A Yamane. A Nick.
A King.
Vi voglio bene.
Step one you say
we need
to talk
He walks you say "Sit down it's just a talk"
He smiles politely back at you
You stare politely right on through
Stringeva
la lettera tra le mani, il primo
giorno. Quel pezzo di carta era ormai ingiallito, stropicciato e
sbiadito.
L’aveva custodita e riletta almeno dieci volte al giorno, per
più di un mese,
finché non aveva deciso di rispondere.
La
prima volta che era stata nella sua stanza,
aveva stentato a riconoscerlo.
I
capelli erano cresciuti notevolmente e la
poca cura che gli era riservata li rendeva sfibrati e spenti. La barba
ricopriva, ispida, la parte inferiore del volto. Le lentiggini sul
naso,
invece, si alternavano a graffi e cicatrici. Eppure era ancora lui.
Riconoscibile.
La
porta aveva cigolato, il pavimento scricchiolato:
lui non si era voltato.
Erano
rimasti in silenzio per quarantasette
minuti esatti, finché aveva deciso di andarsene.
Molly
Weasley sembrava invecchiata di dieci anni in soli tre mesi: mentre
preparava
nervosamente una cena troppo importante per una famiglia sempre
più invisibile,
era paragonabile a un padre in attesa del sesso del figlio. Solo che
non
c’erano buone notizie per lei.
«Mi
dispiace… Non mi ha nemmeno guardata.»
La
vide accasciarsi su una sedia, una mano tra
i capelli e l’altra a stringere il bordo del tavolo.
«Ti
prego.»
Con
quelle due parole le aveva strappato una
promessa.
Per
più di un mese aveva continuato a far
visita al ragazzo. Gli aveva strappato qualche frase, senza senso, per
lo più,
ma almeno la voce si riabituava a essere utilizzata.
Era
stata l’ultima settimana di Agosto a
vederla scoppiare.
Angelina
Johnson non era una delle persone più
pazienti del mondo. Il suo spirito Grifondoro la rendeva impulsiva e
impetuosa
e l’inattività di quegli incontri la uccideva.
Mancava
anche a lei. Mancava a tutti. Non
aveva però la sfrontatezza di ritenere che per lui fosse la
stessa cosa. Era
diverso.
«George,
dobbiamo parlare.»
Le
labbra del ragazzo si piegarono leggermente
verso l’alto. Sembrava quasi rassegnato e sollevato.
Some sort of
window to
your right
As he goes left and you stay right
Between the lines of fear and blame
And you begin to wonder why you came
«Non
uscirò da questa stanza.»
La
voce era roca. Era senz’altro la frase più
lunga che le avesse rivolto in quei tre mesi.
Si
avvicinò alle imposte sbarrate, come se
fosse stato in grado di vedere cosa ci fosse dietro delle ante rovinate
dal
tempo.
«Non
ho alcuna intenzione di portarti fuori.
Non senza il tuo consenso.»
Le
sembrava di dover attraversare un campo
minato. Ideato da lei. Di aver dimenticato la disposizione delle bombe.
E di
ritrovarsi senza mappa. Con tante persone pronte a seguirla.
«E
allora perché mia madre ti avrebbe
chiamata?», borbottò con tono stanco.
Sospirò.
La domanda più giusta era perché lei
stessa avesse accettato.
Nutriva
forse la speranza di cambiare la
situazione? No.
La
speranza era morta il 2 maggio, insieme ad
altre dozzine di persone.
Iniziava
a credere che fosse un atto puramente
egoistico: aiutare George a superare la morte di Fred, avrebbe aiutato
lei a
superare quello che aveva fatto a entrambi.
«Vuole
solo farti parlare con qualcuno…»,
mosse un passo verso di lui, ma la distanza non diminuì.
George aveva compiuto
lo stesso gesto.
Quando
si voltò a osservarla, non avrebbe mai
creduto di scorgervi tanta ira, in quegli occhi azzurro Weasley.
Where did I go
wrong? I lost a friend
Somewhere along in the bitterness
La
rabbia la fece indietreggiare.
«E
lei? Perché non viene qui e non tenta di parlare lei, con
me?»
Contro
ogni aspettativa, non c’era rancore nella sua voce. Solo
tanta
tristezza. E stanchezza.
«Ah,
giusto. Troppo doloroso guardare questa faccia, così simile
a…
alla sua.»
Si
spezzò. Non solo la sua voce. Tutto quanto. Gli occhi, la
postura.
Tutto. E tutto era così maledettamente
sbagliato.
La
ragazza trovò la forza per affrontare di nuovo quel volto.
Percorse
con sguardo mesto le cicatrici causate da specchi rotti e magia.
«Non
hai capito nulla.»
Scosse
la testa, Angelina. E se ne andò.
Non
guardò la disperazione di Molly, né il dolore di
Arthur.
Erano
due sentimenti che avvertiva già troppo opprimenti dentro di
sé.
Let him know that
you know best
'cause after all you do know best
Try to slip past his
defense
Without
granting innocence
Due
giorni dopo irruppe nella sua stanza come un tornado, pronta
cantargliene di santa ragione.
Lo
trovò rannicchiato sul letto, con la testa nascosta sotto un
lenzuolo sporco di sangue.
Lo
aveva fatto di nuovo.
Sentì
il proprio cuore mancare un battito, mentre le lacrime e la
rabbia montavano in lei.
La
colpa, però, non era di George. Era stata lei a spingerlo a
tanto.
Di nuovo.
Tra
i singhiozzi e i tremori si avvicinò al lenzuolo. La
bacchetta già
pronta a guarire le ennesime ferite su di un volto che non faceva che
aumentare
il dolore di tutti.
