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Autore: e m m e    06/07/2012    13 recensioni
Watson si scopre, come al solito, preoccupato per Holmes. Holmes compie una deduzione e stranamente giunge alla conclusione sbagliata.
[Holmes/Watson, ambientata durante gli avvenimenti de "Il Mastino dei Baskerville"]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: emme
Fandom:
Sherlock Holmes

Titolo: Inedito notturno
Personaggi: Holmes/Watson
Riassunto: Watson si scopre, come al solito, preoccupato per Holmes. Holmes compie una deduzione e stranamente giunge alla conclusione sbagliata. [IN-BASK]
Rating: Pg
Word: 2344 (W)
Generi: Introspettivo, romantico, blateraggio di Holmes (sì, è un genere)
Avvisi: Slash, vani tentativi di scrivere in un vittoriano decente.
Note: Scritta per questa meravigliosa iniziativa: Re-read Sherlock Holmes – The Hounds of the Baskervilles.
Ok, è un primo, faticoso, complesso tentativo. Non siate cattivi con me, ci ho provato con tanto amore. <3
Beta: Nope. ç_ç

Inedito notturno


Ero al fianco di Holmes e gli lanciai una rapida occhiata.
Era pallido ed esultante, con gli occhi che brillavano sotto il chiarore lunare.
Ma d’improvviso il suo sguardo si irrigidì, si pietrificò e schiuse la labbra attonito.

Dal Cap. XIV de “Il Mastino dei Baskerville”


Nella lunga frequentazione con il mio amico Sherlock Holmes è capitato ben più di una volta che, nel narrare delle nostre avventure, mi ritrovassi a dover censurare, o addirittura tacere, alcuni fatti strettamente legati ai piccoli e grandi problemi che hanno caratterizzato la nostra vita insieme.
In molti casi le motivazioni sono state strettamente professionali: divulgare alcune informazioni avrebbe voluto dire compromettere il buon nome, e in certi casi la vita, di molte persone rispettabili. Ma ci sono stati degli episodi la cui conoscenza da parte del grande pubblico avrebbe di certo provocato non solo uno scandalo, ma anche un sicuro arresto della mia persona e di quella di Holmes. E di certo io non ho voluto correre il rischio di rovinare le nostre vite per amore della mia ambizione letteraria ed ho così molto spesso rinunciato a svelare alcuni tratti del carattere di Holmes che per un semplice amico, quale io ho sempre professato di essere, non sarebbero stati facili da scoprire.
Eppure, molti di questi ultimi episodi – strettamente privati, a dire la verità – sono quelli che in maggior misura sono rimasti impressi a fuoco nella mia mente. Il motivo è semplice: grazie ad essi ho potuto avvicinarmi di più a lui e comprendere più a fondo quel mistero che, dopo tutti questi anni, continua ad essere Sherlock Holmes.
L’episodio particolare del quale vado a narrare avrebbe dovuto essere inserito all’interno del capitolo quattordicesimo che va a comporre l’opuscolo da me intitolato “Il mastino dei Baskerville”.
Il lettore attento avrà sicuramente individuato una brusca interruzione nella parte finale del capitolo in questione. In effetti dal punto in cui mi sono trovato a narrare dell’avventura notturna che vide come protagonisti me, Holmes, Lestrade, Sir Henry e quell’enorme mastino ormai passato a miglior vita, ho scelto deliberatamente di omettere la conversazione che io ed Holmes ci trovammo ad avere durante la notte, e di passare direttamente alla descrizione della nostra spedizione del mattino seguente.
E tuttavia, per il rapporto che allora già mi legava ad Holmes, quella conversazione fu per me più importante di qualsiasi altra cosa avessi visto e udito quella sera e il giorno successivo.

