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Autore: baby dark    23/01/2007    10 recensioni
Guardando ogni emozione …
nel mio stupido gioco d’amore
in questo oceano senza fine
gli innamorati non conosco vergogna,
girando e rigirando
in qualche posto segreto dentro al cuore
guardando al rallentatore
che tu ti volti e dici
toglimi il respiro
toglimi il respiro
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Un inutile pezzo di ghiaccio”

Toglimi il respiro

 

Watching every motion
In my foolish lover's game
On this endless ocean
Finally lovers know no shame
Turning and returning
To some secret place inside
Watching in slow motion
As you turn around and say

Take my breath away
Take my breath away

Watching I keep waiting
Still anticipating love
Never hesitating
To become the fated ones
Turning and returning
To some secret place to hide
Watching in slow motion
As you turn to me and say

Take my breath away
Take my breath away

Guardando ogni emozione
nel mio stupido gioco d’amore
in questo oceano senza fine
gli innamorati non conosco vergogna
girando e rigirando
in qualche posto segreto dentro al cuore
guardando al rallentatore
che tu ti volti e dici

toglimi il respiro
toglimi il respiro

Guardando continuo ad aspettare
Anticipando ancora l’amore
esitando mai
per diventare il tuo destino
girando e rigirando
in qualche posto segreto dentro al cuore
guardando al rallentatore
che tu ti giri e dici

toglimi il respiro
toglimi il respiro


 

 

“Un inutile pezzo di ghiaccio”. Ecco ciò che sono. Solo un semplice e, ugualmente inutile pezzo di ghiaccio. Inerme, qui. Riverso sul mio letto. Solo le lenzuola sembrano voler accogliermi tra di loro. Le sento, mosse a scatti dal mio corpo che irrequieto si muove. Senza prendere pace. Senza trovare un barlume di tranquillità. Potrei alzarmi. Camminare nervoso su e giù per la stanza. Potrei uscire. Fare due passi e chissà, schiarire le idee. Potrei prendere a calci tutto. E perché no? Non sarebbe un cattiva idea dopotutto. Potrei schiaffeggiarmi. Si. Potrei fare molte cose. Le penso. Dentro la mia testa mi vedo mentre, come diapositive di una vecchia pellicola in bianco e nero, do corpo a queste mie farneticazioni. Ma dopotutto, come io stesso ammetto, sono solo farneticazioni. Solo vaneggi di un povero masochista. Non ho la forza di fare nulla. Neanche di aprire la bocca e respirare. Perché questi pensieri, ma ancora di più, queste emozioni, che come squali affamati, si aggirano minacciosi nella mia mente, lentamente, cadono. Macigni, dal peso incommensurabile si abbattono sulle mie membra, ma dall’interno.

So benissimo che qualunque cosa io faccia sarà comunque sbagliata. O che perlomeno non cambierà nulla. Qualunque dannata cosa io faccia sarà inutile. Le carte rimarranno sempre e solo quelle e il gioco non cambierà. Non agevolerò nessuno. Neanche me stesso.

E mi fa male persino pensare a tutto questo. Perché la cosa più devastante, in qualunque forma la si vuole intendere, è la consapevolezza. L’amara rassegnazione che ci impedisce di sognare, di sperare. Annulla ogni margine di miglioramento.

È la consapevolezza, quella maledetta colla che adesso mi tiene su questo letto. Così, incapace di agire, o di ponderare delle soluzioni.

Riesco soltanto a girare il volto verso la finestra. E proprio qui davanti a me, leggermente più alta rispetto alle colline che si frastagliano alle spalle della città, la luna. Perfetta. Quasi i suoi crateri avessero stabilito la posizione da prendere per darmi l’impressione di star sorridendo.  È lì che, anche lei,  sembra prendersi gioco di me.

 

-Guarda Ryan. Hai visto che luna stupenda questa notte.-

Non risposi rimasi semplicemente muto. Voltato senza alcuna traccia di timore di essere scoperto da lei, a fissarla. Estasiato. Completamente rapito, incantato dai suoi lineamenti, così dolci, teneri, pieni di allegria,illuminati nella loro straordinaria semplicità. In ogni angolo di quel viso scorgevo frammenti di un qualcosa di pericolosamente inarrivabile lontana mille miglia da me. L’aspetto di una creatura divina, coronata dallo stupore che solo le quotidiane meraviglie della natura ti possono dare.

