniero di un verme immondo come Raska.

***

- Vogliamo sapere... perché ci hai convocati - esclamò uno degli accoliti di Raska con voce esitante, rivolgendosi direttamente al suo signore. - Che cos'hai in mente?

Raska non fece una piega e, rispondendo molto pacatamente, si accinse ad illustrare ai suoi timorosi seguaci il motivo di quella convocazione. La cattura della Tigre della Malesia segnava un passo fondamentale per il morale dei suoi soldati e, con Sandokan nelle sue mani, il tiranno aveva finalmente neutralizzato l'ostacolo più pericoloso per i suoi progetti.

- Sudditi, amici - fece Raska calmissimo, con una nota mellìflua nella voce. - Vi ho riuniti qui per annunciarvi che gli ostacoli che potevano impedire la realizzazione dei nostri piani... sono stati rimossi!

Ciò detto, Raska batté le mani con fare solenne e diede segno ai suoi uomini di condurre il prigioniero al suo cospetto. Esibendo il temibile Sandokan come una specie di trofeo vivente, i presenti lo avrebbero ammirato e venerato ancora di più. In quel momento particolare, la Tigre della Malesia aveva maggiore valore da viva che da morta.
Sandokan venne dunque introdotto nella sala del trono, con uno sferragliare di catene e un mormorio di stupore da parte dei seguaci di Raska attoniti. La sola vista del temibile guerriero, anche se incatenato, incuteva ugualmente timore per via della sua leggenda.
Per tutti Sandokan non era un semplice essere umano bensì un simbolo, una incarnazione di tutti gli spiriti del cuore dell'India... E proprio su questo genere di dicerìe Raska era convinto che la sua preda avrebbe sortito maggiore effetto.
Molti non credevano ai propri occhi, cacciando commenti di stupore e incredulità, solamente Raska era tranquillo e sicuro di sé.

- Guardatelo bene - esclamò il tiranno, fissando Sandokan senza battere ciglio. - Sono riuscito a catturare questa famosa Tigre... E cosa ancora più importante, l'ho resa inoffensiva senza artigli!

Sorridendo beffardamente, Raska fece segno ai carcerieri di mollare le catene e lasciare Sandokan fermo al centro della sala. Tutti i presenti si alzarono di scatto e indietreggiarono terrorizzati, temendo che la furia del guerriero potesse travolgerli come una folgore, ma Raska rise del loro atteggiamento codardo. Sfregandosi il mento con sussiego, il tiranno rivolse loro un'occhiata di sufficienza ed illustrò dunque il motivo per cui Sandokan non rappresentava più un pericolo per nessuno...

- Ma non ve ne accorgete? - disse, sottolineando così l'evidenza. - La Tigre è accecata... Coraggio, fate una prova!

Ancora con lieve esitazione, i seguaci di Raska si avvicinarono lentamente a Sandokan. Uno di loro passò leggermente la mano davanti ai suoi occhi e, non vedendo alcuna reazione, fugò il dubbio sulle parole del suo signore.
Sandokan era cieco, prigioniero e incatenato come un animale.

- E' vero, non ci vede - esclamò l'uomo.
- La sua potenza è finita - fece eco un altro.
- Ormai ha finito di terrorizzare il paese!

Il volto di Sandokan aveva un'espressione stanca e smarrita tuttavia, come sentì qualcuno tirare una delle sue catene, reagì rabbiosamente con insospettabile forza ed energia. Malgrado la cecità, la sua mente e i suoi sensi potevano ancora percepire le vibrazioni e i movimenti attorno a lui; così come i suoi muscoli, il fisico temprato da numerose battaglie, potevano ancora scattare istintivamente al minimo segno di pericolo.
Le risate di scherno suscitavano in lui nient'altro che collera ancora maggiore.
Raska rise sguaiatamente, beffandosi della sua frustazione e della sua chiara impotenza, ma non era ancora soddisfatto: voleva piegarlo, costringerlo ad accettare la sua sconfitta, voleva che la Tigre della Malesia si prostrasse ai suoi piedi come un docile gattino addomesticato...
Una volta alzatosi dal trono e afferrata una lunga frusta di cuoio borchiato, Raska si avvicinò a Sandokan voltandogli le spalle e saggiando la solidità dell'arma con la stretta delle mani. Il cuoio era perfettamente lavorato e pesante, adatto per fustigare a sangue il manto villoso di un animale di grossa stazza, dunque perfetto per ridurre all'obbedienza anche il guerriero più ostinato.

