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Autore: Tinotina    05/07/2012    11 recensioni
[ZukoxKatara]
La battaglia finale non si è conclusa come tutti si aspettavano. L'Avatar aveva vinto, questo era certo, ma la vittoria non aveva portato solo gioia e speranza per il nuovo mondo che tutti aspettavano.
Zuko si è risvegliato ferito, con nuove verità schiaccianti ed ora deve compiere scelte per il suo nome, per il suo regno, per la sua vita.
[STORIA SOSPESA]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Quasi tutti, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Undicesimo

 

<< Che cosa vorrebbe dire? >>

<< Beh, è semplice in effetti. Non ho alcuna utilità restando qui, anzi sono solo d’intralcio. È meglio per tutti se me ne vado >>

<< E’ meglio per tutti… cosa? >> sbraitò << Non starai mica parlando sul serio? >>

<< È ovvio che parlo sul serio, Zuko. Mi metterei a porre sotto sopra la mia camera se non lo fossi? >>

<< No. >> disse Zuko fermo << Non se ne parla. Non pensarci nemmeno. Preparati per andare a scuola, piuttosto. >>

<< Non tornerò a scuola, Zuko. >> sospirò, affranta.

<< Allora è di questo che si tratta. >> disse << C’è qualcuno che ti ha dato fastidio. Chi è? È stato Ren, non è vero? >>

Katara s’immobilizzò e, in seguito, sbuffò, ritornando a concentrarsi sui suoi abiti. << Ma si può sapere che avete, voi ragazzi? Perché pensate sempre che una ragazza non sia in grado di difendersi da sola? Ti ricordo che sono una dominatrice, Zuko. E anche piuttosto potente. Una vera maestra. >> disse, gonfiando il petto << So sistemare coloro che mi danno noie, non temere. Non è per questo che ho deciso di andarmene. >>

<< E allora perché? >> domandò, confuso.

<< Semplicemente perché non hai bisogno di me qui. >>

A quelle parole, la rabbia crebbe dentro di Zuko. Che ne sapeva, quella stupida, se lui aveva o meno bisogno di lei? Come poteva permettersi di decidere di lasciarlo, quando le aveva spiegato chiaramente di come avesse bisogno di lei per il suo progetto.

L’ira stava aumentando così rapidamente che dovette trovare una valvola di sfogo.

Bastò un attimo, e i vestiti che teneva in mano andarono bruciati.

In questo modo almeno, non avrebbe rischiato di incendiare anche lei.

Katara, scioccata da quel gesto improvviso, lasciò cadere i panni sul pavimento della camera, abbandonandoli al proprio destino.

Mentre la stoffa, sotto ai suoi piedi, si consumava, lei rivolse lo sguardo a Zuko, come disgustata.

<< Si può sapere che diavolo ti è preso? >> sibilò, fremendo. In quel momento Katara si stava aggrappando a tutto l’autocontrollo che possedeva. Se avesse dato retta ai suoi istinti, probabilmente in quel momento Zuko si sarebbe trovato con i piedi attaccati a un fondale marino, ricoperto da tonnellate d’acqua.

<< Che cosa è preso a me? >> ribatté lui. << Tu chiedi… ma sei completamente impazzita? >>

<< Potrei chiederti la stessa cosa! >> disse la ragazza.

<< Katara, attenta. Stai giocando col fuoco. >> l’avvisò Zuko. << Se continui non risponderò di me. >>

<< Ah, quindi tutto quello che hai fatto fin’ora era nel pieno consenso delle tue facoltà mentali? Mi sorprendo di non essere arrivata prima a capire che razza di babbuino primordiale sei! >> gli urlò dietro, lanciandogli, insieme alle parole acuminate, un potente getto d’acqua gelata, che aveva preso dalla sua borraccia.

Zuko si ritrovò completamente bagnato e decisamente infuriato, ma rimase fermo davanti a lei.

<< Sei soddisfatta, ora? >>

<< E tu? Sei soddisfatto? >> rispose lei, indicando quel mucchio di cenere che racchiudeva quelli che, una volta, erano stati i suoi abiti più belli.

