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Autore: Aelin_    08/07/2012    4 recensioni
Questa piccola one-shot si svolge molto prima del film, quando Thor e Loki hanno rispettivamente dodici e nove anni.
Dal testo:
Eh si, anche ad Asgard ci sono le spiagge.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki, Thor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Lest We Forget...'
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Eh si, anche ad Asgard ci sono le spiagge.

Non sono come quelle terrestri. Innanzitutto, sono immense. Chilometri e chilometri di distese sconfinate e selvagge di sabbia e rocce, a fare da contorno ad un mare burrascoso, di un blu profondo, con le onde orlate da increspature di schiuma. Inoltre, in mezzo alla sabbia vi sono tante piccole particelle di materiali diversi, come l’oro, l’argento, il diamante, il topazio, lo smeraldo, l’ametista, l’acquamarina…

Prese singolarmente, erano impercettibili ad occhio nudo, ma unite insieme, sotto i raggi brillanti del sole, rivelavano tutta la loro magnificenza. Intere distese di granelli luccicanti e multicolori, che da ogni angolazione cambiavano totalmente sfumatura. Insomma, in spiaggia non c’era nessuno che si annoiava.

Eccetto uno.

Un bambino di circa nove anni era seduto all’ombra di un alberello, in costume.

La pelle pallida risaltava in mezzo a quell’oscurità, che attorno ad essa sembrava farsi più densa, più consistente, come se ci fosse un qualche mostro nascosto nel buio. I capelli neri, sciolti e lisci, scivolavano lungo l’elegante contorno del viso, superavano le spalle e terminavano la loro corsa sul petto bianco, regolare e senza imperfezioni. Il ragazzino era seduto a gambe incrociate su un masso, con le mani abbandonate in grembo e la testa piegata in avanti. L’unica nota di colore visibile era il verde foresta del suo costume.
Gli occhi verdi erano chiusi, sofferenti, e Loki si sarebbe tappato anche le orecchie, per non sentire le risate divertite di suo fratello e dei suoi amici, poco lontani. Ma lui era un principe, non poteva permettersi di sembrare debole. Quindi scacciò le lacrime che avevano cominciato a raggrupparsi ai bordi delle sue palpebre e calmò la propria mente, ripetendo la lezione di storia che aveva appreso quella mattina.

Non riusciva a concentrarsi, però.

La voglia di andare a giocare era troppo forte. Voleva alzarsi, scostarsi dal viso quei capelli neri e mettersi a correre, buttarsi in acqua, tentare di affogare suo fratello Thor, dare una bella lezione a quella sbruffona di Sif…
Sapeva che non l’avrebbe mai fatto. Divertirsi con gli altri, s’intende. Quei quattro lo disgustavano, erano talmente tronfi che non sarebbe stato sorpreso se, ad una cena, guardando nei piatti, avesse visto loro invece dei tacchini. Inoltre, lo evitavano. Non che gli importasse, ma la solitudine lo rattristava. Perché lo portava inevitabilmente ad immergersi nelle grandi domande che da anni popolavano la sua mente.

Perché tutti lo evitavano?

Perché non lo trattavano come Thor?

Perché lui era l’unico in tutta Asgard con la pelle chiara e i capelli scuri?

Non era mai riuscito a darsi delle risposte, e questo lo irritava.
L’unica volta che l’aveva chiesto a Frigga, sua madre, lei si era rabbuiata e gli aveva detto di non dire sciocchezze, che era tutto nella sua testa, che non era vero niente e che lui era pari merito con suo fratello.

Altre bugie.

Aveva imparato ormai da tempo a distinguerle, e aveva anche scoperto che era molto bravo a capire le persone, a prevedere i loro comportamenti, ad ingannarle e ad usarle per i propri scopi. L’aveva fatto con le guardie che controllavano alcune sale a palazzo, durante i suoi giochi.
Tutto ciò un po’ lo spaventava. Lui non voleva essere cattivo, ma ogni volta che faceva queste cose che lui sapeva essere sbagliate, sentiva una sorta di maligna soddisfazione in fondo all’anima. Insieme alle arti magiche che ogni giorno affinava e apprendeva, si rendeva conto lui stesso che non avrebbero portato nulla di buono.

Tante volte si era ritirato nella sua stanza, piangente, perché una parte di lui, dopo uno scherno, o un insulto, gli aveva quasi imposto, di agire, fare del male, con una vocina nella testa che gli diceva tu sei cattivo, devi assecondare la tua indole, uccidi, ferisci, falli implorare.

Nessuno l’aveva scoperto.

Nessuno tranne Thor.

