Capitolo
16: “To leave or not to leave”
_Evelyn
Il giorno della
mia partenza era arrivato. Avevo
preparato le valige la sera precedente, poco prima di andare a dormire,
anche
se il sonno non mi aveva visto neanche da lontano.
Avevo passato
l’intera notte in preda alla tristezza
più totale, rigirandomi tra le lenzuola e impregnandole di
lacrime.
Ognuno di loro
aveva provato a farmi cambiare idea,
si erano tutti quanti intestarditi nel trovare una scusa per
convincermi a
rimanere. Tutti tranne lui. E
questa
era la cosa che mi faceva più male.
Quindi, quando
mi “svegliai” quella mattina, con due
occhiaie evidenti sotto gli occhi, sembravo una ragazza mezza viva e
mezza
morta. Perché in fondo quello non era vivere, a mio parere
il termine giusto
era sopravvivere.
Fu
così che mi ritrovai a pensare a tutta
quell’assurda e meravigliosa esperienza che sembrava ormai
giunta al termine.
Il
primo giorno in cui incontrai i B2ST,
in Malaysia durante il concerto a cui
partecipavano anche i miei fratelli e Tomo,lo ricordavo come se fosse
passata
appena una notte. Il primo approccio che cercai di instaurare con loro
fu
alquanto imbarazzante, ma se pensavo a dove mi aveva portato, non
potevo certo
rimpiangere la mia figuraccia.
Da quel
giorno niente era più stata la stessa cosa, nemmeno
io. Ero cambiata in quei pochi mesi, ed avevo riscoperto una parte di
me che
credevo fosse andata persa da tempo.
E avevo
portato a termine il mio scopo… ero riuscita a
ballare. Potevo anche ritenermi abbastanza brava, visto il poco tempo a
disposizione che avevo avuto, ed il merito andava a quei sei splendidi
ragazzi
che mi ero ritrovata come insegnanti. Il loro manager, però,
non aveva ancora
avuto modo di vedermi ballare, e non ne avrebbe più avuto
l’occasione.
L’idea
di dover partire davvero mi stava devastando, come
avrei fatto senza di loro?
Mi
sarebbe mancato il leader con le sue ramanzine quando
qualcuno di noi faceva qualcosa di sbagliato. Quel leader che si
prendeva cura
di tutti, nessuno escluso, e mi aveva accolto come avrebbe fatto un
perfetto
Hyung… Perché Doo-Joon era proprio quello, un
meraviglioso Hyung.
Mi
sarebbe mancato perfino Hyun-Seung, nonostante fosse
stato quello con cui avevo legato di meno. Il suo tono pacato, le sue
spiegazione efficienti su qualunque cosa, le sue
risate…sarebbero rimaste per
sempre nei miei ricordi.
Mi
sarebbe mancato Dong-Woon. Lui e il suo sguardo
maledettamente intenso, il quale mi aveva dannato all’inizio
dell’avventura. Mi
aveva fatta soffrire, avevo pensato di essere un peso per lui, ma da
quando
avevo scoperto che non era così ed era venuta a galla la
verità, avevamo
instaurato un bel legame, escludendo le piccole incomprensioni di
percorso.
Mi
sarebbe mancato Jun-Hyung. Non avrei dimenticato niente
di lui, soprattutto le sue labbra soffici e il suo tocco dolce e deciso
allo
stesso tempo. Avevo provato attrazione per il rapper, non potevo
negarlo, e
forse avrei potuto provare anche qualcosa di più. Ma era
arrivato troppo tardi.
Il mio cuore ormai apparteneva ad un altro.
Mi
sarebbe mancato Yo-Seob. Il mio piccolo angelo custode.
Le sue risate, le sue facce buffe, la sua dolcezza, i suoi abbracci
confortanti, i suoi sorrisi celestiali, le discussioni che facevamo
prima di
dormire….cristo! Senza di lui mi sarei sentita mezza vuota.
Come avrei fatto da
sola?
