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Autore: Contrast    08/07/2012    2 recensioni
Oh I swear to ya
I’ll be there for ya
This is not a drive by.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Questa è una One-Shot a quattro mani, scritta da #Darby e #SweetPeach1D
Ovviamente conoscerete la canzone dei Train 'Drive By'. Bhe, noi abbiamo preso ispirazione da questa per scrivere una semplice
One-Shot o, come le chiamiamo noi, One-Shit( 'Na merda).
Fateci sapere cosa ne pensate per nuove OS (:
Annie e Vale x

 
Drive By

 
Avevo appena poggiato i piedi sul marciapiede davanti alla porta del negozio da cui ero appena uscita.
Avevo l'aria un po' spaesata; mi piaceva andare in giro per negozi a trasformare il mio dolore nel dolore dei miei genitori alla sola vista delle spese della loro carta di credito.
La cosa piacevole nel comprare ogni tipo di cosa è che i vestiti, gli accessori e in generale ogni tipo di oggetto non ti tradiranno, non scapperanno e non ti lascieranno mai nella vita, nemmeno quando non ti servono più.
I negozi ti accolgono con le loro vetrine sfarzose, i vestiti a migliaia e i commessi felici. Insomma, l'ideale per una vita perfetta.
Sull'altro lato della strada che stavo percorrendo si poteva notare una grande folla di ragazzine urlanti tutte accalcate intorno ad una macchina.
Volevo assolutamente scoprire chi potesse avere cosí tanti ammiratori da far fermare l'affluenza di macchine in un paesino piccolo come Doncaster.
Riuscii ad arrivare abbastanza vicino alla folla e mi misi sulle punte per alzare il mio sguardo.
Si distingueva da tutto il resto un ragazzo alto con la maglia a righe. Sembrava famigliare, ma non poteva essere chi pensavo io.
 
Mi tornò in mente quella notte.
Quella fu più di una semplice notte.
Ero uscita tardi quella sera, e camminavo per il corso da sola nella folla di gente venuta a festeggiare per l'ingresso dell'Inglitterra ai mondiali di calcio.
Avevamo appuntamento con i miei amici dietro all'ippodromo, famoso posto di Doncaster, e di sera quasi lasciato a se stesso.
Avevamo intenzione di passare una serata normale fra birre, risate e scherzi. Insomma, classiche cose che fanno gli amici.
Se non fosse stato per LOUIS WILLIAM TOMLINSON.
Quell'anno eravamo capitati negli stessi corsi di economia, scienze ed educazione fisica, e gli sguardi fra di noi non erano cessati nemmeno l'ultimo giorno di scuola fra gavettoni e farina.
Al mio arrivo tutti mi accolsero calorosamente, era da più di una settimana che non ci vedevamo dalla fine della scuola.
Il mio sguardo di posò subito su un Louis che, tutto sprizzante di felicità, mi veniva ad abbracciare sorridendomi.
Dopo un po' dell'inizio di quella 'mini festa', con un cenno Louis mi chiesi di andarmi a mettere sulle sue gambe. Aprì le braccia e mi accolse in un caldo abbraccio, che non rifiutai affatto.
Era ormai già più di una volta che mi chiedeva di dargli un bacio sulla guancia, ma all'ultimo di questi mi soffermai di più su quel corpo che mi cingeva dai fianchi. Con respiro fievole si avvicinò al mio orecchio. Rabrividii. Un po' esitando mi sussurrò "sei perfetta" con una voce convinta di quello che diceva. Nel profondo speravo non fosse ubriaco, e sorrisi quando, affianco a lui, vidi solo una bottiglia finita.
Ricambiai il suo sguardo diventato troppo potente da potergli resistere, e potetti solo annuire imbambolata quando mi chiese di prendere la sua mano e seguirlo.
Sembrava come se il mondo attorno a noi non ci fosse più, che stesse girando dalla parte opposta a quella in cui stavamo correndo noi.
Ci fermammo davanti ad una rampa di scale. Le guardai un po' impaurita, e Louis mi porse la mano.
«Non ti preoccupare - disse guardandomi negli occhi - ti porto in un posto speciale» così detto, strinsi la sua mano e mi lasciai trasportare fino ad arrivare al di sopra dell'ippodromo.
Mi prese da un fianco e mi avvicinò a se. Annullò in meno di un secondo la distanza che c'era fra di noi.
Ci sdraiammo l'uno accanto all'altra.
C'erano le stelle.
E sarà stato il vento, o il fatto che eravamo leggermente brilli, che come se fosse una cosa che aspettavamo da tutta una vita iniziammo a baciarci inconsapevolmente.
Sapevo che non era solo sesso quello. Era come se potessi sentirlo, se levando lo stato di embrezza in cui eravamo riuscivamo lo stesso a capire che quella sera non eravamo lì per una sveltina e via.
Era molto più di una semplice notte.
Radunai le mie cose e lo lasciai lì così, incontrando il suo sguardo per l'ultima volta.
Avevo paura, ero sopraffatta da quella situazione e sinceramente spaventata a morte, perché sapevo di essermene innamorata.
 