-         assomiglia ad uno spicchio di mandarino- disse, per poi voltarsi verso di me, in attesa di una mia reazione. Mi limitai a rimettermi sul viso la mia solita espressione austera e distaccata.

-         I mandarini quando ero piccolo non mi piacevano. Li buttavo addosso a Kyle …-  feci guardando a mia volta quel semicerchio dalla perfezione quasi  innaturale.

Sentii il suo sguardo su di me, ma non mi voltai. Se l’avessi fatto probabilmente i suoi occhi mi avrebbero soggiogato ancora come il canto delle sirene,e non sarei stato più padrone delle mie azioni. Sapevo che ogni qualvolta i nostri sguardi si incontravano tutte le mie certezze, tutte le mille maschere e tutti i muri, posti davanti al mio cuore, cadevano. Si scioglievano come neve al sole. Lasciandomi del tutto scoperto. Impotente e indifeso davanti alla sua persona.

Il fragore delle sue risate mi riportò sulla terrazza. Costringendomi a voltarmi. Rideva come solo lei sa fare. Come una bambina. Ingenua. Senza pensare neanche minimamente al trattenersi. Così, spontanea e vera. Bastarono  pochi istanti perché senza rendermene conto, avesse contagiato anche me, strappandomi dalle tenebre del mio animo.

 

Cerco di richiudere quel ricordo in un cassetto. In un qualsiasi ripostiglio della mia mente ormai satura di Ichigo che ride, di Ichigo che piange, di Ichigo che gioisce, di Ichigo arrabbiata, di ichigo triste e di Ichigo che timidamente arrossisce.

Un grido silenzioso, si leva. Una preghiera della mia anima che solo io posso cogliere. Mi supplica gentilmente di non pensare più a lei.

E già. Sarebbe stato tutto più facile terminare lì quel sentimento devastante che di punto in bianco, senza neanche prendersi la briga di avvisarmi, mi ha attagliato. Sarebbe stato addirittura più semplice sfogare il tutto quando era ancora fresco. Magari farmela senza pensarci troppo, senza rispetto. Certo avrei potuto farlo. Ma alla fine cosa mi sarebbe rimasto. Cosa mi sarebbe valso. Forse non saremmo arrivati a questo punto morto. Forse non avrei imboccato questo vicolo cieco, forse il senso unico del mio amore non sarebbe mai stato presente. Ma  purtroppo questo non lo saprò mai.

So solo che adesso ho paura. Una fottuta paura di rimanere per sempre qui, solo. Ho il terrore di non amare. Ma ancora di più il timore di non poter essere amato.

Io non voglio una ragazza qualsiasi. Io voglio lei. Voglio solo lei. E nessun’altra.

Voglio sapere cosa si prova stando tra le sue braccia. Voglio sapere cosa si prova sfiorando le sue labbra. Voglio perdermi nel profumo delle sua pelle. Venire dolcemente ingoiato tra i suoi capelli. E voglio provare la sensazione di sentire il suo respiro su di me. Dolce. Voglio le sue dita posarsi sul mio volto. E il suo sorriso per nessun altro, all’infuori di me.

 

Lei entra  raggiante  nel locale. Sorride tra se e se osservando il pavimento ancora bagnato. Si guarda intorno non vede nessuno e il suo sorriso si fa ancora più largo e si toglie le scarpe.  Scivola delicatamente sul pavimento e gioca, come se fosse una bambina, a pattinare con le calze. Compiendo piccoli zig zag intono ai tavoli. Rimango nascosto dietro al muro della cucina, ad osservare i suoi movimenti, agili, a tratti veloci  per poi passare al lento. Delicata. Fresca, come un fiore di montagna che nasce e cresce tra la neve. Sentendo dentro il mio amore crescere sempre di più ad ogni suo movimento, anche il più semplice. Del tutto estasiato.

Poi la voce di Retasu, come una sveglia, mi costringe a distogliere lo sguardo e a rintanarmi ancora di più nell’incavo della parete. Appoggio la schiena e attendo che entrambe se ne vadano per poter uscire, altrimenti dovrei dare troppe spiegazioni e non mi va assolutamente.

Senza volerlo, compiendo la cosa che più odio al mondo: origliare, colgo le loro parole, come se l’aria fungesse da postino e volesse recapitarle proprio al sottoscritto.

-         vado subito a cambiarmi- fa la voce di Ichigo più alta e euforica del solito

-         ma che hai?- chiede curiosa Retasu.

