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Autore: Willow Gawain    05/07/2012    7 recensioni
Hidel, contea di Northumberland, Inghilterra - 1852.
Quel villaggio era perennemente bagnato dalla neve, perennemente avvolto dal freddo, dal vento, dalle nubi. Non compariva sulle carte, ma la sua figura tanto piccola quanto antica era sempre lì, ad aspettare pazientemente. Come un mostro in agguato, come un fantasma dagli occhi spietati. Una volta entrati a Hidel, la legge del villaggio proibiva tassativamente di abbandonarlo. Una maledizione, un sortilegio, una stregoneria lanciata tempo addietro da Satana camuffato da vecchia strega.
Forse, però, c’era ancora una speranza per Hidel. E quando il primo degli Angeli, il Supervisore, varcò la soglia di quel villaggio costruito in modo perfettamente circolare, come un cerchio magico, il conto alla rovescia per l’Apocalisse di Hidel ebbe inizio.
«Ora aggrappati al mio braccio. Tieniti forte. Visiteremo luoghi oscuri, ma io credo di sapere la strada. Tu bada solo a non lasciarmi il braccio. E se dovessi baciarti nel buio, non sarà niente di grave: è solo perché tu sei il mio amore.» [Cit. S.King]
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What colour is the snow?

Epilogo: Il colore della neve.

07/Aprile/2009 – Londra, Inghilterra.

Un proiettile fendette l’aria in un millesimo di secondo, abbattendosi sul bersaglio con violenza inaudita e strappandogli un urlo soffocato. L’uomo cadde disteso, gemendo per il dolore, col volto piegato dallo sforzo di trattenere altre grida; i muscoli tesissimi dell’intero corpo gli sembrarono gelarsi in pochi istanti, mentre la mano destra, talmente contratta da mostrare le vene violacee, correva a stringere con foga la camicia all’altezza del cuore. In quello stesso punto si stava velocemente allargando una macchia di sangue rosso scuro che, nel momento in cui scivolava dal corpo e raggiungeva terra, diveniva secco.

La vista del ferito cominciò ad annebbiarsi, in breve riconoscere i contorni della città attorno a lui divenne più difficile del previsto; riusciva a distinguere solo le macchie indistinte degli alti grattacieli e le fronde degli alberi del parco poco lontano da quel piccolo spiazzo dove non passava nessuno, un’enorme luna piena che illuminava pigramente da dietro qualche sottile nuvola bianca.

Se non fosse stato pericolosamente vicino alla morte, avrebbe pensato di fermarsi lì fino all’alba solo per osservare le stelle. Invece, con amarezza, pensava che molto probabilmente la prossima alba non l’avrebbe affatto vista.

Come previsto, in breve gli furono addosso.

Sgusciarono dalle tenebre come sorci, due figure ben diverse tra di loro: la prima, decisamente più vicina e piccola, molto femminile, che correva verso di lui come una furia; la seconda, più massiccia e mascolina, che produceva un pesante suono ogni qualvolta che toccava terra con gli stivali.

Quando lo raggiunsero, il secondo inseguitore, un giovane uomo biondo, con occhi verde chiaro ed una giacca rossa del tutto fuori moda, rimase in piedi a fare da palo, mentre la donna si accomodò senza troppi complimenti sullo stomaco della loro preda. Gli avrebbe sicuramente mozzato il fiato se egli non fosse stato biologicamente morto.

Lo agguantò prepotentemente per il bavero della camicia e gli sollevò il capo finché non furono abbastanza vicini.

L’altro, con molta fatica, riuscì a mettere a fuoco il volto di colei che gli aveva sparato quel proiettile maledetto, quella diavoleria che era riuscita a ridurre un vampiro in condizioni simili; era il volto di una giovane ragazza dagli occhi grandi e blu scuro, la pelle candida come quella di ognuno di loro ed un’espressione soddisfatta, incorniciata da una cascata di capelli corvini.

L’uomo immaginò che se ne sarebbe uscita con qualche piccante o irritante frase di quelle tipiche dei supereroi dei fumetti americani che ultimamente andavano tanto di moda; e invece, sovrastando i rumori delle auto poco lontane, una voce acuta lo richiamò con la stessa fermezza di un generale del terzo reich.

«Sveglia!» lo schiaffeggiò un paio di volte lei «Non ti permetterò il lusso di morire prima di aver risposto alle mie domande!»

A dispetto dell’aspetto piuttosto fanciullesco, il tono usato ed il timbro vocale sembravano quelli di una persona adulta e consapevole: un miscuglio molto improbabile!