Mi
sarebbe mancato Gi-Kwang, non mi interessava se lui non
la pensava come me, non me ne fregava niente se, forse, io non gli
sarei
mancata affatto. Io lo avrei ricordato sempre e comunque. Le sue
braccia forti
che mi stringevano, le sue mani che mi accarezzavano, i suoi baci
bollenti, le
sue sfuriate di gelosia. Non avrei mai dimenticato niente di lui, avrei
conservato ogni singola cosa nel mio cassetto dei ricordi, chiudendolo
a chiave
per farne un tesoro intoccabile. Lui era stato il mio primo vero amore.
Qualcuno
bussò, costringendomi ad interrompere il filo dei ricordi.
-“Avanti.”
la mia voce fuoriuscì un po’ gracchiante, e mi
accorsi che una lacrima mi stava
scivolando lungo una guancia. Così, mentre la porta si stava
aprendo, me
l’asciugai velocemente con il dorso della mano.
Yo-Seob
sbucò dal nulla. Fu la prima volta che vidi un sorriso falso
sulle sua labbra.
-“Allora,
sei pronta?” fingeva di essere contento per me, solo per non
farsi travolgere
dalla tristezza. Sapevo che non sarebbe mai potuto essere felice della
mia
partenza, ormai lo conoscevo troppo bene. “Torni a Los
Angeles! Così non
sentirai più la mancanza della tua casa!” altro
finto entusiasmo.
Lo
abbracciai di slancio, rifugiandomi nell’incavo del suo collo
ed inspirando
profondamente il suo profumo. Anche quello mi sarebbe mancato.
-“Ma
sentirò la vostra
mancanza.”
sussurrai, marcando bene l’aggettivo.
-“Anche
tu ci mancherai.” disse
lui,
appoggiando il mento sulla mia testa. “Fatti sentire spesso!
Hai i nostri
numeri di telefono, le nostre e-mail, insomma hai tutti i nostri
contatti, e sai
dove viviamo. Non sparire nel nulla eh!”
Quella
raccomandazione fu un po’ come una conferma della mia
partenza, dandomi un
assaggio di come sarebbe stato il mio futuro da lì in poi.
Ovvero messaggi,
chiamate, e-mail, visite sporadiche… era tutto
così deprimente.
-“Te
lo prometto.” giurai. Meglio deprimermi un po’ che
interrompere del tutto i
contatti con loro.
Ci
staccammo svogliatamente dall’abbraccio. Era arrivato il
momento di andare.
Così trascinai le valige fino all’ingresso, dove
mi stavano aspettando tutti
quanti.
Mi
guardai intorno un’ultima volta, cercando di imprimere nella
mente ogni singolo
particolare di quell’appartamento.
-“Andiamo
allora!” esclamò Doo-Joon, schioccando la lingua
per sottolineare il suo
disappunto. Non volevano che me ne andassi, ma ormai si erano
rassegnati.
Il
tragitto che ci separava dall’aeroporto fu breve, come al
solito. Una volta
arrivati a destinazione raggiungemmo i miei fratelli e Tomo, dopo aver
fatto il
check-in. Il nostro aereo sarebbe partito da lì dopo una
decina di minuti.
Indossai
un sorriso finto, come quello che mi aveva rivolto poco prima Seobie.
Poi li
salutai tutti, abbracciandoli uno alla volta e trattenendo a stento le
lacrime
che mi offuscavano la vista.
-“Mi
raccomando, fai la brava.” disse il leader, facendomi
sorridere appena.
-“Pensaci
ogni tanto.” Hyun-Seung. Come se ci fosse stato bisogno di un
invito verbale
per farlo! Sorrisi di nuovo.
-“Ce
la puoi fare.” Dong-Woon. Ero sicura che anche lui ce
l’avrebbe fatta.
-“Scusami,
se non fosse stato per me, forse ora non dovresti andartene.”
Jun-Hyung. Ancora
con ‘sta storia?! Era stata colpa mia, punto.