Zuko le si avvicinò, gocciolando. Katara intanto arretrava.

<< Come potrei? >> disse. Il suo tono ora sembrava più calmo. Quasi sofferente. << Come potrei essere soddisfatto di questo? Come potrei essere felice nel vedere come indietreggi davanti a me? Siamo arrivati a questo punto. Sembra quasi che tu pensi di riavere di fronte lo Zuko di prima. Lo Zuko che non aveva altro scopo nella vita se non quello di catturarvi. >>

<< Cosa dovrei pensare? Arrivi in camera mia, mi aggredisci, mi bruci i vestiti… non riesco a spiegarmelo… >>

<< Sono io che non mi spiego, Katara. Non mi spiego perché tu te ne voglia andar via così, quando all’inizio di questa storia sembravi così entusiasta. Non capisco perché non vuoi parlare con me. Non vuoi confidarti. >> sospirò << Ti ho aspettato ieri sera a cena. Volevo sapere com’era andata la tua giornata e tu non ti sei presentata. Non sei venuta da me, quasi che io fossi così… rimpiazzabile, per te. E questa mattina ero così arrabbiato con te che non riuscivo nemmeno a guardarti e tu… tu mi dici che vuoi andartene… e io… davvero, io non capisco… >>

<< Aspetta. >> lo interruppe Katara, che nel frattempo si era avvicinata a lui << Tu eri solamente arrabbiato con me? >>

<< Io sono ancora arrabbiato con te, Katara! >> precisò.

<< Perché? >>

Gli occhi di Zuko si spalancarono, per quanto possibile. << E te lo chiedi pure?! Come credi che dovrei sentirmi quando è così evidente che non ti importa niente di me! Che non vedi l'ora di andartene anche tu, come tutti gli altri! >>

Katara incassò il colpo infertole, chiedendosi chi fossero gli altri di cui parlava Zuko. << No, >> precisò << non intendevo perché sei arrabbiato in questo momento. Mi riferisco a prima... >>

<< A prima... >> ripeté. << Ti riferisci a questa mattina? >>

L'espressione di colpevolezza che si disegnò sul volto di Katara non lasciò dubbio alcuno.

<< Non posso crederci. >> mormorò, allontanandosi con uno scatto improvviso. << Non posso crederci! >> ribadì; come se nella ripetizione il senso quella frase potesse, ad un tratto, diventare più chiara all'interno della sua mente. << Tu... tu hai fatto tutto questo... solamente perché stamattina non ti ho rivolto... dannazione... tu hai davvero pensato che io... >>

Zuko non riuscì a concludere il suo discorso, se mai ve ne fosse una, giacché fu interrotto da un continuo bussare alla porta della camera della ragazza. Dato che sembrava che Zuko, tranne per l'improvviso mutismo, non se ne fosse affatto accorto, fu Katara a prendere la parola e a chiedere a chiunque fosse di entrare.

<< Signor Mogi. >> constatò poi, quando l'elegante figura del primo maggiordomo entrò senza fretta all'interno della stanza. << A cosa dobbiamo la visita? >>

Zuko non parlò, ma salutò il maggiordomo con un semplice sguardo. L'uomo, dopo aver accennato un leggero inchino a Katara, si rivolse al suo padrone. << Signore, c'è una visita per lei. Mi è stato detto che è veramente urgente. >>

Istintivamente Zuko si protese in avanti, coprendo il corpo di Katara con il suo.

<< Sono occupato in questo momento, Signor Mogi. Anche la mia è una questione piuttosto urgente, quindi la prego di riferire al nostro ospite di ripassare più tardi a fare la sua visita. >>

<< Con tutto il rispetto, Signore, ma il vostro ospite mi avvertì della possibilità di udire codeste parole e mi ha chiesto di comunicarle, nel caso fosse successo, che le vostre urla risuonano lungo tutto il palazzo e che sarebbe molto onorato di offrire a voi e alla vostra signorina Katara una bella tazza di tè fumante, in modo tale da farvi riposare le vostre, troppo utilizzate, corde vocali. >>

Zuko spalancò gli occhi. Non ci volle che un secondo per comprendere chi fosse l'ospite che attendeva al pian terreno.