Egli si fece attento, scrutandola con rabbia e sete di vendetta: le avrebbe volentieri morso la mano se ne avesse avuto le forze.

Lei non sembrò intuirlo, o forse non volle curarsene, ed accorciò le distanze tra i loro volti, finché non potette specchiare i propri occhi in quelli della sua preda nonostante l’oscurità circostante.

Seria, concisa e con una velata concitazione, chiese «Conosci Nathan Metherlance

La domanda si perse nell’aria, spegnendosi nel silenzio della notte; fu come se il mondo attorno a loro si fosse acquietato, ammutolito davanti al nome di quella persona.

Il ferito sgranò gli occhi con fare inquieto, mentre l’uomo in piedi lanciava ai due un’occhiata di curiosità malcelata, ansioso di conoscere la risposta.

Questa, sorprendentemente, giunse in forma di risata, una risata fredda e cattiva.

La donna alzò gli occhi al cielo emettendo un lamento, mentre la mano le correva spontaneamente alla pistola a canna lunga che le pendeva dalla cintura.

«Non è il momento di ridere.» ammonì il suo prigioniero, serrando di più la presa sul bavero. La mano si strinse con forza attorno alle guancette ruvide dell’arma.

Nonostante l’intimidazione, la risata dell’uomo non si spense, piuttosto si consumò lenta nel silenzio della città addormentata; con un’occhiata quasi di sfida si rivolse alla mora e sibilò «Chi non conosce Nathan Metherlance

Le sue poche parole scatenarono una tempesta sul volto pallido e duro di lei, che incalzò «Dimmi dove si trova e ti risparmierò!»

Per dargli un piccolo incentivo gli puntò la pistola proprio sotto il mento, con l’indice pronto a premere il grilletto. Eppure, il vampiro non sembrava ancora intenzionato ad aprire bocca; i suoi occhi erano fissi su quelli blu della donna armata, ricolmi della serenità di chi sa di non avere più scampo e l’ha ormai accettato.

“È davvero disposto a morire per lui?” si domandò la mora, pur mantenendo il sangue freddo ostentato fino a quel momento.

«Se mi prendesse…» il vampiro alzò con fatica una mano tremante e raggiunse la pistola, carezzandone procacemente la lunga canna minacciosa; sul viso aveva un sorriso arcuato e poco lucido e la voce gli usciva a fatica dalla gola «Se lui mi prendesse patirei un destino decisamente più doloroso di una semplice pallottola in testa.»

La donna accennò un sorriso di sfida, ma non ebbe il tempo di esprimere a parole ciò che stava pensando.

Un sibilo sfrecciò nell’aria, passandole a pochissimi centimetri dalla pelle bianca del braccio e con un suono secco si conficcò nella gola del malcapitato. Era un pugnale, e aveva appena fatto spudoratamente fuori il loro bersaglio.

«Ann!» la chiamò l’uomo biondo dietro di lei, intuendo il pericolo; estrasse due grandi pistole dalle fondine che gli pendevano dai fianchi e cominciò a guardarsi intorno con attenzione, dando veloci occhiate nella direzione da cui era provenuta la lama.

Nel frattempo, gli occhi della vampira non si erano allontanati neanche un attimo dalla visione del disgraziato che tentava di dirle qualcosa senza però riuscirci: la precisione mortale del colpo gli aveva reciso le corde vocali di netto, tranciando poi anche il legame tra testa e corpo. In neanche un minuto, infatti, il non-morto abbandonò ogni tentativo e si lasciò morire, il volto rivolto al cielo e gli occhi spalancati, il capo circondato dal sangue che zampillava dallo squarcio sulla gola. Pochi attimi dopo la sua pelle divenne improvvisamente grigia, per poi sgretolarsi come se fosse sabbia.

Tutto ciò che ne rimase fu cenere, ed Ann si ritrovò seduta su di essa.

Per una manciata di secondi non poté fare altro che osservare il frutto delle sue lunghe ricerche, attualmente l’unica strada per arrivare a Nathan Metherlance, ridotto in cenere.

Mentre il giovane alle sue spalle continuava a guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno che non trovava, la ragazza allungò una mano ed afferrò gentilmente il pugnale che aveva distrutto i suoi piani. Se lo rigirò un paio di volte tra le mani, soppesandone il peso; la lama era corta ma molto affilata, e sull’elsa nera si poteva notare la figura stilizzata di un’ala d’uccello.

Il simbolo del clan Metherlance.

