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Autore: black_eyes    06/07/2012    4 recensioni
Cosa accadrebbe se una ragazza italiana, Greta, scappasse dal suo passato e arrivasse nella città degli angeli caduti, conosciuta anche come Los Angeles?
Ci saranno due punti di vista. Greta e Grant
Primissima mia storia, betata da quell'angelo di GirlOnFire
Genere: Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Darren Criss, Grant Gustin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chiusi la valigia di scatto. Nessuno mi aveva vista, nessuno mi aveva sentita. Misi una borsa a tracolla dove schiaffai dentro portafogli, documenti, tutti i miei soldi, il cellulare, l'mp3 e alcuni libri. Il pc lasciato in stanza, dopotutto non volevo contatti con nessuno. Poi, senza far rumore, uscii dalla porta di casa. Corsi giù per le scale tirandomi dietro la valigia, scavalcai il cancello e corsi alla stazione dei treni diretta all’aeroporto, unico pensiero fisso in testa: andarmene dall'Italia.Nessuno si interessava a me, genitori affidatari e amici che se ne fregavano altamente di me. Io c'ero sempre stata per loro. Invece quando ero io ad aver bisogno di un minimo d’aiuto, loro erano sempre occupati. Che schifo di persone che conoscevo.Scesi alla fermata ed entrai all’aeroporto. Comprai un biglietto per un volo last minute e feci il check-in. Salita sull'aereo, mi affrettai a prendere posto.Mollare l'Italia per l'USA. Non sapere dove poter andare. Avevo però una buona pronuncia inglese ed americana ed odiavo tutte le persone che avevo nella mia cosiddetta 'casa'. Chiusi gli occhi e poggiai la fronte sul finestrino. Volevo piangere, volevo urlare, volevo sparire. Ci stavo riuscendo. Mi addormentai sentendo un nodo alla gola. Mi sentivo morire. Mi svegliai solo quando il sole mi bruciava la faccia, un sole caldo che entrava dal finestrino. Mi stiracchiai e sentii le ossa scrocchiare. Avevo dormito più o meno otto ore e ne mancavano ancora due prima dell’atterraggio.
Serve qualcosa signorina?” mi chiese un' hostess.
Sbattei le palpebre: “no grazie. Sa tra quanto arriveremo?”
Ci sono stati dei problemi, ci siamo dovuti fermare in un aeroporto di Londra, tra qualche ora saremo a San Francisco.”
Annuii : “grazie… mi porterebbe un bicchiere d'acqua per piacere?”
La signorina mi sorrise: “certo. È sola?”, annuii e il nodo alla gola divenne più pesante. “Viaggio di piacere o di lavoro?” aggrottò la fronte.
Mi morsi il labbro: “viaggio di piacere”, deglutii: “mi porti una bottiglietta non solo un bicchiere, per favore.
Subito”. Se ne andò, diretta alla cabina del comandante.
Capii che non appena fossi scesa in aeroporto sarei dovuta correre per non farmi trovare da nessuno. Poco dopo ebbi la mia bottiglia d'acqua, ringraziai e controllai il mio cellulare: non mi avevano ancora cercata.
Avrei dovuto cambiare numero, cambiare vita, magari anche taglio. Dovevo fare in modo che non mi trovassero. Stavo scappando da tutto e da tutti, d’altronde! Forse, anche da me stessa, dalla vita che non avevo voluto.
Arrivai a destinazione dopo altre tre ore di volo. Scesi dall'aereo, presi il mio unico bagaglio, cambiai tutti i soldi che avevo con me da euro a dollaro, comprai qualcosa da mangiare e subito dopo mi accorsi di alcuni tipi in divisa avvicinarsi al gate. Merda!
Corsi al primo taxi che vidi e ci salì sopra. “Dove la porto?” mi chiese il tassista fissando nello specchietto retrovisore.
Via. Via da qui. Anche in un parco qualunque!”
Che succede?” mi chiese fin troppo velocemente.
Nulla. Vada via, parta per favore! Veloce!” chiesi controllando i finestrini. Sentii le ruote sgommare e partimmo. Ci infilammo nel traffico e dopo qualche minuto si fermò di fronte a un parco. Scesi e pagai. Presi la mia valigia e mi allontanai dalla fermata dei taxi. Sospirai e cercai un posto dove poter stare in pace e tranquillità. Trovai un piccolo pub. Ordinai una birra e un panino. Dovevo trovarmi un lavoro. Non potevo sprecare tutti i mie soldi, ma sapevo anche che non mi sarebbero bastati per molto. Andai in un internet-bar e mi connessi al mio indirizzo di posta elettronica. Pubblicità, pubblicità, e-mail di amici di penna e… cavolo! Giovanni! Mi morsi il labbro. Non ci voleva.