-         Io? Assolutamente nulla- cerca di deviare Ichigo con un tono che già fa intendere che al contrario è accaduto qualcosa di grosso. Figuriamoci se non lo capisce Retasu che le è di fronte e la sta fissando negli occhi. 

-         Se! Vallo a raccontare a qualcun altro! Su, spara e sbrigati che se ci beccano che non siamo ancora pronte…-

-         E che stiamo sotto dittatura?! Comunque…- il tono di Ichigo si fa più basso- guarda qui…-

-         Un…un..anello?- fa Retasu senza credere a quello che le sta mostrano Ichigo.

Soggiogato dalla curiosità mi sporgo e riesco a vedere le dita di Ichigo sventolate davanti al naso di una Retasu del tutto sbalordita. È un anello alquanto modesto per i miei gusti. Semplice. Mi ci soffermo un po’. E proprio quando lentamente la spiegazione di tutto quello si fa largo nella mia mente, Retasu, che come posizione è l’unica in grado di potermi vedere, alza lo sguardo dall’anello di Ichigo. Posandosi, su di me. Per un momento ci fissiamo. Poi le mi sorride.

- Ryo…vieni qui. Guarda!- mi invita.

Con il mio solito passo da chi ha di meglio da fare che stare lì a guardare un banale articolo da bigiotteria, le raggiungo.

Il mio sguardo va rapido dall’anello a Ichigo che non alza neanche la testa tanto è catturata da quell’oggettino sul suo anulare. Così ritorno a fissare l’anello. È una fedina.

-         me l’ha regalato Mark, ieri era un anno che stiamo insieme- afferma  orgogliosa, con un tono a tratti quasi nostalgico guardandomi.

Si aspetta che io le dica qualcosa. Ma la deludo. Non fiato. Non ne ho la forza. Una rabbia scaturita dal nulla, in appena una frazione di secondo mi impedisce qualsiasi movimento, qualsiasi pensiero o gesto. Evidentemente Ichigo coglie nei miei occhi un “ non me ne importa un tubo, ne di te, ne del tuo fidanzato, ne di questo stupido anello”. E sinceramente non voglio che intenda qualcos’altro. Mi va bene così. Ma la sua gioia per quel gesto di Mark è così grande che vuole che anche io sia felice per lei. Così, in un disperato tentativo di farmi capire quanto sia importante, semplicemente mi sorride. Un sorriso luminoso, che fa risplendere il suo volto di luce propria, facendo cadere invece me , nel buio che ti si forma ogni volta che perdi qualcosa di importante, un buio che ti da la certezza di aver fallito, sempre e comunque su tutti i fronti.

Vorrei urlare. Vorrei strapparle quell’insulso anello e buttarlo nel water tirando lo sciacquone. Vorrei baciarla, per farle capire che mai nessuno potrà amarla come la amo io. Ma da bravo amico mi limito ad abbozzare un sorriso. E senza proferire parola le volto le spalle, correndo più che posso lontano da lei. Via. Senza guardarmi indietro. Senza accogliere la sua voce che mi chiama.

È tutto inutile se portavi quell’anello. Posso solo scappare. Fuggire. L’ho fatto altre volte. Chi dice che questa sarà diversa?  Mi muovo velocemente. Come  se l’aria che correndo sollevo, avesse il potere di gettarmi tutto alle spalle, perché io non ce l’ho…

 

Sbatto con violenza un pugno sul materasso. Ripetendo lo stesso gesto più e più volte. Cadendo così in una routine di sfogo. Non riuscendo più a fermarmi, cominciando ad accompagnare i colpi a dei “perché”, urlati, che straziavano la tranquillità in cui mi trovo. Non mi aspetto una risposta. Non mi aspetto nulla da nessuno ormai da molto tempo. Solo uno sfogo. Unici specchi della mia rabbia.

E più urlo, così solo, senza qualcuno che mi fermi, più il presagio di scivolare lentamente ma inesorabilmente nell’oblio della disperazione si libera del suo velo, diventando così un’amara certezza, mentre già avverto la malinconia  prenotarsi come mia compagna di cella.

Lentamente il sogno mi abbraccia. Attanagliando ogni mia fibra. Intorpidendo ogni cosa. Non riesco ad oppormi a questa stanchezza, che mi induce in tentazione da ormai tre notti passate insonni. Mi abbandono lentamente, affondando il viso nel cuscino.

