Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: eloise de winter    07/07/2012    1 recensioni
Spesso si perdeva in una dimensione indefinita, in cui favole macabre celavano, dietro inquietanti metafore, lo specchio della realtà ed essa le si offuscava in una patina lattiginosa dietro agli occhi, scivolando senza lasciare segni sul filo dei suoi pensieri.
Entrò in sala, le scarpe bagnate, la treccia che si disfaceva.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ab umbra lumen

 

 
Un fulmine squarciò il cielo.
 
Uno.
 
Due.
 
Tre.
 
Ed il tuono rimbombò, tremando e vibrando.
 
Un altro fulmine.
 
Flash.
 
La vecchia Polaroid sputò un foglietto bianco.
 
Dopo cinque minuti si distinguevano chiaramente le ramificazioni di elettricità di una saetta bianca i un cielo plumbeo.
 
Riposi il mucchietto di fotografie che si era accumulato sul davanzale della finestra spalancata nella borsa vintage a fiori.
 
Scesi dal davanzale, evitai le ciabatte, mucchi di libri sparsi sul pavimento e raggiunsi le Vans rosse.
 
Aprì l’ombrello, chiusi la porta con un calcio e mi incamminai.
 

*

 
La stazione era vuota, i binari deserti.
 
Quando il treno si fermò, fischiando, ed io mi tolsi le mai dalle orecchie, vi salii e sedetti vicino al finestrino, scattando foto con la vecchia Canon a rullino al paesaggio che correva frenetico.
 

*

 
Dopo un tempo indefinito, non era importante, una voce metallica e fredda annunciò il capolinea, Cadorna.
 
A piedi e scattando foto con la Nikon digitale arrivai davanti la Scala, alla quale gettai un’occhiata amichevole ed uno scatto della fotografica, come fossimo amici di vecchia data.
 
Del resto non era affatto la prima volta che ci incontravamo, e non sarebbe stata nemmeno l’ultima.
 
Si stava avvicinando l’inizio della Stagione e non mi ero mai persa una Prima da che avevo memoria.
 

*

 
La Galleria Vittorio Emanuele scintillava ancora di più dall’ultima volta che vi avevo passeggiato.
 
Cioè ieri.
 
I fulmini ed i tuoni la rendevano uno spettacolo.
 

*

 
Piazza Duomo era piena di nessuno, solo qualche sporadico, infradiciato e grasso piccione che la attraversava.
 
Le vetrate apparivano opache, così come i marmi e le statue candide.
 
Cic, Ciac.
 
Le pozzanghere suonavano sotto i miei piedi.
 
In una via laterale passeggiai lungo il corso deserto.
 
Vedevo le vetrine illuminate di negozi lussuosi, le persone che vi erano all’interno piene di abiti da provare, ammirare e poi lasciare perché «Non possiamo permettercelo.»
 

*

 
In una reggia di vetro un popolo dormiva, avvolto tra spini, in attesa di un bacio che non sarebbe mai arrivato.
 
In una torre trasparente una fanciulla dormiente aspettava eternamente l principe che l’avrebbe svegliata.
 
Ma egli era morto.
 
Qualcosa di più grande lo aveva ucciso, qualcosa di più grande perfino del Destino.
 
La stupidità umana.
 

*

 
Le porte dell’ascensore si aprirono.
 
Spesso si perdeva in una dimensione indefinita, in cui favole macabre celavano, dietro inquietanti metafore, lo specchio della realtà ed essa le si offuscava in una patina lattiginosa dietro agli occhi, scivolando senza lasciare segni sul filo dei suoi pensieri.
 
Entrò in sala, le scarpe bagnate, la treccia che si disfaceva.
 
Gli occhi si puntarono su di lei, che noncurante di tutto e tutti si andò a sedere su una sedia, i prima fila, riservata.
 
«F. Sozzani, Vogue Italia.»
 
Le occhiate indignate e scandalizzate non la scalfivano, ma ad ogni mormorio la sua mascella si serrava sempre più e le pupille si stringevano, lasciando che il nero delle iridi dilagasse. I lampi si riflettevano nel lago di petrolio dei suoi occhi, in sprazzi di luce innaturali, subito inghiottiti dal buio.
 
Una passerella si illuminò.
 
Una voce anonima elencò i nomi di modelli e modelle.
 
Una musichetta irritante accompagnava i passi ritmici e sensuali dei modelli.
 
Osservava tutti con sguardo freddo e impassibile.
 

*

 
In quel momento passava un modello per Versace, il vestito era buono, un poco eccentrico, ma buono.
 
Aveva lo sguardo scuro fisso di fronte a lui, era solo lavoro.
 
Aveva sentito delle voci, prima di entrare.
 
Una ragazzina al posto della zia…Vogue…Inconcepibile…
 
Era curioso, gettò un’occhiata dove di solito sedeva Lei.
 
Due sguardi si scontrarono, infiammandosi e creando lampi di tensione ed elettricità.
 
Poi nulla.
 
Lui proseguì, lei distolse lo sguardo e appuntò mentalmente un'altra menzione positiva per Versace.
 

*

 
Alla fine lei si alzò e se ne andò.
 
Si crearono due ali, il vuoto al centro.
 
Proprio dove stava lei.
 

*

 
Uscita dal palazzo di vetro, lasciatasi dietro di se l’illusione, lo vide di nuovo, fumava.
 
Lui chinò il capo in un gesto impercettibile.
 
Lei piegò il collo, leggermente.
 
Passarono così vicini l’uno all’altra che i loro vestiti strusciarono, sfiorandosi.
 
Inspirarono ognuno l’odore dell’altro.
 
Lui neve e fumo, lei pioggia e freddo.
 
Poi si lasciarono, in silenzio, ma urlando mille parole inutili.
 
Invano.
 
Perché lì iniziava e lì finiva.
 
Tutto.
 
 
 
 
 
 
 
N.d.A.
Non ho voglia di parlare inutilmente, né di scusarmi per aver pubblicato, anche se dovrei farlo.
Non lo farò.
Ho scritto questa storia in pullman, con il sole e mille persone felici vicino –vicinissimo- a me.
Ed è triste.
Se avete letto, grazie.
 
 
eloise
e.d.w.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: eloise de winter