<< Mio zio Iroh è qui. >> mormorò.

Il Signor Mogi abbassò lo sguardo. << Si, signore. >>

<< Capisco... Grazie, Mogi. >> disse << Avvisa mio zio che siamo in arrivo. >>

Il maggiordomo annuì rispettosamente prima di sparire dalla stanza.

Il silenzio che rimase pesava come piombo sulle spalle rigide dei due dominatori. Non uno voleva parlare, tanta l'irritazione che scorreva sotto la pelle; lei per quel profondo senso di inadeguatezza che lui non riusciva a comprendere, l'altro per la rabbia cieca scaturita dal terrore di un nuovo abbandono che non voleva accettare.

I battiti cardiaci scorrevano frenetici, pompando il sangue ad una velocità inaudita.

Katara riusciva a sentire quel fluire di vita come se fosse stato un rimbombo dentro la sua testa, in un perfetto ondeggiare ritmico che le feriva lo spirito.

Si immaginava giù sotto la lingua la dolce sensazione di poter decidere il suo scorrere. Quella suadente emozione di sconfinato potere che la avvolgeva come un velo. Il potere di dominare il sangue.

Essere una dominatrice del sangue.

L'ammaliante potere che benediva i dominatori dell'acqua. Un potere che faceva sentire vivi come non mai... ma che Katara sentiva in cuor suo come una maledizione.

<< La nostra conversazione non finisce qui, Katara. >> esordì Zuko. << Non permetterò che tu parta. Ho promesso a tuo fratello che ti avrei protetta, che ti avrei aiutata, ma tu continui con la tua mania di voler cambiare il mondo, e sapere in ogni momento cosa è giusto per gli altri, senza prenderti la briga di consultare minimamente le altre persone. >>

<< Non è assolutamente vero! >>

Zuko sospirò. << Basta così, Katara. Ho ascoltato fin troppe sciocchezze. Non voglio sentire una parola di questo discorso quando saremo davanti a mio zio. >>

Katara spalancò gli occhi, in un'espressione di pura sorpresa.

Zuko ridacchiò. << Non avrai mica creduto che ti avrei lasciato qui da sola, spero! Non sono un idiota. >>

 

***

 

L'ex-generale Iroh - ora felice proprietario della più prestigiosa sala da tè dell'intero Regno della Terra – stava seduto sul divano della sala ricevimenti sorseggiando una fumante tazza del migliore tè al gelsomino che fosse riuscito a reperire.

<< Zio. >> salutò Zuko.

<< Oh, principe Zuko! >> rispose Iroh alzandosi e allargando le braccia, in attesa che il nipote vi si tuffasse dentro. << Katara! Che gioia vederti! Come stai, mia cara? >>

<< Oh.. io... io sto bene. Molto bene, in verità. >>

<< Come sono contento di sentirlo! E dimmi, come ti trovi nella Nazione del Fuoco? >>

Katara sorrise. << Diciamo che il clima è più caldo di casa mia. >>

<< Beh, questo è vero. Mi ricordo l'ultima volta che sono stato nella Tribù dell'Acqua e... >>

<< ZIO! >> interruppe Zuko.

L'ex-generale si volse verso il nipote. << Zuko! Scusaci per non averti inserito nella conversazione, ma sai com'è, i ricordi vanno e il tempo passa e... vuoi del tè, principe Zuko? >>

<< No, zio. Non ho molta voglia di tè. Voglio sapere che cosa ci fai qui. >>

<< Come? Uno zio non può avere voglia di visitare il suo adorato nipote e la sua deliziosa ospite? >>

<< Zio... per favore. >> implorò Zuko, indicando il divano sul quale era posizionato inizialmente.

Iroh si rimise seduto, invitando i due giovani a fare altrettanto.