-“Non
leggere troppo e allenati.” Yo-Seob, sempre il solito
premuroso.
Poi
fu la volta di lui, ma non ebbi la
forza di abbracciarlo, sarebbe stato troppo. Così mi limitai
a guardarlo negli
occhi. Niente parole, niente gesti, dimostrazioni di affetto o altro. Niente.
Avrei
voluto poterlo toccare un’ultima volta, assaporare le
sue labbra carnose… ma non lo feci. Altrimenti non avrei
avuto il coraggio di partire.
I
Leto e Tomo salutarono tutti e sei i ragazzi amichevolmente, poi si
incamminarono verso l’aereo. Io li seguii a qualche metro di
distanza con la
testa rivolta verso il basso e le spalle ricurve.
Mentre
procedevo lentamente, mi costrinsi ad alzare lo sguardo.
L’immagine sovrastante
dell’aereo che mi avrebbe portato definitivamente via dalla
Corea del Sud stava
diventando sempre più nitida.
“Addio”,
pensai.
_Gi-Kwang
La
stavo osservando mentre camminava verso la sua meta, cercando ancora di
elaborare
la cosa.
Durante
gli ultimi giorni avevo mantenuto attentamente
le distanze con un atteggiamento indifferente, come
d’altronde avevo
fatto durante l’intera ultima settimana.
Avrei
voluto implorarla di restare, mi sarei addirittura
inginocchiato al suo cospetto per farle cambiare idea. Ma non
l’avevo fatto;
c’era qualcosa che me lo aveva impedito.
Ora,
però, mentre la guardavo allontanarsi sempre di
più da
me, mi resi conto di quanto ero stato stupido.
Come
avevo fatto ad ignorare la cosa? Speravo forse che si
risolvesse tutto da solo? Magari pensavo di sognare e credevo
fermamente che mi
sarei risvegliato da un momento all’altro, riscoprendola
ancora al mio fianco.
Non
riuscii più a trattenermi, e delle lacrime amare
sgorgarono abbondantemente dai miei occhi, riversandosi sulle mie
guance e
bagnandomi completamente il volto.
Quella
era la situazione in cui mi ero ridotto. Si, perché
ero stato io ad infliggermi quella sofferenza a cui avrei potuto porvi
fine
facilmente, già da tempo.
Sentii
una mano posarsi sulla mia spalla, quasi insistentemente. Di malavoglia
distolsi lo sguardo da Evelyn, voltandomi verso colui che mi
stava… spingendo?
-“Cosa
diamine stai aspettando?” mi chiese Yo-Seob, sgomentato.
Già,
cosa stavo aspettando? Ormai si stava facendo tutto più
chiaro e dovevo porre rimedio all’errore madornale che avevo
compiuto. Mi
accorsi anche del poco tempo che mi rimaneva per farlo.
Così
sorrisi a Seobie, sperando di dimostrargli tutta la gratitudine e
l’affetto che
provavo nei suoi confronti.
Poi
le mie gambe cominciarono a muoversi in avanti, senza che me ne
accorgessi, ed
improvvisarono una corsa un po’ impacciata.
-“Evelyn!”
urlai con tutto il fiato che avevo in gola, facendo voltare alcuni
passeggeri
curiosi. Mi sembrava di essere in un film strappalacrime.
Ciò
che avvenne dopo fu talmente veloce che a stento riesco a descriverlo.
Eve si
voltò verso di me con un movimento deciso della
testa, e il suo sguardo incontrò il mio, riscoprendolo
ancora umido, a causa
del pianto precedente non ancora interrotto.
Poi
piantò le valige per terra e cominciò a corrermi
incontro, sotto lo sguardo stupito dei suoi accompagnatori.
Io
continuai a correre verso di lei, impaziente di
stringerla a me.
Fu
questione di qualche secondo e le nostre braccia si
incontrarono quasi dolorosamente, unendoci in un abbraccio mozzafiato.