- Tutte le leggende e le storie su di lui raccontavano che da solo era capace di battere centinaia di uomini... E d'accordo, possiamo anche crederci - disse Raska con evidente sarcasmo. - Prima era una tigre furiosa... Ma ora dovrà essere domata, e addestrata a obbedirmi!

Ciò detto, Raska puntò gli occhi glaciali sul suo prigioniero e fece schioccare rumorosamente la frusta.

- Sandokan - esclamò. - Inchinati!

Sandokan rimase immobile, come se la cosa non lo riguardasse minimamente, allorché il tiranno ripeté il suo ordine con maggior decisione e veemenza.

- Avanti - urlò, sferzando l'aria col suono agghiacciante della sua frusta. - Inginocchiati, giù di fronte al Rajà... Avanti, in ginocchio!

Malgrado il cuoio pesante scendesse ad ogni colpo, solcandogli la pelle e i muscoli con ferite profonde e dolorose, Sandokan non abbassò lo sguardo. La Tigre della Malesia pareva accusare le frustate come poco più che delle semplici carezze e, per quanto Raska potesse rafforzare il tono del comando, ben presto si rese conto che non sarebbe mai riuscito a domarlo come un qualsiasi essere umano...
Il volto di Sandokan era di pietra, gli occhi spenti, ma le sue orecchie registravano meccanicamente il suono prodotto dalla frusta, cercando di visualizzarne la forma sullo schermo della sua mente.
Ad un tratto, con scatto felino e straordinaria precisione, Sandokan afferrò al volo l'estremità del cuoio e, tirandola a sé e arrotolandola sul suo avambraccio, la strappò dalle mani del tiranno con un ruggito tale da fare raggelare il sangue nelle vene.
Raska e i presenti osservarono sbigottiti il volto della Tigre, smettendo di ridere e tremando istintivamente di paura. Nonostante la cecità, gli occhi di Sandokan parevano brillare sul suo volto deformato dalla collera come due carboni accesi, e il guerriero rispose con voce chiara e potente.

- Le tigri non si inchinano davanti alle IENE !!!

Sandokan sputò quell'ultima parola, quasi che questa potesse trafiggere Raska come la punta di una scimitarra. Nello stesso momento, cominciò dunque a far roteare la frusta con tutta la forza che aveva in corpo; e solo dopo diversi tentativi, le guardie del Rajà riuscirono ad avvinghiarglisi addosso e a disarmarlo.
Raska rimase sbalordito e confuso.
Quale essere umano poteva possedere una tale forza e determinazione dentro di sé?
Evidentemente Sandokan non aveva paura di morire, o semplicemente non riteneva la propria vita degna di essere "sacrificata" ai piedi di uno schifoso tiranno viscido e vigliacco. Raska lo aveva catturato con l'inganno, servendosi di un verme ancora peggio di lui ( il Maestro dei Veleni, Kadek ), e questo da solo la diceva lunga sull'odio e il disprezzo che poteva suscitare una simile carogna.
Non appena le guardie riuscirono a tenerlo fermo, Raska riprese la frusta dalle mani di Sandokan e ne sventolò l'impugnatura davanti al volto di quest'ultimo con fare minaccioso. Sapeva che il prigioniero non poteva vederla, ma poteva ugualmente sentire la sua voce... e per tutte le divinità dell'India, la voce di Raska avrebbe riecheggiato come una sentenza di morte certa per quella Tigre tanto orgogliosa.

- Il giorno della mia incoronazione, vicino al mio trono, la tua testa farà bella mostra in cima a un palo... Come monito per tutti!
- Pensa invece alla tua testa, Raska - rispose Sandokan coraggiosamente, sputando in direzione della voce dell'altro.

Raska sbarrò gli occhi, schiumando di collera, tuttavia inghiottì anche quell'insulto ( ripromettendosi di farglielo pagare aspramente, assieme a tutto il resto ) e ordinò alle sue guardie di riportarlo in cella. Anche se ferito, incatenato e ormai prossimo alla morte, Sandokan continuava furiosamente a divincolarsi e ad emettere urla disumane e ringhia belluìne. La Tigre non si poteva domare, né costringerla all'obbedienza... e Sandokan era la Tigre della Malesia!

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