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Autore: Aniel_    06/07/2012    2 recensioni
L'aveva baciato, l'aveva bloccato in un angolo e lo aveva baciato perché era stanco, stanco della fottuta apocalisse, stanco di Lucifero, di Michael, di Zachariah; Castiel era lì, al suo fianco, era dannatamente reale e non lo avrebbe lasciato solo, non lui, e Dean aveva bisogno di qualcuno che non lo abbandonasse specie dopo una vita passata a perdere lungo la strada le persone che amava.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Autore: Aniel_
Fandom: Supernatural
Titolo: I just don't want to miss you tonight
Personaggi: Dean, Castiel
Pairing: Dean/Castiel
Raiting: giallo
Genere: introspettivo, sentimentale, angst
Prompt: #motel
SongIris - Go Go Dolls
Avvertimenti: slash, lime, one-shot, what if
Note: avrei dovuto pubblicare questa one-shot tempo fa ma me ne sono totalmente dimenticata. Con questa storia ho partecipato al contest I'm in love with Destiel e questo banner che vedete è stato il mio premio (me ne sono perdutamente innamorata). Ci troviamo nella quinta stagione con il nostro Dean che ha intenzione di dire  a Michele. So che di fan fiction dedicate a questo momento ce ne sono decine e decine, ma credo che sia stato quello il primo vero momento in cui il Destiel si è posto prepotentemente all'interno del telefilm. Si certo, io esagero, questo è ovvio - con i due che tubano allegramente- ma ehi, da brava slasher non posso farne a meno! Enjoy, E.
Disclaimer: Supernatural non mi appartiene, per questo invidio il Dio Kripke, unico detentore di tanta meraviglia. Mi piacerebbe possedere Dean e Cas, ma purtroppo anche loro non mi appartengono!