Non avrebbe voluto dirglielo, ma il fratello l’aveva visto in lacrime una volta, nascosto in un angolo di un corridoio, protetto alla vista di un arazzo, e non si era tolto dai piedi fino a quando Loki gli aveva confessato tutto. Le sue paure. I suoi timori. La voglia di fare cose sbagliate che si impossessava di lui.

E Thor non era scappato via inorridito, come si era aspettato. No, lui si era seduto accanto al fratello minore e l’aveva stretto forte al petto, sussurrandogli all’orecchio che non gli avrebbe mai permesso di fare del male, perché sarebbe riuscito a fermarlo, perché lui era suo fratello e lo amava, e non gli avrebbe mai permesso di perdere se stesso.

E in quel momento Loki si era sentito al sicuro, amato. Al caldo.

Come non si sentiva in quel momento. Sentiva freddo, non quello dettato dal clima, ma quello che ti avvolge il cuore quando hai un momento di sconforto, quel freddo gelido che ti fa dubitare di essere importante per qualcuno.
Il principino guardava con occhi colmi di risentimento il fratello maggiore che, ridendo, si tuffava nella sabbia per agguantare ora Sif, ora Volstagg. I capelli biondi rilucevano alla luce del sole, quasi avvolgendogli il capo in una sorta di aureola, gli occhi azzurri vivaci e brillanti, la pelle abbronzata e tonica.

Thor aveva dodici anni, ed era talmente bello che Loki avvertiva un pugno allo stomaco, ogni volta che lo guardava. Con malinconia e dolore, vedeva l’altro sorridere alla bella Sif, sua amica da sempre, con i bei capelli neri raccolti in una treccia. Erano fatti per stare insieme, se ne rendeva conto pure lui, e la morsa allo stomaco gli diceva che no, Thor non avrebbe mai scelto Loki, avrebbe scelto sempre lei.

Il ragazzino allungò una mano a prendere un bastoncino, accanto a lui, ma quando la sua mano incontrò la luce del sole la ritirò di scatto, con un sibilo. Non gli faceva male, non fisicamente, ma la sensazione del calore sulla pelle, soprattutto quello della luce, gli dava fastidio. Sentiva un formicolio percuoterlo sotto la cute, e migliaia di aghi punzecchiarlo, come se i muscoli gli si fossero addormentati. Da piccolo non ci faceva caso, ma crescendo la cosa si era acuita, portandolo poi a rinchiudersi, letteralmente, nelle biblioteche e nelle proprie camere. Thor qualche volta gli faceva compagnia, osservando da dietro di lui le illustrazioni che talvolta recavano i libri che il fratello leggeva o pulendo qualche arma, in assoluto silenzio. Oppure, quando erano nella stanza di Loki ed era particolarmente stanco, si appisolava sul suo letto. E a quel punto il fratellino cessava immediatamente di fare quello che stava facendo, e restava ad ammirarlo, immobile, anche per ore.

A volte Thor restava a dormire da lui, e in quelle occasioni Loki si rendeva conto di reagire in modo strano alla sua presenza. Se la luce del sole e il calore in generale gli davano fastidio, avvolto nelle braccia del fratello avrebbe voluto addormentarsi e non svegliarsi mai più, restare stretto a quel petto e ascoltare per sempre il suono lento e regolare del suo cuore, mentre nel proprio stomaco le farfalle facevano a gara per farlo arrossire.

Gli sfuggì un sospiro, e, sentendo il piccolo suono che lui stesso aveva emesso, si riscosse, stringendo le labbra. Si era di nuovo perso nei pensieri. Osservò il sole che, a momenti, sarebbe sceso sul mare, deviando i suoi raggi e cedendo il passo alla sera e poi alla notte. Occhieggiò l’altura alla sua sinistra.

Appena comincerà il tramonto, andrò là sopra a guardarlo, pensò, passandosi una mano tra i capelli.
 
 
 









Thor si piegò sulle ginocchia, respirando velocemente, affannato. Scoccò un’occhiata irritata a Sif che, attorno a lui, continuava a correre, sorridendogli e urlandogli che no, non l’avrebbe presa. Era stanco, tutta la giornata non si era fermato un secondo. Però, ora che il sole era ormai all’orizzonte e il cielo sfumava nelle tenui tinte del tramonto, sperava di avere un po’ di pace.