Squadrai quel corpo conosciuto dall'alto verso il basso e successivamente dal basso verso l'alto.
Mi soffermai sul viso; labbra sottili, faccia un po' da bambino per l'età che dimostrava di avere e un sorriso naturale.
Alzò lo sguardo e il suo sorriso svaní tutto a un tratto. Si era posato con gli occhi su di me. Quegl' occhi. Gli stessi di quella sera in cui avevo lasciato lí, in un posto qualunque di Doncaster, un ragazzo di cui credevo di essermi innamorata.
Rimasi lì anch'io, scioccata davanti a tutti, con gli occhi sgranati guardando ciò che mi era davanti.
Tornò con la mente alla realtà e lentamente si avvicinò facendosi spazio tra la folla. Indietreggiai quasi istintivamente. Non potevo crederci; tutto quello che avevo sperato che non accadesse in quei due anni stava succedendo in quel momento.
Iniziai a correre, senza una meta, cercando di dimenticare tutto quello che era accaduto. Via quei ricordi, via Louis, via quello che era appena successo.
Girai la testa per dare un ultima occhiata a quel bordello che avevo appena superato. Ma quando mi voltai non trovai ciò che pensavo io. Louis era dietro di me e non stava aspettando come mi immaginavo. Mi stava dietro, correva anche lui con il fiatone per inseguirmi. Ma perché lo stava facendo? Stava correndo per raggiungermi? E se io non gli volessi parlare? Se non volessi sapere più nulla di lui e volessi lasciare tutto alle spalle come avevo fatto ora con quella folla di ragazzine urlanti? Ma non potevo continuare a scappare così; dovevo affrontare il mio problema con l'amore.
Aprì veramente gli occhi su quello che stavo facendo e mi fermai all'istante. Ero arrivata in un vicolo cieco; davanti a me c'era un cartello con dei bidoni sottostanti che mi sbarravano il passaggio.
Sentii il fiatone del mio inseguitore alle mie spalle e mi voltai
«Louis Tomlinson!» feci una faccia compiaciuta.
«Jenny Karlight!» disse con la mia stessa espressione.
Guardammo ogni singolo dettaglio del corpo dell'altro in quei secondi di silenzio.
Mi avvicinai a lui tanto da far toccare ma mia mano contro la sua involontariamente.
«Come mai da queste parti, Tomlinson?» Mi soffermai a percorrere la circonferenza del blu dei suoi occhi.
«Da quando visitare la propria città natale ha bisogno di una motivazione?» disse presuntuoso.
«Per quello non serve averne una, ma per inseguire una persona ne serve una bella e buona. Qual'è la tua?» lo freddai.
«Rincorrevo una persona che mi aveva abbandonato»
Mi pietrificai. Aveva colto il punto per cui stavo correndo in quel momento.
Inclinai leggermente la testa e lo guardai come una bambina guarda suo dopo un suo rimprovero.
«Non sai cosa dire, eh?»
«Siamo sulla stessa barca, Louis. Te ne sei andato anche tu, e non per una o due settimane, ma sei partito per due anni per andare ad un talent-show qualsiasi per poi cominciare un tour. E non è stato tanto il fatto che mi hai lasciato, ma che non mi hai più cercato…» lasciai il discorso quasi incompleto.
Ripensai alle sue parole. Aveva ragione a dirlo, lo avevo abbandonato anche io; ma come avrei potuto fare diversamente? Se fossi rimasta lì sarebbe stato lui ad andarsene, e avrei sofferto il doppio. Invece, in quel modo, avevo dimezzato il male e lo avevo spartito fra tutti e due, così che non ci fossero ferite più gravi rispetto ad altre.
Si ricompose. Abbassò la voce: «Ma ora sono qui, da te. Lasciamoci il passato alle spalle, cosa ti importa? - mi prese le mani e le avvicinò al suo petto - adesso ci siamo solo noi, te - mi indicò - ed io. E a me basta così.»
Sapeva essere davvero convincente a volte, sopratutto seduttivo. Ma no, no... non potevo cascarci un’altra volta.
«No Louis. Per te la vita è come una strada: a volte ci sei, altre volte no, altre volte ancora ritorni per poi riandartene, io non voglio essere uno degli autogril di passaggio che incontrerai nel tuo viaggio.»
Alle mie parole si blocco; non sapeva cosa rispondere, cosa dire. Ma non era il Louis Tomlinson che conoscevo io quello che si fermavava a sentire le parole di qualcun altro.
Prontamente controbattè «Non sei uno di quelli... – guardò in basso dipiaciuto – sei molto più di una toccata e fuga. Prima, quando in macchina stavo venendo qui, sbirciavo dal finestrino sperando di trovare una personcina magra e anche un po’ bassa dai capelli castani lungo la via. Non potevo crederci quando, tra la folla, è comparso davvero il tuo viso. Una visione? No... quello è stato semplicemente il momento più bello della mia vita, quando i miei occhi hanno trovato pace nei tuoi.» Fece una pausa e mi guardò. «Ora sono qui, e te lo giuro che ci sarò sempre per te, perché questa non è una toccata e fuga. Sono solo un semplice ragazzo che alla tua vicinanza diventa il più timido del mondo; perché sì, tu mi fai questo effetto... e credo di essere innamorato, perché quando ti guardò una fitta travolge il mio stomaco come quando lo feci la prima volta. Per favore, credimi se...» lo bloccai portandogli un dito davanti alle labbra. Era sufficente così. Aveva descritto tutto quello che anch’io provavo per lui.
Lasciai cadere la mia borsa; presi il suo viso tra le mani e, guardandolo come non avevo mai fatto prima dall’ora, lo portai fino a me, lasciando che le nostre labbra parlassero per noi.
Sentii il suo cuore a contatto con il mio petto che palpitava tanto quanto il mio. La sua mano stretta alla mia e l’altra che stringeva i miei fianchi.
Una ventata improvvisa venuta dalla strada fece finire i miei capelli fra il nostro bacio, facendoci staccare e sorridere.
 