Le
nostre labbra, ancora bagnate, si cercarono affamate,
dando vita ad un bacio straziante e dolce allo stesso tempo, fino a
farmi
dolere il labbro inferiore, ma non me ne curai.
La
presi letteralmente in collo, mentre lei stringeva le
gambe intorno alla mia vita, senza interrompere il bacio che ci stavamo
scambiando.
-“Resta.”
Il mio respiro era affannato, ma la implorai comunque come avrei dovuto
fare da
tempo.
-“Resto?”
la sua era una domanda retorica.
Io
annuii energicamente con il capo. Lei,in risposta, mi baciò
di nuovo,
togliendomi nuovamente il fiato.
-“È
un si?”domandai speranzoso.
Stavolta
fu lei ad annuire, ed in quel momento non c’era
nient’altro al mondo che mi importava. Ciò che
riuscivo realmente a guardare
era solo il suo volto così vicino al mio.
Eravamo
solo io e lei. Cos’altro contava? Per me
nient’altro.
_Evelyn
Ricordai
improvvisamente che i miei fratelli erano rimasti sulla scaletta
dell’aereo e
probabilmente mi stavano aspettando. Così mi allontanai
lentamente dalle sue
labbra, nonostante il mio desiderio fosse stato un altro.
-“Devo…avvertirli.”
dissi con il fiatone. Sembrava che avessi corso una maratona, ma la
fatica non
la sentivo. Ero completamente invasa da una gioia devastante.
In quel
momento era come se niente avesse potuto farmi del
male.
Lui
annuì ancora una volta con un cenno del capo, prima di
mettermi giù. Quando i
miei piedi toccarono di nuovo terra, scoprii che le mie gambe erano
diventate
improvvisamente molli.
-“Ti
accompagno.” disse, notando la mia instabilità e
scoppiando in una risata
fragorosa. Con ciò si meritò una lieve pacca sul
collo, ma ero troppo felice
per potergli fare “davvero male”.
Finalmente
mi sentivo di nuovo nel posto giusto, al momento
giusto. Ma soprattutto…con il ragazzo giusto.
Così
arrivammo da loro, mentre cercavo di mantenermi stabile nel migliore
dei modi.
-“Jared,
Shannon, Tomo…i-io…” non mi diedero
tempo di continuare, interrompendomi tutti
e tre contemporaneamente con un cenno della mano.
-“Abbiamo
capito, tranquilla. Noi, però, dobbiamo andare
ormai.” la voce di Jared era
triste, ma sapeva che era ciò che volevo davvero, quindi
comprendeva il mio
gesto. Ma c’era una cosa che non mi avevano lasciato
specificare.
Io non
volevo posticipare la mia partenza, io volevo
eliminarla del tutto.
Volevo
rimanere lì per un tempo indeterminato, finché
tutto andava bene non sarei più
tornata a Los Angeles. Ma
non sapevo
come dargli la notizia, e soprattutto temevo la reazione di mia madre.
L’avrei
lasciata sola. Avrebbe sofferto?
Ero
un’egoista, ma ne sentivo il bisogno. Io necessitavo
di restare.
-“Jared…
io voglio rimanere qui definitivamente. Fino a che le cose procederanno
bene
voglio vivere qui. Mi troverò un lavoro, e se è
necessario una casa. Voglio
passare il mio futuro in Corea.” dissi tutto il
più velocemente possibile,
anche perché l’aereo doveva partire di
lì a poco.
-“Evelyn,
lo avevamo già capito da tanto e ne avevamo già
parlato con nostra madre.
Constance ha detto che qualunque cosa tu faccia, qualunque sia la tua
scelta,
sa che lo fai perché ci tieni davvero. Ha detto che
è fiera di te, e, anche se
sentirà la tua mancanza, se ne farà una ragione.
Però…” tirò fuori un sorriso
quasi birichino “Dovrai venire a Los Angeles a trovarci!
