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Autore: Sigyn    06/07/2012    1 recensioni
Un mondo immaginario dalla geografia oscura e misteriosa pieno di eroi vanagloriosi, giovani Signori Oscuri pieni di problemi famigliari, Mary Sue inette, cameriere straniere sottopagate e tutto ciò che può capitare di voler scrivere dopo aver passato troppo tempo a lurkare su TV Tropes.
Ah, e ovviamente "They All Meet in a Inn".
Genere: Comico, Introspettivo, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Prologo: Al Paletto D’Argento

 

 

C’era una locanda, nella Capitale della Regione Occidentale, alla periferia della città umana, nei Quartieri Interrazziali. L’immigrazione in quelle terre era massiccia e costante, ma quella zona della città non era particolarmente sviluppata, né particolarmente sicura, né particolarmente pulita: la locanda si adattava, e sembrava fare uno sforzo costante per essere sempre più scalcinata, più pericolosa e più sporca del resto dei Quartieri.

Non aveva una cattiva fama, perché avere un qualsiasi tipo di fama sarebbe stato già troppo, per quel locale. I quartieri ricchi, borghesi e poveri ma dignitosamente umani ne ignoravano l’esistenza; il colorato e bizzarro misto di razze ed etnie che popolava i Quartieri – benché nessuno avrebbe mai ammesso di appartenere a quel luogo e di non essere solo in cerca di un alloggio e un lavoro migliore – ci si recava solo perché gli alcolici erano decenti e soprattutto abbastanza forti da far dimenticare di esserci stati la mattina successiva. Nelle loro vite, era solo una presenza costante ma abbastanza discreta, come la muta consapevolezza che il Sole sorge ad est e che se una splendida donna nuda dalla voce suadente su uno scoglio invita una ciurma di marinai mezzi morti per la fame e le intemperie a raggiungerla la nave farebbe meglio a cambiare rotta immediatamente. 

Il nome della locanda era Al Paletto D’Argento, e si diceva che fosse stato scelto in omaggio alla sua variegata ed eccentrica clientela, nonostante qualunque vampiro scaraventato dai piani alti della società alla miseria dei Quartieri avrebbe potuto guardare per ore con aria perplessa l’insegna traballante e non afferrarne completamente il senso.

In realtà, le cose era andate un po’ diversamente.

- Quella gente paga bene per qualsiasi tipo di alcolico, mi piace ... però non voglio vampiri, eh! Poi va a finire che spaventano gli altri clienti, va a finire. Potremmo metterci un avvertimento, nel nome, sai ... tipo, che ne so, il paletto qualcosa ... si usano i paletti per ammazzarli, no, Frank? - aveva chiesto una sera – o una notte, o forse un’alba: le circostanze dell’evento non erano del tutto chiare – il leggendario Primo Proprietario del Paletto D’Argento ad un compagno di bevute, in un’osteria dalla quale entrambi sarebbero stati più tardi cacciati per rumori molesti e danze sfrenate sui tavoli. Frank aveva annuito con aria pensosa, cercando nel frattempo di ricordare dove avesse messo la borsa con i suoi soldi ed interrogandosi pigramente sul perché il Primo Proprietario sembrasse così insolitamente felice di pagare il conto per entrambi.

- Certo che sì, Frank, certo che sì! - aveva ripreso l’altro con entusiasmo ubriaco, interrompendosi per una lunga sorsata di birra. - I paletti, proprio loro, di ... di ... cos’è quella robaccia, Frank? -. Corrugò la fronte piena di rughe, sforzandosi di pensare: era un’azione incredibilmente difficile, quando ci si sentiva come se si avesse una palude nella testa e i pensieri emergessero lenti e volatili dalle nebbie sopra di essa, constatò sentendosi improvvisamente molto poetico.

Frank distolse i suoi pensieri dai vaghi dubbi sulla borsa e il Primo Proprietario appena prima che questi avessero la possibilità di diventare veri sospetti. Si sfregò gli arruffati baffi neri striati di grigio con una mano, poiché era gesto che lo aiutava a riflettere. - Bronzo, o qualcosa del genere. Ferro? No, aspetta, era più qualcosa come, come ... argento, sì. O quello era per i lupi mannari ... ? - rimuginò, un dito che scendeva dai baffi a un taglio sul labbro.

L’altro uomo lo guardò con gli occhi un po’ lucidi spalancati, vagamente perplesso.

- Avrei detto qualcosa tipo frassino ... o un qualche altro legno. Non so, sembrano adatti per costruire paletti - ribatté. Frank scosse la testa, concorde con lui sull’ottusità e l’avventatezza dei costruttori di paletti: qualcosa diceva anche a lui che avrebbero dovuto usare il legno, anche se non era esattamente sicuro del perché.

- Oh, beh. E allora Al Paletto D’Argento sia! - esclamò trionfalmente il Primo Proprietario, sbattendo sul tavolo il suo boccale. Frank si chiese se sarebbe stato saggio tentare di leccare le gocce cadute: l’ultima volta, il suo amico gli aveva quasi mozzato la lingua con il pugnale che si portava sempre dietro.

Questa è la vera storia della nascita del Paletto D’Argento.

Generalmente, i pochi che hanno la fortuna – o semplicemente la voglia – di ascoltarla alla fine del racconto scoprono di aver improvvisamente capito un sacco di cose sul locale.

 

 

 

 

 

 

  
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