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Autore: Chambertin    08/07/2012    2 recensioni
● || AU!Distopia || ●
[AVVISO: la storia al momento è sospesa fino a data da decidere (?)]
L’ho detto a De Jeiro è la natura che comanda gli uomini, viviamo in funzione di essa, se lei decide di ucciderci, possiamo scappare quanto vuoi ma ci uccide; se vuole che sopravviviamo ci fornisce i mezzi necessari per salvarci. Eppure è anche vero che a De Jeiro gli uomini sono comandati da altri uomini, e pure se la natura decide di salvarti ma un uomo decide che devi morire, muori lo stesso.
Così vanno le cose a De Jeiro.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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powerhouse.
she is a rock, he is a asshole # yanel

 
La prima cosa che vidi fu un soffitto diroccato. Dove mi trovavo?
Poggiai una mano a terra e oltre alla polvere, sentii anche un leggero prurito. Tastai ancora più in là e trovai un lembo di tessuto. È vero, ora ricordavo: la Quinta Epidemia.
Richiusi gli occhi e mi girai su un fianco, portandomi sulle spalle il cappotto che per tutta la notte era stato come una coperta.
Avevo negli occhi ancora quelle immagini strazianti, di quelle persone – uomini, donne, bambini, anziani, era indifferente – che per la follia provocata da quei gas erano morte. Cataste di cadaveri ai bordi delle strade, e militari con maschere antigas che uccidevano chi ne fosse infetto.
Di fianco a me Kat si rigirò nel sonno, mettendomi un braccio sopra per sentire la mia presenza. Alzai leggermente la testa per guardarmi intorno e dall’altra parte dell’edificio, verso nord, notai la ragazza e il ragazzo di ieri intenti a improvvisare un fuoco per cucinare.
Decisi di alzarmi, facendo scivolare sulla mia schiena il braccio di Kat che dormiva ancora beatamente.
Il ragazzo era seduto su un pezzo di muro crollato chissà quanto tempo prima, la ragazza invece a gambe incrociate che faticava ad usare due pietre per accendere il fuoco.
Serve aiuto? chiesi avvicinandomi ancora e i due mi guardarono in silenzio. Se si parlavano voleva dire o che si conoscevano da prima oppure che avevano stretto amicizia durante la notte, e allora perché con me non fiatavano?
La ragazza fece correre lo sguardo fra me e l’altro, poi si alzò e mi porse le pietre.
Come si accendeva un fuoco con due pietre, non lo sapevo neanch’io, così improvvisai leggermente sotto pressione per via degli sguardi dei due.
Non riesco a concentrarmi, dissi, se mi fissate così.
Poi da dietro mi sentii tirare la maglietta e Kat mi fece cenno di passargli le pietre.
Kat non parlava, non ha mai parlato da quando lo conoscevo, e lo conoscevo da molto tempo; era leggermente più piccolo di me, con gli occhi scuri e i capelli castano chiaro, tendente al rossiccio, non come i miei, rossi.
In un batter d’occhio si abbassò al livello della legna e con due colpi sulle pietre creò delle scintille che andarono subito ad appiccare il fuocherello.
Bravo, pensai. Poi se ne tornò al suo giaciglio e cominciò a contemplare le crepe.
La ragazza poco dopo mi disse di chiamarsi Yanel e che l’altro era Andrè.
Andrè e Yanel si conoscevano da tempo anche se non sapevano granché l’uno dell’altro, per via del lavoro del padre di lui. Essendo un dipendente della valle, ogni tot di tempo lo mandavano in città per dei controlli e un periodo di riposo, poi di nuovo dopo la chiamata del capo, si tornava giù.
Ascoltai le parole di Yanel poi le dissi che io mi chiamo Alisia e mio fratello, Kat. Spiegai che Kat soffre di mutismo dovuto agli shock vissuti in città, dai deliranti nelle scuole ai flagellanti per le strade. Anche per quello i nostri genitori ci mandarono via, su in cima alle montagne, dove è solo la natura che comanda gli uomini.