Sorridendo irritata, si alzò in piedi e fece cenno al ragazzo che la stava proteggendo di farsi indietro e riporre le armi. Egli eseguì subito gli ordini per poi mettersi da parte, mentre Ann corservava dentro la tasca del cappotto il pugnale. Mantenendo gli occhi sull’asfalto nero, cominciò a urlare a gran voce in modo che le sue parole rimbombassero per tutta la piazza e sovrastassero persino il rumore delle automobili non molto lontane.

«Sei riuscito a sconfiggermi stavolta, ma non credere di poterlo fare ancora a lungo!» ruggì con rabbia, stringendo i pugni «Ti troverò, stanne certo!»

Le minacce arrivarono molto lontano, probabilmente anche alle orecchie di chi non le avrebbe comprese: primo tra tutti l’uomo dagli occhi verdi che restava immobile, dietro di lei, confuso e in attesa di direttiva, limitandosi a captare ogni suono portato dal vento. Si diede un altro sguardo rapido intorno, prima di essere chiamato.

«Possiamo andare, Lucius.» decise infatti lei.

Con molta serietà, lui annuì e le fece cenno di precederlo «D’accordo.»

La donna si avviò per prima sulla via da cui erano arrivati, producendo un piccolo rumore con le scarpe ad ogni passo. Dietro di lei, Lucius stava ben attento a guardarsi le spalle e non accennava ad allontanare le mani dalle pistole che aveva con sé.

Nonostante il fallimento Ann non sembrava molto delusa; la sua mano corse alla tasca del cappotto, dentro la quale giaceva il pugnale.

Sorrise tra sé e sé: aveva perso una pista, ma ora ne aveva un’altra, probabilmente molto più affidabile.

 

Poco lontano dalla piazza in cui si erano consumati un inseguimento e un omicidio, in cima ad un palazzo di sei piani quasi disabitato, tre figure osservavano in silenzio il susseguirsi degli eventi.

Le urla determinate di Ann raggiunsero anche loro, sebbene un po’ ovattate; ma avendo tutti e tre un udito molto allenato, riuscirono comunque a distinguerle chiaramente.

I tre, avvolti ognuno in un mantello nero che li confondeva con l’oscurità circostante, rimasero silenti fin quando Ann e Lucius non abbandonarono il luogo.

Solo allora quello al centro, notevolmente più alto degli altri due, andò con una mano a liberarsi il capo dal cappuccio, rivelandosi un giovane uomo dai furbi occhi celesti ed il sorriso beffardo. Si rivolse prima alla persona alla sua sinistra, che si stava togliendo il cappuccio a sua volta.

«Davvero un ottimo lancio, Sakura.» si complimentò, sorridendo appena.

La donna, che a dispetto del nome orientale era evidentemente albina, chinò il capo in segno di rispetto «La ringrazio, master.»

Sakura volse lo sguardo verso l’ormai lontana donna chiamata Ann, la quale si era portata via il suo pugnale; si chiedeva se sarebbe riuscita a risalire a lei attraverso una semplice arma, ma poiché indossava sempre i guanti quando maneggiava le armi, ne dubitava fortemente.

Tenendo la voce bassa e il tono più rispettoso che aveva, diede voce ad un pensiero fin ora taciuto.

«Continuo a chiedermi perché quella donna si faccia chiamare Ann Metherlance pur non appartenendo al clan…»

«Questa, Sakura, è un’ottima domanda.» intervenne Nathan, per poi cedere la parola alla terza figura «Tu che ne pensi, James?»

L’unico che non sembrava avere intenzione di liberarsi del cappuccio era il più giovane tra i tre, un ragazzo dai capelli castani, gli occhi giallastri e lo sguardo un po’ infantile. Impiegò diversi secondi per venire a capo di una soluzione, quindi rispose con molta incertezza «Forse… perché essere un Metherlance dà accesso a  molte informazioni difficili da ottenere?»

Il biondo in mezzo sorrise, soddisfatto da quell’idea «Ottima osservazione.»

Il ragazzo annuì rincuorato «Grazie, maestro.»

«Potete andare, adesso.» li congedò infine il vampiro, con il tono di chi non ammette repliche «Vi raggiungerò tra poco.»

Sakura calò nuovamente il cappuccio sul volto, lanciando un’occhiata d’intesa a James. Insieme, lesti e silenziosi, si avviarono verso la scala antincendio da cui erano saliti prima.