George
la fissava. Gli occhi erano così immobili da farla
precipitare
in un momento di deja vù. Le mancò il respiro,
finché non vide quegli occhi
riempirsi di lacrime.
Scoppiarono
entrambi a piangere senza rendersene conto. Le mani che si
stringevano.
«Anche
a me.», sussurrò la ragazza, passando con
delicatezza tre dita
sulla sua fronte e sui suoi occhi.
Una
semplice frase, mai pronunciata, che aleggiava nella stanza.
«Ma
mi manchi anche tu»
Sembrò
un singhiozzo, ma alle orecchie di George arrivò come un
colpo
di frusta.
Lay down a list of
what is wrong
The things you've told him all along
And pray to God he hears you
Lo
sentì tremare e stringerle maggiormente la mano.
«Hai
capito adesso? Hai capito perché non è lei a
parlare con te?»,
continuò la ragazza, smettendo di piangere e asciugando le
lacrime a quel
ragazzo che voleva solo il sostegno della madre. Una madre che non
sopportava
più vedere la sua autodistruzione.
Continuò
a carezzargli il viso appena guarito dalla magia per un tempo
infinito, finché il ragazzo non si addormentò.
Lasciò
la stanza come in trance. Aiutare lui, distruggeva lei.
Le
scappò un sorriso, pensando a quanto il Karma fosse un
bastardo.
Doveva
aspettarselo. Sfruttare le persone non era una buona cosa.
I
veri Grifondoro lo sapevano.
Ma
lei non era stata all’altezza della sua casa.
«Angelina! Hey
Angelina!»
«Cosa vuoi
Fred?»
«Vieni al ballo con
me?»
Aveva alzato lo
sguardo dal suo libro di Trasfigurazione solo per puntarlo in quello di
George.
Il ragazzo non
sembrava particolarmente toccato da quella richiesta. Era solo pronto a
sostenere l’azione del fratello.
Strinse i pugni.
«Certo!»
Molly
l’aveva sempre saputo. Aveva capito subito che non era Fred
che
voleva frequentare.
Quella
donna l’aveva sempre spinta lontana dal figlio e aveva
costretto la ragazza a lasciarlo.
Non
poteva sfruttare la loro somiglianza ancora a lungo, però.
Il
dolore che provava in quel momento, perciò, lo sentiva come
necessario.
Era
necessario che soffrisse per la morte di Fred.
Era
necessario che soffrisse per il dolore della famiglia Weasley.
Ed
era necessario sopportare la sofferenza di George.
He will do one of
two things
He will admit to everything
Or he'll say he's
just not the same
And you'll begin to wonder why you came
Il
giorno dopo esitò.
Rimase
ferma davanti la porta per venti minuti, prima che questa si
aprisse.
George
era sulla porta, ad attenderla.
«Ero
stanco di aspettare.», sussurrò, la voce di nuovo
roca.
La
ragazza entrò con lo sguardo basso. Si accorse solo qualche
istante
dopo della luce solare che proveniva dalla finestra.
George
alzò le spalle e si sedette sul letto. Le mani lasciavano
trasparire una certa ansia, mentre stringevano i pantaloni del pigiama
e le
ginocchia.
«Perché
sei tu a parlare con me, allora?», chiese finalmente.
Angelina
temeva quella domanda più di quanto aveva temuto la propria
morte.
«Era
il tuo ragazzo. Non dovresti voler vedere questo volto almeno
quanto mia madre, o tenderai a sostituire le nostre
immagini.», aggiunse
guardando verso la prateria che circondava la Tana.
La
ragazza si ritrovò a singhiozzare di nuovo. Il petto
sembrava un
buco nero, pronto a rapirle il cuore. E agognava quel momento.
George
la fissò sconcertato.
«È
quello che ho sempre fatto.»
Tentò
di asciugare le lacrime.
Doveva
spiegargli tutto.
Doveva
fargli sapere che se Molly l’aveva chiamata era
perché aveva
sempre saputo; che non aveva detto “Certo” a Fred,
quel giorno; che non poteva
più fingere.
E
glielo disse.
Di
come ogni volta che parlava con Fred cercava di scoprire di
più su
di lui; di come i loro baci diventavano un pretesto per farlo
ingelosire; di
come tutta quella storia non aveva fatto altro che farla stare male.
Il
silenzio che calò la distrusse ulteriormente. E si
sentì libera.
Scappò
da quella stanza un’ultima volta.
Un
“Mi dispiace” appena sussurrato.
Had I known how to
save a life
Alla
Tana non si presentò più. Non si
presentò proprio da nessuna parte
per un paio di settimane.
Il
suo piccolo appartamento nella parte più tranquilla di
Oxford
divenne il suo piccolo rifugio aggiusta-cuore.
Non
aveva più avuto notizie da Molly e ne fu rincuorata.
Non
avrebbe avuto la forza di spiegarle che non poteva più
aiutare suo
figlio, perché era lei che in quel momento necessitava di
essere salvata.
Si
sentì quasi presa in giro dal Karma, quando un giorno
qualcuno bussò
alla sua porta.
Degli
occhi azzurri, un volto pulito e corti capelli rossi
l’aspettavano con un pacchetto di Api Frizzole e di
cioccolata.
«Ora tocca a me salvarti.»
Angolo Autrice
Questa
storia l’ho iniziata mesi fa, ma causa tempo, umore e
impegni scolastici non ho mai potuto terminarla. Finalmente
è giunto il momento
tanto atteso. Spero che questa mia spiegazione sia apprezzata. Non amo
ritenere
Angelina una ragazza che si sposa con il gemello dell’ex
ragazzo solo perché quello
è morto. Non ci sto.
Spero mi farete sapere i vostri pensieri con un commento :D
Baci,
Laleith