I just don't want to miss you tonight

 
Dopo un ultimo brivido, dopo un'ultima spinta, dopo un'ultima scarica di piacere, Dean cedette, lasciandosi cadere come una bambola di pezza sul corpo esausto di Castiel. Il silenzio attorno a loro li avvolse come una coperta e gli unici rumori ancora perfettamente udibili erano il picchiettare della pioggia sui vetri delle finestre di quell'ennesima stanza di motel e i loro respiri che, pesanti e affannati, continuavano ad infrangersi nel nulla e sulle loro pelli scoperte.
Dean abbandonò il capo proprio nell'incavo del collo dell'altro, beandosi di quel profumo pungente, lontano da quello fruttato e delicato di una donna, eppure inebriante e deciso al tempo stesso. Osservò con attenzione i piccoli marchi rossi su quella pelle chiara che lui stesso vi aveva lasciato poco prima, ancora una volta, senza neanche accorgersene: sarebbero spariti, magari domani, magari tra un'ora, magari dopo un veloce battito di ciglia. Ma a Dean non importava, continuava ad imprimere quei marchi come se ne dipendesse la sua vita, come se ritenesse fondamentale non essere l'unico ad avere impresso sulla pelle il marchio dell'altro. Una mano di Castiel gli sfiorò appena la spalla, ripercorrendo con i polpastrelli l'impronta della mano - la sua mano- che lo aveva salvato dall'inferno, e a quel tocco si ritrovò a fremere, come se quel misero pezzo di carne riconoscesse l'autore di quell'impronta marchiata a fuoco.
«Dean?» domandò Castiel, immobile e rigido sotto le coperte, come la prima volta in cui avevano dato il via a tutta quell'assurda storia. Dean non avrebbe saputo spiegare perché avessero cominciato, ma negli ultimi anni troppe cose erano cambiate per poi frantumarsi come bocce di vetro: era finito all'inferno, suo fratello era passato a nuove bevande energetiche facendo comunella con i demoni, un angelo lo aveva salvato, Lucifero era stato liberato dalla sua gabbia e lui e Sam avevano appreso di essere i vestiti per il ballo di Satana e del suo fratello maggiore, Michael. Erano ormai lontani i bei vecchi tempi in cui cacciavano Wendigo e Poltergeist, così lontani che Dean non ricordava nemmeno il momento in cui erano passati dall'essere cacciatori a diventare prede, prede di demoni, angeli, arcangeli, solo e soltanto pezzi di carne.
E in mezzo a tutta quella merda, in mezzo a quel mondo pronto ancora una volta ad essere immolato, Dean aveva trovato Castiel, un angelo come si definiva lui, un moccioso con una scopa su per il culo per come realmente lo vedeva il cacciatore.
E a Dean non era mai passata neppure per l'anticamera del cervello l'idea di portarselo a letto, di baciarlo, di creare tra loro rapporti che di solito intratteneva con le donne rimorchiate nei bar a fine serata, ma poi era successo qualcosa, qualcosa che non avrebbe potuto prevedere o immaginare: l'aveva baciato, l'aveva bloccato in un angolo e lo aveva baciato perché era stanco, stanco della fottuta apocalisse, stanco di Lucifero, di Michael, di Zachariah; Castiel era lì, al suo fianco, era dannatamente reale e non lo avrebbe lasciato solo, non lui, e Dean aveva bisogno di qualcuno che non lo abbandonasse specie dopo una vita passata a perdere lungo la strada le persone che amava: prima sua madre, poi suo padre, poi Sam e ancora Sam, ancora una volta, perché aveva perso suo fratello così tante volte che ormai non riusciva più a comprendere dove iniziasse l'odio e dove finisse l'affetto in quel loro strano rapporto fraterno.
Con Castiel tutto mutava, si trasformava, e lui riusciva a sentirsi al sicuro, riusciva a sentirsi protetto come un fottuto marmocchio e non gli importava quanto questo lo facesse sembrare fragile perché non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, lo avrebbe sempre tenuto per sé.
Ma anche con quell'angelo le cose erano destinate a complicarsi perché la vita di Dean Winchester non era altro che una calamita per i guai, per le catastrofi e quando Dio aveva deciso di chiudere i battenti abbandonando baracca e burattini, lui, il vessel di Michael, il cacciatore del soprannaturale, si era sciolto come gelatina di fronte alla tristezza e alla disperazione di un Castiel ubriaco fradicio, di fronte a quella potente creatura eterea che era sul punto di accartocciarsi su se stessa, schiacciata dal peso di un nuovo dolore: a Dio non importava nulla né di loro, né del pianeta, nulla.
E lì le cose avevano iniziato a complicarsi, inevitabilmente, rendendo l'ultima decisione più difficile di quanto avesse mai potuto immaginare: Dean e Castiel avevano passato insieme una notte qualsiasi, in un motel qualsiasi, e questo non aveva fatto altro che far aggrappare ancora di più il cacciatore a quella nuova vita che si era intrecciata ed aggrappata alla sua, con violenza. E Dean non voleva dirgli addio, non voleva perderlo quella notte e nemmeno le notti a venire; non voleva rinunciare alla sua vita per offrirla completamente ad un bastardo angelico che avrebbe raso al suolo il pianeta, ma che altra scelta aveva?
"Devi vegliare su Sam, devi proteggere Sam, devi impedirgli di compiere gesti di cui tutti potremmo pentirci. Bada a tuo fratello Dean, proteggi Sam". In una nenia quasi fastidiosa, le parole di John Winchester grattavano le pareti della coscienza del figlio maggiore, e Dean sapeva di non avere scelta: avrebbe salvato suo fratello, avrebbe salvato Bobby, avrebbe salvato persino Castiel immolandosi, consegnandosi nelle mani di Michael. Gli altri lo avrebbero capito, magari non subito, ma forse un giorno avrebbero guardato la sua tomba e avrebbero mormorato un "grazie", questo Dean non lo sapeva, ma lo sperava.
Ma Castiel doveva mettersi in mezzo, Castiel doveva impedirgli di arrendersi e Dean non aveva nemmeno opposto resistenza in quel vicolo mentre l'angelo riversava tutta la sua frustrazione e la sua rabbia su di lui, a suon di pugni. Castiel non voleva che si consegnasse a Michael ma Dean era così stanco, Dio!, così stanco...
«Dean?» ripeté nuovamente Castiel, strattonandolo appena e stringendo le braccia attorno al corpo del cacciatore.
«E' tutto ok, puoi-» dormire? Riposare? Dean non si sarebbe mai abituato a non poter pronunciare quelle parole «...stare tranquillo» concluse, scivolando verso il lato del letto vuoto, fresco e accogliente.
«Che succede?» domandò l'angelo, poco convinto, tirandosi su a sedere e mostrando il petto glabro e chiaro.
Dean non rispose, perché era inutile, perché quel moccioso gli avrebbe letto dentro e avrebbe colto le sue paure, le sue incertezze, le sue bugie...avrebbe capito che stava mentendo, quindi che senso aveva rispondergli con l'ennesima scusa? Con l'ennesimo sto bene?
«So a cosa stai pensando» ammise Castiel, inclinando il capo come un bambino curioso, «riesco a leggertelo in faccia, Dean Winchester».
Dean ispirò l'aria che sapeva di incenso, sesso e pancake che aveva preso completamente possesso della camera. Non aveva mai capito come Castiel riuscisse a liberare quegli odori così contrastanti, ma che nonostante tutto riuscivano a calmarlo. Si passò una mano sul viso per poi coprirsi gli occhi con un braccio, perché non voleva che Castiel lo vedesse, non voleva che il mondo lo vedesse perché pensava che la gente non lo avrebbe capito, nemmeno il suo angelo: era una sua scelta e di nessun altro. Eppure continuava a nascondersi come un bambino che gioca a nascondino.
«Dean!» sbottò l'angelo e Dean trasalì al suono di quella voce calma e monocorde che iniziava ad alterarsi.
«Cosa, Castiel? Cosa diavolo vuoi, eh? Cosa vuoi che ti dica?» urlò Dean, improvvisamente, indossando distrattamente i boxer scuri lasciati sul pavimento per poi misurare la stanza a grandi passi.
«Che non vuoi arrenderti» rispose l'angelo, con la voce pacata di sempre.
«Arrendermi? Castiel non c'è più niente per cui combattere. Se lo faccio, se dico di si forse...forse...»
«Cosa?» chiese l'altro con l'espressione severa mentre lo raggiungeva, perfettamente vestito come se la tenerezza o la passione di poco prima non fosse mai accaduta, «Io mi sono ribellato ai miei fratelli per te. Mi hai pregato di non arrendermi perché le cose veramente reali sono le famiglie, le persone e adesso vuoi consegnarti a Michael per far saltare in aria metà del pianeta?»
«E' già tutto distrutto! Non lo capisci, stupido figlio di puttana? Tutto è destinato ad essere distrutto, è la fottuta apocalisse!» urlò il cacciatore, con quanto fiato aveva in corpo, afferrando l'altro per il bavero del trench, «tutto questo è stato fatto per essere distrutto! Io voglio solo...» si interruppe, mollando la presa e voltandogli le spalle, mentre con una mano si sfregava le labbra, nervosamente.
«...voglio solo che tu sappia chi sono» concluse, respirando affannosamente.
Castiel riusciva a sfinirlo, a prosciugarlo, a cavargli fuori parole che non avrebbe mai nemmeno immaginato, e non lo sopportava, non l'aveva mai sopportato.
«Temo di non capire» replicò Castiel e anche se non poteva vederlo, riuscì a percepire i suoi occhi serrarsi e il suo viso inclinarsi.
«Fidati di me» lo rassicurò Dean voltandosi con un sorriso mesto stampato in volto prima di dirigersi verso il bagno di quella sudicia stanza di motel e chiudere la porta dietro di sé.