-Greta … dove sei finita? Ti ho sentita uscire dalla casa dei Rossi, dove sei andata? È da un po' che ti stanno cercando. Rispondi! E magari torna a Milano…

Non appena aver letto la mail risposi subito.

-Sono fuori Milano. Quello che faccio non vi interessa più. Sono maggiorenne da troppo tempo, ho la possibilità di andarmene quando e dove voglio. Non cercarmi.

Inviai e poi cancellai sia quella che tutte le mail precedenti. Passai tutto il pomeriggio in giro per San Francisco. Si fece tardi, cominciò a fare buio e freddo. Avevo bisogno di un posto dove dormire, avevo un bisogno estremo di un letto. Feci fermare un taxi e vi salii: “al primo motel meno caro che c'è da queste parti, e anche il prima possibile” chiesi gentilmente e chiudendo un po' gli occhi.
Un motel a buon prezzo? Ne conosco a bizzeffe. Dove di preciso?”
Fuori dal centro. In periferia, grazie” dissi aprendo un occhio. Lo sentii partire e dopo un'ora mi portò davanti ad un motel abbastanza carino. Scesi e pagai la corsa, lasciandogli anche la mancia. Entrai al motel e chiesi una camera.
Quanto vuole stare qui?” mi chiese un tipo svogliato, dietro al bancone.
Poco più di due giorni. Il tempo di sistemarmi e trovare un altro posto” risposi fluentemente in lingua. Lo vidi inarcare un sopracciglio e controllare le varie agende più il pc che aveva sul bancone vicino a lui.
Ascolti” dissi con voce tremante “mi serve una camera per poco tempo, anche solo per dormire.”
Ok, una stanza, per una sera sola, va bene?”
Perfetto! Mi serve solo per fare una doccia, cambiarmi e dormire. Solo questo."
La chiave” disse porgendomela. “Vada”
Corsi su per le scale, tirandomi dietro la valigia. Aprii la porta e poggiai tutto a terra. Deglutii: il primo passo era stato fatto. Tolsi la scheda dal cellulare e la buttai in un cestino. Altro passo fatto. Aprii la valigia e tirai fuori tutti i vestiti che vi avevo messo dentro alla rinfusa: pantaloni, jeans, canottiere, magliette, pullover e intimo. Potevo farcela, vivere in America per sempre e queste poche cose. Sistemai tutti i vestiti, mi stesi sul letto ancora vestita e sistemai l'orario per poi mettere la sveglia per la mattina dopo. Dormii qualche ora e mi svegliai alle sette. Mi feci una doccia, mi cambiai e andai nella hall. Pagai la notte e me ne andai. Mi trascinai la valigia dietro. Un posto dove stare, un lavoro e una nuova vita. Come prima cosa in quella mattinata andai da un parrucchiere. Mi feci tagliare i capelli. Da lunghi, che mi arrivavano a metà schiena ora li avevo poco sopra le orecchie. Un taglio maschile. Un taglio nuovo. Taglio, mi fissai il polso sinistro. Avevo ancora le cicatrici del mese prima. Mi coprii il braccio. Perché avevo voluto farlo ancora? La prima volta a sedici anni, la seconda a diciotto, la terza a venti e l'ultima poco tempo fa. Perché tagliarmi le vene per porre fine alla mia vita? Mi premetti il palmo su quelle ferite oramai rimarginate. Non ero riuscita a morire, solo a venir additata ancor di più, ero riuscita a farmi odiare e far pensare a quelle persone, che erano la mia famiglia, che ero pazza. Perché non avevo voluto scappare prima? Potevo andarmene appena diventata maggiorenne. Allora perché non ero fuggita? Ah sì! Emily. La bambina che aiutavo a sopravvivere in quella casa. Sorrisi, ecco perché avevo deciso di andarmene via ora: Emily aveva trovato una famiglia migliore.
Con quel nuovo taglio ai capelli, iniziai a girare alla ricerca di un lavoro in qualche negozio, in qualche pub, ma niente da fare. Ero sola, senza un posto dove stare. Che avrei fatto adesso? Non potevo mollare tutto, non ora. No, non sarei tornata indietro.