Molto spesso! Insieme
a loro se vuoi! Ogni volta che puoi, prendi l’aereo e vieni,
e noi faremo
uguale. Poi ne riparliamo anche per telefono! Ora dobbiamo
andare.”
Le
sue parole furono per me come la chiave per la felicità. Li
abbracciai tutti e
tre con forza.
-“Piccolina,
non farci preoccupare eh! Continua a chiamarci spesso!”
Shannon mi stava
letteralmente stritolando.
-“Ricorda
di imparare bene le facce pazze, così quando ci rivediamo
potremmo fare un
album fotografico. Ah ah ah!” Tomo non si smentiva mai.
-“Cosa
più importante, continua ad essere nostra fan eh!”
la DivaH doveva sempre dire
la sua perla di saggezza. “E quando diventerò un
ninja affermato, mi basterà il
teletrasporto per venire da te, quindi, occhio a ciò che
fai.”
Gli
tirai uno schiaffo leggero sulla spalla, roteando gli occhi. Era da
tanto che
non lo facevo. Poi salirono definitivamente sull’aereo,
così fummo costretti a
tornare dagli altri, mentre loro decollavano.
Guardai
il cielo fino a che non divennero un punto appena visibile nascosto tra
le
poche nuvole, e, quando mi girai verso i Beast, mi ritrovai cinque paia
di
occhi felici puntati addosso.
-“Sei
rimasta!!!” esclamò Seobie, per poi abbracciarmi,
costringendomi a sfilare la
mano da quella di Gi-Kwang.
Dopo
un primo momento di euforia generale, uno di loro mi fece notare cosa
avrei
dovuto fare.
-“Mi
sa proprio che c’è un paio di valige da
disfare!” il leader aveva preso il
controllo della situazione ancora una volta. “Quindi, cosa
aspettiamo?! Andiamo
a casa nostra!”
Detto
e fatto. Giungemmo all’appartamento in meno che non si dica.
Mi precipitai
subito in camera e cominciai a togliere tutti i miei vestiti e il resto
delle
cose dalle valige, per rimettere tutto dov’era prima.
Una
volta che ebbi sistemato tutto mi guardai intorno soddisfatta. Quello era il mio posto.
Durante
il pranzo di quel giorno chiacchierai come non facevo più da
una settimana a
quella parte. L’atmosfera che si era ricreata rendeva tutto
ancora più
emozionante.
La
mia scelta di rimanere era stata ben voluta da ognuno di loro, e la
sorpresa
era ancora ben evidente nei loro volti sorridenti.
-“Per
quanto resterai?” mi domandò allora Dong-Woon,
cercando di non sembrare
precipitoso, visto che loro ancora non sapevano niente della mia
decisione.
-“Veramente
io…”
-“Lei
non partirà più.” Kikwang
finì la frase al posto mio, incapace di starsene in
silenzio.
-“Nel
senso che rimarrà a vivere definitivamente qui in
Corea?” Jun-Hyung per poco
non sputò l’acqua che stava per bere, colto alla
sprovvista.
-“Esattamente!”
esclamai. Non riuscivo più a trattenere la mia
felicità.
-“Ma
è una notizia fantastica!” Yo-Seob
batté le mani eccitato. Sembrava un
angioletto pronto ad innalzarsi in un volo gioioso.
M’immaginai quella scenetta
e scoppiai a ridere. “Che ho detto di male?”
domandò, imbronciandosi.
-“Non
è ciò che hai detto. Ma ciò che hai
fatto!” dissi, cercando di smettere di
ridergli in faccia. Lui mi guardò storto, mentre porgeva il
labbro inferiore
verso il basso.
Il
resto del pranzo fu consumato così tutto il tempo, tra una
battuta e un’altra,
mentre la contentezza regnava suprema.
Nel
pomeriggio, mentre i ragazzi erano riuniti nel salone a discutere di
lavoro, mi
venne in mente un’idea ristoratrice, per così
dire.