<< Miei cari ragazzi, sono venuto a dirvi che nel Regno della Terra ci sono dei problemi. Grosse problematiche e mi chiedevo se voi avreste intenzione di intervenire in qualche modo. >>

<< Zio, non ho la minima intenzione di immischiarmi negli affari del Regno della Terra. Ho già troppe grane per conto mio. >>

Katara si voltò di scatto verso Zuko e chiese pungente: << Che grane? Perché io non ne ero a conoscenza? >>

<< Beh, io... io volevo... io non volevo... >> balbettò Zuko, incerto.

<< Oh, grazie! Ora è molto più chiaro! Maledizione, Zuko! Sei tu che ti sei lamentato perché io non parlavo con te, perché avevo intenzione di andarmene, e per altri diecimila motivi che non sto qui ad elencarti e ora scopro che tu... tu fai esattamente la stessa cosa! Anche tu mi nascondi delle cose, menti ma odi quando queste stesse cose vengono fatte a te! E non avevi neanche l'intenzione di dirmi che cosa ti preoccupa, dei tuoi problemi! Devo scoprire tutto da sola! >>

<< Katara, calamti! >> disse Zuko.

<< No, che non mi calmo! Quando pensavi di dirmelo? >>

<< Dirti cosa, Katara! Cosa avrei dovuto dirti?! Che il mio popolo mi odia? Che non mi ritengono all'altezza di mio padre? Che il mio Consiglio Maggiore pensa che dovrei rimandarti al tuo villaggio senza guardarmi indietro perché ritiene che tu sia una minaccia e che, in contemporanea, vuole che mi dia da fare a procurare alla casa reale un nuovo erede senza curarsi minimamente che la mia ragazza è morta da poco più di un mese e che non ho avuto nemmeno la possibilità di dirle addio? >> sbraitò << O forse vuoi sentire che ho ricevuto una lettera che, in pratica, mi minacciava di morte? È questo che vuoi sentire? Allora? >>

<< Zuko... >>

<< No, Katara! >> la interruppe << Ora sei tu che devi decidere cosa vuoi sentire, cosa vuoi sapere, che cosa vuoi da me! >>

<< Io voglio solo che tu faccia affidamento su di me, Zuko! Non puoi rifiutarti di parlarmi o perché sei arrabbiato con me, o perché sei preoccupato per me o per una tua infinita lista di ragioni che, evidentemente, non vuoi comunicarmi! >>

<< Ragazzi! >> gridò a quel punto lo zio Iroh << Basta così. Avete gridato l'uno contro l'altra abbastanza per oggi! >>

<< Scusa, zio. >>

<< Zuko, sono venuto qui in cerca di aiuto... ho bisogno del tuo aiuto. >>

<< Zio, non invaderò il Regno della Terra. Si sta appena riprendendo dall'invasione di mio padre. >>

<< Principe Zuko, non si tratta di questo. >>

<< Sono il Signore del Fuoco adesso, zio. E non posso permettermi di andare a risolvere altri problemi che non siano quelli della mia Nazione. >>

<< Zuko, io ho una sala da tè. >>

<< Questo lo so, zio. E ti prometto che un giorno di questi verrò a prendere il tè da te. >>

<< No, Zuko. Non intendevo questo. >> disse << Anche se confesso che mi farebbe molto piacere, ho dei nuovi tipi di tè che sono veramente afrodisiaci. >> mormorò tra sé e sé.

<< Zio >> lo richiamò Zuko << ma stiamo parlando di tè? >>

Iroh si sistemò meglio sulla sedia. << No, no. Certo che no. >>

<< Allora zio, perché sei venuto? Non potevi andare dal nuovo re della Terra? Sono sicuro che ti avrebbe accolto più che felicemente! >>

<< No, non posso andare dal Re. >> confessò. << Dovete capire che quello che so l'ho scoperto tramite la mia sala da te. Sono voci di corridoio, per niente affidabili. >>

<< Zio... >> sussurrò Zuko.

<< Quello che voglio farvi capire è che ho fatto delle ricerche, per scoprire se quello che ho sentito fosse la verità e... presumo che lo sia. >>

<< Generale Iroh, cos'è successo? >> disse Katara, prendendo la parola per la prima volta.

<< Ragazzi, si dice che la casa Bei Fong sia disabitata. Che tutti i loro abitanti siano... siano morti. >>

  
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