 

Vengo svegliato all’improvviso da qualcosa che mi percorre il viso. Calda. Un qualcosa che trema. Ha paura. Ma non accenna a smettere. Percepsco il suo timore e tutta la timidezza che infonde nel suo tocco quasi impercettibile tanto delicato. Sembra che la seta avesse preso corpo e consistenza e mi stesse lusingando di una sua carezza.

A questo punto sono sveglio. Ma non oso aprire gli occhi. Non so se ciò potrebbe far sfuggire quell’angelo che evidentemente era accorso in mio aiuto, certo, un po’ in ritardo, ma era arrivato. Quindi, mi limito a non dare segno di essermi destato. Non muovo un muscolo e cerco di ridurre il respiro al minimo indispensabile. 

Poi però la curiosità, come sempre, ha deciso prepotentemente di fare il suo ingresso in scena. E non resisto. Senza il minimo preavviso schiudo di scatto le palpebre. Ichigo.

Arretra. L’ho spaventata. Semplicemente guardandola capisco che qualcosa non va. Ha gli occhi rossi. Ha pianto. Il suo volto è piegato in una espressione spaesata.

Mi guarda. Si recupera dallo spavento e cerca di sorridermi. Pessimo tentativo. Solo una piccola smorfia, neanche lontana parente di un sorriso ne è il risultato. Lentamente, all’inizio esitando un paio di volte compiendo qualche scatto a vuoto, si dirige verso di me.  Io non penso neanche a cambiare posizione tanto sono preso da lei. Quindi rimango sdraiato mentre lei con gli occhi mi chiede se può sedersi accanto a me. Solo allora, dopo averle fatto cenno di si con il capo, alzo lentamente il busto.

Non proferisce parola. Sembra in trance. Seduta fissa il vuoto. Sembra che dentro di lei si scoppiata una battaglia tra ciò che vorrebbe fare e le conseguenze relative.

Senza rendermene conto, dando libero sfogo alla voglia irrefrenabile di aiutala, le metto il braccio sulla spalla, accarezzandogliela. Me ne rendo conto. Arrossisco dall’imbarazzo e ringrazio le tenebre di annullare i colori. Rialzo il braccio, ma subito lei me lo blocca. Accarezzandomi la mano. Si volta. Posso specchiarmi nel nocciola immenso delle sue iridi. Mi perdo ma non voglio uscirne. Mi sorride. Questa volta rendendolo un po’ più sincero, quasi volesse consolare lei me.

Non so cosa fare. Pur sentendo impellente il suo bisogno di essere aiutata.

E senza smorzare il sorriso, due lacrime le solcano il viso, senza chiederle il permesso. Lei ne è stupita quanto me e cerca di raccoglierle. La conosco. Adesso pregherà che io non le abbia viste. Ma il suo tentativo è vano. Subito altre due lacrime prendono il posto delle precedenti. E ancora. A quel punto non può fare nulla a parte lasciarsi andare. Si arrende e appoggiandosi sulla mia spalla, affondando il suo viso nell’incavo del mio collo, piange. Sento i singhiozzi che come un effetto eco, mi rimbombano nelle membra. Socchiudo gli occhi senza proferire le parola.  La lascio sfogare.

Non so quanto trascorre. Ma quando le sue lacrime non bagnano più la mia   t-shirt e io riapro gli occhi, il sole, quasi pauroso, sentendosi in netta inferiorità rispetto alla stupenda luna della quale si accinge a prendere il posto, fa capolino dalle colline in fondo alla valle, ma le tenebre sembrano non voler abbandonare questo mondo. Persistono.

Ichigo lentamente solleva il capo. I suoi occhi sono rossi di sangue, gonfi. In un’occasione diversa comincerei a prenderla in giro dicendole che è abominevole, ma non oggi. Ha bisogno di me.

-         scusa se sono piombata qui nel cuore della notte…-  si giustifica.

-         Non ti devi assolutamente preoccupare.- la interrompo.

-         Ma io…- continua

-         Ti dico che non c’è nessun problema.- la anticipo. Mi sorride. io cerco di risponderle ma come il sole novizio, il mio è in netta inferiorità rispetto al suo.

Si volta. Perdendosi con lo sguardo nel paesaggio al di là della finestra, dove si può notare la natura del parco  che lentamente comincia a destarsi.

-         Ieri sera sono uscita. Ho camminato per non so quanto. Avevo bisogno di parlare con qualcuno e senza accorgermene sono arrivata qui…- le sue frasi sono scollegate. Senza alcuna emozione. Fredde. Come se le stesse leggendo da un gobbo davanti a lei.