Decisi
di rilassarmi un po’ nella vasca a idromassaggio. Dopo tutto
lo stress
settimanale che avevo subito, era proprio ciò di cui avevo
bisogno.
Così
mi ritirai nella mia stanza per prepararmi. Optai per un costume a due
pezzi
viola, poi presi il primo asciugamano che trovai in uno scaffale
dell’armadio
e, dopo averlo avvolto intorno al corpo, mi diressi in bagno, cercando
di fare
il minor rumore possibile.
Entrai
e mi richiusi la porta alle spalle, accompagnandola lentamente. Poi mi
avvicinai alla vasca e abbandonai l’asciugamano per terra,
lasciandolo cadere.
Una
volta che fu riempita d’acqua, vi entrai cautamente, stando
attenta a non
scivolare. La sensazione che mi invase non appena fui completamente
immersa fu
a dir poco piacevole. Così mi lasciai andare alla
tranquillità più totale, chiudendo
gli occhi per estraniarmi dal mondo intero.
Parecchio
tempo dopo, forse un’ora, un lieve cigolio mi riscosse da
quella pace appena
trovata. Avevo dimenticato di mettere il foglio fuori con su scritto
che c’ero
io lì dentro.
Aprii
gli occhi di scatto, e la visione che mi si presentò davanti
fu un colpo al
cuore.
Gi-Kwang
era rimasto sull’uscio della porta, come se fosse stato
immobilizzato, con solo
un costume a cingergli i fianchi. I suoi pettorali erano qualcosa di
inumano,
così come gli addominali ed il resto dei suoi muscoli.
Per
non parlare del suo volto e di quel sorriso un po’
imbarazzato e un po’
malizioso che aveva appena sfoderato.
Mi
alzai in piedi ed uscii velocemente dalla vasca, sgocciolando su tutto
il
pavimento. L’asciugamano non lo raccolsi, ero troppo
impegnata a fissare il mio ragazzo.
_Gi-Kwang
Uscì
dalla vasca, spargendo gocce d’acqua ovunque, ma il mio
sguardo si soffermò su
quelle che le imperlavano la fronte e le ricoprivano tutto il resto del
corpo
slanciato. Un brivido mi attraversò la schiena, facendomi
fremere di desiderio.
Ero
andato in bagno con l’intento di fare ciò che
stava facendo lei prima che la
disturbassi. Ma temevo che le mie prossime azioni avrebbero avuto
tutt’altro
scopo.
Lei
si accucciò per afferrare l’asciugamano e
cominciò ad asciugarsi velocemente le
braccia, la pancia e le gambe, per non bagnare ulteriormente per terra.
Poi lo
usò per massaggiarsi la cute, cercando di asciugare almeno
un po’ i capelli.
-“Io
qui ho finito.” annunciò una volta fatto, mentre
si copriva dietro il panno.
Subito dopo mi passò accanto per raggiungere la porta ed
uscire.
Io
la afferrai per un braccio, bloccandola dov’era e impedendole
di fuggire via da
me.
-“Dove
pensi di andare?” le chiesi, con una punta di malizia
accentuata.
-“In
camera.” replicò prontamente, guardandomi con un
cenno di sfida.
-“E
se ti accompagnassi?”
-“Non
con gli altri in casa.” sembrò quasi implorarmi.
-“Gli
altri sono usciti. Non te ne sei accorta?” insistetti. Doveva
aver perso la
cognizione del tempo mentre se ne stava nella vasca a idromassaggio.
Arrossì
visibilmente, e balbettò delle parole di conferma alla mia
prima domanda. Così
raggiungemmo insieme la sua stanza.
Quando
la porta fu chiusa, incapace di trattenermi ancora, la afferrai per i
fianchi e
la attirai a me, facendo combaciare la sua schiena contro il mio petto.
Pensare
che c’era solo il suo asciugamano e il costume a separarmi
dalla sua pelle mi
mandava in subbuglio.