 L’orologio della grande casa aveva appena battuto le tre quando mi decisi ad uscire dalla camera di Sir Henry, ben certo che sarebbe stato in ottime mani anche con la solitaria presenza del dottor Mortimer, deciso a rimanergli accanto tutta la notte.
Mi diressi finalmente nella mia stanza, più stanco di quanto volessi ammettere con me stesso, dato che l’adrenalina della serata era svanita.
Mentre percorrevo il corridoio già in maniche di camicia pensai ad Holmes e al suo volto sconvolto quando quel mastino gigantesco era corso verso di noi con le fiamme che si generavano dalle sue fauci, come se provenisse direttamente dalle più oscure profondità dell’inferno.
Potevo dire con assoluta certezza di non aver mai visto il mio amico così agitato, così vicino ad un crollo nervoso, come nel momento in cui, qualsiasi spiegazione logica si fosse voluta imbastire, niente avrebbe potuto spiegare il perché di quella apparizione. Solo quando le nostre pistole avevano ferito la bestia l’avevo visto tornare in sé, con profondissimo sollievo, devo aggiungere.
La paura di un eventuale scandalo mi bloccò davanti alla porta della mia stanza per qualche minuto d’indecisione, ma, osservando una debole luce filtrare dalla camera che era stata assegnata ad Holmes, non potei fare a meno di abbandonare ogni proposito di mantenere le apparenze e di dirigermi verso di essa.
Bussai piano, sussurrando appena il suo nome e, quando la sua voce mi diede il permesso di entrare, aprii la porta ben attento che i miei passi non avessero svegliato nessuno della servitù o insospettito il dottor Mortimer.
Risollevai la maniglia con attenzione e poi osservai la camera: il letto era intatto e Holmes stava in piedi ad osservare lo spettacolo della nebbia che invadeva la pianura, sempre più fitta, come il fumo che si genera da legno verde.
« Holmes » esordii, senza che lui si degnasse di voltarsi a guardarmi.
La luce della lampada posata sul tavolino rotondo gli illuminava la schiena e i capelli, facendoli brillare nell’oscurità.
« Ti aspettavo, Watson. »
Ovviamente. « I miei passi hanno sostato qualche attimo di troppo davanti alla mia porta? Hai sentito un cigolio sospetto di qualche asse del corridoio? »
Il suo riflesso sul vetro dell’ampia finestra attraverso la quale si ostinava a guardare si concentrò su di me, mentre l’ambiente esterno perse importanza, ma non si voltò, portando semplicemente le mani dietro la schiena e intrecciandone insieme le dita.
« Non essere sciocco, mio caro amico. Dopo tutti questi anni posso dire di conoscerti sufficientemente bene per capire quando hai intenzione di rivolgermi qualche domanda. Inoltre la porta è di quercia spessa: difficile udire qualcosa, soprattutto se si è tanto accorti da camminare in punta di piedi come sono certo tu abbia fatto. »
Feci un sospiro e mi inoltrai nella stanza. Non era mai facile rapportarsi ad Holmes quando si trattava di parlare dei suoi sentimenti. Era perfettamente in grado di palesarli, ma per lui era sempre stato molto più semplice agire con il completo servizio della logica, perfino nei rapporti che ci legavano.
« Holmes » dissi di nuovo, schiarendomi la voce, « voglio sapere se stai bene. »
La sua voce mi giunse preceduta da un sospiro direi quasi annoiato, ma la sua mandibola ebbe una leggera contrazione, come di sorpresa: « Ti assicuro, Watson, non sono mai stato meglio in vita mia.»
« Non ho alcuna intenzione di invadere i tuoi spazi, a meno che tu non me lo permetta, ma, credimi... da quello che ho visto là fuori ho tutto il diritto di essere preoccupato per te, e la tua laconica risposta non mi soddisfa per niente. »
Finalmente si voltò verso di me e i suoi occhi grigi e penetranti si piantarono sulla mia persona come se da essa volesse dedurre quell’ultimo indizio che lo avrebbe portato alla soluzione di un complicatissimo caso.
« E che cosa hai visto là fuori? » il tono era sarcastico e sapevo bene che conosceva perfettamente la risposta, ma capii che per qualche strano motivo sentiva il bisogno di farmi confessare l’origine della mia preoccupazione.