«Dai, vieni» disse Louis porgendomi la mano.
«Come la prima volta?» chiesi io guardando l’imonente struttura che mi si presentava davanti.
«Come la prima volta.» Strinse la mia mano e mi condusse dentro casa sua. Aveva deciso che, anche se era venuto per la famiglia, voleva stare un po’ per i fatti suoi; così aveva affitato una casetta appena fuori Doncaster. Una via minuta portava fin davanti alla porta bianca dell’entrata.
Louis prese le chiavi e le infilò nella serratura facendo spalancare la porta. Davanti a noi c’erano delle scale di marmo. Istintivamente ci guardammo e ci sorridemmo a vicenda.
«Ricordi!?» esclamò lui.
«Certo, come la prima volta! » dissi convinta.
«Ti ricordi quella notte, le stelle, noi due, l’ippodromo...»
«Sì... che notte» venni interrotta velocemente da lui «e quando te ne sei andata...» disse quasi ridendo. Che faccia tosta
«Ancora!?» chiesi ironicamente.
«Tu, però, hai potuto parlarne» fece la faccia da finto offeso.
«Sei il peggio, Tomlinson!» Lo guardai divertita e mi avvicinai a lui aiutata dalla sua mano.
Mi sorrise dolcemente.
«Hai presente l’ultima volta che ci siamo visti, che c’erano quelle scale enormi? – annuii confusa – bhe... questa volta ti ci porto io fino in cima» disse il pazzo. E lo era veramente; mise una mano sotto le mie gambe, mi sollevò da terra e, con l’altra, mi tenne la schiena. Mi aggrappai divertita al suo collo e, fra le risate, mi portò fino al piano di sopra in camera sua.
 