Fa un pausa. Guarda nuovamente fuori e respira. Profondamente cattura tutto l’ossigeno a sua disposizione, stringendo con le dita il lenzuolo che le è sotto.

-         ho bisogno che qualcuno mi dica che ho sbagliato!- mi fa girandosi verso di me

-         non so di cosa tu stia parlando.- dico semplicemente facendo spallucce.

-         Certo. Certo che non lo sai. Non ho detto niente a nessuno- fa lei abbassando lo sguardo come se si stesse confessando. – Ryan, come si fa a capire se si sta facendo la scelta giusta?- mi fa lei guardandomi speranzosa.

Stavolta sono io a guardare fuori. Sospiro e sul mio viso si abbozza un amaro sorriso.

-         purtroppo non esiste un modo per capirlo. Puoi affrontare tutto di petto seguendo l’istinto, con la foga del momento senza pensarci su troppo; ma puoi anche decidere di non cambiare nulla perché comunque ti va bene così, però in quel caso, se non ne sei convinta al cento per cento, allora dovrai convivere con dei rimpianti. – dissi io guardandola solo alla fine del mio lodevole discorso.

In fondo stavo analizzando oggettivamente la mia situazione per lei che senza saperlo ne era la causa principale. Lei abbassa lo sguardo. Stringe i le mani e inizia di nuovo a piangere. Battendosi i pugni sulle gambe. Improvvisamente si ricorda di non essere sola, si asciuga le lacrime e mi guarda, avendo timore che io possa pensare che sia una pazza nevrotica.

-         dannazione!- fa lei rompendo il silenzio. Io non dico nulla. Tutto quello che mi sta frullando in mente mi sembra relativamente piccolo e del tutto inutile.  -Ryan, ti sei mai innamorato? Cioè voglio dire hai mai provato quell’amore così travolgente...quell’ amore di cui hai paura persino di parlare. Quell’amore che ti annulla completamente, quell’amore che ti devasta la vita. Insomma quell’amore che ti toglie il respiro.- fa lei enfatizzando ogni frase come se stesse recitando una poesia.

Sorrido. Sorrido perché è esattamente quello che provo. Non avrei saputo descrivere meglio quel tumulto di emozioni mi attanaglia il cuore  e il cervello da ormai troppo tempo. Fisso un punto indefinito della parete davanti a me. È sempre stata molto più brava di me con le parole.

La vedo un po’ delusa abbassare lo sguardo.

Vittima delle sue stesse parole che lente, dolci e allo stesso tempo travolgenti, sembrano essere una melodia che lenta accompagna la mia mano.

Le prendo dolcemente il mento con l’indice e il pollice. Costringendola a guardarmi negli occhi. Ancora una volta perdermi. Non trovare più la strada. Aver paura che da un momento all’altro anche questo momento termini lasciandomi solo l’amaro in bocca.

-         si.- ammetto semplicemente.

Non so come descrivere la tua espressione. È un misto tra il sorpreso e il deluso. Non te lo aspettavi eh? Io, Ryan Shirogane che amo nel modo così completo che mi hai appena descritto. Io, Ryan Shirogane che posso comprendere e vivere a modo mio le tue medesime emozioni. Strano il mondo vero?

Rimani  a fissarmi. Un po’ impaurita. Infinitamente dolce e indifesa. Non reggo la tua vicinanza. Comincio a sudare freddo. E lentamente sento le dita tremare. Se rimango ancora così potrei fare una sciocchezza e mandare a monte tutto. E poi questo non è il momento.  Ti sorrido. Allontanandomi, ti scompiglio i capelli. So che ti da un enorme fastidio quando te lo faccio. Questa volta però rimani immobile, senza dire o fare niente, smorzando leggermente le labbra in quello che voleva essere un sorriso, ma di fatto ottenendone solo mezzo.

Mi alzo dal letto. Rimango un attimo a guardarmi intorno incerto.

-         hai fame?- le chiedo timidamente. 

-         No. Non ti preoccupare.- fa. Per poi essere tradita esattamente un nano secondo dopo dal brontolio del suo stomaco. Arrossisce.

-         Secondo me invece si.- dico prima di uscire dalla porta.

Dieci minuti dopo arrivo con un vassoio. Due tazze di latte e qualche biscotto. -Mi dispiace ma non sono molto bravo a cucinare, per cui ho preferito desistere. – mi giustifico poggiando il vassoio sulle sue gambe.