Quando fu solo, Nathan rimase invece ad osservare la piazza ed a godere del vento freddo che soffiava leggero. Sì, il pensiero di James era sicuramente in parte vero: i Metherlance erano pochissimi in tutto il mondo, neanche una decina, né erano potenti o ricchi, tuttavia avevano alle spalle una gloriosa storia che li metteva in buona luce ovunque andassero.

Ma non era solo quello il pensiero che aveva spinto Annlisette Nevue a diventare Ann Metherlance; Nathan immaginava che la ragazza considerasse la vecchia se stessa morta col resto di Hidel, e probabilmente la scelta del nuovo cognome era stata dettata dal fatto che lui l’aveva iniziata alla sua nuova vita.

Alla fine Ann aveva davvero fatto tesoro dell’ultimo consiglio che lui le aveva dato: considerare la sua non-vita come una seconda opportunità, ed era diventata una vera donna, nonché un’ottima vampira.

«Continua a cercarmi, Ann. Non sei ancora pronta.» parlò ad un’immaginaria Ann il tedesco, con la voce ridotta ad un sussurro e un’espressione seria che ben presto si trasformò nel suo abituale ed incancellabile sorriso «Quando lo sarai, trovami. Solo allora ti rivelerò qual è il colore della neve.»

 

Note dell’Autrice:

Oh, mamma… è finita. È finita. Sono commossa. Sono dannatamente commossa XD dopo quasi tre anni di “devo scrivere Snow, devo scrivere Snow” ho veramente finito di scrivere Snow XD awww! *abbraccia senza ritegno Ann e Nathan*

Trenta! Volevo assolutamente raggiungere questo numero! Perché il trenta è un numero molto simbolico come tutti voi capirete. E… beh, c’è chi mi ha seguita per ben trenta capitoli durati due anni e mezzo, come potrò mai ringraziarvi? Non esiste un modo mi sa, ma posso nominarvi. In realtà avrei voluto nominare tutti quelli che hanno Snow tra i preferiti/seguiti/etc, ma siete troppi e non ci riesco ^^” (la cosa mi riempie di gioia, è bellissimo, vi ringrazio di cuore dal primo all’ultimo).

 

What colour is the snow?” è nata come approfondimento psicologico di Ann, che cominciai a usare sui giochi di ruolo by forum circa quattro anni fa, quindi potete capire quanto è vecchia questa storia.

 

Il nome della storia lo devo a KikyoOsama, una mia carissima amica. Io non sono brava coi nomi, ne stavo cercando uno quando lei mi citò le seguenti parole – perdonatemi, non ricordo di chi era, è passato troppo tempo -: “Do you know what color is the snow? Where I live, in Russia, is always red.” Mi pare che fosse più o meno così… dunque grazie, KK ^^ senza di te questa storia non avrebbe un titolo così bello.

 

Alcuni personaggi non sono del tutto miei. Gli autori sono altri, miei compagni e amici di role sui giochi di ruolo, che mi hanno ceduto i loro personaggi. Damon Darkmoon e Yume Darkmoon appartengono a Nadeshiko: perdonami, li ho del tutto cambiati rispetto ai tuoi, soprattutto Yume, che qui è diventata Sogno. Sono due personaggi meravigliosi, è stato bellissimo usarli ^^ e spero di poter in futuro usare con altrettanto affetto Nade e Nagi, nella terza storia. Sakura, bellissimo personaggio che avrà un ruolo al pari di quello di Ann in futuro, appartiene a Maxi, e lo stesso dicasi per l’adorabile James, di KikyoOsama. Lucius, invece, apparso pochissimo purtroppo, ma che sarà coprotagonista nella terza storia, è di Locke. Grazie di cuore a tutti ^^ i restanti sono tutti miei personaggi originali.

 

Devo ringraziare anche coloro che mi hanno tenuto compagnia con le recensioni, dandomi suggerimenti e spunti, nonché risate e fiducia in me stessa. Davvero, non so come ringraziarvi >_< per me ha un significato importantissimo! – Come molti di voi  sanno, il mio scopo sarebbe pubblicare questa storia ^^”

Ringrazio soprattutto VeganWanderingWolf, che mi sta aiutando con la revisione dei vecchi capitoli, e Milou, sicuramente la lettrice più affezionata.

 

Bene… credo di aver detto tutto! Non mi resta che ringraziarvi un’ultima volta e salutarvi ^^! A riscriverci, mi farò viva prossimamente sempre in questa sezione, con la seconda storia del ciclo!

 

Un augurio di buona estate,

Sely.

 

 

 

                                                                                                                                                                              

  
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