Dean fece scattare la serratura con lentezza, indeciso se tornare in stanza o meno, poggiando la fronte sul legno freddo della porta e tenendo il pugno sinistro ben stretto mentre qualche goccia scarlatta pendeva per poi lasciarsi cadere nel vuoto, imbrattando il pavimento chiaro.
«Dean» mormorò Castiel, proprio al di là di quella barriera sottile che li separava, «io...io so chi sei. Volevo solo dirti questo».
Quelle parole arrivarono a lui con la stessa violenza di un pugno ben assestato allo stomaco. Dean chiuse gli occhi, ricacciando all'indietro lacrime che avrebbero voluto cadere e disperdersi nel vuoto e spalancò la porta, premendo il palmo insanguinato proprio sul simbolo scarlatto che aveva disegnato: una luce avvolse l'angelo, spedendolo lontano, chissà dove. La camera divenne silenziosa e fredda e il cacciatore ne comprendeva bene il motivo.
Avrebbe cercato Michael, ancora, avrebbe tentato di andare incontro al suo destino ma per la prima volta sperò che Castiel lo fermasse, per riportarlo a casa, per trovare una soluzione a tutta quella merda, insieme. Dean Winchester si augurò che Castiel sapesse davvero chi fosse prima di lasciarsi cadere nuovamente tra quelle lenzuola che avevano il loro odore, in quella stanza di motel improvvisamente così vuota.
 
   
 
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