 

Dopo aver messo a tacere i nostri stomachi, mi lascio cadere all’indietro sul letto. Socchiudo gli occhi e sbadiglio. Poi aprendone solo uno noto che tu sei ancora esattamente nella stessa posizione e che l’imbarazzo ti ha di nuovo invaso.

Tirandoti per la t-shirt, ti costringo a sdraiarti accanto a me. Tu acconsenti senza proferire parola e rimaniamo così a fissare il soffitto come se fosse un cielo stellato.

-         riguardo alla cosa che ti ho detto prima. Potrei sapere chi è la ragazza?- fa lei all’improvviso come se si fosse svegliata soltanto in quel momento.

-         Chi ti dice che è una ragazza?- faccio io serio. Lei arrossisce io invece sorrido divertito. – dai che scherzo. Certo che è una ragazza- concludo staccando solo allora lo sguardo dal soffitto. – perché ti interessa tanto?- le domando ingenuamente.

-         No. Niente. così. Pura curiosità. – dice lei senza guardarmi.

Io invece sono rapito dal suo viso. Ancora una volta. L’incantesimo mi ha intrappolato ed ora mi ha in suo potere.

Scorgo una ciglia, appena sotto l’occhio destro. Così senza preavviso mi sporgo su di lei e delicatamente ci poso il polpastrello sopra catturando la ciglia galeotta. Prima la osservo curioso, come se la sua ciglia fosse diversa da quella degli altri e da un momento all’altro ci avrei dovuto trovare qualcosa di straordinario.

Poi sento lei avvicinarsi. Poggiare il polpastrello sul mio. Ma non lo stacca.  La guardo stranito. Lei non accenna a fare nulla e io sono totalmente paralizzato dal suo profumo di rose selvatiche.

Come previsto, l’istinto, ha il sopravvento. Lentamente mi avvicino. Ancora di più. Fino a sfiorarle le labbra con le mie. Lei chiude gli occhi dandomi così il permesso di continuare. E lentamente le nostre lingue cominciano a conoscersi.

Mi stacco. Come se qualcosa mi avesse punto.

-         sei tu- esordisco.

-         Cosa? Chi?- fa lei del tutto spiazzata.

-         Sei tu che mi hai tolto il respiro. - 

 

 

…The End

 

Arieccomi quiiiiiiiii…!^^ Se mi volete bene (-_- sono fiduciosa…) avrete notato che è da circa mezzo secolo che non do notizie di me stessa XD…comunque ho avuto prima di tutto impegni di vario genere e inoltre si sono accavallati quelli della mia bellissima (*_* prima o poi ti taglierò con un paio di cesoie…hihihi *_*) connessione adslvabbè giustificarsi è inutile quindi rimbocchiamoci le maniche e tentiamo di recuperare il tempo perso e ciancio alle bande :P.

Questa storia mi è uscita di getto dopo aver ascoltato la song “Take My Breath Away”, cioè la colonna sonora di Top Gun. Non ce nulla da chiarire tranne che le parti in corsivo sono i flashback.

Spero vi sia piazuta ragazuoliiiiiiiii =_=

Prima di congedarvi però devo fare due cosucce.

1)    tocca a  me, costrittrice della ff Sweet Kiss, scusarmi per la chiusura improvvisa della ff. purtroppo cm ho detto prima ho avuto problemi a stare al passo con i vari capitoli e i tempi che io e la mia collega ci eravamo prefisse. Purtroppo mi rendo conto di non poter pretendere che gli altri aspettino i miei porci comodi per cui mettiamoci l’anima in pace e andiamo avanti anche se non potete immagina quanto mi rincresce questa situazione, sia la sottoscritta che Pfe ci tenevamo davvero tanto e mi dispiace essere stata involontariamente la causa di questo sfacelo.

2)    Saluto con un tocco speciale , tanto per rimanere in tema, Pferuccia cara, che poveretta mi assiste ogni volta e mi tiene a bada durante i miei vaneggiamenti. È una persona tutta da capire ma se ci riesci è  davvero stramegamiticahihihihi xd. Grazieeeeeeee !

 

Grazie anche a tutti coloro che stanno leggendo fino alla fine, quelli che dopo la parola fine anno chiuso la pagina e chi invece non l’ha aperta proprio ^^ tsk…==’’

Spero il prima possibile vostra

Baby dark

 

  
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