Cercai altro, provai ovunque, presi una rubrica telefonica e guardai qualche numero che poteva interessarmi. Non mi sarei fermata. Non avrei fatto la figura della ragazza senza spina dorsale. Non sarei tornata indietroMa nonostante tutto non trovai nulla. Stanca, affranta, affamata e messa peggio di uno straccio entrai un pub malconcio.
Salve” dissi posando le borse e la valigia accanto a me “una birra”.
Il barista mi fissava stranito e non si mosse da dove stava. Mi guardai attorno. Era un bar come un altro. Niente insegne strane o con probabili doppi sensi. Era solo un po' sporco, buio e vecchio.
Mi guardai intorno, non ero sola, vi erano altri clienti che stavano seduti accanto alle finestre o al bancone.
Vorrei bere” dissi prendendo tutto e avvicinandomi al bancone “se non avete birre mi va bene anche dell’acqua” Ancora nessun segno di vita da parte del barista. Ma che gli prendeva? Aveva abusato di crack?
JHON! CAZZO!” urlò un tipo seduto nella parte più buia del locale “smettila di fissarle le tette e dalle da bere”.
Il barista si riscosse e mi diede una bottiglia d'acqua. Lo ringraziai e mi sedetti sullo sgabello
Come mai da queste parti morettina?” mi chiese una donna uscendo da una porta che dava sul magazzino
Avevo bisogno di fermarmi. Sto girando da stamattina e non ho messo quasi nulla sotto ai denti”
La vidi annuire e passarmi alcuni tovagliolini. Mi porse dei salatini. Almeno avrei mangiato qualcosa.
Vidi la barista trafficare vicino ad un lavandino per lavare qualche stoviglia, mentre l'uomo se ne stava imbambolato di fronte a me. E se provassi avessi provato a cercare lavoro qui? O la va o la spacca, pensai mentre svitavo il tappo e vedevo muffa sul collo della bottiglia. Non la bevvi e la allontanai da me
Serve una nuova barista?” chiesi “non ho lavoro e mi sono appena trasferita. Serve aiuto?”
Perchè?” chiese Jhon aprendo finalmente la bocca e parlando
Perchè finirò i soldi e non mi va di battere la strada” dissi semplicemente
Perchè vuoi venire qui?” domandò la tizia voltandosi verso di me
Perchè nessuno mi vuole” risposi ancora gentilmente
Sei americana?” domandò il tipo seduto lontano dal bancone
Scossi il capo “italiana”
Datele un lavoro, cazzo. Non sembra una mafiosa! Almeno, a me non pare.”
Non lo sono” dissi ridendo “non tutti gli italiani sono mafiosi” sorrisi “mi dai questo lavoro sì o no?”
Vidi Jhon annuire e mi porse uno straccio. Avrei lavorato fin da subito?
Jhon porca troia non adesso!” urlò la tizia scuotendo il capo e prendendogli lo straccio di mano
Di dove sei? Hai la green card? Sei maggiorenne? Perchè sei qui?” chiese il tizio seduto accanto a me
Sono di Milano. Non ho la green card. Ho ventitré anni. Ho bisogno di migliorare il mio accento. Continua pure il tuo terzo grado, non mi da fastidio essere trattata male” dissi incrociando le braccia al petto
Calmati bambolina. Non voglio farti male. Ritrai gli artigli” disse sfiorandomi il naso
Mark lasciala stare” disse il barista svegliandosi da quella sottospecie di trance in cui era stato
"Hai un posto dove stare questa notte, o per lo meno per il tempo in cui rimarrai qui?" mi chiese la donna sorridendomi "sono Tracy"
Scossi il capo "non ho nulla. Ma non sono così fortunata da trovare un lavoro e un appartamento" dissi ironica
"Non direi … sopra a questo bar c'è un bilocale. Ti interessa?" chiese Tracy sorridendomi
"Ed è conciato come questo bar?" domandai guardandomi attorno
"Non lo so" scosse il capo Jhon "è da un po' che non ci metto piede. E questo pub non è messo male"
Mark si mise a ridere, o meglio guaire "è pieno di polvere e muffa"
"Ok. Lo prendo. Quanto vuoi?" chiesi alzando le spalle
"Prima non vuoi vederlo? Ti accompagno" disse la barista prendendo un mazzo di chiavi
"Ahm … ok" sorrisi e presi tutti i miei bagagli e lo seguii su per le scale
Vi erano molti appartamenti, tutti abitati, in cui si sentivano persone urlare e lanciare piatti contro i muri. In che posto ero finita? Tracy aprì la porta e mi fece entrare nell'appartamentino. Una cucina, un bagno e una camera. Non era male. Era già ammobiliato. Forse era un po' sporco, ma era abitabile.