Accontentarlo non mi sarebbe costato nulla: dopotutto infinite volte mi ero scoperto davanti a lui senza che ce ne fosse una reale motivazione e soprattutto senza che lui me lo avesse richiesto.
« Quando il cane è uscito allo scoperto la tua espressione era... sorpresa. »
Non avrei voluto – né dovuto – utilizzare quella parola, perché l’espressione di Holmes era stata identica alla mia: puro e profondo orrore. Ma in quel frangente, con il volto del mio amico così contratto e intento ad osservarmi come a voler carpire ogni mio segreto non avevo proprio saputo trovare un aggettivo più adatto.
« Sorpreso? » domandò lui dopo qualche attimo con un leggero sorrisetto.
« Non ricordo di averti mai visto tanto sorpreso, in effetti. È stato come se tutte le tue convinzioni crollassero, no! Non negarlo... posso dire di conoscerti abbastanza bene e ho potuto vedere perfettamente quello che ti è passato per la mente in quei pochi secondi. »
Holmes si voltò di nuovo verso la finestra e, devo confessarlo, non riuscii a comprendere assolutamente niente della sua espressione tanto il suo volto era diventato l’emblema della più completa indifferenza.
« Amico mio » disse dopo qualche attimo, proprio quando credevo che non avrebbe aggiunto niente e che avrei dovuto uscire da quella stanza senza aver compreso se entrarvi era stata una buona oppure una pessima idea. « Ti assicuro che la tua preoccupazione, per quanto commovente, è assolutamente fuori luogo. Recentemente sono molto più avvezzo a “sorprendermi”, come hai avuto la bontà di definire la mia reazione. Dopotutto devo confessare che esistono delle circostanze che esulano dalla comprensione umana e dalla logica. »
Sbattei le palpebre, allibito. Per un attimo mi chiesi se quello fosse il vero Holmes che io conoscevo, o se la permanenza in quella grotta in mezzo ad un così solitario paesaggio non gli avesse provocato qualche danno al cervello. Lui dovette rendersi conto della mia confusione osservando la mia espressione nel riflesso del vetro, perché si voltò di nuovo, in uno dei suoi frequenti scatti di energia e fece qualche passo verso di me.
Ero pronto ad accoglierlo di nuovo, dopo settimane di lontananza forzata, ero pronto a chiedergli il perché di quella strana risposta e del suo ancor più strano comportamento, ma Holmes si bloccò a pochi passi da me senza apparente motivo.
« Credevo che niente potesse esulare dalla logica » balbettai dopo qualche attimo, incapace di sostenere il suo sguardo nel quale avevo appena scorto quella scintilla di tenerezza che tante volte mi aveva fatto cadere davanti a lui, perché non l’avevo mai vista sorgere per nessun altro se non per il sottoscritto.
« Questa è in effetti sempre stata anche la mia opinione, come ben sai. »
« E dunque cosa è accaduto per farti reagire in modo così calmo davanti a quello che hai sempre visto come un cedimento? Holmes, seriamente, non ti ho mai sentito dire che “alcune circostanze possano esulare dalla comprensione umana”. »
Per un attimo i suoi occhi vagarono per la stanza e mi parve che facesse di tutto per non posarli su di me, ma quando lo fece vi lessi un bisogno così grande e un’inquietudine così palese che feci un passo in avanti come per andare a sorreggerlo.
« Watson » mi disse con quel tono calmo e caldo che sapeva usare nei momenti critici, « i miei meccanismi logici hanno iniziato a fallire miseramente e sempre più clamorosamente da quando sei entrato tu nell’equazione. »
E detto questo mi passò accanto senza sfiorarmi e si sedette sulla poltrona. Lo osservai incrociare le lunghe gambe e unire le punte delle dita davanti al volto, studiandomi come un raro tipo di animale.
« Holmes... io non capisco. »
« Eppure è molto semplice, amico mio. »
« Vorresti farmi il piacere di spiegarmi, se è dunque così semplice? »
« Ebbene » esordì con il suo tono più professionale, « perché mai dovrei sconvolgermi davanti ad un fenomeno inspiegabile – che tra l’altro si è rivelato spiegabilissimo – come un mastino infernale se ogni giorno mi trovo a convivere con il più inspiegabile esemplare umano che mi sia mai capitato di conoscere? »