Così come era iniziata stava finendo. Noi due, un letto e l’amore; ma non sarebbe durato per sempre.
Al sorgere del sole, girai il mio corpo verso la finestra. Non potevo restare, non ero fatta per rimanere.
Presi la mia roba, mi rivestii e posai, per l’ultima volta, il mio sguardo su quella persona che era riuscita a farmi innamorare di nuovo.
La paura ricominciò a salire, e il senso di colpa era ormai stato sommerso completamente. Allora mi affrettai ad andare, lasciandomi alle spalle tutte le mie preoccupazioni.
Come la nostra prima volta.
 
Camminavo da sola per quella strada che conoscevo a mala pena. Avevo freddo, non sempre l’alba porta con se il calore della domenica mattina, e la fretta di andarmene.
Passai la prima, la seconda, e poi la terza casa di fianco a me, intenta ad arrivare alle porte di Doncaster.
Una voce fievole si percepì dietro di me. Pensai che non potesse essere vero, che tutto quello che stavo sentendo, che quel leggero ‘Jenny, aspetta’, era tutto frutto della mia immaginazione.
Ma non era così. Voltai il capo – ultima cosa che avrei dovuto fare. Un Louis Tomlinson in pigiama a quadretti, e senza ciabatte, cercava di fermi fermare urlando frasi senza senso che cercavano di farmi almeno rallentare. Con passo più veloce del mio mi riuscì a raggiungere in meno di dieci secondi e mi fermò. Con il fiatone, mi guardò negli occhi cercando di capire cosa stessi facendo e se stessi scappando un’altra volta.
Stavo facendo una cazzata, e me ne accorsi troppo tardi.
«Cazzo Louis... – esclamai senza ritegno – con te sembra sempre un deja-vu!»
Prese un’espressione più che seria. «Perché te ne sei riandata?»
«Non lo so... – sospirai rumorosamente – perché avevo paura.» Mi guardò stufo. Probabilmente anch'io lo ero; tutte queste paure non facevano altro che peggiorare la sitauazione.
«Te lo giuro, Jenny, io ci sarò sempre per te. Non me ne andrò questa volta.»
Gli strinsi una mano. «Lo so… forse me ne serviva soltanto la conferma.» Confermai guardandolo.
Aprì la bocca formando un sorriso. «Sei sempre la solita, Jenny!»
Mi strinse a se in un abbraccio, che subito ricambiai. Dalla maglia traspirava il suo profumo inebriante. Alzai lo sguardo e lo posai su di lui, decisa a non perderlo mai più.
«Sai - disse facendosi scappare una risata - siamo immezzo ad una strada !» Mi misi a ridere anche io.
Poi aggiunse «la sai un'altra cosa?» chiese «dopo domani devo partire per un tour…»
Pessimo. Louis e il suo tempismo: in questi anni non era mai cambiato, ma era bello riavere quel Louis che ho sempre amato.
Continuammo la risata che avevamo lasciato a metà, restando in mezzo a quella strada, abbracciati.
  
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