Lei
si girò verso di me, prima di baciarmi a fior di labbra. Poi
sentii le sue mani
intrecciarsi fra i miei capelli, mentre mi mordeva il labbro inferiore.
Io
rabbrividii di piacere e aumentai la stretta sulla sua vita, poi
lasciai che le
mie labbra si dischiudessero permettendo alle nostre salive di unirsi.
Mentre
le nostre lingue danzavano, raggiungemmo inconsapevolmente il bordo del
letto,
dove ricademmo contemporaneamente.
Percepivo
il calore del suo corpo sotto di me come un’ondata di vento
caldo destinato a
ribollirmi dentro. La mia pelle sembrava bruciare al contatto con la
sua, come
se i suoi tocchi fossero stati lasciati da mani di fuoco.
Evelyn
spostò le labbra sulla mia mascella, proseguendo lungo il
collo e lasciandomi
piccole scie di baci lungo il percorso, aumentando
l’eccitazione con la punta
della lingua.
Il
mio costume cominciava a sembrare sempre più stretto, mentre
veniva riempito
dal rigonfiamento dovuto dalla situazione. In preda alla frenesia,
allentai il
nodo del suo asciugamano fino a scioglierlo del tutto, privandola
così di
quell’ostacolo inutile.
La
sua pelle, finora al di sotto di esso, era ancora fresca a causa
dell’acqua
impregnata nel panno, aumentando così la scarica elettrica
che già mi stava
invadendo.
Lei
tolse il mio asciugamano, stringendo le gambe intorno ai miei fianchi e
spingendolo via. Ora c’erano solo i costumi ad impedirci
l’unione completa.
Sentivo
il suo corpo tremare contro il mio per il piacere, poi una sua gamba
scontrò
per sbaglio la mia virilità, mandandomi in ulteriore
confusione. Non riuscivo a
capire più niente.
-“Evelyn…
io…” volevo dirle cosa provavo una volta per
tutte, ma lei me lo impedì,
riprendendo a baciarmi dolcemente.
Senza
quasi rendermene conto le mie mani finirono sul gancio del reggiseno
del suo
costume. Quando me ne accorsi la guardai negli occhi, chiedendole
silenziosamente il permesso. In risposta lei annuì ed io
feci quello che dovevo
fare.
Quell’indumento
finì da qualche parte sul pavimento della stanza, e presto
fu raggiunto anche
dal resto. Infatti, subito dopo, cominciò a giocherellare
con l’elastico del
mio costume, privandomene completamente. Mentre lo faceva una sfumatura
rosea
le imporporò le guance, rendendola ancora più
bella. Poi anche io feci
altrettanto.
I
nostri corpi nudi cominciarono a conoscersi meglio, abituati a
sfiorarsi solo
con gli abiti a separarli. Il mio respiro si fece sempre più
corto, e risuonava
pesantemente nell’aria insieme al suo.
La
guardai nuovamente negli occhi e rimasi incatenato al suo sguardo color
nocciola così intenso. Con un ultimo cenno del capo
acconsentì al momento
decisivo, donandomi il permesso di farla mia.
Il
movimento appena accennato del suo volto che si
abbassava, le sue ciglia scure che le circondavano gli occhi accesi, la
sua
presa decisa sulla mia pelle… quella visione e quel tocco mi
mandarono letteralmente
in estasi. Ed ora mi stava dicendo silenziosamente che potevo accedere
al suo
cuore e al suo corpo.
Il
mio battito cardiaco accelerò, contando i secondi che
passavano. Non interruppi
il contatto visivo neanche per un attimo quando lo
feci. Entrai in lei con dolcezza, facendo attenzione a non
farle
male, sapevo che non era la sua prima volta, e nemmeno la mia, ma
volevo agire
come se lo fosse stato.
Perché
non mi ero mai sentito così con nessuna ragazza prima
d’ora. Non mi ero mai reso davvero conto di cosa significasse
amare, ma in quel
momento ero sicuro e consapevole di cosa fosse l’amore. Con
lei avevo imparato
a capirlo.