"Mi piace. Quanto vuoi?" chiesi mettendo la valigia a terra "o per lo meno se lavoro da te al bar, mi pagherai?"
"Ovvio che ti pago … diciamo dieci dollari a ora di paga e duecento dollari mensile di affitto"
"Ok … andata" dissi porgendogli la mano
"Tu italiana mi piaci. Il tuo nome?" chiese stringendomi la mano
Mi morsicai un labbro "Andrea. Sono qui per migliorare un po' la mia pronuncia, ma purtroppo non ho trovato nessuna famiglia che mi avrebbe potuto accogliere. Credo di poter stare qui per qualche mese" alzai le spalle. Ero brava a dire bugie e a ricordarle. Dovevo solo essere furba
"Piacere di conoscerti Andrea" disse storpiando un po' quel nuovo nome. Che non avrei tenuto per molto
"Piacere mio signora" sorrisi "quando posso iniziare a lavorare?" chiesi curiosa
"Domani. Apriamo alle due di pomeriggio e chiudiamo alle due di notte"
"Wow … è un bell'orario pesante" pensai ad alta voce "ma ci sto" annuii "ho bisogno di soldi, di un posto dove stare"
"Ok. Per oggi niente. Oggi sistemati. Poi domani inizierai" e se ne andò chiudendo la porta dietro di sé
potevo ricominciare. Ora ero Andrea

"Ultima scena" urlò il regista
Basta! Basta! Basta! Basta! Urlavano i miei neuroni "ok" disse invece la mia voce
"Grant … ti prego" disse Darren finendo di leggere il suo copione "dimmi che sei stanco pure tu"
"No. Non sono stanco. Sono distrutto" dissi mettendo da parte il panino che stavo mangiando
"E allora perchè non continuiamo domani?" fissò il regista "dai!" urlò "ti preeeego!"
Ma perchè si comportava così da ignorante? Avere ventisette anni ma mentalmente averne cinque!
Vidi i regista stropicciarsi gli occhi "ok. Andate a casa, tanto adesso giriamo scene di poco conto, è da più di sedici ore che lavoriamo. Capisco che siete stanchi"
"Grazie" dissi alzandomi e raccattando tutte le cose nella mia borsa
"Ci vediamo domani, stessa ora, intesi?" disse a tutti noi
"Ok" dicemmo in coro
Presi un taxi e me ne tornai a casa mia. Dopo tre stagioni di un telefilm per ragazzini, una parte in un episodio di un telefilm grandioso, una parte in uno spettacolo teatrale e una parte per un paio di film, ora stavo recitando in un altro film con alcuni amici che avevo conosciuto nelle due stagioni del telefilm.
Erano passati più o meno due o tre anni. Ma ci eravamo sempre sentiti.
Arrivai al mio appartamento, chiusi la porta dietro di me e lanciai la borsa da qualche parte. Dio quanto ero stanco! E il giorno dopo ci sarebbe stata la solita solfa, prove degli abiti, rilettura copione, recitazione, pausa e altra recitazione. Che rottura! Andai in bagno e mi feci una doccia. Tutta la stanchezza e l'ansia della giornata mi scivolarono addosso con l'acqua. Molto meglio.
Quando mi fui sistemato ed ebbi indossato un paio di pantaloni della tuta, mi sdraiai sul divano. C'era troppo silenzio. Ero abituato a sentire i miei due coinquilini urlare e maledire l'altro per il disordine. Ma adesso che se ne erano andati perchè avevano trovato una casa, si erano fatti una famiglia, c'era troppo silenzio. Che vita! O meglio, che bella vita! Lavoro come attore, ho un sacco di amici, conoscenti che vedo ogni giorno, ho due genitori che mi vogliono un bene dell'anima e vado d'accordo con mio fratello e mia sorella. Ho anche un appartamento tutto mio meraviglioso, che voglio di più?
Accesi la tv, stavo bene, ma mi mancava qualcosa.

  
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