Secondo te, torneremo mai a casa? chiese Yanel e il ragazzo in uno scatto di rabbia si alzò da dove si era nuovamente seduto e le urlò contro che era tutto finito, che questa volta l’epidemia avrebbe ucciso tutti tranne forse noi quattro, perché era dispersiva e non sussultoria. Ma questi termini non si usavano per i terremoti? pensai ma sapendo che il padre di Andrè lavorava nel settore, forse sapeva di che parlava.
Yanel invece era frutto di un rapporto incestuoso fra sua madre e suo padre, fatti sposare per mantenere la razza. Per fortuna, mi disse, non ebbe altri fratelli, solo una sorella, Erel, morta durante la Quarta Epidemia, otto anni prima, altrimenti sarebbe toccata anche a lei la stessa fine dei genitori.
Aveva lunghi capelli neri raccolti alla bell’e meglio in una treccia che le ricadeva su una spalla dove teneva, abbassato, l’Hijab; mentre Andrè era biondo leggermente arruffato, con gli occhi verdi e profonde occhiaie.
Kat mi si avvicinò nuovamente e tirandomi per la maglietta mi portò verso una finestra, indicando una polla d’acqua dove si abbeverava un lupo dal manto bianco a chiazze grigie. Quando alzò lo sguardo notai che aveva un occhio azzurro e uno giallo. Era un esemplare splendido, anche se oramai quei boschi ne erano pieni.
In paese c’era una credenza popolare, che per me è una sciocchezza, e dice che quando una persona affetta dalla Sindrome della Valle, muore fra agonie e supplizi, la natura decida di farlo rinascere lupo, in modo da non esserne nuovamente affetto e vivere una vita pura come quella che non ha potuto avere.
Io credo piuttosto che siccome sui monti l’aria è pulita e nessuno pensa più ad uccidere gli animali perché più preoccupati a salvare loro stessi, i lupi abbiano finalmente trovato pace alle battute di caccia.
Yanel disse di andare a prendere qualcosa da mangiare. Sì, ma cosa? Bacche e radici? La salutai con un cenno della mano e un mezzo sorriso. Speriamo bene, pensai.
Andrè era ancora seduto lì, col broncio, che con un bastone disegnava nella polvere a terra per poi cercare di tenere il fuoco acceso. Doveva morire di caldo fra il calore del fuocherello e la temperatura estiva. Da fuori si sentivano le cicale frinire e come sempre pensai che fosse un suono meraviglioso, rilassante, specialmente se ti sdrai sotto un albero.
Ma perché restavamo dentro quella centrale elettrica? Fuori potevamo uscire, eppure era come se ci sentissimo più sicuri lì dentro. Al riparo da chissà quali pericoli.
Dopo una decina di minuti passati in silenzio, a giocare a morra cinese con Kat, Yanel tornò con in grembo sia nuova legna da ardere – visto che non faceva già troppo caldo, panni imbevuti di acqua fredda del ruscello qua sotto, e frutti vari, dei quali non sapevo neanche il nome.
Due li cucinammo e altri tre li mangiammo a crudo e bevemmo un po’ di acqua fresca.
Notai solo dopo che Yanel aveva un graffio anche abbastanza vistoso che le partiva dalla tempia fino alla guancia.
Cos’è successo? le chiesi immediatamente porgendole un panno umido per tamponarsi il sangue.
Oh, non me ne sono accorta, devo essermi graffiata con i rami, rispose lei sorridendo.
La notte giunse di nuovo e dopo aver messo Kat a letto, mi sedetti vicino agli altri due per capire cos’avremmo fatto, dato che eravamo insieme.
Nessuno rispose, forse perché non lo sapevano neanche loro. Ma sono sicura che Andrè sa più di quel che vuol far sembrare riguardo alle valli.
Buona notte.
   
 
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