Il mio sguardo perplesso dovette rivelargli quanto in realtà le sue parole mi risultassero criptiche, perché subito dopo continuò: « Watson questa sera le mie capacità deduttive sono state di nuovo applicate su di te e hanno di nuovo dimostrato quanto un essere umano – in questo caso ancor di più il sottoscritto – sia capace di fallire quando si tratta di trarre conclusioni che riguardano la tua persona. »
« Ma tu hai sempre detto che sono un uomo facile da dedurre » protestai, senza in realtà comprendere dove volesse andare a parare con quel preambolo.
« Ebbene allora, questa sera io mi aspettavo una tua visita, certo, ma ritenevo probabile che saresti entrato qui per lamentarti – giustamente, amico mio, giustamente – del mio comportamento nei tuoi confronti. »
« Il tuo...? Sul serio Holmes, aiutami a capire perché davvero- »
« Il modo in cui ti ho lasciato credere di essere a Londra, abbandonandoti al pericolo come il peggiore degli amici. »
« Ma non l’hai fatto! Eri sempre qui. »
« Non è questo il punto, Watson. »
« E quale sarebbe il punto? »
« Il punto è che tu sei entrato qui stanotte non per esprimere delusione e rabbia nei miei confronti, come sarebbe stato più che lecito, ma per assicurarti che l’avventura di questa sera, con tutte le sue implicazioni, non mi avesse sconvolto. E come potrei, in tutta onestà, sconvolgermi davanti ad una cosa così banale come un cane che sputa fuoco dalle fauci quando sono stato così fortunato da incontrare, tra tutte le persone esistenti al mondo, un uomo come te? Dovresti essere arrabbiato, infinitamente arrabbiato, in questo momento, eppure eccoti qui, pronto a darmi un conforto di cui, ti assicuro, non ho alcun bisogno. »
Sorrisi allora, incapace di credere che quell’uomo – che Sherlock Holmes – potesse dire ad alta voce cose del genere, e mi sentii riempire da qualcosa che andava oltre l’orgoglio e l’autocompiacimento, oltre tutto l’amore che provavo per lui, oltre ogni oncia di rispetto che mai la sua allampanata figura aveva generato in me. Era una felicità pura, semplice e assolutamente priva di senso.
Mi sedetti accanto ad Holmes, sul bracciolo della poltrona e gli portai un braccio dietro la testa, rendendomi conto solo in quel momento quanto in realtà il contatto col suo corpo mi fosse mancato. Lasciai scivolare le dita lungo la linea del suo collo e osservai come questo si piegasse sotto il mio tocco, facendogli voltare la testa verso di me.
C’era ancora dell’inquietudine nei suoi occhi, ma credo di essere riuscito nell’intento di cancellarla del tutto quando mi sono chinato su di lui e ho tacitato un’eventuale prosieguo del suo monologo con la pressione urgente delle mie labbra sulle sue.
Svariati minuti dopo quando le dita di Holmes avevano iniziato a percorrere sentieri noti solo a lui tra i miei capelli e la pelle del mio collo e quando iniziavo a credere che avrei passato tutta la notte piegato in quell’insolita posizione, con le labbra molto vicine al suo orecchio mi arrischiai a dire: « Non so a quale genere di conforto tu avessi pensato, ma adesso io ne ho una chiara idea in mente. »
La sua risata profonda si espanse contro il mio torace e mi fece rabbrividire, e Holmes dovette accorgersene perché il resto della notte decidemmo di passarlo nell’ampio letto della sua stanza, piuttosto che sulla scomoda poltrona.
L’unico rammarico che ancora oggi mi porto dietro di quella nottata è che fui costretto ad andarmene poco prima dell’alba, quando Holmes si era appena appisolato e quando avrei potuto contemplarlo senza che anche io cedessi al demone del sonno e almeno per una volta nella certezza che dormisse davvero.



Note finali:
Vi prego, lasciate un segno del vostro passaggio, ho bisogno di rassicurazioni o in alternativa di frustate. E se notate errori di grammatica o battitura, DITEMELO. <3

 

  
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