Un pensiero gli attraversò la mente. Dov’era Loki? Erano ormai ore che non lo vedeva. Sentì una fitta di senso di colpa stringergli il petto. L’aveva lasciato solo, chissà dove, e si era divertito senza pensare di includerlo nei propri giochi. A volte era combattuto, doveva sdoppiarsi, stare con i suoi amici e al tempo stesso passare abbastanza tempo con suo fratello, ma sperava che nessuno gli avrebbe mai chiesto di scegliere tra le due cose. Perché sapeva che, sempre, in ogni momento, avrebbe scelto Loki. Non immaginava la propria vita senza di lui. Perché era così fragile, così tenace, eppure così denso di oscurità, così intrigante… Se non fosse stato suo fratello, se ne sarebbe già innamorato.
Pensandoci, qualcosa nel suo stomaco si agitò irrequieta. Decise di non rifletterci troppo su. Doveva prima trovarlo.

Alzando lo sguardo verso il cielo, per ammirare le tinte rosate e arancioni, che sfumavano poi nel nero della notte, notò una figura che, in controluce, sedeva su un’altura alla sua sinistra. Le gambe incrociate, la schiena dritta, la pelle pallida, debolmente illuminata dai raggi morenti del sole, i capelli neri scossi da una leggera brezza marina, la dolce curva della gola, i lineamenti eleganti, gli occhi verdi socchiusi, come quelli di un gatto…

Loki.
 
 
 







Thor sapeva che il fratello aveva percepito la sua presenza, ma, per qualche motivo, non gli rivolgeva la parola e continuava, ostinatamente, a dargli le spalle e ad osservare con sguardo perso nel vuoto la sottile linea dell’orizzonte.

-          Loki? – lo chiamò, sedendosi accanto a lui.

Nessuna risposta. Thor decise di riprovare.

-          A quanto pare, la luce del tramonto non ti da così fastidio, visto che sei totalmente esposto… - considerò, osservando i giochi di luce sulla sua pelle pallida.

Ancora il silenzio. Il ragazzo fece un sospiro e accarezzò piano una ciocca di capelli corvini del fratello, che sembrò irrigidirsi.

-          Loki, mi dici cosa c’è? –
-          Perché non ti prendi uno di loro come fratello? – la sua voce era tremante.
-          Cosa? –
-          Uno di loro. – indico con la mano pallida i tre suoi amici che ancora giocavano tra le dune.
-          Perché dici così? –
-          Sarebbe meglio per te. Avere un fratello con cui giocare nella sabbia, alla luce del sole, senza preoccuparti che si possa scottare, o sentirsi male. –

Thor aggrottò la fronte, poi afferrò Loki per un braccio e lo costrinse a voltarsi. Era arrabbiato, voleva incavolarsi con lui, fargli una bella sfuriata, dirgli quanto era infantile a fare discorsi del genere.

La sua ira evaporò come neve al sole quando vide la gelosia e il dolore nei suoi occhi verdi. Il suo sguardo si addolcì e cercò le parole adatte.

-          Non vorrei nessun’altro come fratello. Volstagg, Sif… sono miei amici, gli voglio bene, ma non è niente rispetto a ciò che sento per te. E non per il legame di sangue che abbiamo. Semplicemente perché sei come sei, con i tuoi “difetti”, come li chiami tu, che per me sono fantastici e unici. –
-          Da-davvero? –
-          Si, sciocchino. –

Thor abbracciò stretto il fratellino, stringendolo al petto, mentre il sole scompariva definitivamente all’orizzonte.
 


Loki, con la guancia premuta contro il cuore del fratello, chiuse gli occhi, sentendosi amato. E comprese che, per lui, stare tra le braccia di Thor era diventato sinonimo di casa.
 
 
 















Angolo autrice:
Hola a tutte le persone che sono arrivate fino a qui!

Se state leggendo questa piccola nota conclusiva, allora devo ringraziarvi, perché vuol dire che vi siete sorbiti\e tutte le baggianate scritte sopra. E vorrei sapere cosa ne pensate :\

Essendo io di natura molto insicura, sono tentatissima di cancellare tutto e subito, ma, visto che sta cosa mi è venuta di getto e, lo ammetto, mi ha sciolto il cuore, penso proprio che non lo farò.

Ho voluto solo dimostrare il grande amore fraterno tra Thor e Loki, tutto qui. Ok, in alcune parti può sembrare molto di più del semplice affetto che unisce due fratelli, ma, ahimè, ho da poco cominciato ad adorare il Thorki e non me lo posso più togliere dalla testa, perché, a mio parere, quei due sono fatti per stare INSIEME.
Ma può anche non piacere, quindi ho cercato di arginare lo slash che il mio cervello produce in continuazione, manco fosse qualche tipo di endorfina.

Detto questo, vado a dormire perché sono stanca morta .O.
 

Baci,

Aelin.











 
 
   
 
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