Le
sue braccia mi circondarono e le sue mani si aggrapparono alle mie
spalle,
conficcando le unghie nella mia carne. Non provai dolore, nemmeno me ne
accorsi.
L’amore
che provavo per lei
non mi rendeva solo cieco a tutto, ma
anche immune a qualsiasi forma di dolore.
-“Ti
amo.” sussurrò quelle due parole al mio orecchio,
facendomi fremere ancora una
volta.
La sua
voce che pronunciava quella frase mi parve la musica
più bella che avessi mai sentito in tutta la mia vita.
-“Anche
io ti amo.” le dissi, incapace di aggiungere altro.
Avrei
voluto dirle mille cose. Avrei voluto dirgli che avrei
dato la vita per lei, che volevo passare il resto dei miei giorni al
suo
fianco, che ero stato uno stupido perché avevo rischiato di
perderla, ma non ne
fui in grado.
Le
mie spinte si fecero sempre più veloci, fino a raggiungere
insieme l’apice. Al
buio, le nostre ombre erano proiettate sulle pareti come una,
perché non
eravamo più in due tra quelle lenzuola… eravamo
una cosa sola.
Rotolai
di fianco a lei, ancora ansimante e sfinito, e la abbracciai tenendola
stretta
a me. Percepivo i suoi respiri affannati riversarsi sulla pelle del mio
braccio, donandomi una sensazione quasi appagante.
-“Grazie.”
disse con voce flebile. “Grazie per ricambiarmi.”
-“Non
devi ringraziarmi. Sono io che dovrei ringraziare te per essere
così bella, sia
fuori che dentro.”
-“Non
lasciarmi, ti prego.” come richiesta non era affatto
difficile da compiere.
-“Non
lo farò, piccola mia.”
Continuai
a tenerla contro il mio petto, accarezzandole dolcemente i capelli e la
fronte
imperlata di sudore. Mentre ci stavamo addormentando compresi una
cosa…
Ormai
una delle frasi famose riguardanti l’amore valeva
anche per me. L’avevo provato sulla mia pelle, e potevo
confermarla, però con
una mia aggiunta personale.
“L’amore
non è una scelta… è uno
Shock!”
E come
“shock” a me andava più che bene.
*Si asciuga una gocciolina di sudore, poi saluta le lettrici con la manina* Waaa, che fatica! Non riesco a credere di essere riuscita a scrivere così tanto, è il capitolo più lungo che io abbia mai prodotto! Solo per voi eh! Per non parlare della scena finale... temevo venisse male. Come avrete notato non ho voluto esagerare, anche perchè non mi riesce scrivere certe scene ç__ç. Ok, dopo questo sproloquio senza senso, ho un annuncio da farvi *alza già le bracci in segno di difesa* : questo è l'ultimo capitolo! Ora non mi resta che scrivere l'epilogo! ç__ç *stavolta si asciuga una lacrimuccia* Oggi l'angolo domande non ci sarà, vi dò libero sfogo, scrivete tutto quello che vi passa per la testa riguardo a questa storia, mi rendereste davvero felice, poi ora che è giunta al termine...anzi no, la recensione finale è meglio riservarla all'epilogo, è più figo *-* ahahaha... Beh, non so cos'altro dire, davvero... Alla prossima!! Kisses, Alice...
PS: Non è finita eh, anche se da ciò che è scritto sembra così, ma manca l'EPILOGO!!! Il quale sarà proprio come un capitolo, quindi... vi aspetto!
RINGRAZIAMENTI: Ora più che mai devo dirvi grazie per avermi supportato fino alla fine, vi voglio bene anche se non vi conosco u.U Un grazie speciale va a: lil_monkey, macky_love, Yoona Hye, e, con un affetto particolare a Ace_B2uty95 per aver creduto in questa storia sin dal primo capitolo, senza nulla togliere alle altre eh! Vi lovvo tutte <3